Si
svegliò in un letto, situato a
lato in una piccola stanza di una casetta di legno. Nykla era molto
confusa: Dove sono?
pensò.
Si
guardò intorno e vide un
ambiente rustico, tipico della zona alpina a cui era abituata e questo
la fece
rilassare un poco. Aveva un leggero mal di testa e la pervadevano
sensazioni
strane,
sconosciute, ma non si ricordava cosa fosse successo la sera prima. Se
si fosse
svegliata a casa o in un ospedale avrebbe pensato a una
“notte da leoni” oppure
a una qualche brigata se si fosse ritrovata in carcere, ma non
riconosceva
nessuno di quei luoghi in quella luminosa stanzetta.
Un’anziana
donna entrò e parlò in
francese:
-Bonjour, mademoiselle. Comment ça va?-
Nonostante
molti
nella zona di confine del Piemonte con la Francia parlassero entrambe
le lingue
nazionali, Nykla comprendeva solo l’italiano e non le era mai
interessata la
conoscenza di altre lingue all’infuori della propria;
inoltre, a scuola non
prestava particolare attenzione alle lezioni, quindi non aveva mai
imparato neanche
l’inglese.
La donna,
avendo notato che la
ragazza non aveva risposto, ritentò in italiano.
-Ben
svegliata. Come ti senti?-
L’accento
non era fortemente
marcato, inoltre aveva utilizzato l’italiano immediatamente
dopo il francese,
senza passare per l’inglese, perciò Nykla dedusse
che dovevano trovarsi in un
qualche luogo in Francia poco distante dall’Italia.
Rispose
chiedendo a sua volta
dove si trovassero, ma l’anziana signora disse solo che erano
in una foresta
alpina.
In una
foresta? Ma come diavolo
ci era arrivata? Nykla cercò di risalire agli avvenimenti
della serata partendo
dal pomeriggio, che si ricordava bene.
Dopo pranzo
aveva litigato con il
padre, come accadeva molto spesso ultimamente. Avevano iniziato quando
lui l’aveva
rimproverata perché non gli aveva detto che sarebbe andata a
farsi un tatuaggio
il giorno seguente. Lei era sbottata dicendo che poteva fare quello che
le pareva
quando voleva, ma il padre aveva reagito tirandole uno schiaffo. La
ragazza
inizialmete era rimasta basita, poi, però, aveva sibilato,
in preda alla
rabbia:
-Sei
patetico, sai solo menare,
mai una volta che ti esprima a parole. Se mamma fosse ancora qui, non
avresti
agito in questo modo e magari ci sarebbe stato più affetto
in questa casa. Sei
un fallito, senza di lei non sei niente!-
Poi era
uscita ed era andata a
casa di Rebecca per sfogarsi e, dopo che Gianlu e Fede erano passati da
loro,
erano andati insieme all’Olimpico, l’unica
discoteca di quella città.
Da
lì in poi i ricordi si facevano
nebulosi, ma improvvisamente la realtà la travolse.
Oh,
porca miseria...pensò
quando si rese conto di cosa era successo nella foresta.
Devo
andarmene. Subito.
L’ospite
nel frattempo era uscita
e quando Nykla tentò di muoversi, sentì una fitta
di dolore al fianco sinistro,
poprio dove il cane l’aveva morsa, e le scappò un
gemito. Si tirò su la
maglietta aspettandosi di vedere uno squarcio, ma notò una
grande fasciatura
bianca che le circondava completamente il fianco.
Al rumore di
passi seguì
l’ingresso della signora che aveva portato la colazione:
latte e biscotti. La
ragazza era solita bere un espresso la mattina, anche se il latte le
piaceva lo
stesso, ma non aveva fame, era completamente sazia. Declinò
l’offerta e scrutò
attentamente il volto della donna: profonde rughe la segnavano e le
davano
un’aura austera e gentile, il naso affilato e le labbra
sottili erano in
contrasto con i grandi occhi celesti, infine i capelli grigi erano
raccolti con
cura in uno chignon.
Chissà
cos’aveva pensato quando
l’aveva trovata svenuta nella foresta, forse sapeva.
Nykla s’insospettì e sperò che non
facesse domande. Quasi
avesse sentito la preghiera implicita della ragazza, la vecchia donna
non
chiese niente riguardo alla notte scorsa, ma riesaminò la
ferita e, dopo averla
cosparsa con una sostanza appiccicosa e molto profumata,
cambiò le bende e
portò dell’acqua per Nykla, che bevve con
avidità.
Nykla era
riuscita a scorgere la ferita,
che era decisamente migliorata rispetto a prima. Ma quanto tempo fosse
passato
non lo sapeva dire, perciò cercò con lo sguardo
qualche indizio che la potesse
aiutare. Dopo minuti di intensa ma celata ricerca, notò una
piccola agenda su
un tavolo, che però era irrangiungibile, perciò
si decise a chiedere quanto
avesse riposato alla sua salvatrice, se si può chiamare
così.
-Solo un
giorno e qualche ora-.
La donna non era di tante parole.
Nykla si
fece coraggio e chiese:
-Come mi ha
trovata?-
L’altra
ci pensò su un attimo,
come se stesse decidendo se essere sincera.
-Ho sentito
uno sparo, perciò
sono corsa fuori e non distante da qui ti ho trovato stesa per terra
sanguinante, così ti ho portato in casa e ho fatto il
possibile per curare le
tue ferite.-
Nykla non la
trovò
particolarmente convincente, come se avesse detto solo parte della
verità.
L’anziana
le sorrise e le porse
una fialetta.
-Bevi-
-Non...-
cominciò Nykla ma non
riuscì a concludere perché era stata costretta a
bere quel liquido trasparente
senza odore. Pochi secondi dopo era caduta in un sonno profondo.
Si
svegliò improvvisamente,
allarmata da qualcosa. Qualcuno stava parlando al piano di sotto,
così si alzò
e si avviò giù per le scale. Il fianco non le
faceva più male e stava
complessivamente meglio, nonstante avvesse timore per chi avrebbe
trovato al
pian terreno. Le scale arrivavano nella sala da pranzo, collegata alla
cucina
da un arco e al salotto da una porta scorrevole.
L’arredamento era più moderno
del piano di sopra, ma s’intonava perfettamente con
l’ambiente. Attraversò la
sala e si accostò alla porta scorrevole per sentire meglio
le voci, che però
s’interruppero bruscamente. Nykla era stata attenta a non
fare nessun rumore:
era scalza e indossava solo una camicia da notte grigia.
Ora che si
erano zittiti non
aveva più senso origliare, perciò
entrò, come se fosse stata la sua intenzione
fin dall’inizio.
Nella stanza
c’erano in tutto
quattro persone: la vecchia sua ospite, due uomini –uno
seduto sul divano e
l’altro appoggiato al muro- e una donna
–anch’essa in piedi- mai visti prima.
Nykla s’irrigidì istintivamente, non si sentiva a
suo agio. Inoltre l’uomo
seduto la fissava intensamente con i suoi luminosi occhi grigi.
-La voilà!*-
annunciò il secondo uomo staccandosi dalla parete.
Ah,
già... come
pensava di origliare se quelli parlavano francese?
L’uomo
seduto disse qualcosa
battendo la mano sul posto vuoto accanto a sè, facendo
capire a Nykla che
doveva sedersi accanto a lui.
La signora
anziana era seduta di
fronte a loro e probabilmente comunicò che la ragazza
parlava solo italiano
poiché la donna le chiese:
-Quanti anni
hai?-
Lei
sì che aveva un forte accento
francese.
-Sedici-
rispose Nykla
semplicemente.
C’era
tensione nell’aria, perciò
l’uomo in piedi domandò sorridendo:
-Claudie,
potremmo rimanere a
pranzo qui, che ci aspetta un lungo viaggio dopo, per favore?-
-Certamente,
caro. Vado subito a
preparare! Perché non mi aiuti a preparare, Fabien?-
-Va bene,
sto arrivando.- rispose
l’uomo in piedi, che aveva gli occhi neri.
Nykla non
capiva chi fosse quella
gente, nemmeno il motivo per cui erano lì quel giorno.
Sentiva
degli strani odori e
cercò di respirare più profondamente per cercare
di identificarli: sentiva
odore di terra, di pioggia e di sangue. Infine percepì anche
odore di selvaggio: era molto
strano, ma non le
sembrava nuovo. Proveniva dai tre nuovi individui e questo non le
fece
che diffidare ancora di più
di loro. Avrebbe voluto andare via, ma se avesse provato a scappare,
qualcuno
l’avrebbe acciuffata di sicuro immediatamente.
Smise di
pensarci e aspettò che
il pranzo fosse pronto rimanendo lontana da tutti.
A tavola
vennero servite grosse
bistecche al sangue e della verdura, a parte, però.
La bistecca
di Nykla aveva un
odore invitante, ma preferiva il sapore della carne fresca, di una
preda appena
uccisa... Non si era resa conto che le stavano brillando gli occhi, ma
sentì
solo il peso dello sguardo di Alice –il nome della donna
più giovane l’aveva
scoperto solo pochi minuti prima-.
Mangiò
velocemente e bevve molto,
poi iniziarono a farle delle domande. Come ti chiami, di dove sei, cosa
studi...
La ragazza
inizialmente non
sapeva se rispondere con sincerità alle sue domande,
però poi pensò che
probabilmente lo sapevano già, poteva essere una prova. Come
nome riferì quello
nuovo, anche se sapeva non fosse prudente.
Le sembrava
di essere a quei
gruppi di ascolto:
Ciao,
come ti chiami?
Ciao,
mi chiamo Nykla.
Ciao
Nykla. (tutti,
in coro)
Parlaci
dei tuoi problemi, Nykla.
Ho
deciso di frequentare una scuola di basso livello perché mi
fa schifo studiare.
Inoltre non ho amici veri e quei pochi che ho mi credono dispersa.
Poi le
chiesero della famiglia:
-Chi sono i
tuoi genitori?-
Lo sguardo
di Nykla si fece
improvvisamente duro.
-Mio padre
lavora in una
tabaccheria ma riceve benefici da degli amici e mamma è
morta di parto-
I commensali
si scambiarono
qualche occhiata e l’uomo che veniva chiamato
“Boss” riprese:
-Sei stata
aggredita
ultimamente?-
Se
me lo chiedono, sanno.
A Nykla vennero in mente le leggende sui licantropi, che trasformano
gli umani
con un morso, un po’ come i vampiri. Secondo altre versioni i
licantropi si
trasformavano improvvisamente quando i vampiri nei paraggi aumentavano,
ma,
presupponendo che i vampiri non esistessero, come aveva fatto lei a
trasformarsi
senza nessun morso?
Un’ombra
passò sul viso della
ragazza, ma infine decise di rispondere la verità: no.
Il Boss si
alzò in piedi, seguito
a ruota dagli altri due, e disse:
-Bene,
è ora che tu ci segua.-