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Autore: Meow_    13/07/2013    3 recensioni
Alzai lo sguardo verso lo specchio. Avevo la faccia ricoperta di sangue, ma non riuscivo a capire da dove venisse.
-
Pensai di essere impazzita, di avere le allucinazioni.
-
«Queste occhiaie! E la faccia, guardami, sono color morte!»
«Stai impazzendo»
«Seriamente non vedi niente di strano?»
«No»
Genere: Horror, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5
Presentazioni


 


Rimasi immersa in quel buio per non so quanto tempo. Potevano essere ore, minuti, ma mi sembrava che il tempo non passasse mai.
Con la coda dell’occhio continuavo a intravedere delle ombre, più scure del buio che mi circondava, anche se sembrava impossibile. Era così buio che non riuscivo nemmeno a vedere i palmi delle mie mani nemmeno se le mettevo davanti agli occhi.
Ero terrorizzata. Avevo sempre avuto paura del buio, e questa paura col tempo era solo aumentata.
L’unica cosa che temevo di più del buio erano le ombre. Vedere ombre inspiegabili che si muovono, senza riuscire a capire se fossero vere o frutto della mia immaginazione, tutto questo mi terrorizzava e stava succedendo proprio ora.
Il cuore batteva a mille, le mani sudavano. Quanto ancora sarei dovuta rimanere lì? E perché? Volevano farmi forse morire di paura, o si divertivano a vedere come mi spaventavo per delle cose apparentemente così innocue?
Poi la situazione cambiò. Inizialmente piano, poi sempre più forte, sentii di nuovo quel sibilo che avevo sentito a scuola, il giorno in cui tutto era cominciato. Come la volta precedente, quel suono si insinuò nelle mie orecchie, facendomi gridare di dolore. L’unica cosa che potevo fare era premere le mani sulle orecchie, ma non era sufficiente. Anche questa volta, il suono non veniva da nessuna parte, era dentro la mia testa. Avrei voluto potermi accasciare a terra e raggomitolarmi, come quel giorno a scuola, ma appena muovevo le gambe, il mio corpo riprendeva a fluttuare nel buio.
«Basta» urlai, ma non cambiò niente. Anzi, se possibile, il suono si fece più forte. Sentivo che la mia testa era sul punto di esplodere.
«Fallo smettere, ti prego» supplicai, rivolta a nessuno in particolare.
Con mia grande sorpresa, il suono cessò all’improvviso. Le orecchie pulsavano ancora, ma il dolore si affievolì rapidamente.
Pensavo che niente potesse essere peggio di quel suono, ma mi sbagliavo.
Due occhi azzurri, tendenti al grigio, apparvero dal nulla nel buio. Li riconobbi. Erano gli stessi occhi di quella strana professoressa, che avevo visto sempre lo stesso giorno. Anzi, proprio mentre quel suono mi stava tormentando. Ricordai precisamente l’effetto che mi avevano fatto quegli occhi, quello sguardo glaciale.
Non riuscivo a fissarli, non capivo cosa stesse succedendo e questo mi spaventava tantissimo. Ma non c’era via d’uscita, dovevo affrontare le mie paure. Forse quella era una sfida: dovevo riuscire a superare quelle stupide paure. Mi convinsi della mia teoria.
Ma non appena provai a fissarli, questi svanirono. Strabuzzai gli occhi più volte, ma niente. La paura aumentava.
Provai a chiudere gli occhi e a prendere dei respiri profondi. Chiudere gli occhi era totalmente inutile, visto il buio che mi circondava.
Restai così per una decina di secondi, ma non mi calmai per niente. Anzi, stare con gli occhi chiusi mi metteva ancora più angoscia. Decisi di lasciar perdere.
Appena riaprii gli occhi, eccoli di nuovo: i due occhi glaciali mi fissavano. Sostenni lo sguardo, ma dopo pochissimo tempo scomparvero nuovamente.
«Che storia è questa?» mi rivolsi nuovamente a nessuno in particolare, ma qualcuno doveva pur essere responsabile di tutto ciò.
Nessuno mi rispose, ma in compenso sentii come un soffio. Un lieve flusso di aria fredda mi sfiorò prima il collo, poi la spalla. Dopo poco tempo aumentò, e iniziai a sentire quell’aria fredda dappertutto.
Mi presi la testa con le mani e provai a raggomitolarmi su se stessa, quella posizione mi faceva sentire più sicura. Fu difficile, ma riuscii a mettermi in una posizione abbastanza simile a quella desiderata.
Fissavo il punto dove immaginavo si trovassero le mie ginocchia, e mi resi conto che li vedevo, i due occhi mi fissavano ancora.
Alzai lo sguardo e scomparirono. Lo abbassai di nuovo, ed ecco che mi sentivo nuovamente osservata. Riuscivo anche ad intravedere quell’azzurro penetrante.
«Ma che storia è questa?» ripetei, «Ti guardo e non ti vedo, non ti guardo e ti vedo!» mi accorsi che la mia voce tremava. Dovevo calmarmi, non sarei mai riuscita a sconfiggerlo, chiunque fosse. Dovevo convincerlo che non mi spaventava, dovevo fingere di essere tranquilla.
«Vedo che ci sei arrivata» ridacchiò una voce vagamente familiare.
Dove l’avevo già sentita?
«Chi sei?» urlai. Si capiva perfettamente che ero spaventata, non sarei mai riuscita a convincere del contrario proprio nessuno.
«Oh, mi conosci molto bene. Più di chiunque altro. Scommetto che in poco tempo te ne renderai conto» continuò la voce.
Non capivo nemmeno da dove provenisse, nemmeno la più vaga idea. Ma non poteva essere dentro la mia testa, o forse stavo davvero impazzendo?
Per un momento sperai che fosse un sogno. In fin dei conti, quante volte avevo sognato cose del genere, che sembravano essere reali, e poi mi ero risvegliata nel mio letto, sana e salva?
«Non è un sogno. Non è la realtà.» mi rispose la voce.
Riusciva a leggermi nella mente? Questo era un problema.
«Sì, posso» rispose lui. Era inquietante.
Se poteva leggermi nella mente, potevo benissimo smettere di parlare. Magari, non sentendo il tremolio della mia voce, avrei potuto convincerlo di non essere spaventata. Mi pentii di quel pensiero non appena lo formulai.
«Non puoi, io sento tutto quello che provi tu. I tuoi pensieri, le tue emozioni, tutto, è tutto mio» rispose, «E sentire la tua voce spaventata è piacevole» aggiunse, con quel tono scherzoso che mi irritava tantissimo.
«Chi sei?» chiesi di nuovo. Il fatto che potesse sentire tutte quelle cose mi spaventava sempre di più. Ormai mi chiedevo se ci fosse un limite alla paura che una persona può provare.
«No, in effetti non c’è» ridacchiò, «Ma è tempo di presentarmi, non collaboro mai senza dire chi sono».
Collaborare? Come poteva solo pensare che avrei collaborato con… Con qualunque cosa fosse?
«Lo farai, lo fanno sempre tutti» rispose, tranquillo.
«Tutti? Hai… Hai già preso altre persone?» chiesi. Quanti altri avevano subito quell’orrore, prima di me?
«Oh, tantissimi. Ma non sono io che vi prendo, siete voi che venite da me» spiegò.
«Noi? Io non sono andata da nessuna parte!» risposi.
«Non in senso letterale» disse.
Continuavo a non capire.
«Ma dicevo, è arrivato il momento delle presentazioni. Di te so tutto, ovviamente, so cose di te che nemmeno tu sai. Io…»
«Non è possibile! Tu non puoi sapere niente di me» lo interruppi, ma non ne ero totalmente sicura nemmeno io.
«Io sono, non mi interrompere, la Paura» disse.
«La… Cosa?» chiesi. Il mio cuore non avrebbe resistito ancora per molto, me lo sentivo.
«La Paura. Il Buio, le Ombre, i mostri sotto al letto o nell’armadio, o lo Specchio, chiamami come vuoi. Anche se preferisco “La Paura”, ha un suono così bello e credo che mi rispecchi nel modo migliore».
All’improvviso ricordai dove avevo già sentito quella voce: era il “dottore” dal quale mia madre mi aveva mandato, pensando che fossi pazza. Niente aveva più senso.
Non gli dissi che l’avevo riconosciuto, tanto sicuramente lo sapeva già.
«Ma come puoi essere la paura? La paura non è un essere umano, non ha un corpo!» dissi.
A questo punto rise, come se avessi detto la battuta più divertente del mondo. Io non mi stavo divertendo proprio per niente.
«Ti sembra che io abbia un corpo?» chiese.
In effetti non lo vedevo e non capivo da dove venisse la voce, ma prima avevo visto i suoi occhi. Di quello ne ero più che sicura.
«Gli occhi? Oh, questi sono solo piccoli trucchetti. Anche a me piace divertirmi!» rispose ancora prima che potessi dirlo ad alta voce.
«Sei uno spettro» conclusi, pensando al flusso d’aria di prima.
«Un altro trucchetto» disse con voce annoiata.
Continuava a prendersi gioco di me, non lo sopportavo. «Chi sei?» chiesi, per l’ennesima volta.
«Te l’ho detto!» rispose con lo stesso tono di voce, «Sono la Paura».
Quelle ultime tre parole mi colpirono come uno schiaffo. Non era possibile. Doveva essere solo uno scherzo crudele del mio cervello.
«Oh, hai sentito benissimo» disse, e a quel punto non c’erano più dubbi.
«Mamma?» mormorai, con un filo di voce. 







Ciao a tutti! Spero che questo capitolo vi piaccia. Ringrazio chi segue la storia e recensisce, ma anche chi l'ha messe tra preferite o ricordate e chi legge in silenzio. 
Mi trovate su facebook: Sofia Meow, Twitter: @_sofimeow e su Ask: http://ask.fm/ksjfhgkjdfshg
 
Ancora grazie a tutti, a presto con il prossimo capitolo! 
   
 
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