Dunque, perché ti vai ad impelagare in altro,
quando hai mille cose da fare? Bella domanda XD
Quel che è fatto è fatto, l'ho iniziata mesi fa e mi sembrava il caso di non
attendere oltre...
Comunque questa non è una vera e propria long-fic, ma
non è neppure una raccolta di one-shot, diciamo che è
una via di mezzo, dodici storie per dodici mesi dell’anno per riuscire a
riportare un po’ di speranza e di amore nel cuore di marmo di Severus Snape.
Siamo tutti con te, Hermione!
:D
E come sempre, per qualsiasi cosa, commenti, pensieri, critiche costruttive e quant’altro vi viene in mente, non esitate a scrivermelo ;)
1 – Soltanto
un augurio
9 gennaio 2005
Hermione
Jean Granger stava curando alcune rose nel giardino
fuori l’ospedale, non sapeva perché avesse preso quell’abitudine, quella notte
di tanti anni prima qualcosa l’aveva attirata verso quei fiori così delicati e
profumati, forse era stata la luna che con la sua luce, come quella che c’era
quella sera, gli aveva donato un’aura particolare che l’aveva incantata.
Osservava
dei piccoli boccioli bianchi sporcati da alcuni tratti di un rosso così intenso
che per un attimo le parve sangue, lacrime porpora che scendevano dal suo viso
ormai da parecchio tempo, lacrime che le ricordavano quando, finita la
battaglia di Hogwarts, lo avevano trovato ancora vivo
ma agonizzante sul pavimento ricoperto di sangue. Sorridente perché finalmente
sarebbe tornato a guardare il viso della sua Lily.
Ormai
erano passati alcuni anni e il suo corpo giaceva ancora inerme sul candido
letto, immutato, come se il tempo in quella stanza non fosse passato, come se
la guerra fosse finita da neppure un giorno.
Hermione
invece era cresciuta, si era fatta donna, più dura e spigolosa che mai, – Ron
le diceva sempre che era la vicinanza con quell’uomo ad averla resa tale, e lei
lo guardava male ogni volta – ma riusciva ancora a sorridere, mentre gli parlava
nei suoi momenti liberi, sorrideva immaginando le parole che probabilmente le
avrebbe rivolto o gli incantesimi che le avrebbe lanciato, se l’avesse vista
pulirlo con cura o se l’avesse sentita leggergli dei libri, come se fosse la
madre di un bambino da mettere a letto al quale avrebbe raccontato una storia.
Forse
la storia di quella guerra finita ormai da anni.
Hermione
colse una rosa, bianca, dallo stelo forte, sapeva che erano state incantate
affinché un nuovo bocciolo spuntasse al posto di quello reciso.
Ormai
quello era diventato un rituale, ogni anno si riprometteva che avrebbe
coltivato da sé la sua rosa, e ogni anno puntualmente finiva davanti a quel
cespuglio a prenderne una in prestito – “rubare” sarebbe stato più corretto da
dire, visto che non avrebbe restituito un bel niente, per questo erano state
incantate – col suo lavoro e i suoi studi riusciva a malapena a respirare, e il
suo tempo libero lo passava per la maggior parte in quella stanza così bianca
da accecare la vista.
Ginny e
Luna avevano provato a farla vivere un po’, ma lei era irremovibile, neppure
Harry o Ron erano riusciti a strapparla da quella sedia anonima, diceva che era
il minimo che potesse fare per lui che aveva fatto così tanto per loro.
Fortunatamente aveva il suo lavoro che ogni tanto la distraeva.
«Buongiorno,
professore,» disse non appena entrò in quella camera del quarto piano che
avevano riservato soltanto per lui, ma, come sempre, non ricevette risposta.
Quella,
però, era una notte particolare, ed Hermione non
poteva fare a meno di sorridere, nonostante non fosse la situazione ideale per
farlo, ma non riusciva a tenere ferme le labbra, soprattutto se iniziava ad
immaginarsi ogni possibile singola reazione del mago disteso sulle candide
lenzuola che coprivano il suo respiro regolare senza ovattarlo.
Un
rintocco non troppo lontano ruppe quel silenzio, ed Hermione
si ritrovò nuovamente a sorridere, un sorriso più ampio, luminoso, come se
volesse con quello dissipare ogni ombra nell’anima del mago, ma sapeva che non
sarebbe bastato.
«Buon
compleanno, professore!»
Si
avvicinò al letto per guardarlo meglio e non resistette alla tentazione di
toccare, di nuovo, la pelle del suo viso, era così delicata e fredda che non
riuscì a trattenere una lacrima che cadde sulle sue labbra. La guardò scivolare
lenta e fermarsi in una goccia salata che riluceva sotto i bagliori della luna
che entravano esigui dalla finestra.
Non
sapeva affermare con certezza quale motivo l’avesse spinta ad avvicinare la
bocca alla sua e assaporare quella lacrima che in quel frangente conteneva una
parte dell’essenza del mago.
Posò
la rosa in un piccolo vaso sul comodino vicino al letto, prese la bacchetta e
in un sussurro trasformò quei tratti rossi in sfumature nere che nella notte
incastonavano il bianco dei petali, reso più lucente da quei pochi raggi
splendenti della luna.
«Adesso
è più da lei.»
«Sono commosso da un tale slancio
d’affetto. Una rosa bianca e nera, per me? Che regalo originale. Sì, sono
davvero commosso» e avresti alzato entrambe le sopracciglia per questo. Anche un finto
sorriso non sarebbe male, sai?
«Sa,
professore, potrebbe dimostrarsi un tantino più gentile, e abbandonare per un
attimo acidità e sarcasmo» nuovamente non ci fu alcun movimento e nessuno
rispose.
Il
Medimago che si occupava di lui, le aveva detto che
ormai il veleno era debellato da tempo e la ferita del tutto guarita, il suo corpo
perfettamente sano, ma per qualche ragione a lui sconosciuta non si svegliava,
era come se non volesse farlo, ed Hermione sapeva
esattamente quale fosse il motivo.
Guardando
il corpo del mago attaccato a quelle macchine che risuonavano nella stanza al
ritmo del suo cuore, si ricordò del lungo processo che gli era stato fatto
senza che lui potesse partecipare ad una sola udienza, si ricordò della difesa
accorata che aveva fatto con Harry, il più combattivo di tutti, persino Minerva
disperata per non avergli mai dato quella fiducia che era primaria per Dumbledore, aveva fatto un’arringa difensiva dietro
l’altra, ed era pronta a Schiantare chiunque avesse affermato il contrario.
Dopo
mesi e mesi passati a dibattere era stato assolto dalle accuse che gli erano
state mosse.
Ancora,
però, si ritrova immobile in quel letto con nessuna intenzione di svegliarsi.
«Lo
sa che la vengono tutti a trovare? Sono poche le ore che passa in solitudine.»
Doveva essere come morto per non essere più solo, che strana ironia aveva a
volte la vita.
«Perfetto, adesso sono diventato una
reliquia da adorare. Venite a toccare il grosso naso della reliquia, si dice
che porti fortuna! In tutti questi anni dovrebbe essersi consumato» dovresti
controllare.
Hermione
Jean Granger, seduta vicino al letto che ospitava il
corpo del mago ormai in coma da anni, iniziò a ridere forte e in maniera poco
signorile, non riuscendo a trattenersi.
Severus Snape aveva le braccia inermi distese lungo i fianchi,
pallide come se fossero quelle di un morto, il petto si alzava e abbassava
regolarmente, c’era vita in lui, ma, nell’immobilità, sembrava non essere
intenzionato ad afferrarla.
Quanto
poteva dire di conoscere Severus?
Fino
a qualche anno fa non avrebbe saputo cosa rispondere con esattezza, invece adesso
avrebbe potuto fermarsi a riflettere per articolare una risposta sensata, ormai
conosceva la sua storia attraverso i ricordi di Harry, le sue parole e i
numerosi fatti emersi durante il processo.
Poteva
dire di sapere ogni cosa della vita di Severus, ma
quello non le avrebbe permesso di entrare nella sua anima, sperava di riuscirci
giorno dopo giorno passato in quella stanza, per provare a riportarlo indietro.
Vedeva
il suo viso rilassato, sulle labbra anche l’ombra di un sorriso, sembrava così
in quiete che la differenza era del tutto evidente persino a chi, come lei, non
si era mai accorta di tutta la sofferenza celata dietro quegli occhi neri
adesso nascosti al mondo.
Aveva
capito che i suoi sentimenti nei confronti di Snape
erano cambiati una sera di tanti anni prima sotto una luna così simile a quella
che poteva vedere appena da quella finestra, una sera in cui, nel buio dei
corridoi, si erano parlati per un attimo come se non ci fosse alcun confine tra
di loro, come se fossero soltanto due persone alla pari.
Era
stato un attimo, e a lei era bastato, un attimo che lui non avrebbe mai
ricordato, troppo stanco e sofferente quella sera che avrebbe parlato con
chiunque, e ora doveva fare i conti con quell’istante rinchiuso nel suo cuore
insieme a quei sentimenti che le avrebbero fatto compagnia per il resto dei
suoi giorni.
Era
destinata ad amare l’ombra di ciò che restava di un uomo.
«Io
l’avverto, professore, domani, o meglio oggi, vista l’ora, il Ministero è
deciso a festeggiare il suo compleanno per celebrare l’eroe che ha maggiormente
contribuito a sconfiggere Voldemort. Non credo che
gradirà questa ridicola festa, quindi le consiglio di svegliarsi e nascondersi
da qualche parte.»
Severus Snape continuava quel sonno calmo e profondo che durava da
anni, e vedendolo così in pace con se stesso nessuno avrebbe avuto il diritto
di ridestarlo.
«Meraviglioso! Dopo essere diventato una
reliquia, adesso mi aspetta anche la festa del patrono» si approfittano del
fatto che non puoi muoverti.
O non vuoi?
«Se
potessi, la porterei via di qui, almeno per risparmiarle questa idiozia.
Abbiamo provato io, Harry e la professoressa McGonagall
a far desistere il Ministero, persino Luna e Neville, la famiglia Weasley compreso Ron che è sempre stato abbastanza
riluttante nei suoi confronti. Anche Draco ha
espresso tutto il suo odio al Ministero per questa idea piuttosto infelice, ma
lui è stato irremovibile, ha detto che è necessario per tutti rendere gloria
agli eroi che hanno sacrificato se stessi per la pace.»
Le
gocce di un fluido chiaro scendevano lente da una sacca fino ad un piccolo tubo
trasparente che arrivava al braccio di Snape: era
l’unico nutrimento che lo teneva ancora in forze, per quante ne avesse bisogno
un uomo disteso su un letto ormai da anni.
Hermione
si rese conto che avrebbe voluto essere il suo nutrimento, della sua vita,
della sua anima. Del suo cuore.
Sospirò.
«Io
non parteciperò ad una cosa così ridicola. Se me lo chiedesse, però, potrei
rimanere qui con lei e non permettere a nessuno di avvicinarsi.»
«Rimani qui con me» non posso credere tu
le abbia detto quelle parole con un sorriso sulle labbra, anche se ruvido.
«Taci! Hai sentito male.»
«Lei,
però, non me lo chiederà mai.» Sorrise amaramente verso il mago immobile su
quel letto.
Quel
ticchettio ormai le era familiare, era un amico fidato col quale condividere
quelle ore, quell’attesa di un nulla che non si sarebbe mai realizzato, ciò che
la spaventava era non sentire più quel rumore perché avrebbe significato la
fine di ogni speranza, e lei voleva continuare a rimanere attaccata a
quell’unico barlume come lo era Severus alle
macchine.
«Mamma,
secondo te come nasce l’amore?» aveva chiesto Hermione
a sua madre un giorno che le sembrava un’eternità fa, prima di cancellarle
dalla memoria l’esistenza di una figlia.
«L’amore
nasce per caso, non ti avverte, basta uno sguardo, una parola, un gesto. Basta
una piccola scintilla e un po’ di vento, e divampa come un incendio» le aveva
risposto guardandola come una figlia per l’ultima volta.
A
lei erano bastate poche parole, labbra appena incurvate e una luna che non
poteva vedere per far accendere quel fuoco, e dopo tutti quegli anni non era
ancora riuscita a spegnerlo e ogni volta che entrava in quella stanza,
aumentava la sua convinzione che nulla lo avrebbe fermato.
Avrebbe
dovuto convivere per sempre con quel calore che le bruciava in petto.
Hermione
avvicinò una mano al viso di Snape per spostargli una
ciocca dalla fronte, la sua pelle era così fredda nonostante la stanza fosse
adeguatamente riscaldata. Posò le dita sulle sopracciglia che gli aveva visto
tante volte alzare, e probabilmente lo avrebbe fatto anche ora se avesse
assistito a quel gesto, o forse, più probabilmente, l’avrebbe Schiantata
all’istante, pensò Hermione con un sorriso sulle
labbra.
Accarezzò
entrambe le palpebre che celavano i suoi occhi.
«Darei
la mia vita pur di rivedere i suoi occhi» il suo era un flebile sussurro, ma
non l’avrebbe sentita neppure se avesse urlato.
«Questo si chiama… al momento mi sfugge
come si chiama, ma di sicuro c’è una qualche legge che vieta a qualcuno di toccare
qualcun altro senza il suo permesso.»
«Forse
mi considererebbe una pazza, e forse lo farebbero tutti se solo sapessero,» ma
ormai le era chiaro che tutti erano a conoscenza dei suoi sentimenti, come
poteva essere altrimenti, non si va al capezzale di un uomo tutti i giorni per
sette anni se non si prova qualcosa per lui, non era soltanto la sua indole da
futura Medimaga, ormai lo avevano capito tutti, anche
se cercava di tenere nascosto ciò che provava.
Voleva
toccargli le labbra, imprimere nella memoria ogni tratto di quella bocca, come
se fosse l’ultima volta che l’avrebbe vista, ma non osava farlo, le sembrava
quasi di violarlo in qualche modo, avrebbe voluto farlo mentre erano dischiuse
e il suo respiro caldo le avrebbe sfiorato le dita, ma erano immobili e
probabilmente non si sarebbero mosse mai più.
Si
mise seduta nuovamente e prese la rosa tra le dita, quella rosa che poco prima
aveva incantato per poterle ricordare Severus, il suo
volto diafano incorniciato dai lunghi capelli neri che adesso erano sparsi sul
cuscino, quel bianco sporcato dal nero dei suoi occhi così profondi e tristi.
Quegli
occhi che non avrebbe mai più rivisto.
Lei
però continuava a sperare che un giorno avrebbe nuovamente rivolto lo sguardo
al mondo, anche se era ben consapevole che non l’avrebbe vista come lei avrebbe
voluto essere guardata.
Si
chiese come fosse avere il suo sguardo innamorato su di sé.
«Come
ha fatto Lily a non accorgersi mai dei suoi sentimenti?» il ticchettio di quel
liquido denso continuava lento. «Lei però avrebbe anche potuto dichiararsi,
magari regalarle delle rose. Perché non l’ha mai fatto?» sapeva che nessuno
avrebbe risposto a quella domanda, tantomeno l’uomo disteso da sette anni di
cui ricordava una vago sorriso regalato a Dumbledore,
a quel padre mai avuto e poi gettato nell’abisso.
«Io
mi dichiarerei se solo si svegliasse» Hermione
continuava a rigirarsi la rosa tra le dita, una gioia appena celata sulle labbra,
la osservava con attenzione, ogni petalo, ogni sfumatura, toccava ogni foglia
ruvida e delicata, quel profumo era inebriante.
Il
fiore era immobile tra le sue dita, come Severus su
quel letto, e desiderava solo stringere il suo corpo. Vivo.