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Autore: Edenya404    12/07/2013    3 recensioni
[Prequel di "To the Hell and back"]
Si dice che è colpa dello squallore di quella sistemazione provvisoria se si sente la testa immersa in un fastidioso e perenne ronzio, che non è niente di chimico quel nodo alla gola che scandisce il tempo dolorosamente a ogni fiotto di saliva ingoiata.
Tre mesi sono passati da quando ha finto di gettarsi dal tetto del Bart’s, tre mesi da quando la mano protesa di John ha cominciato ad apparirgli ogniqualvolta chiude gli occhi.
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Some kind of home'
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Piccolo prequel di "To the Hell and back", da collocarsi il giorno prima rispetto all'inizio della long-fic.
Lo dedico a tutte le lettrici (e lettori se ci sono) che hanno portato THB tra le storie più popolari e che aspettano il seguito con immensa pazienza, ma in particolare la dedico a Efy che si è documentata apposta per leggere la mia one-shot Merthur e mi ha lasciato una bellissima recensione.

Grazie anche a Euterpe che mi beta, mi supporta ed è la fonte inesauribile della mia ispirazione <3

Peace tea and biscuits,

Edenya

Emostasi

-

 

Non coagula. Constatazione più semplice non avrebbe potuto trovarla.
Il sangue sul vetrino – minuziosamente spillato da uno sventurato topo che ha deciso, ore addietro, di mettere piede in quello scantinato polveroso – non coagula. In condizioni normali dovrebbe esserne felice perché significa che la sostanza aggiunta ha fatto effetto, che l’esperimento ha avuto successo. Dovrebbe, teoricamente. Eppure mai come adesso la scienza su cui ha sempre fatto affidamento sembra essere una precisa e amara allegoria della propria vita: spremuta a cielo aperto e privata della consueta capacità di riamalgamarsi, di ridare un senso a ogni istante, a ogni pensiero nato e mai finito.
Sposta lo sguardo sul ripiano di legno scheggiato, che usa al posto del tavolo, e una smorfia corre a dipingergli le labbra come una molla. Si dice che è colpa dello squallore di quella sistemazione provvisoria se si sente la testa immersa in un fastidioso e perenne ronzio, che non è niente di chimico quel nodo alla gola che scandisce il tempo dolorosamente a ogni fiotto di saliva ingoiata.
Tre mesi sono passati da quando ha finto di gettarsi dal tetto del Bart’s, tre mesi da quando la mano protesa di John ha cominciato ad apparirgli ogniqualvolta chiude gli occhi. Un arto privo di pelle, un agglomerato di carne maciullata, la pallida trasparenza di dita impalpabili; ogni volta sempre diversa e sempre più sua, ogni volta sempre più vicina. Sogna di afferrarla, Sherlock, ma al risveglio distrae la mente con minuscoli esperimenti per evitare di porsi quel fatidico “perché” che cambierebbe ogni cosa e finge di non aver dormito, di non essersi gettato sul marciapiede.
Il cigolio della porta raggiunge la sua membrana timpanica ma non è sufficientemente interessante da fargli distogliere lo sguardo dal vetrino e da quei reticoli di fibrina così restii a formarsi. Sa già chi è. L’unica presenza che abbia mai messo piede lì dentro negli ultimi tre mesi, l’unico aiuto che non si sarebbe mai sognato di chiedere… se solo non ci fosse stata di mezzo la vita di John.
John.

-          - Sherlock?

Il passo di Molly è leggero ma non elegante, è il lieve incedere di chi teme di essere troppo poco per poter disturbare la vita.

-          - Ti ho portato la cena.

Scivola nello scantinato ignorando l’odore di chiuso e il perenne caos che vi regna. Per una persona normale lei altro non è che l’emblema della dolcezza, una di quelle donne che non puoi non adorare; per Sherlock invece è solo fastidiosa col suo silenzio e i suoi modi accomodanti. La signora Hudson starebbe già borbottando come una teiera in ebollizione, affaccendandosi attorno a scartoffie e provette per dare un senso a quelle quattro mura, mentre lei rimane immobile al centro della stanza, col vassoio in bilico sui palmi aperti.

-         -  Hai qualche notizia?

Un gesto della mano, un sorriso tirato e le labbra che si mordono ingoiando il rossetto. Lo ha capito da tempo, lei, quello che gli passa per la testa, sebbene non si azzarderebbe mai a parlargliene. Lo ha capito e fa male. Perché quando è riuscita a vedere il cuore di Sherlock Holmes ha visto anche la profonda piaga che lo apre a metà con la minuzia chirurgica che solo i sentimenti sanno mostrare, quella e il nome che gorgoglia tra gli sprizzi di sangue a ogni contrazione.

-        -  È tornato da lavoro un’ora fa. Ha aiutato la signora Hudson a caricare le valige sul taxi e poi è andato a letto.

-        -  Hanno controllato che la luce della camera si spegnesse?

Molly abbassa gli occhi a terra, poggiando il vassoio sul tavolo e voltandosi per uscire. Solo quando è sulla porta le parole che Mycroft le aveva vietato di pronunciare scivolano dalle sue labbra col sibilo doloroso della consapevolezza.

-          - Non si è mai accesa.

E mentre la porta le si chiude alle spalle Sherlock afferra il vetrino e lo scaglia violentemente contro la parete. Pochi passi gli bastano per vedere la macchia scurirsi sui calcinacci alla tipica reazione di coagulo, pochi passi per realizzare che non ce la fa più e che non è l’aria viziata a stringergli la gola; è la mancanza della sua voce e il dolore sordo d’una ferita che necessita di cure. Pochi passi per decidere di ritornare.

 

A qualche chilometro di distanza, nel buio del 221b, John sta affondando lacrime e bocca sull’odore di un cuscino che non è il suo.

Spero che basti a colmare l'attesa del sequel.
Come sempre per info e blateramenti vari mi trovate
qui
  
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