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Autore: Mitsuki91    06/07/2013    3 recensioni
Un'analisi del rapporto fra fratelli dal punto di vista di Regulus.
Una shot introspettiva e, spero, un po' diversa, che ripercorre la vita del minore dei Black.
***
Dal testo:
"Suo fratello Sirius era stato la sua guida.
Spavaldo, ribelle, sprezzante del pericolo: Regulus lo seguiva come un cagnolino, e non solo perché lo considerava forte, ma perché lui sembrava essere l’unico che gli volesse bene."
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"“Toh, ma guarda. Il mio carissimo fratellino, che ha scelto di intraprendere la carriera di Mangiamorte.”
Regulus sussultò, a quelle parole.
Lui non aveva mai e poi mai parlato di voler diventare Mangiamorte.
[...]
Era ferito, davvero ferito dalle parole di Sirius. Non poteva dire sul serio. Lui sapeva che non la pensava così.
Aveva visto, assieme a lui, la verità sul sangue."
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Regulus Black, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Ebbene, questa storia me la sono sognata stanotte.
Scriverla è stata un parto e ora mi si incrociano gli occhi, perciò credo che troverete tranquillamente qualche errore. Mi scuso in anticipo.
Ho voluto dare una prospettiva della vita di Regulus in chiave di Sirius. Ho analizzato il rapporto fra fratelli, ecco.
Siccome è la prima volta che scrivo una cosa simile, se mi lasciate un parere sarei davvero contenta ;)
Buona lettura! ;)
PS= ulteriori note a fine shot.


Nell’ultima ora della nostra vita

Suo fratello Sirius era stato la sua guida.
Spavaldo, ribelle, sprezzante del pericolo: Regulus lo seguiva come un cagnolino, e non solo perché lo considerava forte, ma perché lui sembrava essere l’unico che gli volesse bene.
Di sicuro anche i suoi genitori l’amavano, ma Regulus non si ricordava né sorrisi né carezze, se non da parte di Sirius. Aveva come avuto un imprinting. Quel fratello più grande che, a detta sua, non vedeva l’ora di conoscerlo per smettere di annoiarsi e di sentirsi solo… Lui era l’unico con cui giocava e parlava e si confidava e andava bene così, davvero.
Sirius lo faceva fuggire di casa e correre per la Londra babbana, portandolo in posti strani come la metro o un negozio di dischi. Sirius rideva, sempre.
I loro genitori gli avevano insegnato che i babbani erano essere inferiori che meritavano di morire perché rubavano spazio ai maghi, ma Sirius aveva sempre asserito che fossero tutte sciocchezze. Certo, loro in quanto maghi erano speciali, ma se avevano convissuto per tutto quel tempo male non potevano fare. Lui li considerava un po’ come dei cuccioli, degli animaletti domestici, e Regulus allora cercava di ignorare la voce di Orion che gli gridava “Feccia” nella testa e si era anche abituato a stare con loro, se c’era Sirius. Ovviamente, da solo, non poteva e non voleva uscire, correre quel genere di rischio. Non era nella sua natura.
Sirius, dal canto suo, era stato convinto che i genitori detenessero comunque la verità assoluta sui babbani, almeno fino all’incidente. Regulus se lo ricordava bene, quel giorno, perché era stata l’unica volta che aveva visto Sirius serio e freddo come il marmo, mentre osservava la scena… E, nei giorni a venire, nei mesi a venire, mentre raccoglieva quelle che per lui erano prove inconfutabili, Regulus arrivò addirittura a pensare che un po’ della pazzia dei Black ce l’avesse anche Sirius, sì, anche se lui continuava a mostrarsi sorridente e ribelle e spavaldo come al solito. E Regulus lo seguiva, sempre.

***

Una volta lo portò sul tetto a vedere le stelle.
Se lo ricordava ancora: avevano preso una coperta dalla stanza degli ospiti e Sirius aveva fatto scendere con la magia la scala che portava in soffitta – se la cavava bene con la magia; era già riuscito a controllarla –, mentre i loro genitori dormivano, ignari. Sirius l’aveva convinto e poi aveva aperto la stretta finestrella e si era arrampicato fuori, trascinandosi dietro la coperta, mentre Regulus impazziva dalla paura. Alla fine, fra parole sussurrate e quel sorriso a cui Regulus non sapeva mai dire di no, anche lui riuscì a salire sul tetto.
Si stesero sulla coperta e Sirius iniziò ad indicargli le stelle con aria da esperto, facendogli vedere la mappa stellare di tutta la famiglia Black.
Rimasero fuori tanto a lungo che si addormentarono. Quando, il giorno dopo, vennero svegliati dagli strilli della loro madre, che non li aveva trovati in camera, e quando ricomparvero scendendo dalla soffitta e Regulus aveva il naso gocciolante ed era scosso da brividi di freddo, beh, la sgridata che si beccò Sirius fu una delle più cruente della storia della sua famiglia. Suo fratello ascoltò tutto in silenzio e a capo chino, ma Regulus capì che era arrabbiato, perché aveva sul volto la stesse espressione gelida del giorno dell’incidente.
Finirono entrambi in punizione per un mese, ma la sera stessa Sirius andò a trovarlo – e aveva di nuovo gli occhi brillanti di idee e il sorriso furbo. Gli disse di scendere dal letto, dove Regulus era stato confinato per via del raffreddore e della febbre, e lo fece sdraiare per terra ad osservare il soffitto, per far finta di guardare le stelle.
“Ma non potevamo stare sul letto?” aveva chiesto lui, biascicando le parole per la febbre.
“Ma dai! Questo è un nuovo gioco, serve stare sulla superficie più scomoda possibile! E qui c’è il pavimento che fa al caso nostro!”
“Che gioco è?”
“Si chiama ‘l’ultima ora della nostra vita’.” disse Sirius, con un tono solenne che poteva risultare comico ad orecchie esterne “Noi ci siamo persi nella giungla e siamo sopravvissuti per una settimana cibandoci di bacche e dormendo sugli alberi su costruzioni improvvisate con la bacchetta. Poi gli indigeni ci hanno trovato e noi stiamo scappando, ma siamo deboli per le privazioni subite. Siamo caduti in un dirupo, per questo la superficie è così scomoda e dura, e sappiamo che moriremo a breve, senza avere la possibilità di salvarci. Le nostre bacchette se le sono prese gli indigeni e noi non abbiamo potuto far altro che ritardare il momento scappando, momento che ora è arrivato. Quindi, adesso, nell’ultima ora della nostra vita, dobbiamo raccontarci i nostri più intimi segreti! Forza, inizia tu.”
Regulus non stava tanto bene e, a dirla tutta, non si sentiva abbastanza in forza per assecondare Sirius. Poi, comunque, c’era da considerare che non aveva segreti degni di nota, perché tutte le sue giornate le passava accanto al fratello facendo le stesse cose che faceva lui.
“Non lo so, Sirius. Ho sonno.”
Sirius provò ad insistere, finché non si rese conto che Regulus si era addormentato sul pavimento. Allora si alzò, lo prese in braccio e lo portò a letto, coprendolo bene, perché Regulus aveva la febbre e la mamma aveva detto che doveva stare al caldo. Forse avrebbe dovuto prendere una coperta anche prima.
Prima di uscire, sussurrò: “Peccato. Era un bel gioco.”

***

L’unica volta in cui era stato veramente male, Regulus se la ricordava bene. E no, non era un male fisico, ma un male emotivo, un pugno allo stomaco che non l’aveva fatto dormire per giorni.
Aveva dieci anni, Sirius aveva iniziato Hogwarts da meno di una settimana e… Era stato smistato a Grifondoro.
Non che a lui importasse veramente; inoltre sapeva che il carattere di Sirius non era adatto a Serpeverde, nella maggior parte dei casi. La cosa che lo fece davvero star male fu la reazione dei genitori: perché questo è un abominio, non capisco come è potuto uscire dal mio ventre un mostro simile, strillava Walburga, e quello non è più mio figlio, per fortuna abbiamo ancora Regulus che può portare in alto il nome dei Black, sosteneva Orion.
Il peso dei suoi doveri verso la famiglia, doveri che aveva sempre preso in giro con Sirius fino a poco tempo prima, iniziò a gravargli sulle spalle. I suoi genitori tessevano le sue lodi e, improvvisamente, iniziarono anche ad interessarsi alla sua vita, probabilmente perché temevano che Sirius l’avesse già corrotto. Continuavano a parlare di Lord Voldemort e dell’idea dello sterminio dei babbani, perché loro erano gli unici di sangue puro e gli unici che meritavano di vivere su quel pianeta.
Se solo sapessero delle ricerche di Sirius, pensava lui, se solo sapessero.
Ma non si azzardò mai a mostrar loro le prove, o presunte tali, perché, sebbene Sirius non gli avesse mai scritto, non aveva alcuna intenzione di tradirlo.
Sì, alla fine, lui era già stato corrotto.

***

Qull’estate Sirius era stato distante, per la prima volta della sua vita. Non parlava con nessuno della famiglia, nemmeno con lui, e dava l’impressione di mal sopportare tutti. Stava ore chiuso in camera a scrivere lettere ai suoi amici Grifondoro e, se usciva, lo faceva di nascosto, come suo solito.
Solo che non portava più Regulus con sé.
Lui si chiese per molto tempo come fosse stata possibile una cosa simile. Dieci mesi di scuola erano bastati per cambiarlo fino a quel punto? Per recidere il legame che avevano sempre avuto?
Non se ne capacitava. E attendeva il primo settembre con un misto di paura ed eccitazione.

***

Quando il Cappello Parlante si posò sulla sua testa, Regulus pensò intensamente “Non mi smistare! Non mi smistare subito!”
Il Cappello, dapprima sorpreso, decise di assecondarlo.
“Dunque, giovanotto, perché quest’attesa?”
Io volevo chiederle… Si ricorda dello smistamento di Sirius Black, mio fratello?
“Purtroppo, non sono in grado di rispondere. Vedo le menti di molti studenti ma, per la sicurezza mia e loro, dimentico ogni cosa una volta che mi levano dal capo di essi.”
Capisco… Regulus non riuscì a nascondere la delusione, però, c’è un’altra cosa che voglio chiederle… Dirle. Non so come…
“Lascia fluire i tuoi pensieri, ed io ti ascolterò.”
La mia famiglia crede che io debba andare a Serpeverde. Lo credeva anche di Sirius, eppure lui è finito a Grifondoro. Mio fratello è stato strano tutta l’estate, non mi ha parlato: non voglio perderlo. Eppure, su di me pesano le aspettative dei nostri genitori… Io… Non so che fare.
“E se ti dicessi che la tua casa non è né Serpeverde né Grifondoro?”
Io… Non posso. Non posso finire in una casa diversa. Per i miei genitori solo Serpeverde è la casa degna di essere presa in considerazione. E, se volessi seguire Sirius, per provare a riallacciare il rapporto con lui, non potrei farlo se non in Grifondoro. Nessun’altra casa mi salverebbe, signor Cappello.
In realtà Regulus non aveva mai riflettuto sulla possibilità di finire altrove. Già l’idea di non sapere se fosse stato Serpeverde o Grifondoro lo tormentava, se avesse dovuto includere anche le altre due nelle sue possibilità…
“E allora, giovanotto, ti rivelerò un segreto.”
Un segreto?
“Sì. Vedi, voi tutti avete delle caratteristiche principali, che vi rendono più adatti ad una casa rispetto ad un’altra. Ma queste caratteristiche emergono soprattutto perché siete voi a selezionarle. Non vi è mai una divisione netta nell’animo umano e ognuno può decidere di essere come vuole. Non c’è destino che tenga, solo scelte e premeditazione.”
Che… Che intende dire, signor Cappello?
“Intendo dire che, almeno nel novanta per cento dei casi, sono gli studenti stessi a scegliere dove essere smistati, anche se non se ne rendono conto. Non sempre è una scelta consapevole.”
Regulus rimase spiazzato. Non aveva mai preso in considerazione quell’opportunità: aveva pensato di esporre i suoi dubbi al cappello, perché così lui potesse decidere per lui la strada che si sarebbe rivelata migliore. Non poteva credere che quella scelta, alla fine, sarebbe stata sua.
Ma se ognuno poteva scegliere, allora…
Allora Sirius ha scelto di abbandonarmi scaricandomi il peso dell’approvazione familiare, fregandosene di me e inseguendo solo ciò che desiderava!
“Non è detto. Come dicevo prima, se una personalità è molto forte e marcata, la scelta può essere così automatica da risultare incontrollabile.”
Regulus deglutì, pensieroso.
Sirius aveva da sempre dimostrato di possedere un carattere forte, ribelle, sprezzante del pericolo e spavaldo. Le caratteristiche di un perfetto Grifondoro. Eppure…

***

Erano scappati in un parco giochi babbano, non troppo distanti da casa loro. Si stavano dondolando sulle altalene, in mezzo a tutti quei bambini che giocavano, quando uno di loro, per fare lo spavaldo, saltò dallo scivolo e cadde, sbucciandosi un ginocchio.
Sirius, che aveva sempre avuto un cuore grande, smise di dondolarsi e corse verso di lui, che aveva iniziato a piangere. Regulus, ovviamente, lo seguì come un’ombra.
Fu allora che accadde. Una donna si era avvicinata allo stesso bambino e gli stava tendendo un cerotto, così lui smise di tenere la mano sulla ferita per permettere a lei di medicarlo.
E c’era sangue, su quel ginocchio. Sangue rosso brillante, sangue che Sirius aveva già visto innumerevoli volte quando combinava qualche marachella troppo pericoloso e si feriva: era il colore dello stesso sangue che scorreva anche dalla sua, di pelle.
I suoi genitori gli avevano mentito, realizzò in quel momento, e Regulus vide i pugni del fratello stringersi e il viso contrarsi in una smorfia di rabbia gelida. Anche lui, come Sirius, aveva realizzato che tutto ciò che asserivano i genitori altro non era che una menzogna.
Il loro sangue puro non era diverso da quello di un babbano qualunque. Il loro motivo di vanto, che giustificava un’epurazione del mondo magico, era nulla.
Orion e Walpurga, che si erano sempre vantati di aver agito in prima linea ammazzando indegni babbani, di sicuro sapevano, avevano visto.
E avevano mentito. Perché erano dei folli.
Regulus osservò Sirius distogliere lo sguardo dal bambino – dal sangue – e seguire la donna. Suo fratello tese le mani davanti a sé e, per magia, la scatola di cerotti cadde dalla borsetta della sconosciuta.
Sirius la raccolse.
E, nei mesi a seguire, trovava sempre una scusa per tornare in un parco giochi babbano. Incitava i bambini a fare giochi pericolosi, dove la maggior parte delle volte qualcuno si feriva. Quando questi presero ad evitarlo, additandolo come pericoloso, a Sirius bastava tendere una mano perché i bambini inciampassero e si facessero male.
E lui era sempre pronto, con un cerotto. Lo offriva con il volto dispiaciuto a quei bambini, che lavavano la ferita e se lo mettevano, e allora Sirius sorrideva, ed era un sorriso gelido che provocava dei brividi in Regulus.
Sirius lasciava i bambini giocare ancora un po’, poi con un semplice gesto delle sue dita il cerotto si staccava dalle loro pelli e voleva dritto nel palmo della sua mano. Sirius lo conservava come un tesoro e, sempre con quella fredda determinazione, portava a casa Regulus e gli diceva sempre che i loro genitori avevano mentito, incollando il cerotto in un quaderno e annotandoci sotto il nome del bambino e il giorno. Vi erano dei fogli trasparenti a separare e isolare i vari cerotti, in modo che le pagine non si macchiassero – in ogni caso, era una precauzione inutile, perché la maggior parte delle volte il sangue era poco e già secco.
Sirius custodiva il suo libro in una scatola di legno sotto un’asse mobile della sua camera da letto. Una volta a settimana, quando i genitori dormivano, lui lo tirava fuori e lo sfogliava, e il suo sguardo sembrava ossessionato e maniacale.
Pazzo, pensava sempre Regulus. La pazzia dei Black che era giunta sino a lui.
Ma Sirius aveva le sue verità da rincorrere e da dimostrare, per sbatterle in faccia al mondo al momento opportuno.
E, fino all’anno scorso, era comunque rimasto il fratello dolce, ribelle e spavaldo che lo viziava e coccolava, che lo trascinava in bizzarre avventure nonostante il suo segreto e che, a prescindere da tutto, gli voleva bene.

***

… Eppure c’era un lato di Sirius inquietante, quasi Serpeverde. C’era un lato egoistico, ambizioso, che voleva prevalere sugli altri… Sui loro genitori.
C’era, quel lato, ed era evidente, e Sirius non lo aveva ascoltato.
Sirius aveva scelto.
La delusione e il senso di tradimento gli crollarono addosso tutto d’un colpo e Regulus sentì l’aria farsi più pesante.
Sirius l’aveva abbandonato, addossandogli il peso delle aspettative di famiglia.
Sarebbe potuto essere anche lui un Serpeverde; un Serpeverde anomalo, certo, ma non erano tutti uguali, no? I loro genitori non si sarebbero arrabbiati, così, e lui avrebbe potuto avere amici di altre case, se proprio ci teneva, e soprattutto Regulus avrebbe potuto seguirlo, emularlo, stare con lui. Avrebbe potuto crescere al suo fianco e poi fare le sue scelte, che poi sarebbero state quelle di Sirius, e forse, con il senno di poi, avrebbe capito che non era poi così importante assecondare la sua famiglia.
Ma ora quel futuro era distrutto, perché Orion e Walburga si aspettavano grandi cose da lui e lui soltanto, e lui non aveva scelta.
Sirius, invece, aveva scelto, abbandonandolo.
Con gli occhi gonfi di lacrime e risentimento, Regulus sentì gridare la parola della sua condanna.
“SERPEVERDE!”

***

Sirius non gli aveva più rivolto la parola.
Lui aveva tenuto un basso profilo, non dando troppa confidenza ai suoi compagni, perché, nonostante tutto, credeva ancora in suo fratello, e non condivideva le loro idee.
Lui lo aveva visto, il sangue dei babbani.
Un giorno, dopo appena un mese dall’inizio della scuola, vide Sirius che prendeva in giro un suo compagno più grande, assieme ai suoi amici. Lo riconobbe come Severus Piton: non ci aveva scambiato molte parole, ma sapeva che aveva un’amica Grifondoro e Sanguesporco, perché gli altri Serpeverde ne parlavano.
Si avvicinò a loro, cercando di capire cosa fosse successo.
“E andiamo, Mocciosus… Non sei in grado di difenderti da una così semplice fattura, come osi camminare al fianco della Evans?”
Era stato un amico di suo fratello a parlare. James Potter.
Regulus vide che le gambe di Severus si muovevano, impazzite, e lui incespicava, a terra, cercando di raggiungere la sua bacchetta.
“Finitem Incantatem.” sussurrò, fermando la tarantella.
Sirius si girò verso di lui, assottigliando gli occhi.
“Toh, ma guarda. Il mio carissimo fratellino, che ha scelto di intraprendere la carriera di Mangiamorte.”
Regulus sussultò, a quelle parole.
Lui non aveva mai e poi mai parlato di voler diventare Mangiamorte.
“Sirius, io…”
“Che fai, lo neghi? Sei finito a Serpeverde. Sei l’orgoglio di mamma e papà. Sei marcio, esattamente come loro.”
“Che sta succedendo qui?!”
Una voce più acuta li interruppe, ma Regulus quasi non ci fece caso: osservava il fratello con l’espressione vacua e gli occhi aperti.
Era ferito, davvero ferito dalle parole di Sirius. Non poteva dire sul serio. Lui sapeva che non la pensava così.
Aveva visto, assieme a lui, la verità sul sangue.
Una ragazza dai folti capelli rossi si avvicinò, con un cipiglio arrabbiato.
“Oh, Evans.” disse James “Che bella giornata.”
“State di nuovo torturando Severus?! Lasciatelo in pace!”
“Andiamo, non facevamo nulla di male! Non capisco come tu possa farti vedere con una simile nullità…”
Severus arrossì, ma non disse niente. Regulus era ancora sconvolto, tanto da non sentire neppure la replica di quella che doveva essere la Evans.
Ad un certo punto, i quattro ragazzi – fra cui suo fratello – se ne andarono. Rimasero loro tre in mezzo al corridoio.
Lily Evans si precipitò dall’amico.
“Tutto bene, Sev? Che ti hanno fatto?”
“Niente… Non mi han fatto niente.”
Regulus li osservò. Vide la preoccupazione sul volto di lei e l’imbarazzo su quello di lui.
Li vide uniti e capì, capì che gli altri Serpeverde sbagliavano ancora, capì una volta di più che non era il sangue a determinare le persone. Davanti a sé aveva un Serpeverde e una Grifondoro che andavano d’accordo: avrebbe voluto anche lui che Sirius fosse stato dalla sua parte. Ma lui non l’aveva difeso, anzi: era stato il suo carnefice, l’aveva condannato senza appello.
“Tutto bene?” chiese poi Lily, rivolta a lui.
“Cos… Io… Sì, sto bene.”
Lei sorrise, tendendo la mano, mentre Severus lo guardava in modo sospetto, come a dire “Stai attento, lei è mia.”
“Io sono Lily… Lily Evans.”
“Io sono Regulus. Regulus Black.”
Gli occhi di Lily parvero accendersi di comprensione per un momento, poi la ragazza lo salutò e si allontanò con Severus.
Fu quel giorno, in quel preciso istante, con il cuore ancora sanguinante per le parole di Sirius, che Regulus capì di aver perso suo fratello per sempre.

***

Aveva trovato un posticino tranquillo, una mezza torretta alla fine del corridoio del decimo piano, che si apriva sul cielo e che nessuno usava mai – era sempre sporca e piena di sassolini molto fastidiosi da avere sulla schiena.
Regulus l’aveva trovata una settimana dopo la discussione con Sirius e l’aveva eletta subito a suo posto personale.
Si ricordava di quando Sirius l’aveva portato a vedere le stelle. Anche se era ancora giorno, Regulus si sdraiò lo stesso: e la ghiaia che premeva sulla schiena era così fastidiosa che Regulus pensò all’altro gioco, quello che non avevano mai fatto.
L’ultima ora della nostra vita.
Aveva iniziato a giocare, Regulus.
Aveva iniziato a parlare, rivolgendosi ad un fratello che ormai aveva perso, e gli aveva confidato tutto: tutto quello che era successo con il cappello, tutti i suoi ricordi, tutto il suo dolore.
Era tornato la settimana dopo, e quella seguente, e quella dopo ancora: la torretta era diventato il suo rifugio, un posto dove essere se stesso. Raccontava a Sirius la settimana e stringeva la mano a pugno, cercando di ricordare la sensazione di quella di lui sotto le dita.
Aveva deciso di cedere alle lusinghe dei compagni e di iniziare a compiacere i suoi genitori, portando in alto il nome dei Black.
Tanto, ormai, per me non c’è più speranza. Non c’è altra scelta.
“… E Sirius, sai, anche se non te l’ho mai detto, io ti ho sempre voluto bene.”

***

Bruciava.
Il segno che aveva sul braccio, quello che gli aveva fatto guadagnare la stima della famiglia – perché, Regulus, è un onore che Lord Voldemort prenda in considerazione un minorenne per entrare nella sua cerchia, e noi siamo fieri, così fieri… – bruciava in maniera terribile.
Bruciava anche il senso di colpa.
Per anni aveva cercato ogni informazione possibile di Voldemort. Aveva conservato ritagli di giornale e tenuto diari e chiesto ai suoi genitori e ai suoi compagni. Per anni aveva studiato il Mago Oscuro più potente del loro secolo, cercando di capire come compiacerlo e assecondarlo e come adempiere al suo destino il più presto possibile. Come se fosse un sasso da togliere dalla scarpa, come se fosse una fastidiosa incombenza e basta.
Come se non avesse conseguenze.
Invece, uccidere davvero era una cosa che ti lacerava l’anima. E bruciava, Regulus lo sentiva ancora.
Era stato marchiato quell’estate, assieme a Piton, Mulciber e Avery. Il più giovane Mangiamorte della storia di Lord Voldemort.
Per entrare nelle sue grazie aveva dovuto uccidere un innocente.
Regulus se l’era studiata per anni, quella maledizione. L’aveva inventata, testata – su animali – e perfezionata.
Il colpo di frusta sembrava non avere effetti, ma scatenava una profonda emorragia interna, che uccideva le vittime in pochi minuti. L’aveva ideata perché i babbani e i Sanguesporco non soffrissero troppo, dando però a lui modo di svelare la verità agli altri.
Una volta svenuti, era stato facile – ma non per questo meno nauseante – sfigurare i corpi di quei babbani con tagli e ferite.
E il sangue, allora, aveva preso a colare lento e copioso, negli ultimi istanti di vita di quelle persone, che non sentivano più dolore, che erano ad un passo dalla tomba.
Il sangue colava dai corpi e svelava la verità, quella verità che aveva sempre ossessionato Sirius: era rosso, denso, uguale a quella di tutti loro.
Regulus aveva alzato lo sguardo, senza incontrare quello del suo signore, ma aveva colto la scintilla di comprensione solo in quello di Severus. Lui aveva capito il messaggio. Lui sapeva, forse già da prima.
Ma la vita che abbandonava quei corpi l’aveva segnato lo stesso, e non solo attraverso il marchio.
Aveva vomitato, dopo, una volta tornato a casa, e tutt’ora faticava a togliersi il senso di colpa e di schifo di dosso.
Però, ormai, era un burattino nelle mani di Lord Voldemort.

***

Era di nuovo nel suo rifugio, di nuovo sdraiato a pancia in su, ad osservare le stelle.
L’orario di coprifuoco era passato da un pezzo, ma a lui non importava. Stringeva le mani sulla ghiaia e parlava al fratello che aveva perso anni prima.
“Sono qui, nell’ultima ora della nostra vita, a raccontarti i miei segreti.
Chissà, Sirius, fosse sarebbe stato tutto diverso se, all’epoca, anche io avessi scelto Grifondoro. Forse non sarei qui, ora, con la nausea allo stomaco e il disgusto di me stesso.
Ma sai, Sirius, tu mi avevi tradito. Tu potevi scegliere, e hai scelto di scappare, e non mi riferisco a quella famosa estate, no, mi riferisco molto prima. Mi riferisco a quando hai scelto Grifondoro, scaricandomi il peso delle aspettative di famiglia e un compito troppo gravoso, per me. Mi riferisco a quando mi hai condannato senza appello guardando solo la mia casa, senza pensare a tutto ciò che ero prima.
Non ero forse il tuo più grande ammiratore? Il tuo fratellino adorato, quello che portavi ovunque e a cui insegnavi le cose?
Ma tu hai scelto altro, hai scelto di scappare, e mai una lettera durante il primo anno, mai un sorriso quando sei tornato a casa, una parola. E la condanna, dopo il mio smistamento.
Così mi hai lasciato con questo destino che non è mai stato mio, l’eredità di un nome e un peso sul cuore che non potrai mai comprendere.
Ma sono qui, Sirius, nell’ultima ora della nostra vita, per dirti che ti voglio bene lo stesso, anche se tu mi hai dimenticato.”
Non era solo. Non se ne era reso conto, ma la porta era rimasta leggermente aperta, e… E Sirius l’aveva trovato.
Sirius era passato di lì e l’aveva visto ed era incredulo e allora… Allora aveva ascoltato. E aveva compreso i suoi sbagli.
Sirius si era avvicinato, silenziosamente e, una volta che Regulus finì di parlare, si sdraiò accanto a lui e gli prese la mano.
Regulus sobbalzò e spalancò gli occhi e non volle credere a ciò che vide. Il calore della stretta di Sirius gli arrivò dritto al cuore e, per un momento, scordò che ormai non si poteva tornare indietro.
“Sono qui, nell’ultima ora della nostra vita, per confessarti i miei segreti.” esordì lui, mentre Regulus osservava il suo profilo “Durante tutto il mio primo anno ti ho scritto, ma non ho mai ricevuto risposta. Credevo che i nostri genitori ti avessero messo in testa le idee sbagliate, che ti avessero plagiato… Che tu mi odiassi. Solo ora comprendo che le mie lettere non ti sono mai arrivate.
Quando sei finito a Serpeverde, ho pensato che fosse solo una conferma della mia teoria.
Così ho iniziato ad odiarti anche io. Credevo che fosse l’unica strada possibile.”
Sirius si girò a guardarlo.
“Ma mi sbagliavo. Sono stato cieco, non ho visto.
Nell’ultima ora della nostra vita, ti chiedo di perdonarmi. Nell’ultima ora della nostra vita, ti dico che ti ho sempre voluto bene.”
Regulus sentì le lacrime premere nei suoi occhi, mentre per la prima volta dopo tutti quegli anni credeva di avere una speranza.
Sirius lo vide piangere e, come quando erano bambini, lo circondò con le braccia, per fargli capire la sua presenza, per confortarlo. Regulus si lasciò andare ai singhiozzi e si strinse a lui, finché entrambi non si addormentarono.

***

Era stato strano svegliarsi mano nella mano, come quando erano bambini e Regulus si infilava nel letto del fratello perché aveva fatto un incubo.
Era stato strano ed era stato meraviglioso, in un primo momento, poi la realtà era crollata di nuovo addosso a Regulus e l’aveva lasciato con l’ombra di un sorriso amaro.
“Non sei costretto a diventare un Mangiamorte.” aveva detto Sirius, alzandosi in piedi “Sono sicuro che Silente ti aiuterà. Puoi venire a stare da me e James, non credo ci siano problemi…”
Regulus aveva sentito il sangue delle persone che aveva ucciso colare sul suo volto e sui suoi capelli e si era sentito soffocare.
Era tardi, era troppo tardi.
“Non posso.” disse.
Sirius si bloccò un attimo.
“Certo che puoi. Ora sei grande, sai che i nostri genitori sono dalla parte sbagliata… Puoi scegliere, Regulus, io ti aiuterò…”
“Non posso.” ripeté lui, di nuovo con le lacrime agli occhi, alzando la manica sinistra della divisa.
Vide l’orrore negli occhi di Sirius; lo vide arretrare di un passo.
“Tu… Tu…”
“È tardi, ormai.” la sua voce era spezzata dal dolore.
Sirius alzò a fatica lo sguardo dal Marchio Nero e lo guardò in faccia.
“Non importa.” disse poi, piano “Silente troverà una soluzione. Possiamo proteggerti. Non ti troverà mai.”
Regulus scosse la testa, cercando di ricacciare indietro le lacrime.
“Se non trova me, ucciderà i nostri genitori. E io so, lo so, che anche tu non vuoi vederli morire. Puoi odiarli quanto vuoi, ma sei troppo…”
Sirius lo afferrò per le braccia, scuotendolo.
“Regulus, non è troppo tardi!”
Lui si divincolò, sfuggendo alla sua presa. Vide la disperazione negli occhi di suo fratello e si sentì perduto.
Cosa ho fatto.
Prese la bacchetta dalle vesti e gliela puntò contro.
“Lo è.”
“Regulus…”
“Lo è.”
L’ultima parola si infranse in un singhiozzo, ma la sua mano era ferma quando pronunciò l’incantesimo.
Oblivion.”

***

Aveva scoperto il segreto di Lord Voldemort.
Kreacher gliel’aveva raccontato e lui aveva capito e, adesso, le sue mani tremavano.
Sapeva quello che doveva fare.
Il peso di tutti quegli anni passati a compiere delitti che lo facevano star male. Le incursioni dei membri dell’Ordine e lui che pregava di non incontrare Sirius, suo fratello, e pregava anche perché si salvasse, quando non combatteva contro il suo gruppo e lui non poteva vederlo e vegliare su di lui.
Sapeva che Sirius non si sarebbe tirato indietro. Sapeva che avrebbe combattuto, sapeva che l’odiava; sapeva che le cose, ormai, non si potevano più aggiustare da tempo.
“Portami lì, Kreacher.”
La decisione era stata facile da prendere, davvero molto facile.
La pazzia dei Black stava contagiando anche lui. Se lo sentiva, giorno dopo giorno, quel peso crescere neò suo cuore e trascinarlo già.
Se lo sentiva e si rivedeva im Bellatrix, che era già pazza.
Chissà, forse, se diventare come lei mi toglierebbe questo peso.
Ma lui non voleva diventare così. E l’unico modo era… Morire.
Morire prima.
Aveva resistito perché, dopotutto, morire inutilmente non gli sembrava giusto. Doveva credere che, in qualche modo, la sua vita avesse un senso nel mondo.
E ora quel senso era arrivato.
Sirius, se solo sapessi.
Kreacher lo condusse nella caverna, nel lago, al bacile.
Fece diventare il liquido trasparente e vide, vide il segreto dell’immortalità di Lord Voldemort.
Lo vide e si sentì potente, si sentì detentore di una verità assoluta, come quando Sirius aveva scoperto che i babbani avevano lo stesso loro sangue e l’aveva condiviso solo con lui.
“Kreacher.” disse all’Elfo “Dopo che tutto sarà finito, vai a cercare Sirius.”
“S-Sirius, padrone?”
“Sì. Non devi farne parole con nessuno della famiglia… Tranne che con lui. Hai capito?”
“Sì, padrone.”
Diede gli ordini a Kreacher con il cuore appena un po’ più leggero.
Bevve la pozione e si sentì impazzire: fiumi di sangue scorrevano sul suo corpo, dalle sua mani.
Fiumi di sangue colavano dal cielo stellato e si riversavano dritti sulla sua anima. Lo seppellivano, facendolo arretrare lentamente, portato via dalla corrente, mentre Sirius lo guardava disgustato ed era lontano, così lontano, sempre più lontano… E fra loro i sovrapponevano i volti di tutti gli innocenti che aveva ucciso, gli innocenti per cui si era macchiato…
E la sete, una sete tremenda, lo travolse.
In mezzo al mare di sangue, Regulus vide un lago. Aveva un calice, in mano, ma non si chiese il perché: sapeva solo di aver sete, sapeva solo… Immerse il calice e bevve, e sentì un urlo, e vide una mano bianca…
Mentre le acque gelide si chiudevano sopra il suo corpo, Regulus ritrovò la lucidità. Vide il buio sopra di sé, ma non provò a risalire e tenne gli occhi aperti, immaginandosi un cielo stellato.
Sentì una mano afferrare la sua e sapeva, davvero, sapeva che era la mano di un Inferius; sapeva che sarebbe morto, lo sapeva.
Ma lui percepì il calore della stretta di Sirius in quel pezzo di carne gelida e chiuse gli occhi, per vedere meglio il cielo stellato.
Oggi, nell’ultima ora della nostra vita, io ti dico che mi sacrifico per un mondo migliore.
L’acqua nei polmoni bruciava e lui stava per svenire; si sentiva leggero ed etereo ed era già con la mente altrove, altrove… Ma vedeva le stelle…
Oggi, nell’ultima ora della mia vita, ti dico che ti voglio ancora bene, Sirius.



È stata un’epopea O_O
Comunque, voglio precisare una cosa: Kreacher non dirà mai a Sirius ciò che ha fatto Regulus, e questo perché lo ritiene responsabile della sua morte. Si punirà, ma agirà di testa sua.
Silente ci ha detto che anche gli Elfi sono creature dotate di sentimenti… E questi sentimenti ho voluto darli anche a Kreacher. Regulus ha avuto una vita, dopo lo smistamento di Sirius, per parlargli della sua solitudine e del vuoto che sentiva. Ed era tutta colpa di Sirius, questo Kreacher lo sapeva.
Inoltre sappiamo che lui era l’unico a trattare Kreacher gentilmente.
Credo che Kreacher abbia avuto un rimorso di coscienza dopo che Sirius è tornato a Grimmaul Place: ma, se all’inizio era stato sul punto di dirglielo, alla fine il comportamento dell’uomo lo ha reso insofferente e gli ha fatto cambiare idea.
Così Sirius non ha mai saputo la verità.
Ecco, ci tenevo a precisarlo XD

Detto questo, non so che altro aggiungere .-. è una mia versione personale dei fatti e non pretendo di detenere la verità assoluta, anzi. Per una volta volevo analizzare il rapporto dei due fratelli fino alla fine – in genere leggo di ff dove c’è questo rapporto ma non viene portato avanti, oppure leggo del sacrificio di Regulus mentre lui pensa a Marlene o Dorcas o chi per lei.

Preciso che non è assolutamente, almeno nelle intenzioni, un qualcosa di incest. Ovviamente ho insistito molto sul rapporto dei due perché la shot parla di quello: ho bypassato apposta diversi momenti in cui Sirius non c’entrava una mazza (Regulus avrà avuto anche la sua vita a prescindere dal fratello), ma l’ho fatto apposta. Se la cosa non vi garba, più che dirvi “mi dispiace” non so fare.
   
 
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