Ben era sulla barca di suo padre.
L’unica vacanza che ricordava di aver fatto con il vecchio era stata su quella barca: lui, Julia, la nonna e Konrad avevano fatto il giro delle isole del mediterraneo. Ben aveva più o meno tredici anni e quella era rimasta per molti anni la più bella vacanza che ricordasse, anche perché era l’unica che suo padre non avesse interrotto per tornare ai suoi affari.
Ora era steso sul ponte della barca e prendeva il sole. Lo sciabordio dell’acqua sullo scafo gli dava una sensazione di pace, mentre guardava il cielo blu senza nuvole. Si girò e vide ancora una volta il vecchio Emanuel seduto al suo fianco. “Sei di nuovo qui?” “Sei sempre tu che mi chiami…” “Non ce la faccio più, voglio che tutto questo finisca, voglio andare da Anna…” gli disse Ben triste ricordando che era in un sogno. “Tutto ha una fine, ma per te non ora e non qui” “Ma io non ce la faccio…” rispose il giovane “Devi farcela, ci sono persone che ti aspettano, che ti vogliono con loro, non puoi lasciarle..” “Ma sono stanco…” “Ce la puoi fare tu ne hai la forza…”
Ben si svegliò di colpo ansimando. Vedeva tante stelline colorate danzargli davanti agli occhi. Non sentiva più il braccio sinistro e aveva caldo e freddo al tempo stesso. Cercò di alzare la testa per capire dove fosse, ma intorno era tutto completamente buio. La testa gli scoppiava e l’unica cosa che voleva era che tutto questo finisse. “Semir- pensò- dove sei, ti prego vieni da me…”
Semir venne scaricato fuori casa sua. Lo scagnozzo di Chillemi gli restituì la pistola con un ghigno “Buonanotte e pensi bene al da farsi” gli disse diabolico
Prima di entrare in casa si sedette sui gradini dell’ingresso. Faceva molto freddo e Semir si chiese se Ben fosse almeno al riparo in un posto chiuso e se davvero stava così male come gli aveva detto Chillemi. Sentì la disperazione impadronirsi di lui. Cosa doveva fare? Era così facile dare a Chillemi l’informazione che chiedeva, gli bastava andare in ufficio e collegarsi con il pc al server della centrale… e Ben sarebbe stato libero, lo sarebbe andato a prendere e l’avrebbe portato al sicuro, al caldo, con lui. Ma quella droga sarebbe finita davanti alle scuole, nelle discoteche, nei bar, in mano a chiunque. Tagliata male avrebbe potuto provocare la morte di qualcuno e i proventi della sua vendita avrebbero consentito all’organizzazione di Chillemi di prosperare. Ma se non faceva quanto gli era stato chiesto Ben sarebbe con tutta probabilità morto, per mano di un pazzo che chissà cosa gli aveva già fatto passare. Ben il suo migliore amico, il suo compagno… in fondo suo figlio. Il solo pensiero di perderlo era per Semir insopportabile.
Andrea vide Semir seduto fuori la porta ed uscì anche lei, sedendosi accanto al marito. “Amore sei qui… stavo morendo di preoccupazione… chi era quell’uomo con cui sei andato via?” gli chiese carezzandogli la schiena. Poi vide lo sguardo di Semir “Amore che c’è?” gli chiese ancora. Semir la guardò e capì che doveva dirlo a qualcuno altrimenti impazziva. Le raccontò tutto.
Andrea rimase attonita ad ascoltare il marito e la sua disperazione. Non sapeva cosa dirgli e lei stessa non sapeva cosa avrebbe fatto se fosse stato al suo posto. Il suo inconscio avrebbe voluto gridargli “Che aspetti, digli quello che vuole sapere e riprendiamoci Ben” ma sapeva che una decisione del genere avrebbe lacerato Semir e la sua anima da poliziotto per sempre.
“Semir devi fare quello che ti senti, io non ti giudicherò, tu sei in grado di decidere ciò che è meglio” gli disse calma “Ma come faccio a decidere…” Semir iniziò a piangere. In quel momento il cellulare del poliziotto squillò. Era la Kruger.
“Si capo cosa c’è?” le rispose Semir “Semir.. ma dove si è cacciato? E’ tutto il giorno che la cerco” “Ho avuto da fare” rispose brusco lui, Semir sentì lo sconcerto nella voce della commissario, ma lei apparentemente fece finta di nulla “Volevo solo informarla che abbiamo individuato l’auto di Luigi Vitale, uno degli scagnozzi di Maione. E’ una Skoda e le tracce fuori la villetta di Berlino sono proprio di una Skoda. Ho fatto diramare avvisi di ricerca su tutto il territorio. Inoltre ho chiesto a tutte le televisioni nazionali di trasmettere l’avviso di ricerca dell’auto e la foto di Ben ad ogni telegiornale” “Bene capo mi sembra una buona idea” rispose sbrigativo lui “Allora ci vediamo domani” Kim ora era davvero sconcertata “Ok ci vediamo domani in ufficio” Semir chiuse la chiamata
Ben stava malissimo… sentiva il corpo bruciare anche se si rendeva conto che la temperatura all’esterno doveva essere prossima allo zero. Non sapeva quanto tempo era passato da quando l’avevano portato in quel capanno ma vedeva le prime luci dell’alba entrare dalla finestra. In lontananza, ovattate, sentiva le voci di Alberto e dei due che l’avevano portato lì. Non riusciva più nemmeno a capire bene il significato delle parole e voleva solo che tutto finisse, che qualcuno in qualche modo facesse finire questa agonia
“Io e Vincenzo andiamo in paese a fare provviste. Tu tieni d’occhio lo sbirro, se te lo fai scappare di nuovo ti ammazzo all’istante” ringhiò Alberto a Luigi prima di salire sull’auto ed allontanarsi nella nebbia del mattino.
Luigi entrò nel capanno degli attrezzi e si avvicinò a Ben. “Questo qui non passa la giornata” pensò guardandolo e si allontanò per chiamare Don Chillemi.
Hans era un bambino indipendente. Amava uscire presto al mattino, prima di colazione, per cercare funghi o frutti selvatici nel periodo estivo. A volte, quando non aveva scuola, amava anche andare a pescare al laghetto. Suo padre gli aveva detto tante volte che era pericoloso, che non doveva avvicinarsi al capanno sul lago, che era di proprietà di gente pericolosa, ma lui lì ci aveva visto raramente delle persone e quello era il posto migliore per pescare. Si meravigliò molto quindi quando quella mattina vide gente attorno alla casetta. Stava per andarsene, ma aveva lasciato la sua canna da pesca nel capanno degli attrezzi e doveva recuperarla se voleva andare a pescare in un altro posto. Così attese che l’auto si allontanasse e che anche l’altro uomo si addentrasse nel bosco con il cellulare all’orecchio per avvicinarsi furtivo.
Appena entrato rimase impietrito. A terra c’era un uomo con le gambe legate con una catena ad un palo. Aveva un aspetto orribile, il maglione completamente insanguinato ed il viso terreo. Aveva gli occhi chiusi e Hans pensò subito che forse era morto.
Terrorizzato scappò via correndo quanto più forte le sue gambe gli permettevano e si fermò solo quando giunse a casa sua.
Entrando in casa si ripromise di non dire nulla ai suoi genitori, già prefigurandosi altrimenti che non sarebbe più uscito di casa sino alla maggiore età.
Semir aveva passato una notte infame. Era rimasto praticamente sveglio con gli occhi sbarrati a fissare il soffitto per tutto il tempo. E non aveva neppure preso una decisione. L’unica cosa che sapeva era che rivoleva Ben, ma poteva dare a Chillemi una informazione del genere? E se dopo avere avuto ciò che voleva il Don avesse fatto uccidere comunque Ben? E se era già troppo tardi?
Con queste domande nella testa Semir arrivò in ufficio. Non salutò nessuno. Si chiuse in ufficio e accese il pc. Dopo pochi minuti aveva già le informazioni che il Don gli aveva chiesto.
Rimase in silenzio a fissare il biglietto con il numero di telefono che Chillemi gli aveva dato.
PS che ne dite Semir cederà alle richieste del Don?