Xoxo
In questo mondo
contempliamo i fiori;
sotto, l'inferno.1
I petali scarlatti sapevano avere un fascino particolare su di lui: si concentravano in un grumo vivido che sapeva di vita, oltre la forma semplice che dettava linee convergenti nel suo fulcro; spronandosi verso l’esterno, verso l’alto, pareva che quasi sorridessero al loro proprietario, quelle lingue rosse che guizzavano allegre e sensuali.
Ballonzolando tra le sue dita infantili, le camelie parevano ardere di un affetto senza eguali, accompagnate dall’ennesima speranza, quel frammento sempre uguale che, giorno dopo giorno, si riproponeva dentro di lui con un’innata voglia di vivere.
Le aveva viste, splendenti, in quel grumo vermiglio a qualche passo da casa sua – e ogni volta, soffermandosi dinanzi a questo, non poteva fare a meno di domandarsi se potesse risultare bello come loro; per lo meno agli occhi di sua madre, di quella donna che tanto adorava, avrebbe voluto apparire come una camelia.
Le sue mani, però, erano tanto dure, quanto quelle parole che, spesso, fluivano via dalle labbra secche e amareggiate. Lo detestava e non era affatto un mistero per lui, poiché lo ripeteva sempre, fino alla nausea, quando gli tirava i capelli con disgusto come se volesse strapparli – quelle dita non sarebbero mai state in grado di carezzare le sue guance, se non per torcerle con intenzione, senza affetto, ma solo rabbia; così, l’unico briciolo di colore in quell’inusuale infanzia tinta di rosso era suo fratello Jien.
Guardandolo da lontano riusciva solo a sorridere, poiché percepiva la sua presenza rassicurante e quel controllo dolce che aveva tutto attorno a sé. Avrebbe fatto di tutto per proteggerlo, ne era sicuro, perché ogni volta, abbassando il capo e premendo le mani contro le sue piccole orecchie, Gojyo singhiozzava sommessamente, cercando di non sovrastare il cigolio del letto che proveniva dalla stanza adiacente – lui non voleva distruggere l’impegno dell’altro, voleva essere buono.
«Perché?» aveva chiesto un giorno, osservando la sua espressione sofferente, al di là dello spazio che, consumato dai passi, si lasciava dietro ogni più vivida immagine; articolato in complessi catastrofici, laddove l’ombra di un padre deceduto era incarnata dalle membra adolescenziali di Jien, Gojyo riuscì solo a sussurrare quello, lasciando che un piccolo suono frusciasse nell’aria fino a tergerne l’udito con solerzia.
Shh…
Oltre una porta che velava con gemiti il silenzio di demotivanti verità, il mezzosangue poteva solo sentirsi diverso, auspicando nella venuta di un giorno in cui poter alzare il viso con orgoglio, paragonandosi alla figura maggiore con altrettanta maestria.
Sarebbe stato forte, sì, la camelia più bella che avesse mai visto, in quel piccolo ammasso di fiori dietro casa.
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1 Haiku di Issa.