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Autore: kogarashi    07/07/2013    2 recensioni
A volte ci sono dei dolori che non possono essere colmati né dal tempo né dalle persone a noi vicine. La perdita di un affetto è qualcosa che logora l’anima, trasformando sentimenti come rabbia, dolore e frustrazione in qualcosa di molto più intenso e oscuro. Qualcosa che esternamente, agli occhi degli altri può sembrare la normalità, all’interno di noi stessi provoca distruzione e caos…un caos che diventa pazzia…
Genere: Drammatico, Thriller, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Brock, Vera | Coppie: Ash/Misty
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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DISTURBIA~

 

“Una sequenza di numeri?” domandò Vera una volta che Misty le porse il ricevitore spiegandole di quella strana telefonata durata pochi attimi.

“Non capisco...

Continuava a cercare nella sua memoria qualsiasi cosa che potesse farla risalire a quella sequenza, ma l’unica cosa che ottenne fu di farsi venire un’incredibile emicrania.

“E’ come se chi era dall’altro capo del telefono volesse metterti al corrente di qualcosa…o farti ricordare qualcosa di cui ti sei dimenticata” ipotizzò Max sistemandosi gli occhiali come a dimostrazione della tesi.

“Non riesco a trovarci nessun legame però…” rispose Misty, ancora più confusa.

Una serie di numeri e lettere che doveva significare qualcosa per lei. Si, ma cosa? Aveva pensato a date, compleanni ed edifici con targhe che potessero riportarla a qualcosa, ma non era arrivata a nulla. Nulla che la riconducesse da qualche parte.

“Non pensarci ora. Credo che dopo una cena salutare tutto potrà essere chiaro, e comunque, nel caso non ci venisse in mente nulla, possiamo sempre chiedere aiuto alle tue sorelle

“Le mie sorelle?”

La decisione di Vera l’aveva colta di sorpresa. Non aveva pensato che potesse trattarsi di qualcosa del suo passato. Talmente lontano che solo persone vicine a lei come le sue sorelle avrebbero potuto ricordare.

Scesero al piano inferiore, fingendo che la telefonata appena ricevuta fosse semplicemente stata fatta da un amico di Misty che aveva chiesto informazioni all’ospedale per sapere come stava. In questo modo, i genitori di Vera e Max non fecero domande e la cosa venne sepolta li.

*

“Usciremo da qui te lo prometto”

“Ho paura”

Occhi blu come il mare, talmente limpidi da sembrare usciti direttamente dalle profondità degli abissi.

“Andrà tutto bene, ci sono io qui con te”

“Ti voglio bene, Misty”

Aprì gli occhi, guardando il soffitto bianco sentendosi le guance bagnate. Portò le dita su di esse, rendendosi conto che stava piangendo. Un sogno? Oppure un ricordo che aveva cancellato. Non ricordava la figura di quella persona. Ma quegli occhi.. C’era qualcosa in quegli occhi che le davano un senso di nostalgia.
Una nostalgia che aveva già provato quando quel pomeriggio, Max era entrato nella stanza porgendole il telefono.

“Misty?” una voce la fece tornare alla realtà. Una voce calma e gentile che in quelle settimane la stava facendo tornare lucida e umana.

Nh?” rispose solamente, portandosi le braccia sulla testa, tornando poi a chiudere gli occhi.

“Va tutto bene?” Vera si sedette sul letto della ragazza, attenta a non disturbarla troppo e posando con dolcezza la mano sul suo braccio “Hai avuto un altro incubo?” le chiese preoccupata.

“Non lo so…sembrava così…strano”

Cosa intendi? Vuoi parlarmene?”

Scosse appena la testa in senso di diniego. Vera le era sempre stata vicino. Era forse l’unica che credeva ancora alla sua lucidità. Al fatto che non fosse completamente pazza, o che comunque non fosse da internare. Temeva però che aggrappandosi troppo a Vera avrebbe finito con lo spezzarsi completamente, facendo del male anche a lei. E in quegli attimi, dove tutto le sembrava perduto o pronto a sgretolarsi, lei restava li, ad ancorarla ad una realtà che si, le faceva ancora male, ma che non le permetteva di rimanerne inghiottita.

“Sto bene”

Sentì il respiro di lei farsi più calmo. E si chiese se era giusto quello che stava facendo.

Approfittare della sua dolcezza

“Vado a farmi una doccia, quando te la senti vieni giù, così possiamo andare a fare una passeggiata. C’è un sole così bello fuori. E’ un peccato restarsene in casa”

Detto questo Vera si alzò e Misty sentì la pressione del materasso farsi meno e tornare a rilassarsi. Segno che accanto a lei non c’era più nessuno.
Aspettò di sentire Vera scendere le scale prima di riaprire gli occhi e mettersi seduta, guardando verso la finestra semi aperta.

“C’è aria di primavera” sussurrò.

Si vestì, continuando a guardare di sottecchi la finestra dalla quale filtrava una potente luce. Poteva tranquillamente vedere i raggi del sole entrare da quella finestra e posarsi sulla parete di fronte ad essa, disegnando la sua sagoma sul muro. Una sagoma snella. Piccola. Diversa.

Maschile

Si voltò di scatto, certa di averlo immaginato. Non poteva, non poteva essere vero. Non di nuovo.
Sentì il cuore cominciare a martellarle nel petto sentendo le pulsazioni fin dentro le orecchie e andando in iperventilazione.

Perché? Perché quella sagoma non accennava a sparire?

“…Ash?”

Presa dalla paura s’irrigidì, mentre lentamente il suo busto e le sue gambe si voltavano verso la finestra. Tremando.

E lo vide.

Ash, con la visiera abbassata fuori sulla piccola terrazza della camera. Un Ash che le faceva paura. Perché sapeva, lo sapeva fin troppo bene che non poteva essere li. No, nessuno sapeva dove si trovava né aveva più sue notizie da mesi.

“Tu…tu non sei reale!”

Convinzione

Doveva reagire, convincersi che ciò che si trovava a pochi passi da lei non era altro che un’allucinazione. Un’allucinazione dettata da qualcosa di cui nemmeno lei poteva attribuire un nome.

“VATTENE!” gridò cercando di farsi coraggio, ma quando quell’Ash aprì le braccia lasciandosi cadere nel vuoto strillò, correndo alla finestra e aprendola terrorizzata.

Nulla. Nel giardino non c’era nessun corpo. Non c’era sangue, né erba schiacciata. Nulla.

Sei tu la causa di tutto

Sentì i brividi lungo la schiena mentre la voce di Ash le risuonava accanto all’orecchio. Come se lui fosse realmente lì.

“BASTA!!!!” gridò accovacciandosi e portandosi con furia cieca le mani alle orecchie cercando di tapparsele più che poteva, scorticandosi la pelle disperata.

Vera entrò pochi secondi più tardi, col fiatone e la trovò in lacrime. Disperata e sconvolta.

“Misty cosa?”

“VA VIA! VATTENE! VATTENE VIA!!!

Un urlo disumano che faceva rizzare i capelli. Ma non poteva. L’aveva promesso a stessa e a tutti gli altri. Non l’avrebbe lasciata da sola. S’impose di andare da lei e si accovacciò accanto a lei, avvolgendola fra le braccia e cullandola.

Sssh, va tutto bene. Ci sono qua io Misty. Andrà tutto bene, calmati. Ci sono io con te. Non ti lascio da sola tranquilla”

La ragazza dai capelli rossi continuò a piangere disperata, aggrappandosi con le unghie alle braccia di Vera, lasciandole i segni, ma andava bene così. Significava che aveva bisogno di sentirla vicino. Di sentire che lei era reale. E anche se le braccia le facevano male, anche se sapeva che era sbagliato, non poté fare altro che starle accanto e lasciare che piangesse tutte le sue lacrime.

Finché non si calmò.

Le accarezzò gentilmente il ciuffo di capelli che le era finito davanti agli occhi e le sorrise, in un modo che solo Vera sapeva fare. Un sorriso che dava speranza e calore.

“Va meglio?”

Misty annuì, tirando su col naso.

“L’hai visto ancora?”

“Si…lui…” guardò il cornicione della terrazza tornando a tremare e Vera capì.

“Ash non era qui. Non era lui Misty. E poi, credi che si butterebbe giù da un balcone? Ok, è stupido e immaturo e ci fa preoccupare spesso, ma ci tiene alla vita. E tiene a te. Non farebbe mai qualcosa che ti possa far male, a modo suo ti vuole bene. Così come ti voglio bene io”

La guardò dubbiosa per qualche istante poi scosse la testa come per riprendere in mano i suoi pensieri.

“Occhi azzurri”

“Come?” le chiese Vera presa alla sprovvista.

“Ho sognato degli occhi blu come il mare. E una voce. Credo fosse di un bambino… Ma non ricordo altro. E Ash… Ash aveva la stessa voce che ho sentito in sogno. Sei tu la causa di tutto ha detto”

“Era un sogno…o più qualcosa di simile ad un…”

“Ricordo”

“Oh…quindi…direi di andare a Cerulean. Sono certa che le tue sorelle sapranno di certo di che si tratta. Ne sono sicura, verremo a capo di questa storia”

*

Il viaggio in traghetto e poi in treno fu uno dei più estenuanti che Misty dovette sopportare, e non per la distanza relativamente lunga. In fondo, era già stata a Hoenn alcuni anni prima, quando ricevette l’invito a recarsi alle porte del Regno Miraggio, luogo, dove dovette dire addio per sempre al suo amato Togepi evoluto in Togetic proprio in quell’occasione.

Sospirò stanca mentre osservava con poco se non nullo interesse i campi verdi della regione di Kanto che le passavano veloci davanti agli occhi dal finestrino della carrozza. Campi nei quali aveva corso, magari inseguita da qualche pokemon coleottero, salvata in estremis grazie a qualche fortuito incontro. Campi nei quali aveva camminato, riso, mangiato e dormito. Campi che facevano affiorare così tanti ricordi ed emozioni. Avventure che a quel tempo, credeva durassero per sempre.

“Manca poco, Cerulean e vicina ormai” squittì Vera contenta, rendendosi conto solo in un secondo momento di come quella visita, fosse tutt’altro che una visita di cortesia.

Le sorelle di Misty, insieme a Brock, l’avevano fatta internare. Non poteva dimenticare una cosa tanto crudele, e di certo, la ragazza dai capelli rossi che se ne stava silenziosa dall’inizio di quel lungo viaggio, non l’aveva di certo scordato.

Rancore

*

Scesero dal treno e s’incamminarono lungo il viale alberato della strada principale che portava alla palestra di Cerulean. Di tanto in tanto Vera guardava Misty di sottecchi, preoccupata, quasi aspettandosi che di lì a poco l’amica potesse avere una qualche crisi isterica.
Ma non avvenne, forse per via del fatto che con lei c’era Vera, ma per qualche strana ragione riusciva a mantenerla calma e lucida. L’appiglio alla sua realtà personale.

“Siamo arrivate…”

Davanti a loro si stagliava la cupola della palestra di pokemon d’acqua della città. Il luogo dove Misty era nata e cresciuta, il luogo che aveva abbandonato per diventare un’allenatrice migliore. Il luogo a cui era dovuta tornare a causa delle sue sorelle.

Egoismo

E’ solo colpa loro se Ash è sparito.

“Sei pronta?”

“Non…non ne sono sicura”

Vera sorrise e con incredibile delicatezza prese la mano di Misty, stringendola “Non preoccuparti. Qualsiasi cosa succeda io sarò accanto a te”

La ragazza dai capelli rossi guardò la mano stretta alla sua sorpresa, prima di essere inondata da un calore che s’irradiava dal centro del petto fino alle dita della mano che Vera stava stringendo e sorrise dolcemente.

“Grazie”

Suonarono il campanello e pochi istanti più tardi una ragazza dai capelli lunghi e biondi aprì la grande porta a vetri restando interdetta per qualche istante vedendo le due ragazze di fronte a lei.

“…Misty?! Cosa?”

“Ciao Daisy, scusa per non averti avvisata del nostro arrivo, possiamo…” si fermò un istante, sentendo la mano di Misty stringere la sua con più decisione, come se stesse cercando di restare calma. Doveva aspettarselo, in fondo, quell’incontro era la loro sola ed ultima spiaggia.

“Ecco…”

“Entrate pure…” rispose la ragazza intuendo che qualsiasi cosa le avesse portate fin li, doveva essere importante. Così importante da non poter esser detto via lettera o telefonicamente.

Si sedettero nella saletta adibita agli sfidanti. In quel periodo dell’anno le palestre pokemon avevano ben poco da fare a causa dell’inizio della Lega che obbligava le palestre a un periodo di riposo e preparazione per le nuove reclute che si sarebbero messe in viaggio solo qualche settimana più tardi.

“Allora, cos’avete di così importante da dirmi per farvi addirittura fare un giorno intero di viaggio?”

“Ecco vedi…” incominciò Vera.

“Misty?”

Daisy si rivolse alla sorella minore guardandola seria, come se stesse cercando di capire se sua sorella fosse ancora pazza o se quel periodo d’internamento e successivamente di vicinanza a Vera l’avessero riportata in sé.

La ragazza dai capelli rossi alzò lo sguardo, incrociando gli occhi azzurri della sorella e rimase in silenzio per qualche istante, prima di stringere i denti.

Sta calma Misty, è solo Daisy.

Solo Daisy.

Le montò una rabbia cieca ma s’impose di controllarsi mentre la sua mentre ripercorreva le ultime ore insieme a lei e alle altre due sorelle.

“Sai qualcosa di un bambino col quale giocavo?”

“Un bambino?” domandò sorpresa Daisy.

Annuì cercando di ricordare il sogno fatto la notte precedente “Un bambino con gli occhi azzurri. Credo che avesse la mia età o qualche anno in più. Non so altro”

“Beh…c’era un bambino col quale giocavi spesso. Un certo Xavier…ma si è trasferito anni fa con la famiglia in un’altra regione, è da tanto che non abbiamo più sue notizie

“…Xavier…”

Ma non capisco…perché questa domanda? Cos c’entra quel bambino”

“Misty ha ricevuto una telefonata pochi giorni fa” s’intromise Vera, prendendo in mano la situazione “…una voce maschile ha sussurrato una serie di cifre prima di riattaccare

Daisy guardò Vera, scorrendo poi con lo sguardo a Misty e tornando alla ragazza castana “Che genere di cifre?” chiese dubbiosa.

586HTO0B2”

Vera la guardò stupefatta. Come faceva a ricordarsi quell’insieme di cifre nonostante le avesse sentite solo una volta?

Daisy sbiancò, alzandosi di scatto dalla poltrona sulla quale era seduta e facendo spaventare le due ragazze davanti a lei.

“Andatevene! Non so nulla!”

“Daisy cosa?”

VI HO DETTO DI ANDARVENE! TU…TU SEI PAZZA SE CREDI CHE TI AIUTERO’!” gridò la bionda puntando un dito contro la sorella avviandosi ferocemente verso la porta ed aprendola. “FUORI!”

“Non ho nessuna intenzione di andarmene!” s’impuntò Misty stringendo i pugni “Questa in fin dei conti è ancora casa mia!” ringhiò la rossa.

“TU NON SAI! NON SAI IN COSA TI CACCERAI SE SCOPRIRAI LA VERITA’!” gridò di rimando la sorella maggiore e Misty capì, capì che la sua era paura. Lo capì dal suo corpo che tremava, dal sudore che iniziava ad imperlarle la fronte.

Sua sorella aveva paura

Si avvicinò a lei guardandola seria. No, non poteva lasciare le cose così. Violet e Lily non l’avrebbero mai fatta entrare in casa, ma Daisy era diversa. Lei…dimostrava di volerle bene, al contrario delle altre due. Daisy era come una seconda madre per lei. La madre della quale faceva fatica a ricordare il volto, se non fosse stato per le foto che teneva custodite gelosamente nella sua camera.

“Daisy…ti prego. E’ importante”

La ragazza bionda la guardò per qualche istante tremando prima di chiudere gli occhi come per ritrovare la calma perduta. In fondo era sua sorella.
La sua famiglia.

“…Quelle cifre…significano che sei morta”

 

CONTINUA…

Vi prego NON ammazzatemi. Sono imperdonabile lo so…è che…non c’avevo voglia di sbattermi a scrivere…e alla fin fine è come dire…passato un po’ di tempo…<__<’’’ un paio d’anni..massì che sarà mai orsù xD.
All’inizio il fantomatico ragazzo con gli occhi azzurri volevo che fosse Giorgio…ma poi ho visto gli artworks dei nuovi protagonisti della sesta generazione e il protagonista maschile (anche quello femminile in realtà) sono due fighi pazzeschi, ergo ho deciso d’inzaccarlo dentro. Al momento non so se lo farò apparire o se lo terrò solo come flashback nei ricordi distorti e confusi di Misty. xD chi vivrà vedrà.
Spero di non dover aggiornare fra altri 2 anni…o davvero rischierò il linciaggio la prossima volta. LOL

 

 

 

 

 

 

  
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