Bambini. I bambini sono creature divine, non trovate? Riescono a rapire l'attenzione di chiunque, con la loro innocente tenerezza.
«MA NON SONO STATA IO!»
Be'... non proprio tutti i bambini.
«Lottie, quel bambino è caduto col viso sull'asfalto! Perché non gli hai chiesto scusa?» Albus appoggiò il cappotto della bambina - che se ne stava gettato sul pavimento, fino a qualche minuto prima - all'appendiabiti del salotto, liberandolo da alcune foglioline.
«Papà, te lo giuro: non ho spinto Richard giù dall'altalena!» Sbuffò la ragazzina, muovendo le codine che aveva ai capelli con un repentino movimento del capo. Il povero Albus non poté che alzare gli occhi al cielo, portare una mano al viso e scoppiare a ridere; era così bella.
Era sempre stato "il più esigente" della famiglia, a differenza di Lorcan; lui era il papà serio, come lo definiva sempre Charlie. Mentre suo marito lasciava che la bambina mangiasse dolcetti assieme a lui, Albus li proibiva ad entrambi; mentre Lorcan permetteva ai bambini di guardare la televisione babbana, Albus stabiliva un preciso coprifuoco. Non poteva farci nulla, alla fine: tentava solamente di essere un buon padre per i suoi figli. Esatto, i suoi FIGLI.
«Siamo a casa!» L'inconfondibile voce di Lorcan Scamander risuonò in tutto lo spazio d'ingresso della casa, mentre un fagotto di tre anni appena varcò la soglia di casa, tendendo le piccole braccia verso il cielo e sventolando una manina.
«'Apà! 'Apà!» Esclamò, trotterellando spedito verso Albus, che lo accolse a braccia aperte.
«Mickey! Hey, campione, cos'hai in mano?» Il papà notò un oggetto a forma di cavallo che il bimbo teneva stretto nella manina paffuta e delicata, la quale si andò a posare sul volto di Al, accarezzandolo.
«'Cattolo!» Rispose allegramente, sventolando il cavallino.
«Principessa!» Lorcan afferrò Charlotte per le gambe, portandosela in braccio, mentre la piccola cingeva il collo dell'uomo con le braccia, scoppiando a ridere. «Come sta la mia piccola stellina?»
«A me nulla? Bene.» Albus finse un'espressione offesa, arricciando il naso.
«Tu sei la luna della mia vita, mio dolce e geloso amore.» Il biondo sorrise, avvicinandosi al marito per rubargli un bacio afior di labbra.
«Sapete papà Lorcan cosa farà, adesso, bambini?» Lorcan posò un bacio sulle guance di entrambi. «Inizia con la 'P' e termina con la 'A'. Si mangia, è buona ed è rossa come Albus imbarazzato. Cos'è?»
«PIZZA!»
«'Za!» All'ultima esclamazione - quella di Michael -, Lorcan ridacchiò, prendendo entrambi i bambini in braccio e portandoli in cucina, sotto lo sguardo di un Albus divertito.
Era l'uomo della sua vita, e non aveva mai avuto dubbi.
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«Sta' fermo, Mickey! Non riesco ad insaponarti, se ti muovi.» Il lavoro del papà era la cosa più difficile al mondo, per Lorcan Scamander, dato che non aveva mai amato dei bambini come amava i suoi.
«Brrr! 'Apera!» Rispose il bambino, sventolando una paperella di gomma fosforescente all'aria, con un sorriso che andava da un orecchio all'altro.
«Forse dovresti lasciar fare all'addetto ai bagnetti dei bambini.» Albus fece capolino dalla porta del bagno, sorridendogli scherzosamente.
«Ah-ah, spiritoso. Sei sempre così allegro, oppure oggi è un giorno speciale?»
«Ogni giorno è speciale, con te.»
«Non m'impietosisci, Potter.» Sbuffò, ridacchiando e passando una mano sulla testolina di Michael, in modo da rimuovergli la schiuma in eccesso, mentre Albus si chinava accanto a lui.
«Ho fatto conquiste, oggi pomeriggio, sai?» Lo stuzzicò Lorcan, trattenendo un sorriso. «Alle madri single del parco piacciono i papà che portano i propri bambini a giocare.» Detto questo, il biondo alzò un braccio di Michael, lavando via il sapone, mentre Albus gli lanciava un'occhiataccia.
«Peccato che questo papà sia già impegnato col bagnetto del suo bambino.» Albus gli tirò un leggero scappellotto, fingendosi offeso; Lorcan, di tutta risposta, arricciò le labbra, increspandole in un sorriso.
«Oh, andiamo; stavo solo scherzando! Certo che sei permaloso, amore mio.» Ridacchiò, girandosi verso Michael e tirandolo fuori dall'acqua, avvolgendolo con il piccolo accappatoio arancione. «Papà è un gran brontolone, giusto - Mickey?»
Il bambino sorrise, passando dalle braccia del biondo al collo del moro. «'Ei bello, 'apà!» Proclamò, riempiendolo di baci; Albus arrossì sulle gote e sulla punta del naso, ridendo, mentre Lorcan li guardava come rapito.
«Anche a scuola di Charlie di sono tanti papà a cui piace vedere un uomo che gioca con la propria bambina, comunque.» Ribattè Albus, sull'orlo di una risata.
«Oh, sta' zitto - papà!» Lorcan scoppiò a ridere, per poi stampargli un bacio sulla guancia, mentre Michael continuava a giocare con la paperella.
Ogni risata, ogni bacio ed ogni carezza li faceva ritornare indietro nel tempo, nel periodo dei loro anni ad Hogwarts; nel profondo, infatti, erano ancora quei ragazzini che si tenevano per mano durante le lezioni di Erbologia. Ed è sempre bello vedere due persone che si amano ancora come il primo giorno.
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«Papà, dov'è la farina? Non riesco a trovarla!»
«Lottie, perché non vai a giocare e lasci fare a me?»
«No, no; io voglio aiutarti!»
«Attenzione, attenzione; è arrivato qualcosa di bollente, in tavola, e non sono io!» Esclamò Lorcan, sfoggiando uno dei suoi sorrisi smaglianti, per poi beccarsi uno - un altro! - scappellotto da parte di Albus - qualche secondo dopo.
«'Izza! 'Izza!» Michael si dimenava dal seggiolone, muovendo le piccole braccia in avanti, sorridente.
«L'ho aiutato a prepararla, Mickey!» Spiegò Charlotte, mentre prendeva posto accanto ad Albus. «Papà, merito una fetta di dolce?» E detto questo, la ragazzina spalancò gli occhioni smeraldini, sbattendo le ciglia; l'uomo alzò gli occhi al cielo, mentre Lorcan gli lanciava un'occhiatina. «Oh, e va bene! E non guardarmi così, amore, o non avrai il tuo dolce.»
«Mi dispiace deluderti, ma ho il mio dolcetto accanto per tutta la vita.» Lo liquidò Lorcan, appoggiando il vassoio della pizza sul tavolo e lanciando un'occhiata a suo marito, mentre i bambini ridacchiavano; il moro arrossì, con un sorriso, mentre una smorfia intenerita si faceva spazio sul suo volto.
«Sei davvero un ruffiano.»
«Ti amo anch'io, Albus.» Proclamò il biondo, con un'alzata di spalle.
«La prima fetta tocca a me, papà.» Sorrise Albus, porgendo il proprio piatto all'uomo dinanzi a sé.
«No, non è vero! Spetta a me!»
«'Izza! 'Zza!»
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«Ti ho preso il naso, papà! Tocca a te, adesso; afferrami!» Charlotte prese a correre per tutto il salotto, trascinandosi dietro un Albus ansimante.
Albus Severus Potter non era mai stato un ragazzo atletico, quand'era giovane; cadeva sempre, il poverino, e non stava mai attento a dove metteva i piedi. Era un particolare interessante, fortunatamente, perché lo rendeva tenero agli occhi degli altri e, soprattutto, di una persona in particolare. Charlie, invece, era il suo esatto contrario: energica, iperattiva e piena di vita, nonostante fosse ancora una ragazzina.
«Papà! Oh, papà, perché sei così lento? Dai!» Si lamentò la biondina, pestando i piedi per terra.
«Scusami, amore mio, ma sono molto stanco. E...» Albus alzò lo sguardo sull'orologio del salotto, portandosi una mano alla fronte. «Charlie, è arrivata l'ora della nanna - sia per te che per me. Su, coraggio! HOP!» Sorrise il moro, afferrando le braccia della bambina - che oppose resistenza, come previsto - e portandosela sulle spalle. «Il treno del sonno partirà tra tre... due... uno... partito!»
Detto questo, Albus, facendo uso delle poche energie che aveva ancora in corpo, cominciò a percorrere il corridoio che portava all'androne, luogo nel quale iniziava la rampa di scale che portava al piano superiore; iniziò a salirle con velocità, facendo un piccolo salto su ogni scalino - in modo da trasformare la smorfia imbronciata di Charlie in un meraviglioso sorriso divertito, per poi ritrovarsi davanti alla camera da letto sua e di Lorcan.
«Credi che stiano già dormendo, papà?» Sbadigliò Charlie, increspando le labbra.
«Scopriamolo subito, ti va?» Albus arricciò il naso, appoggiando la mano sul pomello della porta, girandolo fino a metà e spingendo in avanti. La scena che gli si presentò fu la cosa più dolce che avesse mai visto in vita sua; Lorcan era sdraiato sul letto, il capo appoggiato sul cuscino più grande, mentre Michael era letteralmente disteso accanto a lui, con gli occhi socchiusi. Era in uno stato di dormiveglia, il piccolino, ed il suo papà gli stava canticchiando una ninnananna dal ritmo dolce e lento.
Il biondo alzò lo sguardo sul marito e su Charlie, con un sorriso, portando un dito alle labbra, intimando ai due di fare silenzio; Albus portò Charlotte accanto a Michael, facendola distendere, e si accovacciò accanto ai due, con lo sguardo fisso su Lorcan.
Aveva sempre pensato che Lorcan non fosse ancora pronto per avere dei figli, dato che - nel profondo - era ancora un ragazzino, ma questa sciocca teoria veniva dimenticata dinanzi a scene del genere. Era il padre di famiglia che aveva sempre desiderato di avere al proprio fianco, sicuramente.
«Hai una bella voce, sai? Saresti potuto diventare un ottimo musicista.» Albus arricciò le labbra, mentre l'altro gli prendeva una mano - incrociando le dita con le sue.
«Preferisco occuparmi dei miei pazienti e della mia famiglia; la carriera da musicista non fa per me.» Rispose, soffocando uno sbadiglio sul nascere. Albus si strinse un po' più a Charlotte, la quale - completamente immersa in un sonno profondo - si avvinghiò al braccio del papà moro, appoggiando la testolina bionda sul suo petto.
«Sei un padre meraviglioso, Lorcan.» Sbottò, ad un certo punto, mentre l'altro sistemava un lembo di coperta sul collo di Michael. «Non te lo dico spesso, e ne sono consapevole, ma volevo che lo sapessi.»
Lorcan, di tutta risposta, afferrò la mano libera di Albus, portandosela sotto una guancia, con un sorriso smagliante. «I bambini non mi sono mai piaciuti, e lo sai, ma loro... be', loro sono tutt'altra cosa.» Abbassò lo sguardo su Michael, il quale si era appisolato da pochi minuti, e articolò il viso in una smorfia allegra. «Li amo come se fossero figli miei.»
«Sono figli tuoi; sono figli nostri.» Rispose Albus, spostando una ciocca di capelli caduta sul volto di Charlie.
«Be'... s-sì, hai ragione. Scusa, ma sono uno sciocco.» Lorcan accennò un sorriso, spingendo il volto contro la mano di Albus.
«Sei meraviglioso.» Tagliò corto il moro, sporgendosi in avanti e baciandogli la fronte.
E restarono così, per quasi mezz'ora, assaporando la bellezza del silenzio. Non era un silenzio fastidioso, quello che producevano loro due, ma un silenzio armonioso, dolce e tranquillo; uno di quei silenzi nei quali puoi immergerti con tranquillità, senza il timore di annegarci dentro.
Era una vita impeccabile, quella di Albus e Lorcan; due bambini meravigliosi, una casa deliziosa ed un sentimento che andava ad accrescersi ogni giorno di più. La cosa più bella del loro rapporto era, probabilmente, la semplicità di ogni gesto - con la quale rendevano ogni giornata diversa dalla precedente. Perché, sinceramente, chi è che desidererebbe una vita monotona, grigia e priva di allegria?
Non Albus e Lorcan, di sicuro.
* * *
«Lorcan?»
«Lorcan?»
«Mhm...?»
«Ti ho detto che ti amo, oggi?»