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Autore: TaliaAckerman    12/07/2013    5 recensioni
[Revisione in corso]
Primo capitolo della serie del "II ciclo di Fheriea"
Dal diciottesimo capitolo:
"Pervasa da un senso di feroce soddisfazione, Dubhne alzò il braccio destro in segno di vittoria. La folla intorno a lei urlava e scandiva il suo nome, entusiasta. E la cosa le piaceva."
Salve, e' la prima fan fiction che pubblico in questa sezione. Più che una ff però è un romanzo, il mio romanzo, ideato e steso in più di due anni di fatiche e grandi soddisfazioni. Spero vi piaccia^^
Genere: Azione, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'II ciclo di Fheriea'
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Salutati Camlias e Michael, Dubhne uscì in corridoio e si diresse tristemente verso la sua camera. Sarebbe stata dura non rivederli per un intero mese. Molto dura. Avrebbe dovuto aggrapparsi più che poteva all’amicizia di Alesha; cercare di ignorare Dills, Charlons e gli altri. Aveva appena fatto in tempo a formulare questo pensiero, che andò a sbattere dritta dritta contro il petto di qualcuno.
– Scusi!- si affrettò a blaterare, temendo che la persona di fronte a sé potesse essere il signor Tomson o una delle sorveglianti.
– Sai, Dubhne? Non credo che ti perdonerò di fronte ad un tale…
reato. – rispose una voce gongolante, e la bambina ebbe un tuffo al cuore. Non era il signor Tomson. Era molto peggio.
Terrorizzata, alzò il viso, e si ritrovò la strada bloccata dai volti sogghignanti di Dills, Charlons e altri due ragazzi della sartoria: Norik e Jay, i migliori amici dei due.
Cercando di tenere a bada la paura, Dubhne balbettò:- C-che cosa volete da me?
- Ma sentitela!- esclamò Charlons, deliziato. – Cos’è, cerchi di fare la coraggiosa? Non so se l’hai notato, ma noi siamo in quattro, tutti più grandi di te, mentre tu sei sola…
Gli altri tre ridacchiarono. – Cosa volete fare, picchiarmi?- fece Dubhne, tentando di mantenere saldo il tono della voce. Dills guardò i compagni, poi si chinò s di lei e sussurrò:- Direi di sì. Sai, dato che tu…- ma non fece in tempo a finire la frase, perché Dubhne gli aveva appena sferrato un pugno in pancia, per poi cominciare a correre disperatamente verso le uscite.
– Prendetela!- ordinò Dills da terra, e gli altri si gettarono al suo inseguimento. La fuga della bambina non durò molto; in men che non si dica Norik le fu addosso, placcandola da dietro. Lei non riuscì più a trattenersi:- Aiuto, aiuto! – gridò disperatamente, ma l’altro le tappò la bocca con una mano e le urlò in faccia:- Non c’è nessuno che possa sentirti! Sono tutti al refettorio! Credevi davvero che fossimo così scemi?
Piangendo, la bambina venne trascinata ai piedi di Dills, che cominciò a colpirla con calci e pugni.
– Vuoi sapere perché ce l’abbiamo con te, eh?- sbraitava mentre la colpiva. – Beh, sai una cosa? È che siamo stanchi di questo lavoro di merda, anche senza una stupida bambinetta che viene a rovinare tutto con i suoi "sì sì sì", "per favore per favore", "voglio la mamma e il papà!" Almeno tu ce l’hai una famiglia!
- E poi arrivi qui, e ti becchi subito il letto del vecchio Cole. Lo sai cosa gli è successo, eh? È morto, a forza di respirare quello schifo di aria della tintoria gli sono esplosi i polmoni. Tu vorresti prendere il suo posto, non è vero? – continuò Charlons, unendosi al compagno nel picchiarla.
– Basta! Basta, lasciatemi stare! – gridò Dubhne fra le lacrime. – Vi prego, lasciatemi! – ma le sue parole furono soffocate da un tonfo. Dubhne fu scaraventata addosso ad una parete.
Credette di essere sul punto di morire. Le girava la testa, e qualcosa di copioso le bagnava la fronte. Sangue. Il suo sangue. La bambina urlò, sconvolta, e i quattro ragazzi continuarono a colpirla, massacrandola di botte. Finché…
- DUBHNE!- urlò una voce, inorridita.
Lei, Dills e gli altri si voltarono all’unanimità: in fondo al corridoio c’era Alesha, con un’espressione a dir poco feroce in viso. – Che cosa diavolo state facendo?- ruggì, correndo infuriata verso di loro.
– Avanti, andiamo!- fece Jay a Dills, tirandolo per un braccio. I quattro corsero via, ma Alesha non provò nemmeno a inseguirli; si chinò su di Dubhne, orripilata. – Santo cielo… che cosa ti hanno fatto, Dubhne?
Lei non rispose, ma le gettò le braccia al collo, ululando per la disperazione.
Sebbene molto scossa, la ragazza provò a rassicurarla:- Tutto bene, tutto bene. Vedrai, Dills e Charlons non la passeranno liscia. Vieni, adesso ti porto in infermeria. Ehi, no, no! Non piangere, va tutto bene…
Dubhne però non ci riusciva. Fiumi di lacrime continuavano a sgorgarle dagli occhi, inarrestabili.
– Li odio! Li odio!- fu tutto ciò che riuscì a dire tra un singhiozzo e l’altro. Era troppo, la bambina ne aveva abbastanza. Era da quando aveva messo piede a Célia che Dills e Charlons non le davano pace, ma non si sarebbe mai immaginata che potessero arrivare fino a quel punto. Fino a picchiarla a sangue. Facendosi forza, Alesha la prese in braccio, accarezzandole la testa come una mamma.
– Tutto bene, tutto bene…- le ripeteva intanto con voce dolce. Piano piano quella litania ebbe il potere di calmarla, e dopo qualche minuto la bambina perse coscienza.


- È INACCETTABILE IL COMPORTAMENTO DI QUEI BASTARDI!- urlò Alesha, fuori di sé. Il signor Tomson, seduto alla sua scrivania, sembrava preoccupato.
– Mi hanno disobbedito, su questo non c’è dubbio - disse in tono cupo.
– Disobbedito? DISOBBEDITO? Hanno liberamente preso a botte una bambina che ha ancora il latte in bocca!- protestò la ragazza, senza riuscire a controllarsi. – Se non fossi intervenuta io avrebbero potuto ucciderla!
- Questo non lo sappiamo - la freddò Tomson, intrecciando le dita sotto la punta del naso. – Ma – aggiunse poi vedendo l’espressione infuriata di Alesha. – Verranno comunque puniti.
– E lo credo bene!- fece l’altra, sedendosi su una sedia e sbuffando vapore dal naso come un toro. In quel momento, non le importava di essere rispettosa delle regole, non le importava di aver appena trattato il proprio padrone come un soprammobile. L’unica cosa che contava era che la sua migliore amica giaceva inerte in un letto d’infermeria, coperta di lividi e tagli.
– Già, ma ora, Alesha, credo che anche tu verrai punita. Sei entrata nel mio studio senza il permesso, mi hai urlato contro e hai insultato i tuoi compagni di corso davanti a me. Questo non deve più succedere – disse poi Tomson a sorpresa.
– Ma cosa, cosa…?
- Heixa – chiamò Tomson, ignorando la domanda di Alesha. – Vammi a prendere Johanna, per favore. Dille di accompagnare la signorina qui in una delle celle della cantina. Ci starà per due settimane, e compito di Johanna sarà portarle pane e acqua due volte al giorno.
Heixa chinò rapidamente il capo e obbedì. Alesha si sentì chiudere lo stomaco. Due settimane di isolamento. Questo significava che non avrebbe potuto stare al fianco di Dubhne durante la sua convalescenza.
La ragazza rimase in silenzio, mentre il signor Tomson riordinava pigramente una pila di fascicoli caduti dalla scrivania. Tutto quello era ingiusto; e dopo pochi minuti la ragazza non riuscì a trattenere la domanda che le premeva:- E Dills e gli altri che l’hanno picchiata? Quale sarà la loro punizione, signore?
- Dieci frustate sulle mani a testa. Più un mese di lavori forzati per tutti e quattro, senza contare ovviamente l’isolamento.
La parte più meschina dell’anima di Alesha esultò a quella notizia: avrebbero avuto ciò che si meritavano, dunque.
– Signore?- fece una voce sottile dietro di loro. – Sono qui, sono arrivata.
Alesha si voltò, e vide davanti a sé il volto pallido di Johanna. Persino lei, che da anni era amica di Dills e Charlons – soprattutto Dills – sembrava turbata.
– Sì, sì mia cara. Porta subita Alesha nelle cantine, e chiudila a chiave in una delle celle. Domani a mezzogiorno e al tramonto le porterai una micca di pane e una brocca d’acqua per i pasti, e ripeterai per tutta la settimana. Mi hai capito?
Johanna si affrettò ad annuire, e lei e Alesha uscirono.
Camminarono silenziosamente fino all’inizio delle scale, poi Johanna esplose:- Senti, Al. Lo so che ce l’hai con me, che da quando Dubhne è arrivata non l’ho mai trattata molto bene. Ma voglio solo che tu sappia che… beh, anch’io ammetto che Dills, Charlons e i loro amici hanno esagerato. Sono stati degli idioti. Sono degli idioti. E quindi ho pensato…
Ma Alesha la bloccò posandole una mano sulla spalla. – No – disse – Non devi scusarti. È tutto a posto.
– Davvero?
- Sì - Alesha sorrise.
Prima che Johanna chiudesse la porta della sua cella, la ragazza le raccomandò:- Ti prego, tieni d’occhio Dubhne. Solo che non faccia… cose strane.
Cioè che non le passi nemmeno per la testa l’idea di scappare, pensò, ma non lo disse.
– Tranquilla, lo farò – rispose sorridendola ragazza. – Allora…- aggiunse poi esitante. – Amiche come prima?
- Sì Jo, amiche come prima.


Dubhne rimase in silenzio ad ascoltare la conversazione tra Alesha e il signor Tomson. Fremette quando udì Tomson parlare della punizione per Alesha, ma si sentì immediatamente più leggera quando seppe cosa aspettava Dills, Charlons e gli altri due. Almeno per un po’ non avrebbe dovuto sopportarli al lavoro e nei corridoi. E poi era giusto che patissero almeno una parte del dolore che aveva sofferto lei.
Nonostante tutti gli ultimi avvenimenti, la bambina riuscì a sorridere nel buio dell’infermeria.




Note: so che a molti di voi il comportamento di Dills, Charlons e gli altri parrà un po'... esagerato diciamo, ma volevo esprimere quanto quello fosse l'unico modo per esprimere la loro frustrazione, dolore e, sì, invidia verso l'innocenza e la "fortuna" di Dubhne. Cioè attraverso la crudeltà che li caratterizza. Mi auguro di non aver esagerato :) Il prossimo capitolo lo pubblicherò fra poco, a presto :)
  
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