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Autore: Hazismyplatoniclove    08/07/2013    1 recensioni
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Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: Threesome
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                                                                  Shadows

 

"Se fra voi due c'è stato o c'è ancora qualcosa dovresti avere il buon senso di dirmelo" Una voce stridula e fastidiosa mi trascinò via da un perfetto, confortevole e caloroso sonno profondo.
Aprii gli occhi ancora prima di riuscire a riflettere su ciò che era successo la sera precedente e a dove mi trovavo, così, oltre al brusco risveglio, non riconoscendo il luogo, mi agitai un po'.
"Non è successo niente" Harry sillabbò alla perfezzione ogni parola, con un tono di voce più alterato del solito, mi ci vollero alcuni istanti prima che riuscissi a capire di chi stavano parlando. Ero io, il soggetto della loro accesa discussione ero proprio io.
"Allora perché era a casa nostra, di nuovo? e per giunta mezza nuda" Urlò la ragazza, riuscivo a percepire i suoi passi che attraversavano frettolosamente la stanza; avanti e indietro, avanti e indietro. "Non ci credo" Sussurrò poi, quando sembrò finalmente ricordarsi della mia presenza.
Ero estremamente imbarazzata per essermi ritrovata in mezzo ad una scena tanto smielata quanto raccapricciante, Odiavo le scenate di gelosia, che siano rivolte a me o ad altri, le odiavo con tutto il mio cuore.
Non riuscivo a concepire come una persone potesse essere talmente possessiva, come se il partner appartenesse solo al medesimo. Che diavolo, era una cosa insostenibile. In quel preciso istante mi ricordai delle parole del mio vecchio professore di storia -che per la cronaca adoravo, io che avevo sempre odiato la scuola e tutto ciò che ne faceva parte lo adoravo, strano ma vero-
"L'amore è come una un cancro" Diceva, "ti consuma dall'interno fino a lasciare solo la parte peggiore di te". Allora ero solo una ragazzina, credevo che questa sua ostilità nei confronti dell'amore fosse solo a causa del suo all'epoca imminente divorzio, ma ora iniziavo a capire a cosa si riferiva.
Mi aggrappai stretta al piccolo cuscino quadrato che giaceva sotto la mia testa, cercando di soffocare le urla di Emma e Harry che ora sembravano essersi placate.
"Senti, non devo darti spiegazioni, è anche casa mia" Un forte rumorè seguì le sue parole, simile a quello di uno schiaffo in pieno volto. Aspetta, cosa?
Non ero riuscita a resistere, la tentazione era troppo forte. Mi sollevai facendo pressione sui polsi e mi inginocchiai su uno dei cuscini del divano a tre piazze, con le mani strette alla spalliera. 
Spalancai la bocca incredula, stentavo a crederci.
Harry aveva la bocca socchiusa, gli occhi pieni di risentimento rivolti verso quelli di Emma ed una mano adagiata dolorosamente sulla guancia destra, mentre Emma aveva appena fatto un paio di passi indietro e sembrava voler sgattaiolare via con la coda tra le gambe da un momento all'altro.
"Risveglio movimentato oggi, offrite i vostri spettacoli più volte al giorno? Mi prenoto per quello pomeridiano" Mi passai una mano tra i capelli scompigliati, cercando di smorzare la tensione con un sorriso.
Emma si voltò verso di me guardandomi con occhi gelidi, come si osserva qualcuno che ha appena compiuto un omicidio. Non voleva incolpare me di tutto ciò che era successo, vero?
Scosse poi la testa e, faccendo attenzione a sbattere i piedi per terra il più rumorosamente possibile, si diresse verso camera sua sbattendo la porta alle sue spalle.
Posai lo sguardo su Harry, che ora mordicchiava l'interno bocca pensieroso, sembrava non avermi degnato di uno sguardo.
"Tutto bene?" Sussurrai, precipitandomi giù dal divano per raggiungerlo. Lui ignorò ancora una volta la mia esistenza, scostando la sedia di legno dal tavolo ed adagiandosi su di essa.
Posai il palmo della mano sulla sua spalla, dandogli una leggera pacca, il ché porto il ragazzo a voltarsi verso di me, con aria cupa. Era questo che facevano tra di loro i ragazzi nel momento del bisogno, no? una pacca sulla spalla e via, tutto passato, giusto?
"Non credevo foste fidanzati" Lasciai cadere le braccia lungo i miei fianchi, incrociando poi le dita della mani dietro la schiena.
"Non lo siamo, infatti" Sospirò lui, massaggiandosi le tempie. La sua fronte era aggrottata e i l'espressività dei suoi bellissimi occhi sembrava essersi spenta. Non l'avevo mai visto così serio.
Alle sue parole un brivido percorse la mia schiena facendomi sobbalzare, il motivo però non era chiaro, forse provavo ancora più ribrezzo per un'amica che sfoderava scelate di gelosia così, dal nulla.
"Ma io credev..", "Non lo siamo" M'interruppe lui, borbottando poi tra se e se parole che non riuscivo a collegare fra loro, era proprio arrabbiato.
Inarcai l'angolo della bocca in una smorfia, sedendomi poi sul tavolo che barcollò leggermente, per poi rassegnarsi al mio peso.
"Mi dispiace comunque, da quando sono qui ho creato solo guai" Ammisi. Ero realmente dispiaciuta, anche se ancora non capivo come aveva potuto lasciare che una ragazza, con cui per giunta non era neanche fidanzato, lo trattasse così.
Il ragazzo si scompigliò i capelli, passando una mano all'interno dell'ammasso di onde che ormai di riccio avevano ben poco. Lui sorrideva divertito, lasciandosi scappare una risatina di tanto in tanto.
"Cosa c'è di tanto divertente?" Chiesi scorbutica. Questo suo atteggiamento inopportuno era snervante. Probabilmente lo schiaffo se l'era meritato, iniziai a pensare.
"Dimmi che sei bipolare, oppure hai una gemella cattiva con cui ti scambi durante la notte per confondere le persone" Disse, guardandomi negli occhi incuriosito, mentre sull'angolo della bocca rosea fece comparsa una piccola e adorabile pieghetta. Scossi la testa, distogliendo il pensiero da quanto attraente potesse essere una così piccolo ed insignificante parte del suo corpo.
Sgranai gli occhi inarcando le sopracciglia "Non sei per niente simpatico" Scesi dal tavolo, le sue parole mi avevano messa in imbarazzo e feci una grandissima fatica a non diventare rossa come un peperone, per me essere gentile era una novità, se poi questo strano tizio voleva farmelo notare quasi fosse un difetto, beh, poteva andare a farsi fottere.
Lui fece per allungare una mano verso di me, ma prima che potessi scoprire su quale parte del mio corpo quella sarebbe andata a finire, scesi dal tavolo con la leggiadria di un sacco di patate e corsi per la stanza alla ricerca di tutto il necessario per poter fuggire via da quella casa o, per meglio dire, da quel ragazzo.
Non era buffo il fatto che facesse fuggire tutte? prima Emma, poi me. L'opinione che avevo di lui stava lentamente calando, anche se una piccola battuta non poteva cancellare tutto ciò che aveva fatto per me.
"E ora che fai?" Chiese Harry che fino ad adesso aveva continuato ad osservare ogni mio minimo movimento dalla sedia di legno su cui era appollaiato "Te ne vai?" continuò, ma stavolta il suo tono di voce era pacato, cupo.. triste?
Annuii, mi fece tenerezza - e forse era proprio questo il suo intento- così decisi di rivolgergli, o meglio regalargli, un sorriso.
Trovai un paio di Vans appartenenti ad Emma che, guarda caso, aveva il mio stesso numero e le indossai.
Presi poi tutto ciò che mi apparteneva, e le strinsi forte sotto al mio braccio. Mi lasciai scappare un 'fottiti!' quando scoprii che il vestito della sera precedente non entrava nella piccola borsa in nessun modo e, in risposta alla mia esclamazione, mi sembrò di sentire una risata dalla stanza accanto.
"Dì a Emma che queste gliele riporto il prima possibile" Annunciai avviandomi verso il corridoio, dove si trovava la porta d'ingresso.
Dei passi pesanti si avvicinarono a me, e poco dopo qualcuno, di cui conoscevo ormai perfettamente sembianze fisiche e nome, accese la luce. Harry, ancora imbronciato e con le braccia conserte, mi osservava. Solo adesso notavo il suo abbigliamento sciatto con cui faceva quasi ridere.
"Dove vai?" Chiese inclinando leggermente la testa.
"Non preoccuparti" assicurandomi che anche l'ultimo giro di chiavi per aprire la serratura fosse stato dato aprii la porta.
"Tieni" Il ragazzo strinse pesantemente una mano sulla mia spalla, bloccando la mia fuga.
Osservai attentamente i suoi movimenti mente con la mano libera afferrava una penna sulla mensola poco distante e usufruiva di essa per scrivere un numero di telefono sopra ad un pezzo di carta che aveva trovato frugando dentro la borsa di Emma, appesa all'appendi abiti.
"Se avessi bisogno di qualcosa, saprai chi chiamare"
Afferrai il bigliettino, incerta sul da farsi, e con un sorriso sbilenco mi voltai l'asciando il più velocemente possibile l'abitazione e tutto ciò che riguardava Harry. Lasciai cadere il foglietto di carta che persorse con me qualche gradino, per poi fermarsi su uno di questi.
Nessuno prima dall'ora si era mai interessato così tanto di me e la cosa mi preoccupava. Non ero poi così forte come mi dimostravo e ciò che provavo il sua presenza, le sensazioni che mi regalavano i suoi movimenti, era tutto così assurdo.
"Ora però ho cose molto più importanti di cui preoccuparmi" mormorai, mentre saltavo giù dall'ultimo gradino ritrovandomi nell'atrio del palazzo pronta ad immischiarmi tra la folla che attraversava freneticamente la strada in un'altra noiosissima mattinata Londinese.
Stranamente il portone rosso di finta pelle, che fino ad allora era sempre stato aperto, mattina e notte, era stato chiuso e più cercavo di spingere più questo non si muoveva.
Alternato le spinte al tirare, non ero mai stata una grande fan delle porte chiuse in cui bisognava appunto 'spingere' o 'tirare' , mi sbagliavo in continuazione, ma questa non era una di quelle volte; La porta era stata bloccata.
"Bene, bene, bene"
Udii una voce fastidiosa, strascicata, quasi annoiata, scandire quelle tre parole, il mio cuore sussultò ed iniziò a pompare sangue così velocemente che ebbi il timore di venire sorpresa da un infarto.
Mi voltai, cercando di capire da dove questa provenisse, deglutendo di tanto in tanto. Una volta che, ultimato il giro su me stessa, tornai al punto di partenza mormorai un 'Chi sei?' a cui però non venne data nessuna risposta.
"So che sei quì, avanti. Kappa?" Chiesi quasi urlando, ricordandomi solo dopo di trovarmi in un condominio abitato da decine di persone.
"Furba, la ragazzina" La voce dell'uomo tornò a farsi udire, stavolta dal suo tono di voce traspariva dell'interesse. Feci scattare la testa verso sinistra, lì da dove mi era sembrato provenisse la voce.
"Avanti, non ho tempo per questi giochetti!" Esclamai mentre muovevo qualche passo lateralmente alla porta e adagiavo la schiena alla parete ruvida. "Esci fuori" Continua, ostentando quella poca sicurezza che mi era rimasta.
Udii dei passi, accompagnati da un cigolio ed un colpo di tosse. Da sotto l'ultima rampa di scale, attraverso una porticina malmessa, era fuoriuscito un uomo sulla trentina, con qualche capello in meno del dovuto e una barbetta incolta, teneva le mani rigorosamente dietro la schiena. Non era molto alto, non rispetto al mio metro e settanta di altezza, ma la larghezza delle sue spalle incuteva timore.
"Credevo fossi Kappa.." Dissi stringengomi il più possibile alla parete mentre questo di avvicinava a me con passo sicuro. Mi mordicchiai il labbro superiore cercando di non scoppiare ad urlare da un momento all'altro.
"Kappa?" L'uomo scoppiò a ridere bloccando la sua camminata, inclinando il busto di qualche centimetro orizzontalmente e posandosi una mano sullo stomaco mentre continuava a ridere platealmente. 'Che buffone' pensai. "Kappa ha cose più importanti da fare che occuparsi di un moscerino come te" Ghignò l'uomo che ora si trovava ad un metro da me.
Deglutii nuovamente mentre respirare diventava sempre più difficile.
"Com'è andata..ieri sere, zuccherino?" Una sua mano si avvicinò al mio viso, accarezzandolo grossolamanente. Una sensazione di didgusto percorse tutto il mio corpo, tanto che credetti di vomitare da un momento all'altro.
"B-bene" Balbettai afferrando la sua mano impertinente e gettandola per aria.
"Sicura? la mamma non ti ha insegnato che le bugie non vanno dette?" Ghignò ancora, trasformando poi il suo sorriso inquietante in una risata fragorosa.
In quel momento, per riparare il viso da irreparabili precipitazioni di saliva, alzai gli occhi al cielo. Lì si trovavano decine e decine di porte suddivise tra gli svariati piani, possibile che nessuno avesse sentito la nostra conversazione e si fosse precipitato a soccorrermi?
"Sappiamo entrambi com'è andata, giusto? non ho intenzione di stare al tuo gioco" Sputai, sgattaiolando via da quella posizione ed allontanandomi il più possibile dall'uomo.
"Hai ragione, arriviamo al punto" Lui inclinò la testa seguendo i miei movimenti per poi allungare il palmo di una mano verso di me. "500 sterline" Mormorò.
"Come scusa?" Chiesi aggrottando le sopracciglia. In quell'istante mi ricordai del piccolo frammento appartenente a tutto ciò che era accaduto la sera precedente. Harry mi aveva intimato di buttare la droga per terra, e così avevo fatto. Ma che diavolo mi era saltato per la testa?
"Dammi il sacchetto contenente la polvere magica, oppure sgancia 500 sterline" Ripetee lui con un'espressione divertita stampata sul volto. Doveva considerarsi estremamente divertente.
"Non ce l'ho con me" Sospirai rumorosamente, mentre con gli occhi cercavo una qualsiasi via di fuga.
L'uomo, che aveva più che altro le sembianze di una grande roccia, si avvicinò nuovamente a me, stringendo i pugni.
Lui fece finta di sbadigliare, mentre io di noioso in tutta quella situazione ci trovavo ben poco. "E non ho neanche i soldi" Continuai dopo qualche istante di pausa, portando un braccio di fronte al viso spaventata dalla reazione che avrebbe potuto avere l'uomo, ma questo non fece niente, così abbassai la guardia.
"E' infuriato" Disse, e constatai che quello di cui parlasse fosse kappa. "Non hai molto tempo, altrimenti.." passò indice e medio orizzontalmente su tutta la lunghezza del mio collo facendo poi schioccare la lingua sul palato. Io rabbrividii.
L'uomo in seguito strinse entrambe le mie spalle con le sue grosse mani, tenendomi perfettamente immobile in quella posizione. Mi guardò per qualche istante con uno sguardo che di rassicurante aveva ben poco per poi sbingermi via, qualcosa mi suggerì che l'uomo avesse usato tutta la forza che contenesse in corpo perché, poco dopo, mi ritrovai per terra. Una gamba era leggermente ferita e la testa dolorante dopo una forte collisione contro la parete.
"Vaffanculo!" urlai contro l'uomo con tutto il fiato che avevo a disposizione prima che lui, con un sorrisetto divertito, estraeva dalla tasca dei jeans una chiave ed apriva il portone d'ingresso per poi correre via e confondersi tra la folla.
In quel momento una porta al secondo piano si aprì. Ne uscì una donna anziana con indosso un grambiule rosa ed un mestolo di legno in mano.
"Va tutto bene?" Chiese gentilmente, mentre si aggrappava alla ringhiera per guardare in basso, verso di me.
Altre tre o quattro porte si aprirono e la reazione di tutti fu la stessa ogni volta.
Io mi limitai ad annuire e ad accennare un 'sì' ogni volta, rincuorata del fatto che tra i pochi inquilini che si erano preoccupati non ci fosse Harry.
"Scusate per il disturbo" Dissi a voce alta, in modo che tutti potessero sentire. La mia frase riecheggiò in tutto l'edificio.
In quel momento i condomini fecero per tornare dentro la propria abitazione ed io decisi che era giunto il momento di rimettermi in piedi. 
Adagiai una mano alla parete, mentre con l'altra massaggiavo intensamente la parte della mia testa da cui fortunatamente non sembrava fuoriuscire sangue.
Sentii dei passi e mi guardai attorno ma fui distratta dalla gamba che, nonostante avesse solo un piccolo graffio, continuava a sanguinare.
"Che ti è successo?" I passi continuavano ad avvicinarsi mentre ascoltavo quella voce lievemente agitata che avrei comunque riconosciuto fra mille.
"Torna a casa, harry, non preoccuparti"
"Scherzi, vero? Chi è stato?" Scosse la testa, mentre esaminava ogni centimetro di pelle scoperta del mio corpo alla probabile ricerca di qualche grave ferita. Non notò niente di particolare così il riccio decise di dirigersi verso l'uscita principale. Lo seguii preoccupata, anche se sapevo che l'uomo si era ormai allontanato da un pezzo.
"Dov'è andato?" Chiese Harry, inginocchiandosi di fronte a me, per scrutare la ferita.
"Non è niente!" Esclamai passandogli una mano tra i capelli. In quel momento era stato l'unico gesto che avessi potuto fare. Era stato spontaneo, naturale. Lui alzò il viso verso di me, inclinando l'angolo della bocca in un sorriso ed io mi sentii in paradiso.
"Torna a casa, Harry" Lo incoragiai ed estraendo un fazzoletto dalla borsa, che giaceva ai miei piedi, asciugai il sangue, prima che questo potesse seccarsi e macchiare irrimediabilmente la mia gamba.
"Puoi spiegarmi cosa è successo?" Insistette, guardandomi per l'ennesima volta da capo a piedi.
"Mi servono dei soldi, Okay? Sono in debito. Questo è tutto ciò che puoi sapere." Ammisi, accartocciando tra le mani il fazzoletto sporco.
"E dove hai intenzione di trovarli?"
In risposta feci spallucce, non mi sentivo in grado di parlare di quell'argomento, ero ancora terrorizzata.
Non avevo soldi con me se non una decina di sterline con cui sarei potuta andare avanti sì e no altri due giorni.
C'erano pur sempre i miei genitori, pensai, ma non era fattibile. Loro mi odiavano e la cosa era reciproca.
"Aspetta, ma..." Sussurrai mentre mi venne quella che avrei potuto tranquillamente chiamare un'illuminazione.
Negli anni passati avevo guadagnato migliaia di sterline tra spaccio e lavoretti vari. Il resto del bottino che non ero riuscita a spendere in vestiti o altre stronzate, doveva trovarsi ancora in camera mia. Il mio viso si riempiva di gioia mentre raccoglievo la borsa da terra e la riportavo sulla mia spalla.
"Che?" Il riccio era sempre più perplesso. Mi seguii il ogni movimento, forse aveva paura che scappassi via da un momento all'altro e probabilmente aveva trovato il suo bigliettino che avevo lasciato cadere in cima alla rampa di scale del suo pianerottolo.
"Dammi un passaggio"
Sorpreso da quella sottospecie di ordine annuii rivolgendomi un sorriso quasi sollevato.
"Ma prima devo cambiarmi" Abbassò lo sguardo verso il suo corpo e così feci anche io, notando che si trovava ancora con indosso un paio di boxer a righe blu ed una maglietta bianca slabbrata.
"Direi di sì" Risposi ironica.
 
*** 



Tadadadan! sono tornata dopo.. *fa il conto con le dita* quattro mesi! 
Sono accadute tante cose in questi ultimi mesi e non ho avuto nè tempo nè, devo ammetterlo, voglia per continuare a scrivere ma ora eccomi quì, e a nessuno importa, i know. ahah
comunque davvero, se leggete la storia fatemi sapere cosa ne pensate, qualsiasi opinione è gradita, io mi diverto molto a scriverla ma se a voi non piace beh, è un po' inutile continuare a pubblicare. cwc
Al prossimo capitolo, ily xx
  
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