Libri > Eragon
Segui la storia  |       
Autore: rosgreenday    14/01/2008    1 recensioni
Il terzo libro dell'Eredità secondo me...troveremo Eragon molto confuso su quali dovranno essere le sue scelte... bè non vi anticipo altro ma ricordo ke commantare è tassativo (per favore...sob sob)!!!!!!!!!!
Genere: Generale, Romantico, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Eragon, Galbatorix, Murtagh, Roran | Coppie: Roran/Katrina
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Epilogo

Quanti anni erano passati? Trenta? Forse di più quaranta. Come se lo ricordava bene quel giorno. Il giorno della battaglia, Fiamma aveva fatto fuggire Arya e Roran. Galbatorix aveva capito, ma non l’aveva uccisa. Probabilmente temeva qualche reazione sua.

Ora Murtagh stava seduto in quelle stesse stanze, dove aveva passato la notte più lunga della sua vita. E pensava, anzi stava rievocando i ricordi di ciò che era successo tempo prima, in un certo senso per quanto Fiamma fosse stata impulsiva con il suo gesto, non poteva fare altro che ringraziarla per quello che aveva fatto. Certo, se fosse successo in qualsiasi altro contesto, che sua moglie, la sua adorata moglie, avesse rischiato così la vita, per quanto giusta e sensata potesse essere la causa, lui non avrebbe potuto fare altro che crogiolarsi nella tristezza per le conseguenze, che ne sarebbero conseguite.

Quella volta, però, il suo gesto non fu punito, Galbatorix aveva reagito subito, mobilitando il più in fretta possibile l’esercito e dirigendosi verso il Surda, ma soprattutto aveva rimandato ciò che avrebbe voluto fare quella notte. Eragon. Voleva lui, la sua lealtà, ma lui non avrebbe mai acconsentito e questo Murtagh lo sapeva bene, gli esiti sarebbero stati prevedibile e lui avrebbe dovuto assistere. Che cosa tremenda gli sembrava ora! Paragonata al clima di pace e armonia in cui si viveva ad Alagaesia in quegli ultimi anni.

“Pace e armonia”, ma a quale prezzo? Un prezzo troppo alto forse, gli esiti della battaglia gli erano sembrati sempre più terribile man mano che ci allontanava da quella data. Probabilmente perché lì per lì l’entusiasmo della vittoria aveva ubriacato le menti, evacuandole dallo scenario di morte e distruzione, che si era creato alle porte di Lithgow.

Com’è che aveva detto Arya?

-Molti sono morti, ma era un prezzo equo per le vite che abbiamo salvato.-

Gliel’aveva detto, anzi l’aveva detto a Nasuada, poco dopo la morte di Galbatorix, quando la Regina dei Varden guardava, avvilita, i morti sul campo di battaglia.

“Un prezzo equo”, alcuni istanti e si sarebbe pentita di quell’affermazione. Lui dal canto suo non ne aveva sofferto più di tanto, ma ora per questo si sentiva un mostro. Il lamento straziato di quel drago. Come poteva pensare che fosse il suo drago. Anche Arya era rimasta sconvolta, per quanto poco fosse stato equo quel prezzo.

Murtagh si guardò un attimo scuotendo la testa per scacciare quell’immagine dal cervello e le immagini, che sapeva sarebbero seguite. Alcuni anni fa per sentirsi meglio gli sarebbe bastato ricordare la sua bravura in battaglia, com’era stato decisivo per uccidere gli ultimi seguaci del “Re Tiranno”, dopo che, con la sua morte era stato liberato dal giuramento che lo legava a lui. Ora non era più così, però, non bastava pensare al suo coraggio per non sentirsi responsabile di ciò che era successo, poco importava ormai spezzoni di quei giorni gli balenavano nella mente e non aveva intenzioni di usare le sue energie per scacciarli.

-Sono fuggiti! Sono fuggiti!- aveva detto un tale quel giorno. Era tarchiato e portava dei baffetti sottili.

-No non è possibile!- aveva esclamato un altro di slanciato, ma evidentemente goffo nei movimenti -Come avrebbero potuto fare da soli?-

Accortosi della mia presenza che incuriosita si avvicinava l’uomo abbassò la voce.

-Non erano soli…- disse in un sussurro.

Anche l’altro si era accorto di me e annuì al compare iniziando ad allontanarsi da me, ormai la mia curiosità si era ingigantita, fino a diventare sospetto.

Loro se n’erano accorti, ma facevano di tutto per non farsi sentire.

Sciocchi! Eppure lo sanno che posso entrare nelle menti altrui!

Quello tarchiato mi lanciò un ultima occhiata, poi tornò a rivolgersi al compagno -La ragazza…- disse facendo un evidente cenno di capo verso di me.

Mi ci volle qualche secondo per realizza, nel frattempo i due uomini se n’erano andati.

Fiamma, non poteva essere! Corsi immediatamente negli alloggi gi Galbatorix, lì avrei avuto diversi notizie, anche confortanti se devo dirla tutta. Né Fiamma, né Eragon sarebbero morti per il momento almeno…

Erano stati giorni difficili quelli che sarebbero seguiti, dovevo organizzare l’esercito mentre Galbatorix guardava altri suo uomini di fiducia che preparavano strategie e dati sui Varden e il Surda. Avevo avuto dieci giorni per organizzare le legioni, troppo pochi per avere un esercito di qualità, ma troppi per evitare un qualche coinvolgimento degli elfi.

In cuor mio speravo davvero che fossimo sconfitti, ma non osavo formulare quel pensiero Galbatorix l’avrebbe saputo in un modo o nell’altro.

Scossi di nuovo violentemente il capo per non rievocare quei giorni, orribili! Non potevo vedere mia moglie o mio fratello e anche se Galbatorix mi aveva assicurato che non era così, non potevo fare a meno di pensare che fossero morti. Ricordi lontani, ma dolorosi. Evitai di infliggermi anche quell’agonia e passai alla parte che un tempo mi avrebbe fatto sentire meglio, la battaglia.

Era stato rincuorante sapere che Eragon non era stato ucciso e neanche Fiamma. Galbatorix li aveva portati nel Surda con noi, temeva potessero scappare e non poteva lasciare nessuno ad Uru’baen per sorvegliarli. Servivano tutti per quella grande battaglia decisiva, dove per la prima volta sarebbe sceso in campo anche il “Re Tiranno”.

C’erano anche Speranza e Saphira costretti a subire, di buon grado, l’umiliazione di vedersi controllati da dei rozzi soldati, se si fossero ribellati sapevano che i rispettivi Cavalieri sarebbero morti.

Riflettendoci bene anche quello non era un bel ricordo, suo fratello drogato, con catene ai polsi e alle caviglie che lo guardava come se fosse il peggior criminale al mondo.

Di lì a poco ecco arrivare la luce, o meglio. La luce vera e propria era sparita, ma era arrivata la sua luce personale. Erano nei pressi si Lithgow ed ecco spuntare l’esercito dei Varden e del Surda.

C’erano umani e nani, ma anche qualche urgalo, quelli che non erano più sotto l’influenza di Galbatorix.

Insieme a quella luce momentanea, però, sentiva anche una morsa di tristezza prendergli lo stomaco. Non erano molti, probabilmente erano più freschi, ma contro di loro non avevano possibilità. Due Cavalieri, esperti per di più, contro uno, un novizio. Si rallegrò un po’ nel non vedere gli elfi, magari dovevano arrivare di lì a poco, si pentì quasi subito di quel pensiero, però, Galbatorix lo fissava accigliato. Doveva controllarsi meglio!

La battaglia, come aveva previsto era stata tutto un programma. I loro avversari non potevano competere e presto avrebbero dovuto cedere, ma la sua mente non era lì. Pensava a suo fratello e a Fiamma erano rimasti, attorniati da una piccola legione sulle retrovie, a quale scopo quella manciata di uomini poi? Anche se si fossero liberati o se qualcuno li avesse liberati cosa sarebbe cambiato.

Inorridiva al pensiero, avrebbe dovuto scontrarsi con sua moglie e suo fratello, con la donna che amava e il suo sangue. Ogni tanto lanciava qualche occhiata a Fiamma, lo guardava muovendo impercettibilmente le labbra. Chi sa cosa stesse dicendo? Che lo amava? Di stare attento? Chiedeva forse perdono? O stava semplicemente cercando di ricordare qualche termine dell’antica lingua che la togliesse da quella situazione? Non lo avrebbe mai saputo, non glielo aveva voluto chiedere, il suo corpo si rifiutava di percepire anche il più piccolo segno di disgusto in quel volto gentile. Come doveva essergli sembrato in quel momento. Mentre ordinava a Castigo di bruciare frotte di contadini indifesi…

Anche Roran, però, si dava da fare, non aveva attaccato ancora lui o Galbatorix direttamente, evidentemente si rendeva conto che la sua vita sarebbe stato un sacrificio inutile.

Sorrise prima che anche quest’altro ricordo gli invadesse la mente.

Qualcosa li attaccava alle spalle: gli elfi. Davanti a loro c’era Arya, non sembrava in gran forma, tuttavia, come del resto anche il resto degli elfi. Probabilmente erano arrivati da Ellesmera e avevano attraversato di corsa il deserto dell’Handarac. Il loro intervento non sarebbe stato decisivo anche se, come fecero, avessero liberato Eragon e Fiamma. Sfiniti anche loro e intontiti dalla droga.

Ciò nonostante quel loro intervento fu decisivo.

Avevano risollevato il morale dell’esercito dei Varden, ma anche i componenti delle fila di Galbatorix, soprattutto i contadini e gli uomini strappati alle loro famiglie per una sanguinosa, quanto ingiusta, causa che non li riguardava, si ribellarono e gli si ritorsero contro.

Nel vedere ciò Murtagh fu preso dal panico. Fiamma e Eragon venivano verso di loro. Non sapeva che fare. Eragon si diresse verso Galbatorix e Fiamma verso di lui, stava piangendo. E fuggii.

Nel farlo vide Roran che andava ad aiutare Eragon. Intanto sotto di loro qualcosa era cambiato. Stavano perdendo. Un ondata di rabbia lo avvolse. Murtagh si chiede ancora oggi quali siano stati i fondamenti del suo gesto, non aveva smesso di planare verso le ultime file dell’esercito del Surda, avrebbe potuto scappare come era sua intenzione all’inizio, ma non era più in lui. Iniziò ad attaccare quella parte dell’esercito. Poveri e indifesi. Cosa potevano fare contro un drago e il suo Cavaliere? L’aria era diventata satura di fumo e… urla. Una piana di morti carbonizzati.

Murtagh sei sicuro?

Così gli aveva detto Castigo, neanche lo stette a sentire continuò nel suo folle gesto, poi arrivò qualcosa da dietro che lo fece cadere dal dorso del suo drago. Si ritrovò a rotolare su quella piana di morte che aveva creato sopra di lui c’era Fiamma. I capelli bagnati, il viso rigato di lacrime, gli diede un pugno con quanta più forza aveva.

-Smettila!- urlò.

Lì nessuno li avrebbe sentiti, la battaglia era più avanti intorno a lui c’erano solo cadaveri…

Murtagh la guardò mesto -Lo sai che non posso.-

-Provaci.- la sua voce era implorante.

-Non posso- ripeté -Ora spostati- disse lui dandole ano strattone.

Aveva smesso di piangere -Murtagh… non posso neanche io…-

Lui si girò curioso.

-Neanche io posso lasciartelo fare-

Un brivido lungo la schiena. Ecco cosa lo percorse quando vide le mani della ragazza stringersi alla sua spada.

-Non farlo, Fiamma- ora era lui ad implorare -Se mi attacchi, dovrò reagire, ho giurato di difendermi…-

Fiamma sorrise malinconica -Allora reagisci, non sono in grado di guardare mentre uccidi quelle persone… queste persone- disse indicando il cumolo di salme attorno a loro.

La sua stretta di fece più decisa.

-Ti prego…-

Stava quasi per estrarre l’oggetto dalla federa -No, Murtagh è troppo tardi.-

In un attimo si era già avventata su di lui, conscia che per quanto poteva, avrebbe cercato di non farle del male.

Infatti, schivava i suoi colpi più che cercare di attaccarla. Anche se il patto che aveva fatto lo reclama.

Sentiva la voce di Galbatorix nella testa.

-Giura che tenterai di eliminare, chiunque ti attacchi.-

-Lo giuro.-

Sembrava che avesse previsto quella situazione, così sollevò Fiamma di peso e lo lanciò lontano, sperava che fosse sufficiente, intento osservava i draghi sopra di loro. Lottavano anche loro, forse un po’ troppo affettuosamente. Stava per chiamare Castigo quando Fiamma lo attaccò da dietro. Sperava che non lo facesse, ma la conosceva troppo bene, non si sarebbe arresa così. Fu un attimo contrastò il suo attacco con la spada facendole volere quest’ultima dalle mani e senza pensare che si trattava di sua moglie. Le puntò l’arma al collo. Lei la prese tra le mani. Piangeva di nuovo, quanto avrebbe voluto non doverlo fare, ma c’era il patto. Quello stupido patto!

Non spingeva la spada con tutta la sua forza, ma la spingeva contro quel bellissimo collo, lei, lo vedeva stava per cedere, forse non era destino. Ma allora perché doveva morire lei? Perché non lui? Era lui che non la meritava? Aveva cercato di adattarsi al suo mondo, ma non ce l’aveva fatta. Lei era buona…

Intanto vedeva dalle sue mani scendere dei rigagnoli di sangue, stava per cedere povera piccola, mentre quella forza invisibile lo spingeva a continuare, ma quale forza invisibile. Il patto non poteva obbligarlo a fare qualcosa. Non poteva, ma allora perché? Perché continuava ad insistere? Certo se avesse mollato sarebbe morto, ma sempre meglio lui, che lei. Se n’era accorto troppo tardi, però.

D’un tratto, non seppe mai se aveva avvertito che era libero o se infondo non era troppo tardi, mollò la spada. E libero lo era davvero.

Sentiva le urla di gioia, e di nuovo, senza pensare prese Fiamma per mano e corsero verso il campo di battaglia. Nell’aria il lamento straziante di un drago, fu allora che la vide la testa di Galbatorix giaceva a terra separata dal corpo. Il suo drago stava morendo. Un altro lamento, però, sopraggiunse poco dopo. E un altro corpo cadde a terra, senza vita. Roran.

Murtagh si passò le mani sulla faccia. Quel povero ragazzo! Suo cugino per giunta! E lui non aveva provato pietà, forse solo un briciolo, per lui. La sua ragazza, Katrina, era anche incinta. Avrebbe partorito due gemelli ad Aberon pochi giorni prima della battaglia. Tutti pensavano che sarebbe morta dal dolore, ma, invece, non successe Katrina era forte.

Dopo aver appreso la notizia fu invitata a partecipare al Congresso che si tenne ad Aberon per riorganizzare i territori. Ai nani furono dati i Monti Beor e i territori adiacenti al lago Eldor fino a Ceris, quelle città erano state, però, a lungo abitate dai Varden così si stabilì, che chi voleva poteva rimanere, Nasuada ogni tanto tornava per controllare come stessero i suoi sudditi, anche se dopo poco tutti se ne andarono e si trasferirono nell’ex regno di Galbatorix. Nasuada così ebbe le isole, lei fu accondiscendente anche se, ormai, non vedeva più la necessità di restare Regina. Il popolo, invece, acclamava Eragon come futuro Re, lui li ignorò e con Katrina, Arya e i bambini se ne andò, oltre l’oceano, nelle vecchie terre dei Cavalieri dei Draghi. Gli elfi restarono dov’erano. Per quanto riguarda Alagaesia, dopo che Eragon ebbe rifiutato il titolo di Re passò a Murtagh e anche se il popolo non lo accettò subito divenne lui Re.

Già Re, ne era stato felice, una volta che tutti l’avevano riconosciuto come tale. In fondo aveva avuto fin troppa fortuna, durante la battaglia era schierato con l’esercito di Galbatorix, ma la gente dimentica; forse troppo in fretta.

E fiducioso di ciò si diresse a letto, fiducioso di accantonare in angolo, per un’altra notte, quella brutta vicenda del suo passato. Il suo ultimo pensiero prima di addormentarsi andò a quei poveri ragazzi, ormai uomini, senza padre e che un tempo non aveva compatito.

Garrow e Roran.

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Eragon / Vai alla pagina dell'autore: rosgreenday