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Autore: Umiko_chan    22/07/2013    5 recensioni
– Hai fegato, ragazzina, questo te lo concedo – disse, sorridendo. – Come ti chiami?
Sembrava che l’avesse presa in contropiede, perché la sua risposta fu un sussurro appena udibile: – Katniss...
Catnip? – chiese. – Che nome insolito!
– Katniss – ripeté lei, scandendo chiaramente ogni singola sillaba, rossa in viso. – Mi chiamo Katniss.
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gale Hawthorne, Katniss Everdeen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Catnip.

 

 

 

Dritto nella sua trappola. Sorrise, ringraziando il cielo per quella preda tanto al di sopra delle sue aspettative e uscendo finalmente da quell’intrico di rami che era stato il suo nascondiglio. Quella cerbiatta era molto più di quanto avesse potuto sperare: con quella, lui e la sua famiglia avrebbero potuto tirare avanti per un bel po’, senza doversi preoccupare troppo di cosa avrebbero potuto mangiare il giorno dopo.
Iniziò a sciogliere i nodi che legavano le zampe anteriori dell’animale. Era ferito in maniera piuttosto grave, e non sarebbe andato lontano. Le sue mani, però, fremevano d’eccitazione, e dovette tirare fuori il coltello e tagliare i lacci, facendo attenzione a non rovinare la morbida pelliccia color nocciola. Avrebbe potuto farne una coperta, o rivenderla al Forno.
Decise che avrebbe tenuto la carne per sé, e si sarebbe limitato a barattare lo scoiattolo che era riuscito a colpire. Se la cavava, con arco e frecce.
Uccise la cerbiatta, infilando la carcassa nel sacco di iuta che si portava dietro e che rimaneva vuoto troppo spesso.
Attraversò la radura a grandi passi, fiero e orgoglioso, trattenendosi a stento dal mettersi a correre. Aveva piazzato un’altra trappola poco lontano, e non aveva motivo di non sperare in una preda altrettanto entusiasmante.
Ci mise meno di un paio di minuti a rintracciare l’albero a cui aveva assicurato i lacci, e il suo sorriso si allargò quando intravide una macchia bianca tra il muschio. Certo, un coniglio non era molto, ma pur sempre qualcosa, e sommato allo scoiattolo e alla cerbiatta, non aveva di che lamentarsi.
Al suo orecchio di cacciatore non sfuggì quel fruscio, per quanto lieve. Un’altra possibile preda. Incoccò una freccia e attese, paziente e silenzioso. Qualsiasi tipo di animale fosse, sapeva come muoversi nel bosco. Immaginò che fosse un cane selvatico, o un cervo. I passi si facevano sempre più vicini, e Gale tese l’arco, pronto a colpire. Rimase piuttosto sorpreso, però, quando, invece di una lince, vide saltar fuori una ragazzina. La freccia che aveva preparato si conficcò nel terreno umido ai suoi piedi, e lei non se lo lasciò sfuggire. Evidentemente, il suo udito non era tanto peggiore del suo.
Esitò un attimo prima di uscire allo scoperto e avvicinarsi al coniglio, al suo coniglio. Tirò fuori un coltello dal vecchio giubbotto di pelle e iniziò a segare i lacci, freneticamente.
No. Non avrebbe permesso ad una bambina di portargli via la preda. Mai.
– Ehi! – urlò. La ragazzina sussultò, ma probabilmente aspettava che il proprietario della trappola venisse fuori, prima o poi. Strinse un po’ di più il coltello nella mano destra e portò la sinistra all’arco, pronta ad attaccare. Di certo il fegato non le mancava, dato che Gale era molto più grosso di lei, e, a giudicare dalle ferite del coniglio, aveva anche una mira nettamente migliore.
– Cosa pensavi di fare con il mio coniglio?
– Il tuo coniglio?! – chiese lei, indignata. – Cosa ti fa pensare che questo sia il tuo coniglio?
– Innanzi tutto, il fatto che sia nella mia trappola! – le fece notare, stizzito.
– Be’, non ci sarebbe mai finito se non lo avessi colpito.
– E dovrei ringraziarti? – la rimbrottò, ironico.
– Voglio il mio coniglio – ringhiò la ragazzina.
Gale si concesse un attimo per osservarla meglio: doveva avere qualche anno meno di lui, ma era piuttosto esile e non troppo alta. Indossava dei pantaloni color tortora, un paio di stivali nuovi di zecca e una giacca di pelle di almeno quattro taglie più grande. Sarebbe potuta entrarci due volte. Teneva i lunghi capelli castani raccolti in una treccia, che le cadeva sulla spalla destra. Aveva gli occhi grigi, proprio come i suoi. Anche lei veniva dal Giacimento, pensò.
Le avrebbe risposto per le rime, se non avessero udito il ringhio. La ragazzina drizzò la schiena, in allerta. I passi, troppo pesanti per un cervo, non promettevano nulla di buono.
– Corri! – le urlò, afferrandola per un braccio. Volavano nel sottobosco, scavalcando le radici ed evitando le rocce più grandi. La cosa migliore da fare sarebbe stata quella di arrampicarsi su un albero, ma l’animale - una lince, a giudicare dal ruggito e dal ritmo dei suoi passi - era troppo veloce, e non era sicuro che lei sarebbe stata capace di stargli dietro.
La sentì gemere debolmente alle sue spalle. Zoppicava. Non ci pensò due volte e se la caricò in spalla, riprendendo a correre.
– Reggiti – mormorò, nonostante il fiato grosso, e sentì la stretta delle braccia esili di lei stringersi attorno al suo collo.
Percorsero un altro tratto, andando a finire in una zona che risultava nuova agli occhi di Gale. Non si era mai spinto così lontano, ma non era il momento giusto per pensarci troppo su: lui era stanco, e l’animale era sempre più vicino. Provò ad accelerare, per quanto la stanchezza potesse permettergli, rischiando di inciampare un paio di volte.
– Stai bene? – gli chiese lei, aggiustandosi meglio sulla sua schiena per imporgli meno possibile il suo già esiguo peso.
– Sì, non preoccuparti – rispose, aumentando ancora l’andatura. Non era sicuro di reggere ancora a lungo. – Quanto è distante?
– Un centinaio di metri – valutò. – Pensi di riuscire a reggermi se lascio andare la braccia?
Per tutta risposta, il ragazzo strinse più che poteva le sue gambe, assicurandola ai suoi fianchi. Sentì la presa intorno al suo collo allentarsi, fino a svanire.
– Che hai intenzione di...
Riuscì ad udire solo il rumore secco della corda che scattava, libera, oltre al suono dei suoi passi, sempre più pesanti. I ruggiti si fecero sempre più fiochi, fino a trasformarsi in gemiti.
– Puoi fermarti – lo informò la ragazzina. – Voglio scendere.
Gale ubbidì, confuso, finché non notò che teneva in mano l’arco, e che la sua faretra era vuota.
– L’hai preso? – domandò, incredulo. Per tutta risposta lei annuì, soddisfatta.
Si avvicinarono al corpo ormai esanime dell’animale, e Gale se la caricò in spalla mentre la ragazzina raccoglieva le sue frecce, sparse lì intorno.
Era una lince, come aveva immaginato. Ed era piuttosto grossa.
– Dove pensi di andare con la mia preda? – gli chiese lei, stizzita.
Lui le sorrise, divertito. – Come speri di portarla fino al Giacimento?
Lei sbuffò contrariata, ma annuì, borbottando qualcosa che Gale non riuscì a comprendere.
Gale non aveva la benché minima idea di dove fossero andati a finire, ed era troppo stanco per rimettersi in marcia così, alla cieca.
– Ti va se ci fermiamo un attimo? – propose quindi, e lei sembrò sollevata.
– Stavo per chiedertelo io – mormorò, imbarazzata.
Camminarono un po’, finché non fu chiaro ad entrambi, senza troppi giri di parole, che quello era il posto perfetto per una sosta: un enorme sperone di roccia che si apriva sulla vallata, circondato da cespugli di more. Si infilarono in una cavità, felici di potersi finalmente riposare.
La ragazzina si offrì di raccogliere qualche mora, rassicurandolo sulla sua caviglia.
– Sto bene, davvero – disse, prima di allontanarsi.
Gale aprì il sacco di iuta ed estrasse lo scoiattolo, iniziando a rimuovere la pelliccia con cura, aiutandosi con il coltello. Aveva appena iniziato a spellare la sua cerbiatta, quando lei tornò con il giubbotto carico di frutti maturi.
– E hai fatto tutte quelle storie per un coniglio? – gli chiese, puntando il dito contro l’animale.
– Devo sfamare cinque persone – la informò, ancora stizzito per la preda che aveva perso. ­– Quel coniglio avrebbe potuto fare la differenza.
Rifletté per un po’. – Voglio un quarto della tua lince.
– Cosa?! – esclamò, incredula. – Non se ne parla! È la mia preda.
– Se non ti avessi salvata, probabilmente saresti stata tu, la preda – le fece notare, alludendo alla sua caviglia malferma.
Lei aprì la bocca per ribattere, ma la non emise alcun suono. Gale sapeva di aver colpito nel segno.
– Hai fegato, ragazzina, questo te lo concedo – disse, sorridendo. – Come ti chiami?
Sembrava che l’avesse presa in contropiede, perché la sua risposta fu un sussurro appena udibile: – Katniss...
Catnip? – chiese. – Che nome insolito!
– Katniss – ripeté lei, scandendo chiaramente ogni singola sillaba, rossa in viso. – Mi chiamo Katniss.
– Be’, non è certo un nome comune, comunque – constatò. – Io sono Gale.
– Sei del Giacimento? – gli chiese lei, più per conferma che per altro.
Lui annuì. – Vivo con mia madre e miei fratellini, ma da quando è morto mio padre non ce la passiamo troppo bene.
Gale non sapeva perché stava raccontando tutto questo ad una sconosciuta. Ma non poteva farne davvero a meno.
Non aveva mai parlato con nessuno di suo padre, di quanto gli mancasse, nemmeno con Hazelle, sua madre. Con Katniss era diverso, però.
È morto tre mesi fa, nell’incidente della miniera. Non abbiamo potuto fare niente. – La sua voce lasciò trapelare una nota di rabbia e frustrazione, che mascherò subito con la sua consueta indifferenza.
– Lo so – mormorò lei, abbassando lo sguardo. – C’era anche mio padre, laggiù.
È stato lui a insegnarti a tirare?
Katniss annuì. – Quando ero piccola, andavo a caccia con lui, non mi sarei mai sognata di venirci da sola. Diceva sempre che i boschi sono un luogo pericoloso. – Sorrise, amara. – Ma dopo l’incidente, ho dovuto farlo. Mia madre è una guaritrice, ma non guadagna abbastanza per sfamare me e mia sorella. Spesso non si fa pagare, perché la gente è troppo povera per farlo.
Rimasero in silenzio, lui a spellare la sua cerbiatta, lei a smangiucchiare qualche mora.
– Potremmo... – Esitò. Gale non era del tutto sicuro che quello che stava per dire tornasse effettivamente a suo vantaggio. Certo, la ragazzina era abile e sapeva tirare con l’arco, ma avrebbe potuto risultare una palla al piede...
Che aveva coraggio da vendere, però, bisognava riconoscerglielo: se era riuscita a oltrepassare la rete, ad addentrarsi nei boschi, ad avvicinarsi ad una trappola non sua, non era un caso.
– Sì? – chiese lei, incuriosita da quella pausa.
– Ecco... pensavo che potremmo cacciare insieme, da oggi in poi. Insomma, come una squadra. Divideremo le prede, ovviamente.
– A partire da oggi? – domandò Katniss, facendo un cenno verso la cerbiatta.
Gale sbuffò, ma dare metà della sua preziosa preda significava avere metà della lince, che era molto più grossa e appetitosa del suo misero erbivoro.
– A partire da oggi – confermò, ed entrambi si sciolsero in un sorriso.

 

 

Raggiunsero la falla nella rete che avrebbe permesso loro di rientrare nel Distretto. Ce n’erano più di una, lungo tutto il perimetro, ma quella era la più comoda per entrambi, visto che non era troppo lontana dal Giacimento.
Si avviarono insieme lungo la strada polverosa - cosa non lo era, al Distretto 12? Arrivati circa a metà strada, Katniss si fermò.
– Io... sarà meglio che vada – borbottò. – Mia sorella sarà affamata.
– Certo. – Le sorrise. – Ci vediamo domani, Catnip.
La ragazzina fece una smorfia a quel soprannome, ma non si scompose.
– A domani, Gale.
– Al solito posto – le ricordò. Avevano fatto dello sperone di roccia il loro quartier generale, quando avevano scoperto che, in fondo, non era poi così lontano dal margine del bosco. – Non fare tardi, mi raccomando.
– Figurati! – sbottò, iniziando a ridere, prima di sparire in un vicolo alla sua sinistra.
Gale si sistemò il sacco in spalla e s’incamminò verso il Forno: avrebbe fatto ottimi affari, ne era certo, e lui e i suoi fratelli avrebbero mangiato da re.
Forse non era stata poi una cattiva idea chiedere alla ragazzina di fare squadra. Katniss non era male, ed era un’ottima arciera. Che il loro incontro fosse stato una coincidenza, Gale stentava a crederlo. Avevano bisogno l’uno dell’altra, e lui se n’era reso conto solo in quel momento.
Quella sera, quando s’infilò nel suo letto, si sorprese impaziente di veder spuntare il sole, per poter incontrare di nuovo quella strana ragazzina. E si addormentò con il sorriso sulle labbra.

 

 

 

Angolo autrice.

Be’, devo ammettere che sono un po’ emozionata, visto che è la prima storia che pubblico qui, in questo Fandom.
Ma, da una parte, sono contenta che il mio biglietto da visita sia una GalexKatniss, per quanto priva di Fluff o quant’altro.
Ho notato, con mio enorme dispiacere, che molti
odiano il personaggio di Gale, per via di quello che è successo in “Mockingjay”, ma io lo preferisco di gran lunga a Peeta - e per affermazioni come questa mi hanno già dato della pazza un paio di volte. Fatto sta che Gale è uno dei miei personaggi preferiti,insieme a Katniss, e immagino lo ritroverete spesso nelle mie Fic. Ho grandi progetti per questo Fandom, spero di riuscire a portarli a termine.
E spero che questa Shot vi sia piaciuta.
Alla prossima, allora.
Umiko_chan

   
 
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