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Autore: lady hawke    20/01/2008    5 recensioni
Ricordate la particolarissima cena di Natale a Hogwarts del terzo libro e le belle parole che Minerva McGranitt riservò alla professoressa Cooman? Immaginatevela nel privato, libera di sfogarsi apertamente... Lei si vendica col monologo. (Gustave Flaubert)
Seconda classificata alla quinta edizione del concorso organizzato da Acciofanfiction.com
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Minerva McGranitt, Remus Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note introduttive: Considerate questa storia come un piccolo gioco, un piccolo momento mancante nato da un attimo di follia da parte della sottoscritta, che, ai tempi, pianse fino alle lacrime leggendo le battutacce di velenoso umorismo lanciate dalla mitica Minerva. Sarei grata se qualcuno volesse dividere quel momento con me. I commenti sono più che graditi. V edizione del concorso: citazioni


Il dramma di una donna
Lei si vendica col monologo. (Gustave Flaubert)



- Buongiorno!

- Buongiorno un corno!

Remus considerò che, a volte, bastava un piccolo, magico momento per capire che la giornata si sarebbe rivelata magnifica; in senso ironico, ovviamente. Non vedeva Minerva McGranitt così arrabbiata dai tempi in cui era ancora un tenero e placido studente. Si ricordò in particolare della volta in cui lui, James, Sirius e Peter avevano fatto perdere ottanta punti – ciascuno, è bene specificare – alla casa di Godric Grifondoro. Quella volta, l’insegnante di Trasfigurazione era andata così fuori di testa da riuscire a spettinarsi: evento che, come noto, andava oltre ogni legge umana e non. All’epoca non avevano pensato che sabotare la lezione del professor Ruf potesse essere così rischioso. È inutile aggiungere, a questo punto, che si erano sbagliati, e di molto anche.

- Brutta mattinata, Minerva? –L’uomo osservava i suoi movimenti, incerto. Da come armeggiava con la tazza di porcellana che teneva fra le mani, sembrava pronta a scagliarla contro qualcuno. Considerando che lui era l’unica persona nel raggio d’azione della donna, si sentì minacciato.

- Un po’ di tè? – offrì Lupin, contando sul fatto che Minerva non avrebbe mai lanciato qualcosa contenente un liquido bollente, forse. Tutto sommato era una donna che conosceva le buone maniere.

- Oh sì, grazie Remus. Scusami, non ce l’ho con te...

- Eppure con qualcuno sembri arrabbiata. – constatò gentilmente.

- Ci mancherebbe altro! – sbottò la donna con un luccichio omicida nello sguardo.

Remus, indeciso sul da farsi rimase in silenzio, sorseggiando il suo tè con fare discreto. Ciò, però, non gli impedì di notare la nuvoletta temporalesca che aleggiava sopra la punta del cappello della strega. Era qualcosa di curioso e terrificante insieme da osservare; sapeva che sarebbe esplosa. Era questione di minuti. Si trattava di una cosa oltremodo rischiosa, ma non vedeva l’ora di sapere chi avesse osato mettere di malumore una delle persone più severe ed arcigne di tutta Hogwarts.
Già, sorpresa. Contro ogni sospetto il signor Lunastorta era una persona schifosamente curiosa. Le voci malevole degli amici l’avrebbero definito “pettegolo” ma, in fondo, era proprio da quegli amici che aveva imparato quest’arte.

- Se ti vuoi sfogare, ho un po’ di tempo: stamattina non ho lezione.
Silenzio.
Minerva guardò il suo collega, pensosa. In effetti, era talmente indispettita che sentiva il bisogno di sfogarsi, o avrebbe aggredito quei poveri bambini del primo anno.

- Altro che sfogarmi, Remus. Quella donna mi dà tanto sui nervi che avrei solo voglia di strangolarla. Accidenti alla Cooman e alle sue bislacche teorie!

- La Cooman? – chiese Remus perplesso.

- Sì, la dannatissima Sibilla, accidenti a lei, Cooman: la “nuova” insegnante di Divinazione. Silente l’ha assunta una decina d’anni fa. Mi chiedo cosa gli passasse in testa quel giorno, lui e la sua mania di accogliere tutto e tutti a braccia aper…

- Scusa, ma perché non l’ho mai vista se è un’insegnante? – chiese Remus, cercando di arginare quel flusso infinito di parole e bile.

- Oh be’, certo, tu non puoi averla vista. Lei non si mescolerebbe mai a noi comuni mortali. Non può certo rischiare di rovinare il suo preziosissimo Occhio Interiore. Io dico che peggio di così non può andare. E’ peggio che andar di notte. Quell’occhio brancola nel buio più nero, te lo dico io.

Fece una breve pausa, giusto per sorseggiare rabbiosamente un po’ della sua bevanda, durante la quale Remus si preparò psicologicamente al peggio.

- Io non so che ne pensi, ma ho sempre trovato la Divinazione una materia vaga, inesatta, spesso fallace e completamente INUTILE.

Remus avrebbe voluto risponderle, ma le parole gli morirono in gola vedendo che sarebbe stato impossibile inserirsi in quel panegirico interminabile.

- Io capisco che vanno insegnate anche queste materie, che serve averne una conoscenza quantomeno superficiale, ma almeno assumi una persona valida! Una che finga di sapere le cose! Che qualifiche vuoi che abbia quella? Se penso al fior fiore di Curriculum che avevo dovuto consegnare io. Ah, altri tempi! Vive lassù, in una stanzetta rovente e microscopica, dovresti vederla.

- Non ne dubito – rise l’uomo, che cominciava a farsi un’idea del personaggio “Sibilla Cooman”. Al momento gli dispiaceva molto non averla ancora incontrata.

- Poverina – continuò Minerva con vigore – tutto sommato è anche innocua. Se non badi alle sue panzane, al suo atteggiamento e al suo vestiario, gioielli inclusi, è anche simpatica. È in buona fede, discende da una grande Veggente – qui la strega parve intenerirsi un attimo – è commuovente avvicinarsi alla passione di un’ava, ma è totalmente negata!

- Decisamente non ti piace – commentò Remus, pratico.

- Non è questione di non piacere, no davvero. È che è un danno continuo. Non fa altro che fare inutili predizioni a destra e a manca. Galvanizza e terrorizza gli studenti così, per sport! Secondo lei ogni anno c’è uno studente destinato a morire. Ma quante probabilità ci sono che uno studente, dagli undici ai diciassette anni, muoia?

L’uomo pensò che, in effetti, probabilità non ce n’erano, ma a quel punto fu impossibile inserirsi nel discorso.

- Te lo dico io, NESSUNA! Nessuna possibilità, nemmeno se si dovesse verificare un’invasione di Troll e Giganti messi insieme, per Morgana!
Ci fu l’ultima pausa per bere il tè. Con rammarico Remus notò che ora la tazza era tristemente vuota e asciutta, come se non fosse mai stata usata.
- Naturalmente quest’anno ha trovato di che divertirsi, e certo. Il povero Signor Potter è la sua vittima sacrificale.

Lupin tornò a prestare attenzione al discorso non appena udito quel nome. Forse era il caso di preoccuparsi…

- Quando il tuo passatempo è vedere la morte ovunque, con il bambino che è sopravvissuto è un gioco. Non fa altro che guardare in quella sua palla di vetro, o in quelle sue foglie di tè stantio continuandoci a vedere il Gramo. Vede sempre e solo quel simbolo, non è nemmeno originale! – urlò Minerva, alzando ulteriormente il tono della sua voce. Le sue corde vocali sembravano sul punto di polverizzarsi, sfiancate per lo sforzo.

Per quanto Lunastorta fosse, a sua volta, convinto del fatto che la Divinazione non si limitasse ad altro che a coincidenze casuali, l’idea del Gramo non era simpatica. Di certo Harry non la trovava divertente.

- E’ evidente – continuò la donna senza sosta – che dei ragazzi di quell’età sono altamente condizionabili, mi sembra ovvio, per l’amor di Merlino!
Arrivano alle mie lezioni sempre sconvolti e distratti. Il signor Potter mi si presenta davanti sempre con quel suo colorito cinereo e lo sguardo attonito da cerbiatto braccato; gli altri sono presi a mormorare e bisbigliare, in particolare la signorina Patil. Come pretendono di farmi far lezione in questo modo? Come posso spiegare trasfigurazione, io? Spiegamelo, Remus!

Il collega si limitò a bofonchiare qualcosa di simile ad un “non ne ho idea”. Non voleva disturbare la McGranitt, con il rischio di farle perdere il filo del discorso, poi!

- Oh, ma il preside mi sentirà, sono pur sempre il suo vice, la cosa deve avere il suo valore, no? E mi sentirà anche la professoressa Cooman. Se non si dà una regolata, la concio per le feste. Io cambio l’orario, non m’interessa. Se la vedrà Vitious con quella, lui che è così empatico, paziente e comprensivo!

Con tutto l’affetto che Remus poteva nutrire nei confronti della sua ex-insegnante, non ne poteva veramente più. Come togliersi da quell’impaccio senza offenderla? Dirglielo sembrava semplicemente fuori discussione, non perché l’avrebbe presa male – non gli sembrava il tipo -, ma perché pareva impossibile interrompere il suo monologo. Era brutto darsela a gambe e lasciarla parlare da sola per ore; non era decisamente da lui.

Lunastorta ebbe la sua occasione quando vide entrare nella stanza l’ignara professoressa Vector. La salutò cortesemente infilandosi nello spiraglio della porta socchiusa, lasciando sole le sue donne: l’una completamente spiazzata, l’altra in pieno delirio mistico.

Continuò a sentire la sua voce per un po’ mentre si allontanava per i corridoi deserti. Dopo ci fu soltanto il ronzio delle sue orecchie, fisicamente provate. Ora gli dispiaceva essere fuori da quell’accogliente stanzone che era la sala insegnanti; abbandonare quel caldo camino scoppiettante, quelle comode poltrone, le squisite prelibatezze, sempre a disposizione, gli era costato molto. D’altro canto, ne andava della sua salute mentale, che era compromessa già di suo. Vagò per un po’ senza meta fino a che non giunse, casualmente, di fronte alla porta del suo ufficio. Entrò, chiedendosi se nella sua valigia aveva qualcosa contro il mal di testa, non gli andava di andare fin da Madama Chips per così poco. Conoscendo la sua natura ansiosa l’avrebbe costretto ad un check-up completo. Sinceramente, aveva sopportato abbastanza per quel giorno.
Solo dopo essere passato davanti all’acquario dell’Avvincino, che aveva procurato per la sua lezione, si ricordò – forse per l’eccezionale somiglianza – dell’appuntamento che aveva con Piton per la sua pozione Antilupo. Ignorando volutamente i versacci e i gestacci (ma dove diavolo li aveva imparati?) che il piccolo demone aveva cominciato a rivolgergli, decise di andare incontro al suo destino. Si sentiva esule e condannato, condizione a cui non aveva mai fatto veramente l’abitudine.

Il solo pensiero di quello che lo aspettava lo innervosiva; conosceva i modi a dir poco maleducati e stizzosi del professore di Pozioni, ma si dovette ricredere. Era infinitamente meglio che ascoltare le lamentele di una donna inferocita, o le paranoie di un’infermiera, o la noia del non saper cosa fare. Si scoprì quasi a sorridere nel momento in cui vide lo scorbutico volto di Severus, seduto dietro la sua scrivania, una volta varcata la soglia del suo antro.
  
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