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Autore: itsteddysheeran    08/07/2013    4 recensioni
“Perché vuoi litigare con me?”
“Dean, conto qualcosa? Sul serio, voglio dire. A me non sembra.” Castiel aveva il viso stravolto dalle lacrime e Dean lo guardava accigliato, con il labbro inferiore tremolante.
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Dean è un pittore, Castiel è un cameriere.
E gli occhi del cameriere colpiranno subito il pittore. Talmente che, in poco tempo, si renderà conto di tenere a Castiel più di quanto dovrebbe.
Una relazione che sarà ostacolata non solo dai giudizi di Sam ma anche dal sogno più grande di Dean.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Quando Castiel si svegliò quella mattina, Dean non c’era.
Era da tre giorni che non tornava a casa. Castiel l’aveva capito, però. Era giusto stargli lontano, così avrebbe capito come sarebbero stati i giorni successivi, le settimane successive.
Era giusto fargli capire come sarebbe stato in quel mese.
Si alzò, allora, trascinandosi in cucina controvoglia. Aprì il frigorifero e tirò fuori la confezione di latte, poi ne verso un po’ in un bicchiere. Lo bevve tutto in un sorso, poi gettò il bicchiere nel lavandino. Era sveglio da poco meno di cinque minuti ed era già stanco.
Ormai faceva tutto controvoglia. Ma sapeva che gli sarebbe bastato vedere Dean per una volta, salutarlo e dirgli quanto lo amava, poi si sarebbe messo l’animo in pace.
Sbuffò, pensando a quanto fosse inutile senza Dean.
Accese il cellulare, sperando che ci fossero messaggi. Ve ne trovò uno, da parte di Dean. Quello sul suo viso sembrò quasi un sorriso, anche se abbastanza forzato.

Ehi, Cas. Dobbiamo parlare, è urgente. Verrò domattina.

E proprio quando finì di leggere il messaggio, qualcuno bussò alla porta, due volte, proprio come il suo Winchester usava di solito fare.
Castiel andò ad aprire, trovando Dean e due valigie. Rimase a guardarle per un po’, poi prese a fissar Dean senza sorridere o  dirgli nulla. Quelle valigie dicevano già tutto, a meno che Dean non avesse deciso di portare il restante della sua roba a casa Novak. Castiel non era arrabbiato con lui, non lo sarebbe mai potuto essere, era semplicemente stanco.
Stanco di trovare persone speciali che in qualche modo perdeva o che si stancavano di lui.
“Ehi.” Lo salutò Dean, entrando dentro insieme alle sue due valigie.
“Ciao.” Castiel glielo disse mentre si sedeva sul divano, cercando di non guardarlo negli occhi. Solo allora notò che le tele sul pavimento erano sparite, non ne era rimasta nemmeno una. C’erano dei fiori al loro posto, dei grandi vasi pieni di stupidi e inutili fiori.
“Ho pensato di doverti parlare.”
“Oh, davvero? Volevi anche andartene senza dire nulla?”
“Non era quello che intendevo, Cas.” Rispose Dean, sedendosi sull’altra poltrona, di fronte a lui. “Io ho parlato con Balthazar.”
“Lo so, ero lì.”
“Non intendevo venerdì mattina. Abbiamo parlato di nuovo, a proposito del mio lavoro.” Castiel si voltò di scatto verso Dean, ormai con gli occhi lucidi. Non voleva piangere, era da bambini e lui ormai non lo era più.
“E allora?” Mormorò, abbassando gli occhi sull’orlo della maglietta del pigiama.
“Un mese, Cas. Un mese e torno, che gli affari vadano bene o male.”
“Dean, io starò bene. Guardarmi ora: sto benissimo! Me la caverò.” Dean rise pur di non piangere, per poi alzarsi e sedersi accanto a Castiel, stringendolo a sé. Era lui a mentirgli in quel momento.
Una bugia per farlo sentir meglio, era quella la cosa giusta.
Lo strinse ancora più forte pensando a ciò che stava per fare, mentre Castiel rimase immobile, con le braccia lungo i fianchi. Non aveva la forza necessaria per stringerlo a sé e poi lasciarlo andare senza poterlo abbracciare la sera dopo.
“Cas, guardami negli occhi.” Dean si allontanò abbastanza per guardare quel viso.
Il suo Castiel.
Era suo e lo stava lasciando lì, senza nessuno, con il cuore spezzato. Era crudele come cosa.
Lo stava lasciando andare e non poteva più tornare indietro, Balthazar era stato chiaro.
“Ti prego, guardami.” Castiel così fece, alzando lo sguardo per poi incrociare quello di Dean. Gli si strinse lo stomaco in quel momento. Dean stava piangendo davanti a lui. E stava per partire per New York.
“Dean?”
“Sì? Dimmi tutto, parlami.” Castiel prese fiato, cercando di parlare. Ma tutto ciò che voleva dirgli rimase bloccato sulla punta della lingua, senza riuscire ad uscir fuori. Stava mostrando solo la sua debolezza in quella maniera, ma era fatto così, cosa poteva fare?
Era sempre stato così: lui che si affezionava e che poi veniva travolto da tanti addii.
“Forse è meglio che tu vada.” Dean annuì, coprendosi il viso con le mani. Si alzò un attimo dopo, pronto ad andar via.
Il suo volo partiva alle due, aveva ancora un sacco di tempo, tempo che avrebbe potuto passare a casa Novak invece che in aeroporto a leggere giornali a cui non era perfettamente interessato.
Poi sarebbe arrivato a New York, avrebbe conosciuto l’amico di Balthazar, Crowley, e avrebbero parlato di affari. Balthazar gli aveva chiaramente detto che un mese non sarebbe bastato, che i contratti che faceva Crowley duravano un anno come minimo.
Dean sospirò pensandoci, poi si alzò, pronto ad andar via. Restare lì avrebbe solamente peggiorato le cose, quindi era inutile restare.
“Posso chiamarti quando arrivo, vero?”
“Certo.” Castiel si alzò, abbracciando Dean.  “So che è banale, ma mi mancherai.”
“Però torno … torno presto.” Dean lo strinse più forte, respirando il suo profumo. Un anno anche passava presto dopotutto. E poi non si sarebbero lasciati, quindi perché esser tristi? Si sarebbero tenuti in contatto, magari si sarebbero anche visti qualche volta.
Castiel sciolse l’abbraccio un attimo dopo e guardò  Dean negli occhi.
Era così bello. Dannatamente bello.
Non l’avrebbe perso, l’avrebbe aspettato e sarebbe andato al chiosco di nuovo, avrebbe guadagnato tanto e poi avrebbe comprato dei mobili nuovi, tutti colorati, senza un minimo di bianco, proprio come sarebbero piaciuti al suo pittore.
“Cas, io ti amo. E tornerò, tornerò e saremo felici insieme. Andrà tutto bene.”
“Sì, Dean, andrà tutto bene. Anche io ti amo.” Dean si avvicinò per poggiare le labbra su quelle di Cas, poi si allontanò subito, sorridendo. Restare l’avrebbe fatto sentir peggio.
Gli stava mentendo, ma sarebbe andato tutto bene.
Castiel si sarebbe arrabbiato, ma sarebbe andato tutto bene come sempre.
“Allora io vado.”
“Sì, altrimenti perdi il volo.” Dean rise, poi andò via senza voltarsi.
Salì sul taxi, diretto all’aeroporto.
Pensò a Castiel per tutto il tragitto, pensò a come gli avrebbe detto che non sarebbe tornato dopo trenta giorni, nemmeno dopo trentuno. Sarebbe stato via trecentosessantacinque giorni esatti e poi, forse, sarebbe tornato.
Puoi tornare a Natale, a Capodanno”, gli aveva detto Balthazar quando si erano visti. Ma tornare per poi dover andar via di nuovo sarebbe stato ancora più duro ma  avrebbe potuto provarci. Avrebbe veramente reso se  stesso e Castiel dannatamente felici, così tanto che forse sarebbe perfino rimasto lì senza più tornare a New York da Crowley.

Dean arrivò nel suo nuovo appartamento alle otto di sera. Era un bell’appartamento, eccetto per il fatto che fosse tutto bianco, proprio come quello di Castiel all’inizio. Vi trovò Balthazar e un uomo non molto alto, vestito elegantemente. Suppose dovesse trattarsi di Crowley.
Erano seduti a tavola, davanti a una bottiglia di whiskey.
“Oh, tu sei Dean.”
“Sì, sono io. Dean Winchester, piacere.” Dean allungò la mano verso quella di Crowley e sorrise, per poi sedersi sull’unica sedia libera.
“Inizi a lavorare domani. Niente scuse, per favore. Il tuo contratto durerà un anno, caro Dean, poi potrai tornartene dal tuo Castiel. Mi ha raccontato tutto Balthazar se ti interessa. E no, non posso renderlo ancora più breve di quanto sia. Ci siamo capiti?” Dean annuì, bevendo del whiskey in un bicchiere che gli porse Balthazar.
“Io ora vado. Ci vediamo domattina, alle sette in punto, Winchester.” Crowley andò via, allora.
Balthazar rise, per poi dare una pacca sulla spalla di Dean. Poi rise di nuovo, guardando l’espressione confusa e preoccupata del ragazzo.
Crowley non era così severo, lui lo conosceva, ma aveva voluto dar quell’impressione a Dean per qualche strano motivo. Smise di ridere solo dopo alcuni minuti, prendendo fiato.
“Allora, hai detto al piccolo Novak che non starai solamente un mese qui?”
“Balthazar, non ti riguarda.” Balthazar si avvicinò al viso di Dean, serio.
“Mi riguarda, caro Dean. Castiel è un mio caro e vecchio amico.”
“Se la metti così, no. Glielo dirò tra un po’, quando me la sentirò.”
“Io tornerò svariate volte a casa, posso salutarlo da parte tua.”
“Certo.” Dean si alzò e posò le due valigie in un angolo del salotto. Si avviò verso il corridoio ed entrò nella  prima stanza, quella che poi scoprì essere la sua camera. Si stese sul letto, sistemando per bene il cuscino sotto la testa come faceva ogni sera, poi sospirò. Quel letto non era comodo come quello di Castiel. Era scomodo, freddo, non sembrava nemmeno un letto a dire il vero. Assomigliava tanto al divano scomodo e vecchio che aveva a casa sua, quello dove aveva guardato con Sam centinaia di film in quegli anni.
Riuscì ad addormentarsi solamente dopo un bel po’, svegliandosi alle cinque in punto. Fu il cellulare a svegliarlo, una chiamata, precisamente.
“Chi diamine mi chiama alle cinque di mattina?!” Sbottò, abbastanza infastidito. Non sentiva nulla, solamente un respiro.
Ciao.
“Cas, ciao. Che succede? Stai bene?”
Volevo sapere se stavi bene, domani lavoro tutto il giorno e penso che anche tu lavorerai.
“Hai fatto bene, benissimo anzi. Tutto bene?”
Mi manchi. Tu stai bene?
“Si, però..” Castiel lo fermò con la sua risata isterica dall’altro capo del telefono. “Cas?”
Ti ho disturbato, sono sempre il solito. Scusa.” E poi il vuoto. Dean rimase a fissare il display del cellulare per un po’, con l’espressione confusa. Non gli dispiaceva essere svegliato così presto, anche se iniziava a lavorare alle sette, sopratutto se era Castiel a svegliarlo.
Non gli sarebbe mai dispiaciuto essere svegliato da lui, dalle sue carezze, dalla sua voce.
Sorrise pensando a quanto avrebbe dovuto aspettare per vederlo, poi posò il cellulare al suo fianco e sprofondò nel sonno un’altra volta, più stanco che mai.


spazio autrice.
Sì, lo so, sono una persona cattiva perché pubblico solamente ora, scusate!
Poi il capitolo è anche triste, quindi sono ancora più cattiva ;_;
Proverò a pubblicare presto, ma con il gattino che non mi da pace sarà difficile (SI CHIAMA MISHA ED E' STATA UN'IDEA DI MIA MADRE)
Ringranzio come sempre chi legge e recensisce, siete adorabili ;w;

  
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