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Autore: Yoan Seiyryu    28/06/2013    5 recensioni
Sleeping/Hook
Solo il bacio del vero amore può risvegliare Aurora dal sonno eterno, ma non sarà Filippo a salvarla dalla maledizione. Dunque che valore può avere un bacio dissimile da quello più potente di tutti?
Hook dimostrerà alla Bella addormentata che non sempre la magia è la risposta, a volte le persone sono legate da un filo sottile che prescinde dai propri desideri. Entrambi si ritroveranno ad affrontare un'avventura comune, riscoprendo loro stessi e ciò che il Destino ha in serbo per loro.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Aurora, Filippo, Killian Jones/Capitan Uncino, Mulan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I need a hero
I'm holding out for a hero "?til the end of the night
He's gotta be strong
And he's gotta be fast
And he's gotta be fresh from the fight

~*~


 

II. Il principe dei sogni





Correvano tutti nella medesima direzione, in preda all’euforia di quella nuova trovata di cui nessun genitore era a conoscenza.
Avevano deciso di salire sui tetti delle case e di saltare da una parte all’altra come cavallette.
Superarono il grande mercato della piazza facendo attenzione a non incontrare le guardie della città, la scorsa volta erano finiti nei guai e avevano ricevuto le giuste punizioni.
Uno dei bambini si era fermato, distaccandosi dagli altri, per rubacchiare qua e là qualche frutto fresco da poter mangiare durante la traversata.
Afferrate due mele le nascose nelle tasche interne, poi ne prese un’altra per morderla con gusto, riprendendo a correre di nuovo.
In quel momento qualcuno si gettò su di lui, agguantandolo per il collo della giacca  e facendogli perdere la presa sulla mela.
“Ancora tu, ragazzino?” gli inveì contro il mercante  che era pronto a prenderlo a pugni e a calci per ricacciarlo da dove era venuto.
“Ho fame” rispose lui mentre cercava di liberarsi dalla stretta.
“Quante volte ancora dovrò pescarti con le mani nel sacco?” insisteva mentre lo scuoteva con rabbia.
Il bambino si ammutolì, puntandogli contro uno sguardo inferocito ma orgoglioso allo stesso tempo.
“Sei proprio come tuo padre, non c’è speranza per i farabutti come voi. Siete la feccia della peggior specie” sputò quelle parole con tanto veleno che il bambino si costrinse a reagire.
“Non è vero! Mio padre è un brav’uomo e lo sarò anche io!” esclamò continuando a cercare una via di fuga, sentiva le lacrime farsi strada negli occhi.
Il mercante scoppiò a ridere fragorosamente, diventando quasi paonazzo per lo sforzo.
“Hai sentito Sean?” si rivolse al ragazzo che lavorava insieme a lui “Dwigth Jones è appena diventato un brav’uomo. Eppure, l’altra sera, l’ho visto alla Locanda del Pescatore mentre sperperava tutto il denaro che era riuscito a fottere al povero Jay”.
Sean si limitò ad annuire, era muto.
Il bambino si impuntò, iniziando a prendere a pugni il suo interlocutore, colpendolo con forza  al petto.
“Non è vero, sei un bugiardo. Mio padre è un uomo onesto, non si fotterebbe mai il denaro di un altro, lui lavora sempre tutto il giorno per portare a casa  da mangiare!” quelle parole uscirono dalle sue labbra come un temporale, seguite dalla raffica di pugni che non procuravano altro che carezze.
“Tua madre era quella che si dava da fare, ragazzino. Lei era una donna onesta, una sarta d’eccezione. Tuo padre invece, lo sanno tutti, è un sobillatore” il tono di voce del mercante iniziò a diminuire sempre di più, fino a trasformare le parole in sussurri.
“Tu menti, sei solo invidioso” gli ringhiò contro come un leone, prima di riuscire ad uscire dalla morsa e liberarsi.
Gli occhi si colmarono di lacrime ancora una volta, ma fece in modo di trattenerle strette lì dov’erano, senza accennare a farle scendere.
No, quella soddisfazione non gliel’avrebbe mai data.
Tirò su col naso, asciugandosi con una manica della giacca. Gli occhi azzurri, intensi e lucidi, lanciarono uno sguardo carico di rancore verso lo zio che aveva intrecciato le braccia al petto.
Lo detestava con tutto se stesso, da quando sua madre era morta, lui aveva iniziato a dare contro la sua famiglia, soprattutto perché accusava suo padre di aver ucciso di dolore la sorella.
Rivedeva Dwigth in Killian? Per questo lo tormentava sempre? O voleva solo tirarlo fuori da quel mondo?
Il bambino fuggì via, allontanandosi dalla piazza del mercato. Gli occhi erano diventati gonfi ed arrossati, non avevano più  voglia  di sorridere per quel giorno.
Quando uno dei compagni di giochi lo trovò, chiuso nel suo angolo buio, scoppiò a ridere nel vederlo in quel modo.
“Killian sta piangendo, Killian è una femminuccia!” gli puntò il dito contro, mettendolo al muro.
Lui si alzò, con il volto imbrunito dall’ombra che calò sull’espressione fredda e poco propensa al perdono. Gli tirò un pugno dritto allo stomaco, il compagno cadde a terra piegato in due dal dolore, non ricevette alcun tipo di aiuto dagli altri che assistettero alla scena.
Semplicemente Killian si allontanò, correndo via da tutto e tutti. Nessuno conosceva la vera natura di suo padre, nessuno poteva capire.




Hook si risvegliò all’improvviso da quei pensieri, quei ricordi che facevano parte di un passato ormai lontano. Senza nemmeno accorgersene aveva stretto il pugno sano così tanto da aver stritolato la pelle sotto le unghie. Lo schiuse immediatamente, passando la mano sulla fronte per asciugarsi il sudore.
Non gli capitava da tempo di tornare indietro nel tempo ed apprendere fatti e storie che aveva tentato di dimenticare.
Distolse lo sguardo da Aurora che era in preda ad un pianto solitario davanti alle statue dei propri genitori, immobili e prive di vita.
Decise di uscire dalla sala delle udienze, doveva inoltrarsi negli ambienti più interni del Palazzo.
Quando Aurora udì i passi di Hook allontanarsi dalla sala, si voltò per controllare i suoi movimenti.

“Dove state andando?” gli domandò, ma senza ricevere risposta.

La voce tremava per il dolore appena ricevuto. Malefica aveva mancato alle sue parole, l’aveva ingannata, non aveva rispettato i patti. Avrebbe voluto gridare per chiamarla a sé, per strapparle il cuore e lasciare che il suo corpo si consumasse e diventasse cenere. Ma Aurora non era mai stata quel tipo di persona da lasciarsi prendere dalla vendetta o dal desiderio di rimarcare il proprio ruolo andando contro la sua natura.
Ricacciò quel pensiero in fretta, non era il momento per le lacrime, né per i rimpianti.
Trovandosi inginocchiata, con le mani strette ai lembi di marmo che costituivano l’abito della madre, si alzò in piedi in tutta velocità. Non voleva rimanere da sola, non voleva affrontare quella realtà senza la compagnia di qualcuno.
Soprattutto, doveva scoprire il motivo per cui il sonno eterno si era sciolto con il bacio di uno sconosciuto.
Abbandonò la sala immediatamente, affrettandosi a cercare Hook che intanto aveva già iniziato a salire le rampe di scale a chiocciola che si trovavano proprio al di là di quell’ambiente.

“Cosa state cercando?” domandò Aurora iniziando a salire le scale, appoggiando una mano sulla parete di pietra. Aveva sempre avuto problemi nel percorre quelle scale, le davano un gran senso di nausea, poiché sembravano non finire mai.

Non ricevette di nuovo nessuna risposta e questo iniziò a farla innervosire. Decisa a farsi rispettare, alzò appena i lembi della gonna per accelerare la salita e riuscire a raggiungerlo. Non appena i loro passi iniziarono a confondersi, compì l’ultimo sforzo per arrivare proprio dietro di lui.

“Insomma, possibile che siate così maleducato da non rispondere alle mie domande?” lo rimproverò, riprendendo fiato.

Hook strinse leggermente gli occhi, doveva mantenere la calma ancora per poco, poi sarebbe potuto fuggire via dal guaio che aveva combinato.
“Non vi è dovuta nessuna risposta, Principessa” aveva altro a cui pensare, ascoltare quella voce così fastidiosamente vicina gli faceva ribollire il sangue.

“Sì, invece. Non chiedetemi perché, ma in qualche modo il nostro destino è legato ed io voglio scoprirne il motivo. Quindi, vi pregherei di venirmi incontro e sfamare la mia curiosità” ancora Aurora cercava di convincerlo, voleva sapere di più su quel Pirata, conoscere la sua storia e ciò che l’aveva condotto sin lì nel suo regno.

Hook rifletté per un breve istante: forse se avesse iniziato a rispondere alle sue domande, prima o poi avrebbe terminato di porne delle altre e avrebbe regnato di nuovo il silenzio. Valeva la pena di tentare.

“Ebbene, dolcezza, sono qui per Malefica. Custodisce qualcosa che è di mio particolare interesse e vorrei entrarne in possesso. Ma inizio a credere che il Palazzo sia disabitato, non ha l’aria di essere la dimora di una Strega” sussurrò alla fine, prima di superare l’ultimo gradino e ritrovarsi di fronte ad una porta di legno d’abete che era chiusa a chiave e la chiave era appesa proprio lì accanto.

“ Se Malefica fosse stata qui, ci avrebbe già catturati” rispose Aurora, soffermandosi davanti alla porta. Sapeva bene che cosa vi era al di là, per un attimo si appoggiò alla parete di pietra, scostando lo sguardo altrove. Il suo sacrificio era tutto racchiuso lì dentro.
“Cosa vi ha fatto credere che si trovasse nel Palazzo?” domandò subito dopo, la sua curiosità non aveva limiti.

Hook racchiuse la chiave nella mano prima di inserirla nella toppa ei far scattare la serratura.
“Le parole di un indovino. Un vecchio, un uomo dalla lunga barba e dagli strani modi di fare. Sono andato a cercarlo prima di raggiungere il vostro regno, per domandargli dove avrei potuto trovare Malefica. Ha consultato le sue carte, ha acceso il lume di una candela e mi ha dato la sua risposta.” la porta cigolante si apriva con pesantezza “Il bosco di rovi dovrai attraversare, un tesoro sarà lì ad aspettarti, nella torre più alta del Palazzo troverai la risposta che stai cercando, il tuo destino così compirai.”  si voltò appena verso di lei dicendo “fino ad ora non mi sembra di aver riportato altro che spine conficcate nella carne, aver trovato una principessa addormentata e un palazzo disabitato. Sapevo che non dovevo fidarmi di quell’indovino” mugugnò, poi finalmente spalancò la porta ed entrò all’interno della stanza.

Aurora deglutì appena, cosa vi era lì che poteva esser legato ad un Pirata, proprio all’interno del suo Palazzo?
Quando si fece avanti anche lei, lo vide fermo davanti all’arcolaio al quale si era punta molto tempo fa.
Corrugò la fronte, era esattamente quello che sapeva avrebbero trovato.

Scosse appena il capo, prima di far sormontare un sorriso sulle labbra.
“A quanto pare il nostro destino è davvero legato allo stesso filo”.

Hook si portò una mano dietro la nuca, girando attorno all’arcolaio, prima di avvicinarsi al fuso per poterlo sfiorare con un dito, non aveva nemmeno ascoltato le parole della compagna.

“Fermatevi!” esclamò Aurora, inorridita dalle possibili conseguenze, mentre si lanciava su di lui per afferrargli il polso della mano ed allontanarlo da quel pericolo.
“E’ in questo modo che sono caduta nel sonno eterno, se non volete trascorrere tutta la vita a dormire, evitate di pungervi” lo ammonì, riprendendo a respirare.

“Tornerò dall’indovino e gli taglierò la gola, non avrebbe dovuto prendersi gioco di me” la voce rauca uscì dalle labbra di Hook, mentre si allontanava dall’arcolaio “doveva trattarsi di una delle spie di Malefica, deve avermi dato queste indicazioni per farmi cadere in trappola”.  

Aurora portò le mani a congiungersi con eleganza tra loro, inclinando appena il capo da una parte.
“Siete sempre solito dubitare di chiunque vi si ponga davanti, senza dare loro la possibilità di essere creduti?” gli rivolse un mezzo sorriso, visto che si riferiva anche a se stessa.
“Forse l’indovino voleva solo mandarvi sulla strada che è scritta nel vostro destino” si azzardò a dire, guardando l’arcolaio con una certa diffidenza.


“Certi privilegi vanno meritati, Principessa. Non mi fido di nessuno che non sia la mia ombra, l’ho dovuto imparare a mie spese, molto tempo fa” si voltò verso di lei, per poi superarla “ho già perso sin troppo tempo, devo rimettermi in cammino per trovare Malefica. Sono certo che riuscirò a trovarla”.

“Molto bene, allora io verrò con voi” batté i piedi con veemenza, per imporsi.

“Prego?” Hook si voltò, appoggiando una spalla allo stipite della porta poco prima di superarne la soglia “Non vi ho mai invitata, questo è un affare che mi appartiene, non voglio noie”.

Aurora sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
“Chi ha accennato agli inviti? Sono una Principessa senza regno, devo trovare Malefica e compiere il mio dovere. Non posso restarmene qui ad accudire delle statue, hanno bisogno di me e devo fare qualunque cosa per salvarli. Perciò, poiché entrambi dobbiamo trovare Malefica, andremo insieme”.
Così facendo lo superò, percorrendo di nuovo le scale.
“Ricordatevi di chiudere la porta!”

La voce acuta ed impositiva arrivò alle orecchie di Hook, che adirato per quella prontezza d’animo che la Principessa aveva dimostrato, batté l’uncino sul legno della porta fino ad incastrarne la punta.
Vi appoggiò la fronte, sospirando, quella giornata stava proseguendo di male in peggio.
Non era riuscito a trovare Malefica, non aveva scovato nessun tesoro ed in più si era ritrovato colmo di ferite e in compagnia di una donna che avrebbe apprezzato di più se fosse rimasta a dormire.
Decise che non era quello il momento per porre delle lamentele, perciò liberò l’uncino ed iniziò a scendere anche lui le scale con approssimata velocità, per poter seguire la Principessa che si era diretta già all’esterno del Palazzo.
Superarono il cortile interno che conduceva fino alla porta d’ingresso, lì dove erano situate ancora le statue che avevano incontrato poco prima e che avrebbero abbandonato alle loro spalle.
Giunti di nuovo fuori, Hook mostrò un’aria a dir poco infastidita, non aveva idea di come poter trovare Malefica né da quale parte cominciare.

“Dobbiamo dirigerci verso la Foresta Proibita [1], al di là di essa troveremo la Torre di Malefica, la sua antica dimora” disse Aurora, sistemandosi l’abito che aveva già iniziato ad inumidirsi di fango mentre ripercorrevano la stessa strada che li avrebbe portati al sepolcro dove aveva riposato a lungo.

“La Foresta Proibita non è un luogo adatto ad una principessa” farfugliò Hook, detestava non essere lui a capo di qualcosa, era il Capitano di una nave e come tale doveva dimostrare di meritare quel titolo, anche se al momento non era fornito di una ciurma.
Prima di superarla però gli balenò in mente un’idea che lo lasciò colto alla sprovvista.
“Un momento…” la afferrò per il polso, facendola arrestare “voi sapevate perfettamente che Malefica non si trovava al Palazzo, non è così?”.

Aurora inclinò appena la testa di lato.
“Vi pregherei di lasciarmi andare, così mi fate male” con uno strattone si liberò dalla presa, correndo a massaggiarsi il polso. Poi abbassò lo sguardo, come pentita.
“E’ vero, ho immaginato che Malefica non potesse trovarsi  al Palazzo. E’ innamorata della sua dimora, legata ad un castello costruito su delle alte scogliere. Ma non avevo nemmeno idea che i miei genitori fossero stati trasformati in statue, né che potesse essersi appropriata del mio regno, ho dormito troppo a lungo. Quindi vi ho lasciato fare”.

Hook mugugnò qualcosa tra sé e sé, preferiva non sopraggiungere ad altri chiarimenti, sapeva che avrebbe perso la calma.
Chiuso nel suo silenzio, riprese a camminare mentre Aurora lo seguiva con qualche difficoltà, le loro andature erano diverse e scostanti e gli abiti lunghi della principessa non erano i più adatti per muoversi all’interno della foresta che avrebbero attraversato.
Non si scambiarono più una singola parola, ognuno avvolto nei propri pensieri e desiderosi di non ricominciare a battibeccare, visto che ogni volta che uno dei due apriva bocca si finiva per discutere.
Superarono il tempietto sotto il quale aveva dormito Aurora, fino ad intraprendere una via che era ancora iscritta sul terreno battuto.
Aurora, per un momento, credé di poter affrontare tutta quella situazione con animo impavido e senza scoraggiamento.
Ma l’idea di essersi risvegliata grazie al bacio di uno sconosciuto, di non aver incontrato il suo Filippo, di non aver potuto stringere a sé i propri cari, la gettava in un abisso profondo ed oscuro.
Troppe responsabilità erano state caricate sulle sue spalle, da sempre, così tante che a volte si figurava lontano da quel mondo, da tutti coloro che desideravano affidarsi a lei.
Avrebbe preferito, per una volta, essere lei quella da salvare e non quella che era in grado di salvare tutti.
Il loro momento di silenzio e di riflessione fu spezzato nel momento in cui sorvolò sopra le loro teste il falco dalle ali d’argento che Hook aveva seguito prima di raggiungere Aurora.

“Ah, eccoti qui!” aggrottò le sopracciglia il pirata, mentre lo fissava con una certa alterazione “Se sei qui per indicarmi la strada, no grazie. Ho già accusato gli effetti dei tuoi consigli, non ne voglio altri”.

Aurora sembrò perplessa, era davvero strano vedere qualcuno parlare con così tanta enfasi con un animale.
Si disse che probabilmente doveva trattarsi di un uomo molto solo, o di un folle che non aveva avuto modo di essere amato in passato.
Il falco continuava a sorvolare sulle loro teste, assolutamente indifferente alle parole che gli venivano rivolte. Le ali splendevano sotto i raggi del sole che iniziavano ad abbassarsi sempre di più.
Il tramonto si sarebbe presto avvicinato e prima di sera si sarebbero inoltrati nella Foresta Proibita.

“Siete già stato qui?” domandò Aurora, decisa a far udire ancora una volta la sua voce.
Apprezzava il silenzio, ma non parlava con qualcuno da troppo tempo.

“Posso dire di conoscere a fondo questi luoghi, ma vorrei che evitaste di pormi domande personali. Non mi piace rispondere del mio passato” disse mentre con gli occhi continuava a seguire il falco, che volente o nolente era ormai diventato una guida e quasi una sicurezza alle scelte che stava prendendo nel percorso da attraversare.

Aurora sollevò gli occhi al cielo, quell’uomo era incredibilmente indisponente e soprattutto non sembrava volerle venire incontro.
Era così terribile starle accanto? Eppure molti avevano richiesto il privilegio della sua vicinanza, quando era ancora la Principessa di un regno fatto di carne e sangue, non di polvere di marmo.
Quando si ritrovarono di fronte ad un tronco di albero adagiato sulla terra, si fermarono. Hook non si lasciò prendere dallo sconforto e vi saltò sopra, per poi ricadere dall’altra parte, atterrando con un balzo leggero.
Aurora quando si rese conto che il compagno si era già allontanato, lo richiamò immediatamente schiarendosi la voce.

“Vi siete dimenticato qualcosa?” gli domandò e nel momento in cui lui si voltò indietro per osservare la scena proposta, lei si mise le mani sui fianchi per enfatizzare la domanda.

“No, credo di no. E voi cosa state aspettando, il vostro Filippo che venga ad aiutarvi?” tornò sui suoi passi, con una lentezza quasi esasperante.
Si arrestò di fronte all’altra parte del tronco, appoggiandovi un piede per sostenere il peso mentre sistemava il braccio sopra il ginocchio.

Aurora si sentì avvampare, nessuno le aveva mai mancato di rispetto tante volte quanto in quel solo giorno. E anzi, non era nemmeno terminato!

“Siete... siete un pirata!” fu tutto quello che riuscì a dire, inalberata com’era diventata. “Uno sbruffone, un disonesto, avete solo l’aria da gentiluomo ma per il resto non siete altro che un millantatore”.
Soddisfatta di quell’elenco colmo di esagitazione si decise a dimostrargli che poteva cavarsela anche da sola.

“Un millantatore?” Hook inarcò un sopracciglio, decisamente divertito dalla situazione “Io vi avevo avvertita: la Foresta Proibita non è un luogo adatto a voi, non avreste dovuto seguirmi. In fondo, non devo prendermi cura di voi”.

La sua risposta non fece che aumentare l’improvviso disprezzo che Aurora sentiva correre dentro di sé, anche se credeva di aver percepito una punta di tristezza che per un momento stava per farla recedere.
Decisa però, che quell’uomo non poteva essere diverso dalla descrizione che ne aveva fatto, non si tirò indietro e cercò di salire sul tronco dell’albero secolare, alzando con attenzione i lembi dell’abito.
Prima di scendere, si vide porgere la mano sana di Hook. Corrugò appena la fronte, aveva forse cambiato idea? Perché ora le veniva incontro?
Non era disposta, in ogni caso, ad accettare il suo aiuto in quel modo. Qualcuno avrebbe dovuto educarlo.
Rifiutò il suo appoggio e nel momento in cui cercò di compiere il balzo per arrivare di nuovo a terra, inciampò su un ramo spesso e corto che le fece perdere l’equilibrio.
Hook, prontamente, l’avvolse tra le proprie braccia perché non rovinasse a terra rischiando di farsi male. La strinse appena, con così tanta leggerezza che quasi sembrava che il legame nemmeno vi fosse. Appoggiò l’uncino sulla sua guancia, nell’attimo in cui il momento critico era trascorso.

“E’ proprio vero che le donne non sanno resistermi, ora ho capito perché mi avete seguito” le mostrò un sorrisetto compiaciuto “cercate però di fare attenzione, non vorrete sfigurare il vostro bel visino? Poi, potrei rischiare di non trovarvi più così attraente”.

Immancabilmente Hook si comportava come era solito fare, in situazioni che in un modo o nell’altro si creavano come tali.
Apprezzava le qualità di una donna, la sua vicinanza, il calore di due corpi stretti tra loro. Persino di una donna che sembrava non riuscire ad ammutolirsi nemmeno un istante.
Gli bastava così poco per eliminare quel senso di chiusura in cui si opprimeva per rimanere distante da tutto il resto del mondo.
Aurora, al contrario, quando avvertì una vicinanza simile avvampò di nuovo fino a poi impallidire, come se le avessero strappato l’anima.
Quel bacio rubato, quei modi di fare così eccentrici e diversi da quelli a cui era abituata, non la facevano sentire a proprio agio e avrebbe rischiato di chiudere gli occhi e diventare cieca di fronte a qualunque cosa.

“Vi ho detto che avrei voluto seguirvi per venire a capo di quel che è accaduto, non perché provo interesse per voi. Non siete decisamente l’uomo dei miei sogni” rispose mentre appoggiava le mani sul petto di lui per potersi distanziare.

Era davvero così. Filippo era il Principe dei suoi sogni, lo aveva incontrato nel mondo onirico molto prima di conoscerlo e sapeva che il suo destino era legato al proprio.
Ma in modo inspiegabile lo era anche a quello di Hook.

“L’uomo dei vostri sogni?” inarcò un sopracciglio, prima di scuotere leggermente il capo e decidersi a lasciare la presa su di lei. Quella vicinanza iniziava a bruciare. “Dovreste imparare a crescere, principessina, i sogni non sono fatti per chi rimane sveglio.”

“Ho dormito abbastanza da conoscere la differenza tra sogno e realtà, Filippo non è solo un sogno, lui è reale e sono certa che si trovi da qualche parte, intento a cercarmi e quando mi troverà potrò dimostrarvi che non tutti i sogni sono delle illusioni” rispose in un sussurro, prima di scostarlo appena per poter riprendere a camminare e sistemare meglio la corona di fiori adagiata attorno alla fronte.

Hook rimase immobile per qualche istante. Lui aveva avuto dei sogni, un tempo. Aveva combattuto per essi, ma aveva perso.
Dunque preferiva la cruda realtà che ti è sempre davanti, ad un sogno che chiunque può strapparti via.







// Nda:
Ecco, il capitolo finalmente è tornato in funzione xD.


   
 
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