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Autore: ziananna    27/06/2013    2 recensioni
Un'amore che la ragazza credeva vero quando la definizione corretta era semplicemente AMORE ESTIVO.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Stavo su una cavolo di nave diretta in Marocco a vomitare.
Non mi sentivo tanto bene, non avevo nulla da fare.
I miei famigliari si erano sentiti tutti male, compresa mia sorella di 11 anni ergo nessuno avrebbe potuto farmi compagnia.
La solitudine non è una bella cosa, io sono abituata a stare sempre con tutti e mai, MAI, da sola.
Quando sto da sola ho paura, non so di chi, non so di cosa, però ho paura.
Ero appena uscita dalla mia stanza, cercando di aggrapparmi a quei freddi e mobili muri per non traballare assieme alla nave.
Erano gelidi e non trasmettevano vitalità, anzi, erano morti e mi trasmettevano pura tristezza.
Mi sono diretta verso quelle tristi scale, un po più allegre dei muri erano dato che avevano le lucine, ma trasmettevano comunque malinconia.
Per dirla breve, tutto in quella nave mi trasmetteva tristezza ed angoscia.
Salite le scali dinnanzi a me c'erano due bar, ho scelto quello che stava a destra.
Solo soletta mi sono seduta su un tavolo con tre sedie, ho ordinato un thè freddo e mi sono messa ad aspettare.
Stavo la ferma, immobile come un palo a guardare da quelle tristi finestre il mare, le onde e per un attimo mi era sembrato di vedere un pesciolino quando invece non era che una scarpa che un bimbo pestifero aveva gettato in acqua.
Mi arrivò il thè e mi misi a bere. Posai quel gelido bicchiere e lo continuai a fissare pensando a quale fosse l'origine del thè.
Ad un tratto una mano mi bussò sulla spalla, mi prese un colpo.
Mi girai, era una donna alta, in carne e con dei capelli lisci con una pettinatura alla Marylin Moroe:
<< Ti serve una di quelle due sedie? >>
<< No, no, può prenderle tutte due se vuole. >>
<< Grazie mille, però me ne serve solo una >>
Poi con quelle carnose mani prese quella sedia, e poi iniziai a fissare la sedia rimasta, per molto tempo.
Quando il mio pensare fu interrotto da un'altra presenza.
Mi bussarono ancora sulla spalla, questa volta era un ragazzo.
Era di una bellezza assurda, era alto all'incirca 1.75, con dei capelli biondi corti e degli occhi verdicelesti. Aveva delle labbra carnose e rosse. Insomma, a dirla breve, mi sembrava il principe azzurro delle favole.
Aprì bocca e con una lingua ancora non identificata non so cosa mi disse ed io non capendo gli dissi:
<< Sì! >> , ciò che aveva detto mi sembrava una domanda. Poi ero riuscita a capire in che lingua parlava: Spagnolo.
Allora si mise seduto sulla sedie e tra le mani stringeva una bottiglietta di birra.
Ci mancava solo lui, cazzo!
Continuavo a guardare dalla finestra, ma quando notavo che lui si girava lo fissavo intensamente.
Si, lui mi piaceva.
Ad un tratto i nostri occhi si incrociarono.
Mi sentivo a disagio ed io avendo una carnagione chiara arrossai.
Lui mi fece un sorriso bellissimo, aveva dei denti perfetti.
<< Como se llama? >>
Tra me e me " Cosa cazzo ha detto?, Sofia, si, sai rispondere a questa domanda, hai studiato Spagnolo per tre anni, ce la puoi fare, no cazzo, non ce la posso fare"
Sorrideva e mi guardava in attesa di una risposta.
<< Me-me-me llamo Sofia, tu? >>
<<  Aahahha, me llamo Leon >>
<< Lindo >>
Iniziai a prendere confidenza, ero sicura di me e gli dissi:
<< Quantos anos tienes? >>
<< 17, tu? >>
<< 16 >>
<< Me gusta >>
Non sapevo il motivo per il quale aveva usato quel mi piace, però, mi aveva fatto piacere.
Le miei mani sul tavolo erano state sfiorate da qualcosa, qualcosa di caldo, quella sensazione era piacevole.
Oh dio, era lui che mi aveva sfiorato la mano, non sapevo come comportarmi, non sapevo che fare.
Mi prese per la mano e mi disse:
<< Vienes >>
Non sapevo cosa stavo facendo, però con la testa gli feci cenno di si.
Sempre mano nella mano ci siamo diretti verso le scale, una volta scesi, c'erano le camere.
Mi portò nella camera 859, aprì la porta con l'apposita chiave fatta di plastica e mi fece entrare.
Chiuse la porta e mi buttò dolcemente sul muro.
Le nostre labbra si unirono piano piano in un dolce e delicato ballo.
Con le labbra scese sul mio collo bianco cadavere e mi dava degli ammalianti baci.
Io ero una ragazza rispettabile i miei mi hanno sempre lasciato libera di fare qualsiasi cosa, ma c'era una cosa sulla quale mi avevano sempre raccomandato "FAI ATTENZIONE AI RAGAZZI".
In quel momento sentivo che li stavo deludendo però non potevo ribellarmi, per una volta mi sentivo bene.
Ad un tratto mi baciò violentemente e incominciò a togliermi la felpa.
Aveva una faccia rilassata, era bellissimo.
Incominciai a pensare a ciò che sarebbe successo dopo.
Fermi tutti, un dopo non c'era, lui sarebbe sceso a Barcellona ed io in Marocco, e chi s'è visto s'è visto.
Io non volevo che tutto finisse, avrei voluto tanto parlare, però non volevo interrompere quel magico momento e quindi decisi di non farlo.
La felpa la gettò per terra e dopo la seguì anche il reggiseno.
Ad un certo punto mi scaraventò violentemente su quel triste letto.
Mi tolse i pantaloni, successivamente le mutande.
Quella era la mia prima volta, non glielo volevo dire, non volevo sembrare una ragazzina.
Era un dolore atroce ma contemporaneamente era piacevole.
Iniziai ad urlargli conto di smetterla, ma lui non mi ascoltò e continuò ancora più violentemente.
Quel ragazzino a me totalmente sconosciuto sembrava fregarsene delle mie lacrime e di quel mio pregare che si fermi.
Dopo mezz'ora sii fermò e si buttò esausto sull'altro letto, lasciandomi con le gambe aperte in aria, immobile, tentai di rimetterle giù ma era troppo doloroso.
Ad un tratto si udì l'autoparlante 
 << I passeggeri diretti a Barcellona sono pregati di abbandonare le cabine >>
Lui iniziò a rimettersi i vestiti, nel frattempo io ero riuscita a sedermi, ma ad alzarmi proprio no.
Si alzò, si diresse verso di me e mi diede un dolce bacio sulle labbra:
<< Adios >>
Prese la valigia che stava davanti alla porta ed uscì.
Tutto terminò lì.
  
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