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Autore: Strega_Mogana    04/07/2013    7 recensioni
Hai sputato quelle parole come se fossero insulti, come se il fatto di esserti innamorato di lei ti desse fastidio.
E poi, giusto per non darle tempo di risponderti o di insultarti, ti sei voltato e sei uscito dall'aula. Mancava il mantello svolazzante alle tue spalle, poi potevi benissimo sembrare un pipistrello che fugge dalla luce del sole.
Seguito di Il momento giusto per dire "Ti amo"
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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Questa storia è il continuo di: Il momento giusto per dire “Ti amo”
Queste due storie sono nate come sorrisi per la raccolta Cinquantadue sorrisi per Severus, siccome sono prolissa nello scrivere queste due storielle senza pretese mi hanno preso la mano. Sono diventate lunghe e ho deciso di postarle per conto loro. Ma, alla fine, sono sempre sorrisi per Severus, quindi potete considerare la prima come il sorriso n. 18 e questa come il sorriso n. 19.
Ho il sorriso n. 17 da postare la prossima settimana e poi non posterò per le prossime due settimane.

Posso avere un bacio?

Imbarazzo.
E' questo quello che si respira nell'aria.
Le tue parole echeggiano ancora nell'aula.
Mi sono innamorato di te.
Vecchio, scorbutico e arcigno mago innamorato... cos'hai combinato?
Non era così che dovevi dirglielo. Avresti dovuto usare un po' di tatto, magari portarla in un posto carino e che non fosse invaso dagli odori maleodoranti di quella pozione.
Perfino lo spogliatoio accanto al campo di Quidditch sarebbe stato un luogo più adatto e meno puzzolente. Ma tu non sei capace di fare niente di carino. Anzi la parola carino non ti s'addice proprio.
Una Puffola Pigmea è carina.
Non tu.
Hai sputato quelle parole come se fossero insulti, come se il fatto di esserti innamorato di lei ti desse fastidio.
E poi, giusto per non darle tempo di risponderti o di insultarti, ti sei voltato e sei uscito dall'aula. Mancava il mantello svolazzante alle tue spalle, poi potevi benissimo sembrare un pipistrello che fugge dalla luce del sole.
Sei tornato dopo due ore, convinto di non trovarla.
Invece era già al suo posto, intenta a prepararti gli strumenti per la seconda fase di preparazione.
E una morsa gelata ti ha chiuso lo stomaco.
Ovviamente da buona Gifondoro preferisce affrontare la discussione invece di aggirarla, di fare finta di niente.
Testardi questi Grifondoro.
Ha sollevato lo sguardo quando ti ha sentito entrare.
Lei non è arrossita.
Tu non le hai sorriso.
Ti sei messo a lavorare in silenzio, concentrato sulla formula, ma senti attorno a voi l'imbarazzo di quelle parole lasciate in sospeso nell'aula. Di quel sentimento che prepotente e contro la tua volontà di ferro è venuto fuori spiazzando entrambi.
Stupido vecchio, scorbutico e arcigno cuore innamorato.
Prepari gli ultimi ingredienti in perfetto ordine di preparazione; la formula deve essere completata in poco tempo per essere efficace e perfetta.
Come ultimo ingrediente prendi una fiala dalla tasca interna del tuo mantello. Sembra vuota, ma in realtà contiene due semplici lacrime. Due lacrime di Fanny.
Forse il piccione canterino è più intelligente di quanto credi, in fondo senza di lei non potresti completare quella formula e la tua miserabile vita scorbutica e arcigna sarebbe stata legata per sempre da una pozione mediocre e che, forse, invece di allungarti la vita, te l'avrebbe accorciata.
Osservi il piano di lavoro; c'è tutto ovviamente, l'hai istruita bene e lei è sempre stata una studentessa modello.
Fin troppo.
Inizi a lavorare celermente, con precisione e concentrazione, tagliando e sminuzzando.
La senti accanto a te, pronta a togliere gli ingredienti e gli strumenti che non ti servono più per non farti perdere il ritmo.
Lavorate in silenzio, l'uno accanto all'altra, momentaneamente troppo impegnati per essere in imbarazzo.
Fino a quando le vostre mani non si toccano.
A dire il vero vi sfiorate appena. Tu hai allungato la mano per prendere il coltello dalla lama d'argento, lei voleva togliere dal tavolo il vaso con le milze di rana.
E' un tocco leggero e non è la prima volta che succede. Spesso le hai strappato direttamente dalle mani un mestolo o un coltello perché stava sbagliando, iniziando ad insultarla, denigrando la sua intelligenza. Spesso ritrovandovi a litigare anche per un'inerzia.
Screzi tra innamorati.
Una volta te la sei ritrovata tra le braccia perché era scivolata in Sala Grande su una polpetta che qualche incauto studente aveva fatto cadere.
Grifondoro, ovviamente.
Ma quelle volte non hai sentito una scarica elettrica attraversarti il corpo come adesso. Non hai sentito lo stomaco contorcersi dolorosamente o la pelle formicolare.
Ma quelle volte non c'erano parole imbarazzanti tra di voi.
Mi sono innamorato di te.
Vorresti sospirare e lo faresti se lei non fosse stata lì.
Faresti molte cose, come darti dell’idiota.
Mentre continui a lavorare fingendo che quel lieve tocco non ti abbia sconvolto, cerci di vedere la sua di reazione.
La osservi fugacemente mentre si muove tra il tavolo e il lavabo dove sta impilando gli strumenti sporchi, da lavare in un secondo momento.
Non ti guarda; noti che si è pulita il volto, ti chiedi se è andata all’incontro con Minerva o se è rimasta in quell’aula a pensare a come schiantarti. O avvelenarti senza farsi scoprire.
La pozione è quasi pronta, sai che dovrai affrontarla dopo che l’avrai bevuta.
Ti senti tremare dentro.
Hai affrontato ben di peggio, vecchio mago scorbutico e arcigno.
Hai sopportato le Cruciatus dell'Oscuro Signore.
Sei stato la spia di Silente per metà della tua vita.
Hai camminato sul sottile confine tra vita e morte per molti anni.
Sei sopravvissuto ai calderoni esplosi di Paciock.
In fin dei conti é solo una donna.
Abbassi lo sguardo e torni a concentrarti sulla pozione.
Non è solo una donna, lo sai bene.
E' una situazione che non ti piace. Non sei abituato ad affrontare i problemi senza un piano ben studiato a tavolino.
Neppure negli anni della guerra ti sei mai trovato così in difficoltà.
Quando sei uscito dall'aula ti sei rinchiuso nel tuo ufficio, iniziando a camminare in cerchio, insultandoti. E insultando Potter.
Così, giusto per tornare padrone delle tue emozioni e della tua voce.
Fanny ti ha lanciato un'occhiata beccando distrattamente un osso di seppia, sembrava che si fosse pentita di averti salvato in quella casa polverosa. Silente, dalla sua cornice, si è limitato a fissarti ridacchiando e scuotendo mestamente il capo.
L’avresti ucciso se non lo avessi già fatto anni prima.
Controlli la densità della pozione. E' pronta per l'ultimo ingrediente.
Lei si avvicina, porgendoti la fiala con le lacrime.
Le vostre dita si sfiorano ancora e, di nuovo, senti la pelle formicolare nel punto in cui si sono toccate.
Fingi indifferenza e versi l’ultimo ingrediente nel calderone.
Il denso liquido diventa quasi trasparente, sembra acqua leggermente torbida. Ma l'odore persistente non se n'è andato.
La lasci ancora qualche minuto abbassando il fuoco, permettendo alla pozione di raggiungere la perfezione.
La tua assistente, nel frattempo, sta iniziando a mettere in ordine. Sembra che abbia fretta e non te ne stupisci. Forse teme che te ne andrai una volta bevuta.
E, ammettilo, dentro di te c'è questa forte tentazione.
Osservi il fumo salire in grandi spirali dal calderone di peltro. Quando raggiunge una curiosa tonalità di celeste, tonalità che ricorda tantissimo i ridenti occhi di Silente, spegni il fuoco e prendi il mestolo.
C'è sufficiente pozione per un calice. La versi osservando la corretta densità e il perfetto colore.
Per un istante i vostri sguardi si incrociano attraverso il liquido semi trasparente nel bicchiere.
Alzi appena il calice nella sua direzione e la bevi tutto d'un fiato.
Il sapore è orribile, nonostante il colore e la consistenza é viscida al palato, dal sapore forte e dal retrogusto ancora più sgradevole. Ti appoggi ad un banco per non vomitare. Non puoi permetterti di rifare tutto dal principio. Non ne hai il tempo.
Aspetti qualche minuto con gli occhi chiusi, sentendoti il suo sguardo preoccupato addosso.
E' l'unica a cui hai dato permesso di vederti così debole e vulnerabile, dopo Silente.
E dopo parecchi anni di convivenza forzata.
Sai che non userà questo suo privilegio contro di te.
Lei è rassicurante.
Senti un pop alle tue spalle e la sua delicata mano sul petto.
- Hai aspettato troppo. - il suo tono è neutro, maschera la preoccupazione e ne sei quasi orgoglioso. Sai che ha ragione, hai aspettato veramente troppo questa volta, non ti eri accorto di quanto fossi debole – Ho fatto apparire una poltrona dietro di te. Siediti.
Vorresti dirle di non darti ordini e di occuparsi solo di rassettare per diventare una brava donna di casa, ma temi di vomitare tutto se provi ad aprire la bocca così ti lasci guidare sulla poltrona.
Tieni ancora gli occhi chiusi, senti la morbidezza dell'imbottitura, appoggi la testa sull'alto schienale e un sospiro sfugge dalle tue labbra.
- Ora resta qui. Non dire e non fare niente.
Mugugni qualcosa di incomprensibile anche per te stesso.
Speri che sia una battuta acida, ma non ne sei così sicuro.
Forse è un grazie. Forse un'altra frase fuori luogo.
Mi sono innamorato di te.
Lei non risponde, la senti allontanarsi ricominciando a pulire.
Respiri piano, mentre la nausea inizia a scemare e senti le forze tornare.
Azzardi ad aprire gli occhi, la stanza è leggermente sfuocata, ma riesci comunque a vederla indaffarata dietro al tavolo intenta a pulire.
La tua assistente alza lo sguardo e fa un sorriso. Ma non è un vero e proprio sorriso, è uno dei suoi ghigni vittoriosi, uno di quelli che usa quando sa di vincere in uno dei vostri litigi.
Forse ha avvelenato la pozione.
No, lei è una nobile Grifondoro. Se non ha avvelenato quella seccatura che risponde al nome di Ginevra Weasley in tutti questi anni, non può aver avvelenato te.
Abbassi gli occhi per un istante, valutando quello che vuoi dirle e, soprattutto, cosa dirle.
E poi la noti.
L'orribile fodera color porpora e oro che ricopre la poltrona.
Sollevi lo sguardo, lei continua a ghignare.
Piccola serpe travestita da grifone.
Resti seduto ancora un po' su quella poltrona dagli imbarazzanti colori, guardandola sistemare la stanza in silenzio, ma sempre con quel sorriso vittorioso sulle labbra.
Oh... devi trovare il modo di farglielo scivolare dalle labbra quel sorriso.
I minuti passano lenti e silenziosi, appesantiti dall'imbarazzo.
Quando anche l'ultimo mestolo vola pulito sul ripiano, la tua assistente si volta verso di te.
Siete alla resa dei conti.
Ti alzi dalla poltrona e la fai sparire con un colpo di bacchetta.
- Credo che sia arrivato il momento di parlare, Severus. - dice lei avvicinandosi.
L'avevi già detto che i Grifondoro sono testardi.
- Non ne vedo il motivo. - ribatti piano, valutando ogni sua reazione, ogni movimento impercettibile del suo corpo.
Inconsciamente cercando una via di fuga.
- Severus Tobias Piton! - ti richiama lei incrociando le braccia al petto – Poche ore fa hai detto di amarmi!
- Non mi sembra di averti detto questo. – replichi senza esitazioni. Lei non si muove dalla sua posizione. E’ davanti a te, braccia incrociate, la sovrasti con il tuo corpo eppure non sembra spaventata.
Ah già… Ron Weasley nudo…
Raccapricciante come pensiero.
- Quindi non mi ami. – continua lei, ferma nella sua posizione, combattiva e testarda.
- Non ho detto neppure questo.
Nega, vecchio mago scorbutico e arcigno. Nega anche l’evidenza.
- Sono tante le cose che non mi hai detto.
C’è ancora il sorriso vittorioso su quelle labbra insolenti. E hai sempre voglia di strapparglielo, cancellarlo, divorarlo. Possibilmente con le tue labbra.
Sei proprio un caso disperato, vecchio mago.
Vi fissate a lungo, in silenzio, una battaglia di sguardi, di parole non dette e cuori palpitanti.
Vorresti usare la Legilimanzia per sapere cosa sta pesando di te, ma è sulla difensiva, si accorgerebbe della tua intrusione.
E’ brava, non puoi negarlo.
E poi cedi, lasci a lei la vittoria di questa battaglia. Perché é una battaglia che vuoi perdere.
Perché lei ti piace.
- A questo punto. - dici rompendo il silenzio e quella lotta di sguardi – Credo che sia giunto il momento di chiederti un appuntamento.
Il suo sorriso di allarga e... Merlino, Morgana e Salazar, la tentazione di cancellarlo con le tue labbra è così forte da metterti in difficoltà. E tu di tentazioni ne hai avute molte nella tua scorbutica ed arcigna vita, ma nessuna così dolce.
- Sì, credo che sia il momento.
- Fra due settimane c'è la gita ad Hogsmeade. La scuola sarà più tranquilla, la maggior parte degli studenti sarà fuori. Possiamo concederci un pomeriggio lontano dal castello.
Annuisce e continua a sorridere.
- Vuoi sapere dove voglio portarti o ti fidi di me?
Ti fidi di me?
E' una domanda che non hai mai posto a nessuno.
Di solito sei tu che dai fiducia agli altri. Tu sei quello da guardare con diffidenza e distacco.
Perché nessuno può aver fiducia in Severus Piton.
- Mi fido di te, Severus.
E il suo sorriso è dolce, sincero, rassicurante.
- Bene.
- Bene. - echeggia lei.
Dovresti andartene, magari con un'uscita ad effetto, una battuta cinica, giusto per far tornare il consueto equilibrio nel vostro rapporto.
- Devo andare, - dici con un filo di voce – devo contattare Kinsgley e parlare con Hagrid.
- Oh sì... - quasi balbetta lei – sì... anch'io devo andare, ho promesso alla professoressa McGranitt che sarei passata per una tazza di the.
Inarchi un sopracciglio, é imbarazzata.
Lei non è mai imbarazzata
Almeno non con te.
Sfiori la sua mente, sapendo che potrebbe sentirti. Tenti di essere il più delicato possibile, vuoi sapere, devi sapere. Perché due settimane ti sembrano un tempo lunghissimo per sapere quello che lei sente in tua presenza.
Perché quel qualcosa che hai avvertito alla prima sbirciatina, potrebbe essere solo stima, magari un leggero affetto.
E tu non sai cosa fartene della sua stima e del suo leggero affetto.
Ti spingi un pochino più in là. Oltre il primo velo della sua mente che cela le emozioni.
Lei ti fissa negl'occhi, ti ha sentito. Sa cosa stai facendo e te lo lascia fare. Ti lascia guardare, lascia che sia tu a leggere quello che prova.
Sgrani gli occhi di fronte ad una domanda non detta, ma che echeggia nella sua mente. Rimbomba come se stesse urlando.
Una domanda ben precisa che lei non ha il coraggio di fare a voce alta.
A quanto pare non sei l’unico a comportati in modo strano quando sei innamorato.
Ti avvicini di un passo, puoi avvertire il calore del suo corpo.
Lei sorride ancora e arrossisce.
Lei, l'assistente che non arrossisce mai.
- Sei arrossita...- allunghi una mano e le accarezzi la guancia, la pelle scotta sotto le tue dita – tu non arrossisci mai.
- E tu non sorridi mai. Eppure stai sorridendo, Severus.
Ti vedi riflesso nei suoi occhi nocciola.
Ha ragione. Stai sorridendo.
Severus Piton. Mago scorbutico e arcigno, con una reputazione di mago oscuro ridotta a quella di un elfo domestico, sta sorridendo.
Ti chini sul suo volto.
- Cosa stai facendo?
- Do la risposta alla domanda che urla nella tua mente.- sussurri sul suo volto, le sue guance diventano ancora più rosse.
La senti che si aggrappa alla tua casacca nera.
- Severus...
- Stai zitta e lasciati baciare.

Fine






   
 
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