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Autore: Princess of Dark    27/06/2013    6 recensioni
Piccola, grande o di medie dimensioni, bianca, nera o colorata, con i fiori, i cuori o gli adesivi: quasi tutti ne hanno una.
Ma quanto possono far male quei momenti in cui la apri e inizi a scavare nel tuo passato?
Dedicata a tutte le persone che hanno, come me, qualche "conto in sospeso", un amico perso, un amore spezzato, un caro che è andato via... ma dedicato anche a chi, come me, ama custodire gelosamente i suoi ricordi e sorridere con l'amaro in bocca
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Oggi ho aperto la nostra scatola dei ricordi: non molto grande, azzurrina, con piccoli cuoricini scarabocchiati sopra.
La nostra scatola.
È uscita fuori questa mattina, per sbaglio, dal fondo dell’armadio, insieme a dei vecchi vestiti mai utilizzati.
L’ho riaperta incuriosita, non ho nulla da fare e ho deciso di farmi male.

Bigliettini di auguri, frasi da mettere vicino ai mazzi di rose, un foglietto con un numero di cellulare.
Quello che mi avevi infilato di nascosto nella tasca della felpa che avevo scordato a scuola.
Un braccialetto di pietrine colorate, un biglietto della metro risalente alla data del nostro primo appuntamento: quel giorno mi portasti alle giostre, ho ancora il biglietto ingresso ripiegato sul fondo.

Sento un nodo stringermi alla gola, quindi li metto via.

Una nostra foto a Parigi.
“Voglio andare nella città dell’amore!”, ti avevo detto, e tu mi avevi bendato e portato fin sotto alla torre Eiffel.
Ci guardo sorridere, abbracciati davanti all’obiettivo della fotocamera.
Eravamo felici, si poteva leggere nei nostri occhi.
Gli altri ci guardavano invidiosi e dicevano “che bella coppia!”.
Lo ammetto, eravamo parecchio belli.

Mi mordo le labbra per non scoppiare a piangere e decido di passare velocemente avanti. Sembra impossibile non lasciarsi scappare una fugace lacrima di nostalgia.
No, non dolore, quello l’ho quasi anestetizzato.

Prendo un’altra foto, quella del weekend in spiaggia, quella dove prendesti una scottatura terribile perché non mi ascoltasti e non volesti mettere la protezione solare: quella notte non potevo sfiorarti neanche con un soffio che ti mettevi ad urlare dal dolore!

Sorrido amara. Non lo ricordavo più com’era un bacio salato, dal sapore di mare.
Tiro su col naso, mi asciugo la guancia bagnata con il dorso della mano e metto via anche quelle foto.

Un petalo di rosa che non ricordavo per quale occasione mi avevi regalato;
Due biglietti al cinema per vedere chissà quale film, con una macchia di caffè;
Il titolo di una canzone che mi dicesti di ascoltare: "summertime sadness" di Lana Del Rey. Quante volte mi avevi cantato all'orecchio "Kiss me hard before you go"!

Una scatolina blu: la apro.
Un piccolo anellino di plastica era ancora lì. Scherzosamente ti inginocchiasti davanti ai miei piedi e me lo regalasti, dicendo ironico che quando saresti diventato ricco me ne avresti comprato uno di diamanti e mi promettesti che mi avresti chiesto sul serio di sposarti.

Lo so, era stupido, ma me lo dicevi con così tanta convinzione che alla fine finii col crederci.
E ci credevo sul serio.

Sospiro, scuotendo il capo, capendo cosa vuol dire essere “adolescenti”: pieni di sogni, di speranze, di illusioni, di desideri irrealizzabili. Non avevo capito ancora cosa significasse innamorarsi quando si è pronti, non quando si è soli.

Continuo a curiosare, trovo un pacco di vecchie medicazioni inutilizzate.
Non sono sicura di averle messe di proposito, forse sono capitate lì per caso, forse non avevo dove metterle, forse mio fratello era capitato con le mani qui dentro.

Una piccola boccettina del tuo profumo, di quelli che si regalano come campioncini.
Non ho il coraggio di aprirlo, di sentire il tuo odore.
Ce l’avevi costantemente addosso quel profumo e mi era stato difficile dimenticarlo: sarebbe stato autolesionista riaprirlo e riempire la stanza di quella fragranza.

Lo metto via, facendo attenzione a non farlo aprire: autolesionista non lo sono.

Ancora biglietti di posti che forse non avevamo visitato tutti e che ci erano scaduti, liste dei regali di Natale, Pasqua e compleanni.
Sono tutte lì insieme, formano pezzo per pezzo tutto quello che abbiamo vissuto.

Il puzzle della nostra storia.

In fondo alla scatola è rimasta l’ultima cosa, avvolto in una bustina trasparente.
La prendo, tolgo la bustina, estraggo il velo da sposa e me lo passo tra le dita per sentire la sua morbidezza.
Alla fine avevi mantenuto la promessa e mi avevi chiesto di sposarmi sul sediolino in cima a quella grande ruota panoramica che sarebbe rimasto bloccato lassù, su tuo ordine, fino a quando io non avrei detto di sì.
Ero scoppiata a piangere dalla gioia, mi ero scagliata su di te facendo traballare il sediolino, ti avevo urlato sì due volte, perché la prima dicesti che l’avevo detto “troppo piano”. E anche perché avevo paura di rimanere ancora lì sopra sospesa nel vuoto!

Chiudo la scatola.

Fa ancora dannatamente male.

Dovrei buttare tutto via, tutti questi ricordi che possono farmi nient’altro che male.
Ma non ce la faccio a dirti addio anche in questo modo, quando queste cose sono l’unica cosa materiale che mi lega ancora a te.
Lo so, non sono nient’altro che stupidi pezzi di carta che con il tempo marciranno e si sbiadiranno, diventando illeggibili.
Rimarrò per sempre solo io, davanti a questa scatola, che ogni volta avrò paura di aprire: sarà il mio scheletro nell’armadio.

Rimetto tutto dentro la scatola, in fretta, sperando che anche il mio groppo alla gola vada via con la stessa velocità, e prima di dimenticarla di nuovo in quell’angolino remoto del mio armadio ci tolgo dentro le medicazioni.
Me le porto al petto, mordendomi le labbra: ora so perché sono lì.
Non sono mai stata autolesionista: quelle medicazioni ce le avevo messe per paura che mi avresti fatto del male. Servivano a medicare il mio cuore rotto.

La poso e chiudo l’armadio, alzandomi dal freddo pavimento e guardando i miei occhi arrossati attraverso un grande specchio. Sospiro.

La scatola ora è piena, ma io sono momentaneamente vuota.

Mi ritrovo a guardare di fronte a me il cielo screziato di arancio e il sole che tramonta, nascondendosi dietro le verdi chiome degli alberi.
È così bello il tramonto: mi ricorda un po’ la nostra storia.
Il sole che nasce all’alba e timidamente inizia a dare vita ad un nuovo giorno, un po’ come quando il tuo sorriso aveva iniziato ad illuminare me. Poi, raggiunto il punto più alto del cielo, raggiunto il suo splendore, inizia man mano a calare fino a scomparire per lasciare posto alla notte.
Non è così che hai fatto anche tu?
Dovevo aspettarmelo, dovevo essere realista e ricordare che dopo il giorno c’è la notte.

Perché alla fine, a volte succede: credi fino all'ultimo di aver ragione e poi ti ritrovi così, spiazzato, ad osservare il sole che cala dietro l'orizzonte.


Per scrivere questa os, mi sono ispirata un po' alla scatola dei ricordi che anche io ho: troverete qualche pezzo di me sparso qua e là per le righe...
credo che ognuno di voi possa mettersi nei panni della protagonista, anche se non ha vissuto le stesse situazioni: chi non si è mai trovato a rimuginare davanti una vecchia fotografia di amici/amori/parenti persi?
Vi lascio la libera interpretazione, secondo me la parte più bella: che il suo fidanzato sia morto, sia andato via con un' altra, partito per la terza guerra mondiale (?) a voi la scelta!
"Partecipante al ~Contest of Passions~ di ellacowgirl in Madame_Butterfly"
  
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