“Fondiamo una scuola!”
Alle volte, Salazar si
chiedeva con quale criterio scegliesse gli amici.
Una fredda mattina d’inizio
febbraio fu quella che mise maggiormente alla prova la sua intelligenza.
Il mago biondo sollevò
gli occhi dal volume che teneva tra le mani, fissando il nuovo venuto da sopra
gli occhiali leggeri.
Il suo compagno di
stanza, tale Godric Gryffindor, uno dei suoi migliori sorrisi entusiasti
dipinti in volto, continuava a tenere fisso il proprio sguardo nel suo, gli occhi
azzurri accesi dalla frenesia di quell’ulteriore, pazzesca follia momentanea.
“Prego?” chiese a sua
volta Salazar, auspicando fosse solo un capriccio. L’ennesimo.
Il sorriso di Godric
si accentuò. “Fondiamo. Una. Scuola” scandì parola per parola, chiudendo la
porta e avanzando verso la poltrona di fronte al camino, dove Salazar stava
chinando il capo mestamente.
Di sicuro, gli rispose una voce alla domanda inespressa, mentre Salazar sospirando
si preparava ad ascoltare quel visionario del suo amico, non per l’intelligenza dei candidati.
“Dimmi un po’, tu”
disse riponendo il libro sul tavolinetto al suo fianco e togliendosi anche gli
occhiali “Il decotto di Helga era forse fallace?” indagò con interesse “O come
tuo solito l’hai gettato senza neppure provare a fingere di berlo?”
Godric aggrottò le
sopracciglia, per poi esibire un’espressione profondamente indignata. “Io non
fingerei mai una cosa del genere. E
comunque, la cara Hufflepuff non se n’è andata finchè non… cioè!” si corresse portandosi una mano a scompigliare la zazzera
rossastra che si ostinava a definire capelli, disturbato dal sogghigno del suo
amico “Perché questa domanda? Merito forse tale sospetto, messer Occhiocritico?”
“È palese che tu sia
ancora ubriaco” rispose Salazar alzandosi e andando verso la finestra, per
versarsi del liquore. Senza l’aiuto di un
po’ d’alcool, sarebbe davvero difficile continuare a seguire questa
conversazione, si disse.
“Non sono ubriaco!”
protestò Godric pestando i piedi. Si arrampicò sul tavolo al centro della sala
e acciambellò le gambe, fissandolo bieco. “E ne voglio uno anche io” brontolò
poi.
Salazar sghignazzò, i capelli lunghi, di un biondo quasi
evanescente, che sussultarono sulle sue spalle. “Ragazzino” sorrise.
“Ti ho sentito!”
strepitò Godric facendogli la linguaccia. Salazar imitò la smorfia, ma il
sorriso non abbandonò il suo volto.
Era anche per questo
che continuava a frequentare quello scapestrato di un Gryffindor. Perché oltre
ad essere ormai parte della sua vita da tanto di quel tempo che faticava a
rammentare il periodo che aveva vissuto privo della sua compagnia, Godric aveva
lo straordinario potere di allontanare le ombre del suo animo. Non tanto per
l’aspetto da figlio di Elios, come scherzosamente amava chiamarlo Rowena,
quanto per quella nobiltà d’animo, quel sorriso genuino e quell’aria allegra,
entusiasta, piena di meraviglia, che sapeva catturare chiunque aveva
l’occasione di conoscerlo.
Tutto il contrario del
carattere di Salazar Slytherin: un tipo schivo, introspettivo, manipolatore, a
tratti anche egoista. Poche erano le persone che avevano desiderato e ottenuto
la sua amicizia, abbattendo i suoi pregiudizi e le sue ritrosie, eppure quello
stupido di un Gryffindor non si era mai arreso, nonostante da parte del biondo
non vi erano mai stati segni di apprezzamento per tutte quelle attenzioni.
Alla fine, era
successo e basta. Erano diventati amici così, senza un vero perché, almeno da
parte di Salazar.
Da un certo punto di
vista, era stato semplice.
“Lord Slytherin!”
berciò Godric fintamente scandalizzato, portandosi una mano al petto e l’altra
al naso, iniziando a parlare con una vocetta stridula “Così si comporta un
membro della nostra nobile famiglia? Una linguaccia? Alla sua età? Il vostro
pro-pro-pro-pro-pro-pro…”
“Finito?” sbuffò
Salazar. Era abituato alle prese in giro del compagno sulla sua famiglia; a
detta di Godric, erano insopportabilmente tediosi e legati alle questioni dei legami
di sangue e purezza della stirpe. E inoltre, il talento del rosso nell’imitare
sua madre era notevolmente irritante per le povere orecchie di Salazar.
“…
pro-pro-pro-pro-pro-pro…”
"Sì, ho capito, un qualche mio illustrissimo, uggioso antenato si starà
rivoltando nella tomba piangendo lacrime amare, fredde come la morte e rosse
come il sangue perché il suo ultimo discendente ha avuto l’ardire di scegliere
un tale imbecille quale Godric
Gryffindor come amico” lo zittì Salazar con un gesto vago della mano “Mi piange
il cuore, la mente e persino lo stomaco. Ora, siccome so che quella tua mente
bacata non ha dimenticato il nucleo di questa conversazione, torniamo al suo
apice: come accidenti ti è venuta un’idea del genere da sobrio?”
Godric fece una
smorfia, arrossendo leggermente. “Non ero esattamente nel pieno delle mie
facoltà…” si costrinse ad ammettere, grattandosi la corta barba.
Salazar non represse
la sua risata, strozzandosi con il liquido ambrato.
“Tuttavia” continuò
l’amico alzando di un’ottava la voce “L’idea mi ronzava in testa già da un po’”
“So che sto per
commettere un terribile sbaglio nel darti modo di continuare questa
conversazione, ma perché?”
“Come perché?” esclamò
Godric sgranando gli occhi. Lasciò penzolare una gamba fuori dal tavolo,
iniziando ad agitare le braccia “Zarry, ti rendi conto di quello che sto
dicendo? Istruire giovani menti, perfezionare la magia, migliorare! Trasformare
intere generazioni di fanciulli in maghi e streghe che innalzeranno il grande
nome dell’Inghilterra!” elencò, gli occhi che brillavano.
Salazar posò il
bicchiere e tornò alla sua poltrona. “Primo: chiamami un’altra volta Zarry e ti
affatturo” iniziò mostrando un pallido dito “Secondo: nessuno sano di mente
vorrebbe che tu insegnassi ai propri
figli. Nessuno, Gerry. E in
conclusione, desidero conoscere qual sia il vero motivo”
Godric si morse il
labbro, spostando lo sguardo verso la finestra, perdendo la sua frenesia.
Salazar lo studiò in
silenzio; infine si alzò nuovamente e prese dalla dispensa un piatto d’argento
finemente decorato, che porse a Godric. Lui chinò il capo osservandone il
contenuto, e gli sorrise. “Pensavo li avessi buttati” disse, prendendo uno dei
biscotti che Salazar gli offriva: erano bruciacchiati, duri e deformi.
Salazar alzò le
spalle. “Almeno sono mangiabili. Non come quelli che mi hai propinato l’ultima
volta”
Godric stiracchiò un
sorriso. “La cucina non è propriamente mansione di un uomo”
“Se lo verrà a sapere
Helga, o peggio ancora la Ravenclaw, non sono così certo di poter consegnare
alla tua famiglia qualche brandello del tuo corpo” lo mise in guardia Salazar,
tornando a sedersi riprendendo il libro.
Godric borbottò
qualcosa d’ indecifrabile, rosicchiando il biscotto.
“Pueah!” sputò,
guardando malissimo il dolce. “Ma sono orribili!”
L’altro alzò le
spalle, addentandone uno e spezzandolo con un deciso schiocco, che Godric non
seppe capire se della pastafrolla o della sua mandibola. Gli rivolse
un’ulteriore smorfia di disgusto vedendolo ingoiare il boccone, prima di
voltarsi verso la libreria e tacere per qualche tempo.
“L’hanno uccisa”
confessò dopo un po’ Godric.
Salazar non mutò nulla
nella sua espressione ma Godric sapeva che stava cercando di capire di chi
parlasse. “So che non ti ricordi di lei” rispose quindi con un sorriso mesto
“Parlo della bambina, quella piccina con i capelli scuri che abbiamo incontrato
qualche settimana fa”
L’altro restò in
silenzio.
“Aveva… forse dieci, o
undici anni. Non controllava i suoi poteri molto bene, e così l’ho aiutata; tu
eri in città con le ragazze, non potevi vederla. Vederci. Le ho insegnato a controllare le fiamme, e lei mi ha
ringraziato con dei non-ti-scordar-di-me. Aveva una risata così genuina…”.
Chiuse gli occhi un secondo, poi riprese. “Ieri sono tornato a trovarla a casa.
Ma… lei non c’era più. O meglio, c’era ma era…”
“Ho capito” lo
interruppe Salazar.
Lui scosse il capo,
alterandosi. “Non puoi capire,
Salazar. Era stata uccisa, dalla gente del villaggio! Dal suo stesso padre,
capisci? E l’ha confessato lui! Ed è stata colpa mia!” gemette portandosi le
mani alle tempie “Mi ha detto che la figlia gli ha mostrato il mio sortilegio,
e che poteva… insomma, nei bambini si manifesta nella pueritia l’attitudine alla magia, no? Ma lei l’aveva tenuta
nascosta e… e poi io…”
Salazar gli si
avvicinò per posargli una mano sulla spalla. “Godric, non attribuirti colpe che
non hai” gli disse semplicemente “Tu hai fatto ciò che ritenevi giusto. Se
quella f… se i Babbani sono così disgustosamente superficiali e violenti, spaventanti
da ciò che non si sforzano di comprendere, non puoi fartene una colpa. E la
morte di Xenia non è stata colpa tua. Sarebbe successo anche senza il tuo
insegnamento. Tu lei hai mostrato come controllare il fuoco: pensa se avesse
perso il controllo a casa, uccidendo la sua famiglia, portandosi dietro questo
peso per il resto della vita”
“Ma è stata colpa mia,
dopotutto…”
“No, Godric, accidenti
a te!” sbottò Salazar adirato, allontanandosi di scatto “Tu e il tuo
stramaledetto vittimismo del diavolo! Non sei il salvatore dell’umanità, cerca
di imprimere questo in quella tua
testaccia vuota! Non dipende tutto da te, né ciò che va bene né, in
particolare, ciò che va male! Quel padre sapeva dei poteri della figlia, e già da
qualche tempo progettava il suo assassinio!”
Godric alzò lo sguardo
e lo fissò. “Come lo sai?”
Salazar lo fissò di
sbieco. “Sono il tuo migliore amico, Godric. Quando ieri mattina sei uscito di
soppiatto, chi credi ti abbia seguito per far star tranquilla la tua ragazza?”
“Tu…”
“Già” sbottò Salazar
“E sinceramente non capisco come tu abbia fatto a non uccidere quella feccia!”
“Beh, non è che
l’abbia proprio lasciato andare via con le sue gambe” replicò Godric
scaldandosi.
Salazar sbottò in una
risata di scherno. “Bella risoluzione, sfidarlo a duello con quella spada e
lasciarlo andare con un misero paio di graffi!” replicò l’altro, indicando con
un gesto stizzito la lama dell’amico, che pendeva al suo fianco “Ma tranquillo,
se può consolarti, il Babbano le sue gambe non le potrà utilizzare mai più”
Godric scattò in
piedi, la bacchetta alla mano. “Cos’hai fatto, Salazar?” chiese minaccioso.
Salazar fissò la
bacchetta, per poi spostarla con un gesto della mano dal suo petto. “Godric,
mettila via. Sarai anche il miglior Duellante dell’Inghilterra, ma io so
tenerti testa egregiamente”
“Salazar, non puoi
aver…”
“Non l’ho ucciso se è
questo che temi, ok? Non ho toccato l’assassino di quella povera ragazzina!”
sbottò Salazar dandogli le spalle e avviandosi alla finestra “Gli ho lanciato
una maledizione” ammise controvoglia “Una blanda, facilmente identificabile,
che può essere tolta da qualsiasi mago o strega voglia. L’unica pecca è che
l’uomo deve chiedere a un mago o a
una strega di farlo, altrimenti non potrà camminare mai più da solo”
Godric rimase a
fissarlo, severo. Era contro ogni tipo di violenze sui Non-Maghi, e il biondo
ne era ben consapevole.
Eppure, una parte di
lui era piacevolmente colpita.
Conosceva Salazar e il
suo temperamento: non l’avrebbe mai ammesso, il suo amico, ma era molto, molto più istintivo di lui. Durante le
azioni agiva e basta, scattando con la stessa rapidità di un serpente. E, punto
di attrito tra loro, Salazar non disdegnava né l’uso della violenza né quello
della morte come punizione per i torti subiti.
Per Salazar era meglio
eliminare alla radice il problema, non servivano a nulla le seconde
possibilità. Gli errori commessi erano indice di un dato carattere, di una
determinata indole che non poteva essere modificata in alcun modo. Per il suo
amico, uccidere non era mai stato un grande problema, mentre al contrario per Godric
rappresentava la più grande delle paure.
Alle volte, contro la
sua volontà, avrebbe davvero voluto avere la freddezza mentale, l’attitudine
che il suo compagno mostrava nell’uccidere.
Eppure, nonostante le
infinite discussioni sull’argomento, le litigate, i duelli, Salazar aveva punito, e non ucciso, questa volta.
E Godric sapeva
perché.
Un calore piacevole,
nonostante tutto, gli si propagò nel petto.
Stava per prendere la
parola, quando la porta della loro stanza si aprì e una donna bionda con un
ricco vestito chiaro si stagliò sulla soglia, le mani ai fianchi e
l’espressione furente.
“Ma insomma!” esordì
indignata “Vi rendete conto di quanto baccano state facendo?”
I suoi occhi nocciola
percorsero la sala, spostandosi dalla figura del biondo, che la fissava scuro
in volto dal riflesso dello specchio, al mago a lei più vicino con la bacchetta
sguainata.
Fece schioccare la
lingua contro il palato. “Per l’amor del cielo, Godric, rinfodera la bacchetta
prima che te la faccia ingoiare. E tu, Salazar, smettila di tenere il broncio e
chiedi scusa se hai fatto qualcosa”
“Io?! Ma se io non ho fatto niente!” esclamò il
biondo voltandosi di scatto, stizzito. Puntò l’indice contro Godric “Prenditela
con lui, Helga!”
“Io me la prendo sempre con lui, perché combina casini.
Tu, che sei il tipo razionale, dovresti controllarlo” replicò quella, entrando
definitivamente nella stanza.
“Cosa?!” esclamò
indignato Godric “Ma…”
“Perché devo fargli da
balia?” lo interruppe Salazar.
“Ehi!”
“Perché se lo faccio
io, lo uccido!”
“Ma Helga!”
“E io che dovrei fare,
secondo te? Non ascolta nessuno, è talmente ottuso!”
“Prego?! Zarry, tu sai dicendo questo di me?”
“Allora Schiantalo!”
“SILENCIO!”
Le urla dei tre
presenti si arrestarono mentre le loro bocche ancora si muovevano. Poi,
rendendosi conto dell’incantesimo che gravava su di loro, i tre si voltarono
verso la quarta figura entrata nella camera.
Rowena Ravenclaw si
stagliava in tutta la sua algida altezza sulla porta, bacchetta alla mano e occhi
colmi d’ira. I tre si scambiarono uno sguardo allarmato.
Godric e Salazar si
avvicinarono, tentando di rimpicciolire sul posto e contemporaneamente far fronte
comune contro quella calamità naturale che era la furia della Ravenclaw, mettendosi
anche spalla a spalla e mostrandosi più contriti e pentiti che mai.
Alla vista, Helga alzò
lo sguardo al cielo, scandendo con le labbra un “Conigli!” che non sfuggì ai
due, passando poi a studiare l’amica.
“Io stavo studiando” iniziò Rowena avanzando nella
saletta, ponendo l’accento con attenzione il participio “Perché non potete
litigare in silenzio?”
Un gesto imperioso
della bacchetta e Helga riacquistò l’uso della parola. “Rowena, io mostrerei
pacatezza nello scegliere le amicizie in futuro, perché di sicuro quella di Sir
Gryffindor e del suo degno compare si sono rivelate deludenti, visto che sommando
le loro età mentali si rivelano essere ancora infanti” berciò Helga scontenta.
Rowena annuì.
“Decisamente. Ancora non comprendo come abbiamo potuto decidere di goderci un
periodo di villeggiatura tutti e quattro insieme”
“Sono salita qui
perché litigavano come bambini” spiegò la donna tornando al problema “Come al
solito, aggiungerei. Visto che non riuscivo a concentrarmi neanche io, sono salita
a vedere”
“E ci sei finita
dentro anche tu, come al solito” la rimbrottò Rowena, fulminando però solo i
due uomini. “Di cosa stavate parlando, se posso?”
Il secondo a essere
liberato fu Salazar, con profonda indignazione di Godric.
“Il tuo spasimante ha
avuto un’ulteriore illuminazione. Fossi in te, ci penserei due volte prima di
accettare la sua proposta, cara Rowena” disse Salazar, provocando in Godric un
rossore diffuso. Lo stregone decise che il prossimo argomento da affrontare con
il suo migliore amico sarebbe dovuto essere la cooperazione maschile, e il non
infangare l’onore e i sentimenti degli amici rivelando i segreti a chiunque
solo per vendetta.
“Forse hai ragione”
sospirò Rowena. Godric spalancò la bocca, orripilato.
“Che ha combinato
stavolta?” domandò Helga con un mezzo sorriso.
“Vuole fondare una
scuola di magia” replicò Salazar indicandolo con il pollice.
“Solo magia? Pensavo
più di stregoneria, conoscendo il tuo temperamento suscettibile” disse Helga.
“Non mi ha ancora
illustrato tutti i dettagli, ma penso che voglia più corsi pratici che teorici”
sghignazzò Salazar.
“E chi pensi potrebbe
mai pensare di affidarti i propri eredi, Godric?” chiese Rowena. “Diverrebbero
tutti quanti degli scavezzacollo senza controllo, salvatori della patria e
guerrieri delle cause perse”
“Suvvia, Rowena, non
essere severa” replicò Helga. Tra i quattro, Helga era la più forte, caratterialmente
parlando, e la più giusta: era l’unica in grado di far ragionare tutti e
quattro, nelle liti o nei momenti di massima euforia. Nessuno dei tre l’avrebbe
mai ammesso ad alta voce, ma era da tutti considerata una sorta di madre,
indispensabile per loro.
Godric la fissò con le
lacrime agli occhi, grato e impossibilitato a esprimere il suo apprezzamento.
“Voglio dire, tutti
noi conosciamo il caratteraccio di Godric, ma ormai abbiamo imparato ad
accettarlo. E i bambini sarebbero contenti di stare con lui, che è più immaturo
di un fanciullo” continuò Helga “Forse nessuno di noi tre deciderebbe
affidargli la cura del proprio erede… beh, ora come ora devo dire che hai avuto
un bel coraggio nell’accettare la sua corte. Hai intenzione di avere dei figli,
con lui?”
“Helga, ti sembra un
argomento da trattare in pubblico?” esclamò Salazar, arricciando il naso.
“Spero di no” disse
Rowena “Circe mi assista, mi sento esausta al solo pensiero…”
“Se avete finito di
prendermi per i fondelli!” gridò Godric, che finalmente si era ricordato di
essere un mago a sua volta e si era liberato da sé dall’incantesimo “Vorreste
ascoltarmi un secondo?”
I tre gli rivolsero
angelici sorrisi entusiasti.
“Falsi e bugiardi”
mugugnò Godric mentre Helga prendeva posto nella poltrona di Salazar e Rowena
si accovacciava accanto al camino. Salazar si appoggiò alla libreria, e lo
invitò a procedere con un gesto della mano e un ghigno di sfida.
Godric assottigliò gli
occhi e puntò l’indice contro di lui; l’amico sollevò i palmi delle mani, chiedendo
venia.
“Dunque… la mia
intenzione è semplice. Voglio… pensavo di fondare una scuola di magia e
stregoneria, dove accogliere le giovani streghe e i giovani maghi, allenandoli
e insegnando loro come controllare i propri poteri, e avviandoli a una giusta
carriera nel nostro mondo”
Scrutò il pubblico uno
per uno, poi batté i palmi per dissimulare l’ansia. “Beh? Opinioni? Pareri?”
Rowena si voltò verso
Helga. “Ma ha preso il…?”
“Non sono ubriaco!”
urlò Godric arrossendo, mentre Salazar scoppiava a ridere tanto forte da spaventare
il gufo reale fino a quel momento addormentato sull’armadio.
Helga alzò una mano,
facendo zittire le proteste ma non la risata del biondo. “Non è una brutta
idea, invece” lo appoggiò cauta “Solo, non credo assolutamente che tu, da solo,
possa farcela”
“Solo? No! Cioè, ma
non avete capito?” si infervorò Godric “Noi quattro! Noi quattro, tutti insieme!”
Le due si scambiarono
uno sguardo di muta sorpresa, voltandosi verso Salazar successivamente; questi
scrollò le spalle, come a dire che fosse una cosa implicita.
Godric continuò di
getto. “Helga, tu qui dentro sei quella che più di tutti potrebbe essere
considerata una buona tutrice. Inoltre sei la miglior Pozionista che la nostra
patria conosca da quattrocento anni. Per non parlare della facilità con cui ti
occupi degli animali… E tu, mia meravigliosa Rowena!” esclamò passando alla
strega corvina, che lo fissava con un mezzo sorriso sul volto, afferrandole la
mano. “Nessuno, nessuno è più eccelso di te nell’arte della Trasfigurazione, o nello
studio dei movimenti celesti. E la tua sete di sapere è pressoché infinita. La
tua mente è fine e acuta, tanto da aver meritato l’appellativi di Sapiente.
Immagini come potrebbe essere immensa la gioia nel far crescere mille e mille
ragazzi secondo i tuoi insegnamenti?”
“E poi tu, Salazar,
amico mio!” esclamò con entusiasmo, avvicinandosi all’uomo “Non c’è persona più
dotata di te negli Incantesimi, o più interessata all’uso delle piante, o
all’indagine delle forze bianche contro quelle oscure! Per non parlare del tuo
talento nel volo!” disse con orgoglio, strappando un mezzo sorriso all’amico.
“Pensate, potreste
fare cose straordinarie! Influenzare generazioni e generazioni!”
“E tu?” intervenne
divertito Salazar “Ti sei scordato i tuoi talenti, quando non passa giorno che
tu non ce ne renda partecipe?”
“Beh… io so lottare. E
parlare diverse lingue” disse Godric, riflettendoci attentamente. “Credo sia
tutto, se si esclude la mia innata capacità di cacciarmi nei guai”
“Sei un più che valido
Pozionista anche tu, Ric” lo incoraggiò Helga “E conosci le piante tanto quanto
Salazar”
“Mi ha insegnato lui, in realtà” ammise il rosso.
“Sei uno dei più
grandi oppositori della magia oscura” interenne Salazar con un sorriso “E uno
stregone tra i più eccelsi”
“E hai inventato più
incantesimi tu, da solo, che noi tre messi insieme” concluse Rowena “Non
disprezzare i tuoi reali doni, Godric”
“Sei l’anima del
nostro gruppo” concluse Salazar con un sorriso sincero “Un’anima sciocca,
irascibile e purtroppo per noi, insostituibile”
“Già, se mai dovessimo
fondare una tale scuola, sicuramente saresti il preside” lo blandì Helga.
Godric la guardò con profondo orrore, scuotendo il capo. “E lei, messer
Salazar, non si tenga quel buon vecchio barricato tutto per lei e me ne versi
una dose abbondante”
“Subito, domina” sghignazzò quello con un breve
inchino.
“Quindi?” chiese
entusiasta Godric “Siete d’accordo?”
Rowena alzò gli occhi
al cielo, ma sorrise e gli si accostò, carezzandogli il braccio. “Non è così
facile, caro” lo riprese saccente, sorridendo “Prima dovremmo trovare un luogo
opportuno…”
“Mi mancano le forze
al solo pensiero” disse Helga prendendo il bicchiere dalle mani del compagno
“Non solo per le ricerche di un siffatto sito, che dev’essere protetto e lontano
dai centri urbani, ma anche per i milioni d’incantesimi protettivi da
applicarvi, quelli per renderlo accessibile…”
“Per non parlare di
come rendere nota l’esistenza di tale luogo” concordò Salazar “Non mi
sembrerebbe opportuno emanare un bando, o sbaglio? Penso che segretezza debba
essere la nostra parola d’ordine, per tutelare i nostri studenti”
Godric lo fissò un
momento, poi annuì al suo indirizzo. Salazar replicò il gesto e poi si sedette
al tavolo, penna e pergamena strette tra le mani.
“E le lezioni? E la
selezione degli studenti?” rifletté Rowena, pensierosa. “Ognuno di noi ha doti
particolari, ma non credo sia utile per la formazione di un mago completo
studiare semplicemente le materie del loro precettore. Noi tutti abbiamo avuto
un’educazione completa, no?”
“Sì, ma dai nostri
tutori, che ci seguivano personalmente” replicò Godric “No, la cosa migliore è
che tutti noi insegnassimo a tutti”
“Sarebbe uno spreco di
tempo e di energie, Ric” lo contraddisse Helga “Ognuno di noi dovrebbe avere un
piccolo gruppo che lo segua e cui dedicarsi. Non pensare che sia così facile
badare a degli infanti”
“Beh, potremmo
insegnare a turno a tutti i gruppi” propose l’uomo “Con un piano ben
organizzato, e con pochi studenti alla volta… una ventina, massimo trenta
scelti personalmente da noi”
“In base a cosa?”
chiese Helga.
“Nessuno sceglie con imparzialità
nella vita, cara amica” disse saggiamente l’altra “Ognuno di noi sceglierà in
base alle anime che sentirà più affine”
“Non sono d’accordo”
rispose Helga “A tutti va data una possibilità, se mostra volontà e impegno”
Godric, suo malgrado,
chinò il capo. “Non saprei… io preferirei insegnare a chi è disposto a lottare
con unghie e con i denti per ciò in cui crede” ammise “Non concepisco atti di
codarderia…”
“Alle volte, la viltà
è l’unico modo che si ha per agire saggiamente” intervenne Rowena.
“Concordo” replicò
Salazar “Se tu fossi stato vile, quando hai affrontato quell’Acromantula, non
avresti passato otto mesi al letto lottando contro la morte”
Il rosso fece per
aprire bocca ma la richiuse. Sapeva che l’episodio bruciava ancora nel cuore
dell’amico, che l’aveva visto quasi morire davanti ai suoi occhi. Spesso si
chiedeva cosa avrebbe mai potuto provare lui a parti invertite, e ogni volta
era una stilettata al cuore.
Rowena porse anche a
lui un bicchiere, per poi portarne uno a Salazar. “Beh, che dire, Sir
Gryffindor: credo che sia la prima volta che il suo intelletto partorisce un
qualcosa di sensato e realizzabile”
“Molto gentile da
parte sua, caro il mio DonodelCielo” replicò lui alzando il calice.
Passò in rassegna i
suoi compagni, poi sorrise. “Quindi, è fatta. Si fonda una Scuola”
“Eccolo che riparte”
sospirò Helga con un sorriso affettuoso.
Rowena rise, allegra.
“Finiamo questa vacanza, Godric. Dopo, se non vorrai andare a caccia di draghi
e sarai ancora della stessa opinione, ci rifletteremo seriamente”
L’uomo nascose il
broncio nel suo bicchiere. “Però sarebbe bello…” bofonchiò, mentre le due donne
iniziavano una nuova discussione sulle ultime ricerche di Rowena.
Godric si avvicinò a
Salazar, ancora intento a tracciare righe scure sul foglio. Spiò i suoi
progressi da sopra la sua spalla, e incuriosito domandò cosa fosse.
Salazar sorrise. “La nostra scuola” spiegò, mostrando uno schizzò
accurato di uno strano castello tutto torri e torrette, che troneggiava da
un’altura su un lago.
Godric rise di cuore.
“Mi piace! Ma non dovremmo scegliere tutti insieme il nome?”
“O scelgo il nome
della scuola, o quello dei tuoi figli” lo minacciò scherzosamente Salazar.
La risata del rosso
crebbe d’intensità, facendo voltare anche le due dame.
Sollevò il calice per
brindare, fissando l’amico negli occhi.
“A Hogwarts” proclamò
solenne “Con la speranza che divenga reale”
“E che sia per sempre
una casa, per chiunque ne abbia bisogno” concluse Salazar, facendo toccare i
due calici con un luccichio divertito nelle iridi scure.
L’Angolino che Vorrei:
Buonsalve a chiunque
sia arrivato sin qui.
Mio primo scritto
completo su questo splendido fandom con cui sono cresciuta, e mio primo reale
contatto con personaggi “secondari” di tale grandezza come i Quattro Fondatori.
Salazar è la
babysitter di Godric, Rowena è il sogno dei sogni di Godric e Helga la sorella
maggiore di Godric: il fatto che Zarry lo definisca il cuore del gruppo è probabilmente
dovuto agli infarti che con le sue stronzate avventure fa provare a
tutti e tre.
Gryffindor&Slytherin
Best Friend 4ever è sempre stato un pallino fisso nel mio cervello, e
finalmente gli ho dato sfogo. Il perché Godric mi ricordi caratterialmente
James Potter rimarrà un mistero, ma vabbbbeh. Gli accenni lievi alla
RowenaxGodric sono venuti fuori dal Cappello Parlante, mentre spero di aver
reso i caratteri di ciascuno di loro con chiarezza: già da queste righe si
vedono i differenti tipi di approcci e di qualità ricercate dai quattro, motivi
che porteranno in seguito alla distruzione del gruppo. Inoltre, sono decisamente e volutemente infantili, modellati con sottofondo musicale de L'Ordine della Fenice.
Rowena e Salazar li ho
sempre ritenuti più simili di quanto non appaiano; mi piaceva l’idea di
imparentarli in qualche modo (tra le chiacchiere preparatorie, è venuta fuori
anche l’ipotesi di una parentela comune con Merlino). I soprannomi vari, tra
cui Zarry e Gerry sono un omaggio ai nomi in codice delle mie amiche.
Xenia, “doni per gli
ospiti” dei Saturnali latini, viene fuori da un vecchio scritto; Salazar sa di
lei perché è un Legimes, e perché ha assistito allo scontro tra Godric e il
padre della ragazza. Non mette al corrente del reale motivo le due donne perché
conosce Godric “da una vita” e sa che non vuole che le sue debolezze e le sue
ansie siano messe a nudo, ma si vendica sbandierando i sentimenti di Rowena. Forse la motivazione del Campione è il semplice desiderio di purificare la propria coscenza, ma solo Zarry potrà saperlo.
Tra parentesi, il
concetto di Hogwarts=casa per lo Slytherin è dovuto al fatto che non ha mai
considerato la propria famiglia come tale. La sua casa sono i suoi quattro
amici, e la sua cameretta è Godric, un classico.
Vorrei tanto
continuare a scrivere di questo quartetto, ma non assicuro nulla. Per ora devo
dedicarmi a un esperimento creativo sempre su questo fandom.
Purtroppo, il disegno iniziale NON E' mio, ma l'ho trovato grazie al sito ZEROCHAN.NET
Sono ben accetti
critiche, idee, consigli e domande, al fine di perfezionare questi quattro
Campioni.
E che le immortali
parole del Preside Dumbledore “Nitwit! Blubber! Oddment! Tweak!” guidino le
nostre azioni.