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Autore: Rainsoul    13/01/2008    7 recensioni
What if? Mentre Voldemort si sta preparando alla guerra, l'Ordine della Fenice acquista un nuovo membro: una ragazza giovane, testarda e con molta esperienza nel trattare gli animali.
Kneazle, Ippogrifi, Kappa e Ghoul sono il suo pane quotidiano, ma se la cava un po' meno con ex-compagni di scuola, colleghi e parenti...
Ma uomini e "bestie" dopotutto, sono tanto differenti? Difficile rispondere, soprattutto se l'uomo in questione - ma anche la bestia - è Sirius Black.
Pairing: Sirius/Nuovo personaggio(principale); Remus/Tonks (poco... ma si sa, non riesco a non dar spazio a questi due!)
Attenzione: NO MARY SUE!
Dal CAPITOLO SEI: Hold me in your paws
"-Ehi, aspetta… avete incontrato il Ministro? Ma tu sei un ricercato, come puoi…?-
-Ex-ricercato.-
La ragazza sgranò gli occhi.
-Vuoi dire che…-
Sirius spalancò le braccia, la soddisfazione che gli illuminava il bel volto magro.
-Hai davanti a te un uomo libero, Mayer.-"

Guida alla lettura: gli avvenimenti raccontati di seguito sono ambientati durante Harry Potter e l'Ordine della Fenice, tuttavia si riferiscono anche a fatti descritti in Harry Potter e il Principe Mezzosangue. Pertanto, si sconsiglia la lettura a chi non abbia finito il suddetto libro, e non voglia rovinarsi la sorpresa.
Quasi tutti i personaggi appartengono a mamma Row. Non scrivo con fini di lucro. La storia appartiene a me, in quanto frutto del mio lavoro. Some rights reserved.
Genere: Romantico, Commedia, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Nuovo personaggio, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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kneazles dogs prologo

Questa storia è dedicata a mia sorella,
dalla prima sua lettera, all’ultimo punto

It’s Raining Kneazles and Dogs

Prologo


A very Black day


Roberta Mayer uscì dall’ufficio sbattendo la porta con energia, quel tanto che bastava per esprimere la propria rabbia senza essere licenziata.
Odiava quell’individuo, noto col nome di Jacob Peterson.
Odiava dover lavorare per lui.
E
odiava tutti i maledetti Decreti per la Restrizione sulla Detenzione di Creature Magiche!

Entrò nell’ascensore del Ministero assieme a cinque o sei aeroplanini di carta colorati.
Li guardò svolazzare silenziosi sopra la propria testa, e sbuffò.

Come poteva svolgere al meglio il proprio lavoro, se le impedivano di portare a casa il piccolo di Kappa che aveva prelevato nel corso del suo ultimo viaggio in Giappone?

Un Kappa, per le braghe di Merlino, non un Ungaro Spinato!
Era solamente un innocuo, banalissimo Kappa Albino, a cui bastava dare un cetriolo perché stesse tranquillo.
Un tenero cucciolo dalle squamette candide, con in testa una ciotola talmente poco sviluppata che conteneva a stento due dita d’acqua…

L’acqua era la fonte di energia di questi demoni, come aveva cercato invano di spiegare al suo capo per quasi tre quarti d’ora, di conseguenza il povero Elibar era a stento capace di far fuori un merluzzo. E anche se fosse diventato violento, sarebbe bastato rivolgergli un cortese inchino – i Kappa devono rispondere agli inchini, fa parte della loro natura – per tenerlo a bada.

Ma quell’idiota di Jacob non aveva ascoltato un accidenti, mentre Roberta tentava di spiegargli che era in grado di gestire la creatura senza problemi!

Indossò il mantello, e uscì in strada.
Pioggia, naturale.

Perché no, dopotutto?
Ogni giornata nera che si rispetti non può concludersi senza una doccia gelata in piena regola, metaforica o reale che sia.

Si diresse camminando verso il negozietto di accessori per animali all’angolo, tentando di evitare tutte le pozzanghere che incontrava sul marciapiede malandato, mentre ripensava allo strano gufo che aveva ricevuto il pomeriggio precedente.


Gentile Roberta,
immagino che sarai alquanto sorpresa, nel ricevere questa mia: in effetti sono passati alcuni anni dal nostro ultimo incontro.
Mi auguro che nel frattempo la tua carriera all’interno dell’ Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche sia proceduta con la speditezza che le tue brillanti doti meriterebbero. Ricordo ancora con chiarezza il tono entusiasta del professor Kettleburn, quando mi parlava dei tuoi interventi durante le sue lezioni!

Ma veniamo alla ragione principale per la quale ho ritenuto opportuno disturbarti: avrei bisogno di sottoporti una questione, e vorrei parlartene di persona domani, se ti fosse possibile.
In caso di tua risposta positiva, ti attenderò nel mio ufficio per le ore 17.
Ci raggiungerà anche Nimphadora Tonks - sono certo che la ricordi perfettamente: avete frequentato Hogwarts durante i medesimi anni -, e sarò lieto di offrire ad entrambe una buona tazza di tè e Api Frizzole a volontà, se le gradirete.

In attesa di tue notizie, ti mando i miei più sinceri auguri per il tuo futuro.

Cordialmente,

Albus Silente



Mentre ordinava una confezione media di Croccantini Ippogrifici al gusto furetto e verdure, si domandò se questa convocazione avesse a che fare con le voci sul ritorno di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, che aveva sentito in ufficio la settimana precedente.

“Sciocchezze” si disse.
Dopotutto, anche se fosse stato tutto vero, cosa mai poteva c’entrare lei?
Forse Hagrid aveva di nuovo qualche problema con gli Unicorni, e Silente aveva pensato di chiederle aiuto.
Già, ma allora perché aveva invitato anche Tonks? Non riusciva ad indovinarlo.

Pagò il dovuto alla commessa, ringraziò ed uscì nuovamente.
La pioggia si era intensificata, e scrosciava contro i vecchi tetti rossi di tegola delle case della zona.

“Non importa. Lo scoprirò fra qualche ora.”

Si incamminò verso casa, che si trovava a pochi isolati da lì.
Il walkman babbano che le aveva regalato sua cugina non voleva saperne di funzionare, così lo ripose in una tasca.

D’un tratto un’ombra scura attirò la sua attenzione, in un vicolo buio. Sembrava la sagoma di un animale di grandi dimensioni.

Cautamente fece qualche passo in avanti, scoprendo un grosso cane nero simile ad un orso, di spalle, intento ad ispezionare un bidone dell’immondizia.
Il pelo semilungo era abbastanza arruffato, e Roberta non gli vide addosso nessun collare o piastrina.

“Randagio”, pensò.

Avanzò ancora di un passo. Un suo piede andò a sbattere contro una lattina di birra, e nell’udire il rumore il cane si voltò di scatto, spaventato.
La lattina rotolò verso di lui, ma l’animale non la degnò di uno sguardo.

La strega riconobbe subito la posizione di difesa: le orecchie tese indietro, i denti appena scoperti, gli occhi che balenavano senza sosta fra lei e le possibili vie di fuga.

Senza scomporsi si accucciò lentamente, a dimostrazione di non costituire una minaccia. L’animale parve rilassarsi un poco.
Si guardarono in silenzio per alcuni istanti, finché il randagio non sembrò tranquillizzarsi.

Trotterellando piano, le si avvicinò.

-Ciao, cane.-
Quello abbaiò due volte, in risposta.

Era piuttosto malandato, valutò Roberta.

-Fame, eh?- gli domandò.

Lui si limitò a fissarla con due grandi occhi grigi.

-Mi spiace, ho solo questi e non credo ti piacerebbero.- disse, scuotendo la scatola di cartone che aveva in mano.

La bestia accostò il muso ai Croccantini Ippogrifici, quasi volesse leggerne gli ingredienti, poi uggiolò con disappunto.

-Lo immaginavo. Fanno schifo anche a me.- disse lei.

Il cane annusò sonoramente le dita che la ragazza gli porgeva, poi le leccò un poco con la lingua rosata.
Roberta gli accarezzò il capo, grattandolo dietro un orecchio.
Il cane scodinzolò.

-Se ci sei anche domani, ti porto qualche buon bocconcino.-

Quasi avesse capito, il randagio abbaiò allegro, mettendole le zampe sulle spalle, nel tentativo di leccarla in faccia.
Cercando di tenerlo a bada, la giovane guardò l’orologio da taschino che aveva nel mantello: le quattro e un quarto.

-Devo andare.- mormorò, con un sospiro stanco.

Si alzò e diede un’ultima grattatina di saluto all’animale, che strusciò il muso contro le sue gambe.

-Ci vediamo, cane.- disse. -E trovati un riparo, per favore. Piove.

S’incamminò verso il proprio appartamento, pensando ancora a Silente. Aveva giusto il tempo per farsi una doccia veloce, prima di prendere la Metropolvere per Hogwarts.

Due occhi grigi la seguirono allontanarsi sotto la pioggia, finché la sagoma non fu più in vista.

Per un po’ il cane nero rimase immobile, a guardare il punto della via dove la ragazza era sparita.
Temeva che potesse rispuntare all’improvviso, come era accaduto poco prima.

L’aveva quasi colto sul fatto.
Il pelo scuro fu scosso da un brivido di puro terrore.
Aveva rischiato molto.

Aspettò ancora un minuto, scrutando la traversa abbattuta.
Accertatosi che nessuno fosse più in vista, il grosso cane nero si riavvicinò, guardingo, al bidone lì accanto.
Diede un’annusata veloce. Soddisfatto, lanciò un’ultima occhiata alla strada.

“Via libera.”

Con circospezione sollevò la zampa posteriore destra, attento a non toccare il freddo metallo con i cuscinetti sul palmo, e attese.

Una sensazione di piacere lo pervase.
Merlino, quanto aveva atteso

Fare pipì non si era mai rivelato altrettanto complicato, prima d’allora.

  
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