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Autore: Friedrike    02/07/2013    2 recensioni
Romano Vargas è un ragazzo come gli altri, alle prese con il liceo.
E' stato bocciato ed ora è costretto a rifare il quarto anno, ma ancora non ha voglia di sottostare alle regole. E' un ribelle: non nel senso che si droga ed ubriaca. Nel senso che è un rivoluzionario. Non riesce ad accettare che ci siano pregiudizi o razzismi di alcun tipo e se si trova di fronte a qualcosa del genere, non può starsene zitto.
Ed è per questo che torna a casa sporco di sangue, circa una volta al mese.
Genere: Angst, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nord Italia/Feliciano Vargas, Nuovo personaggio, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Per fortuna, è domenica. 
Lui però si sveglia ugualmente presto. Nel silenzio generale della casa si muove pigramente verso il bagno, infila i jeans, una maglietta bianca ed una felpa nera, prende le sue cose, sistemate la sera prima sulla scrivania ed esce di casa.  L'appuntamento è alle otto. 
Non capisce ancora perché debbano vedersi così presto, ma quando incontra gli altri sono tutti pronti per fare colazione. Li saluta in generale, sbadigliando subito dopo. 
-Che cazzo di sonno che c'ho...- si lamenta con una smorfia. 
Al bar ordina un cornetto ed un caffé amaro, gli piace sentire i saperi forti,  infatti ama molto i cibi piccanti. E' piuttosto silenzioso per i primi minuti, dopo inizia a parlare entrando nel vivo della giornata. 
-Ragazzi, ho l'onore di presentarvi mia  figlia- esclama d'un tratto Alex. 
Tira fuori dallo zaino il blocco da disegno e mostra loro la sua ultima opera d'arte, terminata la sera prima, anzi, la notte prima: non è andato a letto finché non si è detto soddisfatto. 
Il disegno è molto bello, realizzarlo in camera però non sarà semplice.
-Se ci hai messo tanto per farlo su carta, quanto ci metterai per farlo sulla parete?- gli domanda Carla, sbadigliando a sua volta. 
-Che c'entra? Questa era la bozza. Dovevo capire cosa dovessi disegnarci sopra, come accostare i colori- spiega, con una smorfia. 
Il bozzetto infatti è molto colorato. C'è disegnato un leone, in modo un po' particolare, un po' fiabesco. I contorni sono neri. La bestia è verde e blu e le fiamme attorno un'altra tonalità di blu, più scuro, con le punte giallo paglierino. L'animale è alla destra del foglio, in basso, le fiamme arrivano invece sino all'angolo in alto a sinistra. Ma hanno una grazioso gioco di colori e movimento. Inoltre, il ruggito del leone, non sembra così da paura. Questo perché accanto la bocca di esso piccole note musicali, naturalmente colorate di nero, danzano in sintonia. Alcune di queste hanno fiocchetti colori sopra. Rosa, rosso, verde, celeste. Tutte tonalità pastello.  Alla sinistra del foglio, in basso, su una roccia, una giovane leonessa con un qualcosa di lungo, sottile e bianco tra le labbra. Ha un'espressione stralunata. Vicino all'orecchio si apre una nuvoletta, come quella dei fumetti, che vai poi in alto, ricongiugendosi col disegno centrale. Infatti, al centro, vi è la terza parte del disegno. Qualcosa di completamente astratto; un bell'insieme cromatico, comunque. 
Elisa gira il foglio verso sé e lo osserva per bene.
-Alex, ma che si sta facendo, questo, 'na canna?-
-E' una leonessa, prego- la corregge lui. Punta il dito poco sopra il disegno, per non sporcarlo. -Sì. E non toccarlo, o si rovina.-
Lei sbuffa un poco e ruba l'ultimo pezzetto di cornetto al miglior amico. 
Dato che non doveva recarsi a scuola, si è vestita un po' più carina del solito. E si è truccata di più. Fondotinta, cipria, mascara, eyeliner, lucida labbra, ombretto. 
Ha dei jeans stretti, una maglietta bianca anche lei, però un po' arricciata sul davanti, con il disegno di una bambolina stilizzata molto carina, sopra un cardigan grigio ed una collana con un gufo grigio dagli occhi rosa-rossi. Ai piedi, le OXS grigie. La borsa, color fragola, giusto per spezzare un poco. Le unghia una volta avevano lo smalto, ma lei, tormentandole, lo ha scacciato via con poca eleganza. 
Roma la osserva un momento con la coda dell'occhio. -E perché quest'oggi hai i capelli mossi, tu?- le chiede. 
La ragazza rotea lo sguardo. -Perché mi andava.- 
Alex e Carlo si scambiano un'occhiata d'intesa. 
Quest'ultimo si schiarisce la voce. -Se i picciocini vogliono seguirci, abbiamo una manifestazione a cui prendere parte.-
Il rivoluzionario gli molla uno scappellotto, scende dallo sgabello e da un'occhiata all'orologio da polso. -Sono già le dieci meno dieci?- domanda, stupito. 
Così s'avviano verso il luogo d'incontro.
Sono un po' scocciati perché non hanno da sedersi, devono stare in piedi. Però a nessuno di loro importa molto.
Non ci sono tanti altri giovani, più che altro sono adulti. Ci sono due o tre bambini e qualcuno col proprio cane. L'evento si sta tenendo in un parco.  
Qualcuno -non si capisce bene presidente di quale associazione- inizia a fare il suo discorso, spiegando un po' le atrocità dei campi di concentramento e anche se sono cose che il diciannovenne conosce a memoria, le ascolta con estremo interesse.
La ragazza prova a dirgli qualcosa, ma viene zittita da una bruttissima occhiata e da un: -Shh!- così, scocciata, si allontana da lui. Va a sedersi ad un panchina un poco distante, che si è d'un tratto liberata. 
Carlo lancia un'occhiata a Romano. -Non dovresti trattarla così- le dice, intanto che batte le mani alla fine di quel discorso.
L'altro scrolla le spalle. -Non ho fatto nulla. Se c'è rimasta male, non è un problema mio.-
Passa un'ora, un'ora fatta di discorsi e ricordi, e finalmente c'è qualcuno di importante che parla. Il fratello di un sopravvissuto. Il suo volto è solcato da molte rughe, i suoi occhi, piccoli, sono come coperti da una patina che li rende impenetrabili, eppure si riempono di commozione al ricordo del fratello ormai defunto. Lui era solo un bambino e riuscì a scampare alla morte. Racconta però tutto quello che il fratello maggiore gli ha raccontato a sua volta. 
Romie lo ascolta, con particolare attenzione. 
Lui non si commuove, è un tipo tutto d'un pezzo ed è difficilissimo versi una lacrima. Con quello che ha visto, è diventato talmente forte... non riesce più a piangere. E forse questo non è affatto un bene. Lo ha però reso un'ottima spalla sulla quale sfogarsi.
La manifestazione finisce per le dodici e trenta. 
S'avvicina dunque alla ragazza, tranquillo, come nulla fosse e lei, altrettanto serena, lo guarda negli occhi. 
-Andiamo?- dice lui. 
Alex, scomposto accanto lei sulla panchina, gambe divaricate e gomito sullo schienale della suddetta, domanda: -Dove?- 
Ed il ragazzo così risponde: -Facciamo un giro. Volete venire?- 
Eli non dice nulla, ma prega perché gli altri dicano di no. E forse gli altri due maschietti se ne accorgono, perché si scambiano un'occhiata, mentre Roma è distratto, ed entrambi dicono di avere altri impegni. 
-Come volete- conclude allora quello. Porge la mano alla ragazza perché si alzi e con lei esce dalla villa.
Carlo si siede accanto ad Alex, a questo punto. 
-Finiscono insieme- commenta, i gomiti appoggiati sulle ginocchia. Li osserva allontanarsi. 
-Gli do due settimane. Due settimane e si danno almeno un bacio- ribatte l'altro, accendendosi una sigaretta.
-Due settimane e scopano.- 
 
 
I due ragazzi passano praticamente tutta la giornata insieme. 
Feliciano andrà da Ludwig con l'autobus, si è già organizzato da solo, così Romano non ha problemi di orario. 
Pranzano fuori, mangiano un piatto di pasta, nulla di particolare, pagando poi alla romana. 
Non che sia sempre così, però, perché capita che lui le offra il pranzo. Ma non oggi. E' un periodo un po' complicato per la sua famiglia e non ha molti soldi per adesso, così evita di spendere quando più. Avrebbe anche preso un panino veloce, ma lei ci teneva così tanto ad andare a mangiare lì che lui non ha saputo dirle di no.
Verso le quattro e mezza, salgono entrambi sull'SH bianco del ragazzo e, sistemati i caschi, prendono la rotta della villetta fuori città di Elisa. 
Ci mettono un po' ad arrivare, ma alla fine giungono in provincia. 
Lei ha male ai piedi, così lui la fa scendere sull'uscio di casa e va a cercare parcheggio lì vicino. Un idiota patentato, però, gli taglia la strada quando lui sta per infilarsi in un piccolo posto, proprio prima di iniziare a fare manovra e lo fa scivolare dal motore.
Solite urla; soliti "è colpa tua!" gridati da ambo le parti.
Ma il diciannovenne non ha intenzione di stare lì a discutere, così posteggiando il motore, ignora quel tipo di mezz'età coi capelli già bianchi e bussa alla porta di casa Conte. 
Lei ha ancora i jeans, la maglia e il cardigan, ma è ora a piedi nudi. Quando apre e nota i jeans strappati dell'altro, il lembo di pelle che s'intravede sporco di sangue, si spaventa e gli domanda: -Ma che cazzo hai combinato?!- 
Lo invita dentro con un gesto e richiude la porta alle spalle. 
Lui le spiega brevemente ciò che è successo. Eli lo conduce sul divano e gli ordina di stare fermo. -Che sfigato, che sei. Proprio sull'unico pezzo di marciapiede rotto che c'è in zona, dovevi cadere- lo schernisce.
Va in bagno, prende del disinfettante ed un po' di bambaggia e torna da lui. 
-Avanti, abbassa i pantaloni- ordina. 
E' come divertita dalla faccenda e sulle sue labbra vi è una specie di sorrisetto comico. 
-Signorina Conte, ci sta provando con me?- ribatte lui, divertito.
-Dai, coglione, datti una mossa!- sbuffa l'altra.
Il ragazzo ubbidisce e sfibbiati i pantaloni, li abbassa poco sotto il ginocchio.
Elisa gli si siede accanto. -Brucerà un po'...- l'avverte. 
Con cura, bagna il cotone idrofilo e lo passa sulla ferita.
-Ahia, cazzo, brucia un casino!- sbotta lui. 
La ragazza suggerisce: -Distraiti.-
-E come?- 
Lei un modo lo ha. Lo guarda un momento negli occhi, dopo, socchiudendo i propri, avvicina le labbra alle sue, lasciandogli un dolce bacio.
Romano rimane stupito da quel gesto e in un primo momento, non sa che fare. Dopo, però, ricambia. E quando lei si sposta, appoggia una mano sui suoi capelli e l'avvicina a sé, prolungnado il bacio. -Aspetta, mi fa ancora un po' male- le dice.
Eli quasi vorrebbe ridere, ma è troppo presa da quella labbra, così si distrae e fa scivolare un'eccessiva dose di disinfettante su quel povero ginocchio malato. Il ragazzo non è per nulla d'accordo.
-Porca puttana, che male!- 
Lei ride. 
-Per questo ti ci vorrà un'intera scopata, sai?-
La sua risata si spegne.
Lo fulmina con lo sguardo. Gli molla un ceffone. -Sei uno stronzo.- 
Roma però stava solo scherzando. Possibile l'amica fosse così sensibile? La guarda alzarsi e andare via scalza, arrabbiata, con gli occhi lucidi e le sue proteste non servono a nulla. 
-Cazzo...- mormora tra sé. Appoggia il cotone morbido sul ginocchio, tamponando finché il sangue non smette più o meno di uscire, poi rialza i jeans e zoppica verso camera della ragazza. Bussa alla porta. -Posso?- 
-No!- esclama in lacrime lei. "Come ho fatto ad essere così stupida? Non c'è mai stata speranza per noi..."
Lui però apre lo stesso la porta. Si sente in colpa, non gli piace vederla soffrire, così le si avvicina e le carezza i capelli, poi le si siede vicino nel letto. -Mi dispiace- mormora, sincero. -Non dovevo dirlo.- 
-No, infatti, non dovevi. Romano io...- 
Ma è obbligata ad abbassare lo sguardo di nuovo sulla sua figura, perché il ragazzo, le ha preso il volto con una mano e l'ha costretta a voltarsi verso la sua direzione. Si scambiano un altro bacio.
-Romie, ascoltami.- 
-Cosa c'è?-
-Io non voglio essere una delle tue tante puttane. Io sono pronta ad esserci, ogni volta che vorrai, però pretendo da te rispetto. Non considerarmi una delle tante.- 
Il rivoluzionario annuisce lievemente. 
La guarda negli occhi, quegl'occhi che ha sempre amato, scuri, eppure così particolari e belli. 
-Te lo prometto- le sussurra. 
-Sarai sincero con me?- 
-Con te lo sono sempre stato.- 

 
Rientrato a casa, la sera, fa finta di nulla.
La migliore amica ha frequentato per anni, sotto questo aspetto, quella casa, ma adesso che tra loro è cambiato qualcosa, chissà se continuerà a farlo. Ad ogni modo, lui non vuole dire ai suoi genitori e al fratellino qualcosa, perché è ancora decisamente presto. Forse lo farà tra qualche mese, ma... probabilmente non lo farà. Saranno di certo madre e fratellino ha capire tutto da soli. Intanto, lui, manterrà la cosa riservata a pochi. 
Si chiede come andrà il giorno dopo. A scuola lo verranno a sapere? Ma non si preoccupa perché ne hanno già discusso. Hanno deciso di tenere la cosa un po' per loro, per i primi giorni, non vogliono lo venga a sapere tutta la scuola e conoscendo il ruolo che ha lui in questa e i pettegolezzi che già circolano su di loro, unito il tutto alla voglia di gossip che hanno le loro compagne, è decisamente meglio evitare.
Romano non ha nulla di diverso in quel momento, non ha il sorriso ebete che aveva il fratellino al suo primo bacio. Non si pente in nessun modo di ciò che ha fatto, spera solo che funzioni, perché lasciarsi vorrebbe dire rovinare quell'amicizia così bella che ormai dura da quasi otto anni. Ma farà di tutto perché niente tra loro si rompa. Devono solo... provarci entrambi. E ci riusciranno di certo. 
Col ginocchio finalmente medicato, infila dei vestiti più comodi e butta via, un po' depresso per lo spreco, quel paio di jeans. Erano vecchi e malconci già di loro, questo nuovo e spesso taglio è solo l'occasione giusta di disfarsene.
Lava per bene le mani ed il volto, poi però il fratellino va da lui, col solito sorriso. 
-Ciaaaao!- 
-Buon pomeriggio- risponde lui, asciugandosi il viso con un asciugamano. 
-Devo chiederti una cosa- mormora Felì guardandolo. 
Lui si che ha un aspetto del tutto nuovo ogni giorno. Quando litigheranno, perché prima o poi capita a tutti, sicuramente starà vestito a lutto con gli occhi gonfi di lacrime almeno per due giorni. Sempre che riescano, a star litigati 48 ore.
Ad ogni modo, lo prega per almeno dieci minuti di aiutarlo e Roma continua a dirgli di no, più per infastidirlo che per altri motivi. L'altro lo segue, prima in cucina e lo osserva bere dell'acqua fresca, poi in camera mentre fa lo zaino per il giorno dopo, poi quando si siede sul letto e si distende.
-TI PREGO!- si lagna infine.
-Ahhh! Dìos! Che vuoi che faccia?- mormora lui esasperato. 
-Voglio fare una sorpresa a Ludwig. Ho già parlato con suo fratello che ha parlato con suo padre. A loro va bene.-
-...No, devi parlare con sua madre- risponde il più grande con tono vago, incerto, solo per trovare una pecca in quel discorso semplicissimo. 
Il sorriso di Feliciano si fa triste. -Lui non ce l'ha più la mamma...-
-Ah, già. Beh, e in cosa consiste la sorpresa?- 
Si mostra quasi il solito insensibile, in realtà è un po' dispiaciuto per il tedesco, ma non più di tanto. Ha altri pensieri per la testa, al momento. Un momento di puro egoismo. 
-Voglio andare al canile. Voglio prendergli un cucciolino. Sarebbe così felice...- mormora il più piccolo sedendosi nel letto con lui. -Mi accompagni con la macchina? Andiamo al canile e poi a casa da lui.-
Romano è ormai disteso sul letto, la pancia un po' scoperta perchè si è appena stiracchiato, le mani congiunte dietro la nuca. -Primer problema1- lo contraddice, con cadenza spagnola. -I cani del canile possono essere sporchi, malati, e problematici. Segundo problema2. Sono più che altro bastardini e non sai fino a quanto possano crescere. Tercer problema3.  Non ci sono quasi mai cuccioli, lì. Sono più che altro adulti. Lo so perché, tempo fa, volevamo prendere un cucciolo ad un nostro amico.- 
Gli spiega, guardandolo negli occhi mentre parla. 
Feliciano mantiene il contatto visivo, così intenso, così a lungo, con poche persone. Si rabbuia sentendo quelle parole e abbassa lo sguaro.
-Ma io voglio vederlo sorridere... come posso fare? Dove possiamo prenderlo?- gli domanda, con una smorfia.
Il diciannovenne addita il pc portatile sulle propria scrivania. -Prendilo, diamo un'occhiata su internet.-
Mezz'ora passa in fretta e lui si concede qualche altro minuto, l'altro è seduto al suo fianco e guarda con lui lo schermo del computer portatile. 
Con loro immensa sorpresa, trovare dei cuccioli in regalo non è poi così difficile. In particolare, trovano una famiglia che vive non molto lontano da loro, che regala dei cuccioli di pastore tedesco.  Il fratellino svelto gli porge il telefono.
-E che dovrei farci?- chiede lui. 
-Li chiami tu?- domanda Felì facendogli gli occhioni. 
Ma Roma non ci casca. -No. Sei grande, vuoi fare questa cosa e la fai da solo. Io faccio solo servizio taxi.-
Così, il ragazzino, chiama il numero indicato sulla pagina d'annuncia e parla un po' sul proprietario. Avendo un gattino da ormai sette anni, sa bene come vanno certe cose e più o meno sa che domande fare. Chiusa la chiamata, soddisfatto, guarda il fratello.
-I cuccioli hanno un mese e mezzo, possiamo andarli a prendere anche domani, ha detto.  Anzi, prima facciamo e meglio è.- 
Il maggiore annuisce, l'altro gli si avvicina e lo stringe forte. -Sono così felice! Sai, fratellone, mi ha detto una bugia... non è stata una rapina.- 
L'altro annuisce appoggiando una mano sui suoi capelli, senza però ricambiare l'abbraccio. -Lo so- dice. Alla sua occhiata dubbiosa soggiunge: -Ormai lo capisco, quando qualcuno viene picchiato. L'ho capito subito che era una cosa intenzionale. Volevano prendersela con lui e l'hanno fatto. Anche perché, ha ancora il cellulare e con quello che costa... impossibile i "ladri" non l'abbiano preso.- 
Feliciano annuisce. -Non m'interessa se mi ha mentito... voglio comunque vederlo felice. Mi aiuterai?-
-Sì. Andiamo domani dopo scuola, va bene?- 
-Danke!1-
-De nada4.-
Il ragazzino esce dalla camera sorridendo.
 
 
La mattina successiva, Romano si sveglia prima del solito. 
E' un po' nervoso ma non riesce a capire perché. Sta tra le coperte a fissare il soffitto, tra un sospiro e l'altro, le sue labbra s'increspano in una smorfia, d'un tratto, e lui si mette su un fianco.  Con fare depresso, chiude gli occhi. "Forse ho sbagliato" si dice. "E se non funzionasse? Non voglio perderla. Però... forse il fatto che penso proprio questo, il fatto che la voglio con me, dovrebbe farmi capire che andrà bene. Ahh! Porca puttana! Mi faccio i complessi di una quattordicenne!" 
E rimproverandosi mentalmente, si scopre e si mette seduto. Si passa una mano tra i capelli e li allonana dal viso, poi stiracchiandosi. Da un'occhiata al cellulare. Nulla. Per fortuna nessuno dei due è un tipo da "buongiorno, amore mio!" Sono entrambi estranei a questo genere di sdolcinatezze. Nessuno se l'aspetta dall'altro e non si stupiscono per nulla trovano nel telefono alcun messaggio. 
Il ragazzo si alza, va a farsi una doccia tiepida, dopo spalanca l'armadio ed infila un paio di jeans, una maglietta grigia ed un cardigan, tanto stufo delle solite felpe. Poi si guarda allo specchio. Perché vestirsi meglio del solito, quel giorno? Tra crisi d'identità varie, decide che è troppo tardi per cambiarsi, così sistema lo zaino e va in cucina, cercando qualcosa da mettere sotto i denti. 
Quando nota il papà, gli domanda: -Posso prendere la macchina di pomeriggio? Ti serve?- guardandolo con la coda delll'occhio.
L'uomo, seduto su una sedia, si sistema le scarpe con uno sbuffo. -E a che te serve?-
Il ragazzo gli risponde in dialetto napoletano, dicendo: -Fatti miei; serve a me e a mio fratello. Dobbiamo uscire insieme, di pomeriggio. Allora, me la presti oppure no?- 
Il padre annuisce con un sospiro. -Va bene, va bene. Mi raccomando.- 
Dunque il giovane esce di lì, recandosi a scuola. Ma non si ferma come al solito vicino al cancello, lo fa piuttosto lontano dall'istituto classico, nascosto dietro un muretto. Fermo lì, fuma, aspettando che Elisa lo raggiunga. 
Qualche minuto dopo, lei gli si avvicina da dietro, gli prende la sigaretta dalle dita e fuma qualche tiro. -Perché mi hai chiesto di venire qui?- 
-Per questo- risponde lui. Appoggiando una mano sulla sua, per allontare la sigaretta dalle labbra e la bacia brevemente. 
Lei ricambia e si allontana subito dopo, distogliendo lo sguardo. -Quindi sei ancora dell'idea che non debbano vederci?- 
Lui annuisce serio, poi si lascia scappare un sorriso. -Beh, così è più eccitante, no?- 
Eli rotea lo sguardo e gli da una botta al braccio. -Deficiente! Alza il culo da lì, dobbiamo andare.- 
-Ci vediamo tra dieci minuti.- 
Il diciannovenne si allontana col motore, lei a piedi, così si rivedono solo in classe e si salutano come nulla fosse. Ad entrambi, però, viene da ridere. Fanno finta di niente tutto il giorno, si danno fastidio come al solito, si insultano come ogni dì, si deridono come d'abitudine.
Nulla di particolare.
Perché loro sono solo migliori amici come il sabato precendente, no? No. 
 
Nel pomeriggo funziona tutto più velocemente del solito. 
La madre deve scendere presto di casa per andare dal dentista, così li fa pranzare in fretta e furia, dopodiché, visto che devono scendere alle quattro da casa, entrambi i Vargas s'affrettano a svolgere i loro compiti. Così, alle quattro meno un quarto sono pronti per andare a prepararsi. Vanitosi per come sono, vorrebbero entrambi cambiarsi, tuttavia non c'è tempo. L'unica cosa che fa Roma è togliere il cardigan e mettere una felpa. Vorrebbe mettere quella blu, però non la trova nell'armadio.
-Felì! Sai dov'è la mia felpa blu? Quella coi laccetti bianchi?- domanda ad alta voce. 
-Ehm... ce l'ho io. Indosso- risponde il fratellino. 
-Quando la smetterete di rubarmi le felpe sarà sempre troppo tardi- ribatte il maggiore. Prende quindi la felpa bordeaux e, finalmente pronti, denti lavati, visi sciacquati, capelli sistemati, escono di casa. 
-Vuoi che t'insegni a guidare?- domanda Roma facendo retromarcia. 
Feliciano scuote la testa. Con sé, ha una copertina che gli ha dato la mamma, una un po' vecchiotta che può usare per tenere il cucciolo appena lo avrà tra le braccia. 
Arrivano al punto stabilito, trovano una macchina nera piuttosto grande, sulla quale è appoggiato un uomo sulla quarantina con un pesante cappotto nero. Vicino a lui, una giovane coppia, forse fidanzati o fratelli. La ragazza ha in braccio un cagnolino piccolissimo che le si aggrappa alla maglietta, tutta sorridente lei lo sostiene con entrambe le mani. 
-Fratellone, dev'essere lui!- dice il quindicenne, facendo un cenno. Sorride, è davvero molto felice. Posteggiata l'auto, è il primo a scendere. Si avvicina all'uomo e lo saluta educato, affiancato dal fratello.
-Salve... avevamo parlato per telefono- spiega. 
-Ah, sì. Sei il ragazzino che ha chiamato ieri, vero?- fa l'adulto, affabile. -I cuccioli sono qui. Hai preferenze sul sesso?-
Sei cuccioli di pastore tedesco sono raggomitolati dentro una scatola vuota, provvista solo di una ciotola d'acqua; sono ancora molto piccoli eppure sembrano così vivaci!
Feliciano se ne innamora subito.
-Sono dolcissimi... preferirei maschietto, se non è un problema- risponde, andando ad accarezzare il musino di uno di loro con un sorriso molto dolce. 
-Prima vorrei farvi qualche domanda. Avete una casa grande? Hanno bisogno di molto spazio per giocare, diventeranno enormi, se prendono dai genitori.-
Il ragazzino riporta lo sguardo su di lui ed annuisce convinto. -E' un regalo, in realtà, però la persona a cui andranno ha tanto spazio.-
-E ha esperienza?-
-Mh-mh! E' praticamente nata tra i cani.- 
-Perfetto allora- conclude l'uomo con un sorriso. -I cuccioli sono piccolini, devono ancora fare il primo vaccino ma sono stati svezzati. Scegli quello che vuoi, a questo punto.- 
Felì non sa scegliere, sono tutti adorabili. 
Gioca un momento con loro, poi ne vede uno che lo guarda con occhioni dolcissimi, così sceglie. Lo prende tra le braccia con molta delicatezza. -S-sta tremando!- 
-E' normale, deve abituarsi.- 
Intanto arriva un'altra coppia di interessati, che da un'occhiata ai cucciolini. 
In poco tempo, quindi, i due ragazzi si congedano e tornano in macchina. 


 
-Roma, vai piano, sennò si spaventa!-
Il diciannovenne rotea lo sguardo, uscito dal parcheggio guida un po' più lento del solito -che è comunque molto veloce. Ma è una cosa di famiglia e nessuno mai se ne cura troppo. Anche Felì, quando porterà la macchina, sarà spericolato alla stessa maniera, anche se ora non si direbbe. 
-Dobbiamo andare al negozio di animali a comprargli la pappa per stasera e una ciotola- dice il minore. Non riesce a staccare lo sguardo dal cagnolino. Gli ha avvolto attorno una coperta. 
-Sei bellissimo, piccolino!- gli dice con tono un po' idiota, tenendolo in grembo e continuando ad accarezzarlo.
Si fermano nel primo negozio d'animali che trovano e scendono ancora dalla macchina. 
Appena entrati, la ragazza che lavora lì, si avvicina loro e gli fa i complimenti, accarezzando l'animale, una piccola palla di pelo a due colori, beige e nera. 
-Vi servirà una ciotola per l'acqua, una per il cibo ed un po' di croccantini per cuccioli- spiega lei. Prende così deu ciotole in metallo, delle più economiche, ed un pacco di Croccantini Puppy. Gli consiglia di ammorbidirli con un po' d'acqua per i primi giorni. Messo il tutto in un sacchettino, ritornano all'auto e guidano stavolta verso casa del tedesco. 
La casa è davvero molto bella. 
E' un po' isolata, in un quartiere silenzioso e tranquillo, al settimo piano di un alto edificio beige, ed è davvero molto grande e spaziosa. Ci sono grandi finestre, il sole entra quasi a tutte le ore del giorno in salone ed in una delle camere da letto. I ragazzi ne hanno una ciascuna, il papà una per sé. Ci sono due bagni, un salone enorme ed una cucina abitabile. Inoltre, la camera di Lud e quella di Gil, sono accanto, ed entrambe hanno un piccolo balcone personale. Il papà ha la finestra più grande, ma il balcone più piccolo. 
Ad ogni modo, il più piccolo dei due Vargas, manda un messaggio all'albino, chiedendogli di aprire il cancello d'ingresso, così che possano posteggiare all'interno del condominio, dato che questo non sembra essere un problema. Suonano dunque al video citofono. Roma propone di aspettare giù, ma l'altro lo prega di salire. 
Ludwig non si aspettava di certo la visita, dato che si erano visti il giorno prima e quello prima ancora. Con dei pantaloni della tuta ed una felpa, se ne sta sull'uscio di casa, ad attendere che il suo fidanzato sbuchi dall'ascensore. Ha ancora dolore al braccio sinitro, un sopracciglio spaccato e qualche livido qua e là, ma nulla di serio. 
Gilbert si appoggia allo stipite della porta. Gli toglie gli occhiali (solitamente li porta quando legge, studia, o è al pc) e gli copre gli occhi con una mano. 
-Che fai, Bruder2?- gli chiede lui un po' confuso, cercando di liberare la vista. 
-Tu stai fermo- risponde il fratello, ghignando. 
Si trattiene a stento dall'esprimere un apprezzamento nel vedere il cucciolino, ma non trattiene di certo le risate e gli sghignazzi.
-Gil... perché stai ridendo?- domanda sempre più confuso il fratellino.
Feliciano gli si avvicina. -Lud?- gli prende una mano e l'appoggia sul pelo morbido dell'animale.
-Was3...?- mormora lui in tono vago non capendo. 
-Ti do un indizio- gli dice l'italiano. -E' vivo.- 
I due fratelli maggiori ridacchiano appena per quest'affermazione. Anche il biondo accenna una mezza risata e tocca delicato il manto del cucciolo con la mano destra.  Il polso sinistro è ancora fasciato e non può ancora muoverlo senza sentire dolore. -Qualsiasi cosa sia, sta tremando- mugugna. 
-Forse ha sete...- commenta distrattamente Felì. 
-E' quello che penso?- 
-Ja4! Ed è tutto tuo!- ridacchiando ancora, gli sistema il fagottino tra le mani. L'albino lo lascia finalmente guardare. 
Il biondo spalanca gli occhi azzurri e lo guarda, sollevandolo un po' in aria con una mano sola, dopotutto è ancora molto piccolo. -Ma sei stupendo!- esclama sincero. Dopo, fissa male il fratello. -Tu lo sapevi e non mi hai detto nulla?- 
Quello si difende: -In realtà anche papà lo sapeva. Il Magnifico Me non poteva rovinarti la sorpresa! Dai, entriamo in casa.- 
Romano, un po' svogliato, entra nell'abitazione tedesca, facendo violenza su sé stesso. Non gli piace molto quel popolo, in realtà. Entra, dunque, e se ne sta un po' in disparte.
Gilbert richiude la porta e fa un cenno al salotto ed è là che vanno tutti.
Ludwig è ancora emozionato per il regalo. Se ne sta seduto sul divano a coccolarselo tutto, annuendo solo distrattamente a Felì che gli dice di aver portato le ciotole e i croccantini. 
Quando torna in sé, avvicina il viso al suo e gli da un bel bacio. -Danke1...- sussurra guardandolo negli occhi. 
Non si sono ancora detti "ti amo." 
Stanno insieme da troppo poco, anche se sono già così complici, così uniti, sembra stiano insieme da anni. Sembra fossero predestinati a mettersi insieme. 
Si scambiano quel bacio solo perché dei fratelli si possono fidare. Se ci fosse stato in casa Malcolm, il padre, non l'avrebbero di certo fatto. 
Rimangono lì seduti sul divano per un po', a giocar col cucciolino, addolciti nel vederlo bere in un ciotola più grande di lui. 
-Dobbiamo trovargli un nome!- esclama d'un tratto il more.
-Ja4, un nome tedesco- risponde lui, col suo adorabile accento, che proprio non vuole saperne di andarsene del tutto. -Aart, Alis, Bas, Baki, Cenk, Dax, Derk mmmh.... Max...- 
-Me li stai elencando in ordine alfabetico, ti rendi conto?- gli domanda lui ridendo. -Derk mi piace. E'... virile.- 
Il ragazzino biondo ridacchia. -Anche Jäger è bello. Significa "cacciatore."-
Romano li osserva, segretamente intenerito.
E' bello vedere il fratello così felice e amato. Si vede, che l'altro lo apprezza, da come si guardano, da come si parlano, da come sorridono.
Lui, appoggiato alla parete in un angolo, guarda l'orologio. Sono già le sei. Tra una cosa e l'altra, si è fatto tardi.     
-Felì, dobbiamo andare tra un po'- li interrompe, con tono piatto, quando si fanno le diciotto e trenta. Il fratellino annuisce. 
Lui da un'occhiata al telefono. C'è un messaggio di Elisa, che risale più o meno a due ore prima. Decide di non rispondere ora, risponderà quando tornerà a cassa, anzi, la chiamerà direttamente. 
Passa un'altra mezzora ed arrivati alle diciannove, quando a momenti rientra il padre dei Beilschmidt, loro due decidono che sia meglio andare. 
I due ragazzini si danno un ultimo bacio e Felì fa un'ultima carezza al cane che si è addormentato tra le braccia del suo nuovo padrone. 
Ancora qualche momento e sono di nuovo in macchina. 
 
 
Alla sera, tutti e due sono distesi a letto col telefono in mano, subito dopo cena. 
Romano sta parlando un po' con Elisa, le racconta a grandi linee cos'ha fatto  nel pomeriggio, chiendole poi che stia facendo. 
Feliciano, invece, è solito dire ogni cosa nel dettaglio al biondo, che lo ascolta più che volentieri. 
Adesso gli chiede cosa stia facendo il cagnolino e come stia.
 
 
|Nachrichten. Nachricht. An: Feli.|
 
"Sta bene, dorme. Grazie ancora per quello che hai fatto..."
 
|A: Lud!|
 
"Ti ho visto un po' triste, in questi ultimi giorni...volevo solo vederti sorridere! <3"
 
|An: Felì.|
 
"Dankeschoen... :)"
 
|A: Lud!|
 
"Amore, io non ce la faccio più... poco fa ho dovuto mentire a mia madre. Le ho detto che oggi sono stato da un'amica. Ho bisogno di dirglielo, lo so che sarà difficile, ma... facciamolo. Ti prego."
 
|An: Felì.|
 
"Ja, Felì. Neanche io voglio più cambiare argomento quando mio padre mi fa domande... und di questo passo, lo capiranno da soli. Oggi ho avuto l'impressione che papà ha capito qualche cosa. Da come mi paralva."
"*parlava."
 
|A: Lud!|
" *Che papà abbia capito. 
Comunque sì. Come facciamo? Una lettera come avevamo deciso? Quando?"
 
|An: Felì.|
"Ja, abbia, danke...
So, potremmo scrivere quelle lettere, ja. Und dann, parlare con loro."
 
|A: Lud!|
"D'accordo, d'accordo... allora vado a letto ora... dolce notte. <3"
 
|An: Felì.|
"Gute Nacht!" 
 
 
Feliciano si rintana sotto le coperte, con gli occhi pieni di lacrime. 
Li chiude, stringendo un poco le coperte con a mano destra, nella sinistra ha ancora il cellulare in mano. Ha paura, però... è una cosa che va fatta.
Poco a poco, prende sonno. 
 





 
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Note. -Arancioni. 
1. Primer Problema = Problema uno. 
2. Segundo Problema = Problema due.
3. Tercer Problema = Problema tre.
4. De nada = Prego/di nulla. 



Note. -Blu.
1. Danke = Grazie. 
2. Bruder = Fratello.
3. Was...? = Cosa...? 
4. Ja = Sì.
  
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