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Autore: samy_97_    25/07/2013    3 recensioni
[Gabrielle è l’erborista di Storybrooke, un’isolata e piccola cittadina del Maine. Un vita parecchio noiosa, la sua. Ma solo il piccolo Henry sa che non è tutto come sembra e che ogni singolo abitante di Storybrooke ha una vita precedente, una vita in un altro mondo. Chi era Gabrielle nella Fairytale Land? E soprattutto, che legame ha con Mr. Gold, colui che terrorizza tutta la città?]
“Non era una buona idea, Gabrielle Chease lo sapeva bene.
Lei era stata chiarissima sul fatto che non voleva che si avvicinasse più a suo figlio eppure, quando aveva scoperto che andava da Granny tutte le mattine assieme alla sua vera mamma, non poteva fare a meno di andarlo a trovare. Si raccoglieva i capelli rossi e si metteva un cappuccio che nascondeva in parte la sua identità.”
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Signor Gold/Tremotino
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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DREAM OF MY DREAMS





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1. Surprise.

Pregava quell’uomo di non farle male. Lo pregava di lasciarla andare, perché lei non aveva fatto nulla.

Ma lui non sentiva ragioni, e le gridava in faccia quanto l’avessero sempre ritenuta strana, con i suoi occhi azzurri e i capelli rossi.

Lei piangeva, cercando di divincolarsi e cercando di proteggersi dalle pietre che continuavano a colpirla senza pietà. Sapeva che stava per morire, che quegli uomini non l’avrebbero mai lasciata andare.

-Non è il modo di trattare una signorina, non trovate?-

Alzò lo sguardo.

Un uomo con abiti eleganti stava fermo in mezzo alla strada e guardava quel tumulto con un sorriso di scherno sul volto scuro e rugoso.

Iniziò a tremare più violentemente.

Non sapeva per quale motivo quell’uomo -quella cosa- fosse lì, ma il suo istinto le urlava di stargli lontano, di scappare da quella creatura mostruosa.

L’uomo si avvicinò lentamente, con quel sorrisino stampato sul viso, e, come di riflesso, i suoi aguzzini smisero di colpirla e la lasciarono andare.

Cadde a terra, tra la sabbia e la polvere e rimase immobile, finché l’uomo non le arrivò a un palmo dal viso e rise, di una risata acuta e pazza.

-Facciamo un accordo, dearie?- le domandò, senza smettere di ridere, come se trovasse la situazione divertente.

Lei rimase ferma immobile, senza osare nemmeno respirare.

-Io ti salvo la vita e, in cambio, tu mi dovrai, diciamo, un piccolo favore.-

Il viso dell’uomo trasmetteva solo un vivo divertimento e lei non capiva cosa ci fosse di tanto esilarante nella sua situazione o nella sua figura.

-Allora, dearie? Non ho tutto il giorno!-

Lei annuì. Non aveva altra scelta e non voleva morire in quel posto, nella strada su cui aveva giocato da bambina e per mano delle persone che conosceva da sempre.

Non voleva morire e basta.

-Ottima scelta, dearie. Saluta i tuoi amici.- disse, prima che una nebbia grigia li avvolgesse.

Quando riaprì gli occhi, si ritrovò in un bosco, in cima a quella che doveva essere una piccola collinetta, formatasi nei secoli.

Alle sue spalle svettava una casetta, che aveva tutta l’aria di essere stata costruita da poco.

-Allora, dearie, da oggi in poi sarai la nostra cameriera!-

L’uomo la guardò ghignando felice, e le indicò con un esagerato gesto delle mani la casa, che lei aveva notato già da un pezzo. Però, non appena aguzzò la vista, vide un bambino fermo sulla porta di casa, che guardava verso di loro piuttosto confuso.

Lei non poté fare a meno di sorridergli, tranquillizzante. Chissà se quel mostro aveva portato lì anche lui, rendendolo preda di un accordo.

-Lui è mio figlio. Bae, vieni a conoscere la nostra nuova cameriera.-

Il bambino si avvicinò e le porse la mano, cortese.

-Sono Baelfire. Qual è il tuo nome?-

-Elise. Mi chiamo Elise.-

 

* * *

 

-Gabrielle!-

La ragazza si girò e guardò sorpresa Henry, mentre le correva incontro e le abbracciava le gambe.

-Henry, tesoro, ciao.-

Il bambino alzò la testa e, nel suo sguardo, Gabrielle vide felicità e un pizzico di rimprovero. -Perché non sei più venuta a trovarmi?-

Gabrielle si inginocchiò alla sua altezza, lasciando che il cappuccio le scivolasse dalla testa. -Mi dispiace, Henry. Non ho potuto. Io… avevo da fare.-

Il bambino fece un passo indietro e crucciò la fronte, in un’espressione che alla ragazza sembrò troppo matura per un bambino della sua età.

-E’ stata mia madre, vero? A lei non sei mai stata simpatica: non le piaceva quando passavi del tempo con me…-

La ragazza sorrise ad Henry, sorprendendosi non poco per la sua acutezza ed intelligenza.

-Mi scusi, lei è…?-

Gabrielle si alzò in piedi davanti ad Emma Swan e ai suoi capelli incredibilmente biondi.

-Sono Gabrielle Chease. Un anno fa ero la babysitter di Henry.-

-Fino a che mia madre non l’ha licenziata!- si intromise il bambino, incrociando le braccia e avvicinandosi di più alla sua mamma.

Gabrielle scosse le spalle e sorrise mesta.

-Le ha proibito di vederlo?- le domandò Emma, prendendola di sorpresa.

-Si.-

-Certo. E’ un cliché, la capisco. E sappia che, se Henry tiene a lei, potrà vederlo tutte le volte che vorrà. Per lo meno quando è con me.-

La ragazza non sapeva se Emma gliel’avesse detto solamente perché voleva fare un dispetto al sindaco, ma era sicura che volesse veramente bene ad Henry e avrebbe fatto di tutto pur di farlo felice.

-Grazie.- sussurrò, sorridendole radiosa, tanto che Emma non poté fare a meno di ricambiare.

-Dove abiti, Gabrielle?-

-Dall’altra parte della città. Non vengo qui molto spesso, perché…- la ragazza si bloccò, pensandoci un attimo. -Non so perché.- concluse, scuotendo le spalle.

-Beh, in ogni caso ci troverai sempre nei paraggi.-

-Grazie Emma, grazie davvero.- disse, stringendole le mani. -Ora devo proprio andare ad aprire il negozio.-

Gabrielle diede un sonoro bacio ad Henry, che ridacchiò, e uscì dal locale salutando Ruby da dietro i vetri.

Svoltato l’incrocio, si mise a correre come se non ci fosse un domani. Era tremendamente in ritardo, e solo il Cielo sapeva quanto si sarebbero lamentate le clienti che quasi ogni mattina passavano da lei a prendere il solito sacchetto di erbe diuretiche.

La ragazza ridacchiò e si passò un mano sul viso distrattamente. Fu proprio in quel momento che, girato un angolo, diede una spallata ad un uomo, perdendo l’equilibrio e cadendo rovinosamente a terra.

-Mi scusi, mi scusi, sono così sbadata…- disse, alzando la testa. Rimase allibita quando incontrò gli occhi scuri del signor Gold, che la guardava dall’alto della sua potenza con uno sguardo che avrebbe riservato solo al più misero degli insetti. Per lo meno finché non mise a fuoco il suo viso.

Gabrielle si alzò in fretta, spolverandosi i jeans. -Mi scusi. Non l’avevo vista.- disse, fredda.

Il signor Gold non le era mai andato molto a genio.

Lei viveva in uno dei pochi edifici della città che non gli appartenevano, quindi non aveva mai avuto modo di parlarci, ma dai resoconti dei suoi conoscenti era un vero mostro.

-Non si preoccupi. Non è successo niente. Lei, piuttosto, sta bene?-

Gabrielle alzò un sopracciglio, ma gelò quando sentì, in lontananza, il campanile suonare le otto.

-Non… non esattamente. Devo andare, arrivederci.-

Si voltò e riprese a correre. Le sembrava di non aver fatto altro per tutta la vita. E la strada non le era mai sembrata così lunga.

 

-Si signora Smith, è mezzo etto preciso. Si, e mi scusi per il ritardo, ho avuto un piccolo disguido per strada. Arrivo, signora Collins. Si, è proprio dietro quello scaffale, come ieri mattina.-

Gabrielle si chiedeva come riusciva a resistere fino a fine giornata. Era tutto un correre avanti e indietro, impacchettare erbe, ascoltare gli ultimi pettegolezzi, correre a prendere una data pianta, spiegare la sua funzione, impacchettarla e ascoltare pettegolezzi. Così, come un circolo vizioso fino alle quattro del pomeriggio. E senza pausa pranzo.

Poi chiudeva il negozio, mangiava un panino al volo e correva verso la casa della signora Violet Grayne, per prendere il figlio Christopher, portarlo a casa sua e fargli fare i compiti.

La signora Grayne era anziana per avere un figlioletto così piccolo e per mantenere la famiglia doveva stare a lavoro fino a tardi, come il marito: per questo avevano bisogno di una babysitter che si prendesse cura del piccolo Christopher, un bambino incredibilmente minuto per i suoi otto anni, ma vispo e intelligente.

-Chris! Sono qui! Forza, forza pigrone!- esclamò, entrando in casa grazie alle chiavi che aveva da tempo immemorabile.

Il bambino scese rumorosamente le scale e la abbracciò di slancio, correndo a prendere il suo zaino sul divano e mettendoselo in spalla, come di routine.

Gabrielle fece capolino in cucina e saluto la signora Grayne, che le rivolse un dolce e stanco sorriso di gratitudine. Chris era la luce della sua vita, ma si vedeva lontano un miglio che non riusciva a badare a lui come avrebbe voluto, e non perché fosse una madre poco affettuosa.

-Elle, cosa facciamo oggi?- le domandò il bambino, mentre si dirigevano verso casa, facendo dondolare le loro mani avanti e indietro.

-Prima di tutto devi fare tutti i compiti di matematica e geografia. Poi, se farai il bravo, ti porto a prendere qualcosa da Granny.-

-Una cioccolata calda con panna?- domandò lui, speranzoso.

Gabrielle sorrise. Una volta, in piena estate, Christopher aveva chiesto a Ruby una cioccolata calda che lei, ovviamente, gli aveva rifiutato. Ci era rimasto talmente male che Gabrielle era andata al supermercato a comprargliela e lui l’aveva bevuta tutta, sebbene facesse un caldo del demonio.

Anche in quel momento, anche se si stava avvicinando la primavera, il bambino aveva una voglia pazza di cioccolata calda che, Gabrielle lo sapeva, non avrebbe mai avuto cuore di negargli: adorava quel ragazzino.

Non ci misero molto a terminare i compiti. Da che ricordava, la maestra dava solo il minimo indispensabile ai suoi alunni, proprio per non rovinare loro i pomeriggi.

-Andiamo da Granny a prendere la cioccolata, eh Gabrielle?-

-Si, certo Chris. Mettiti il cappotto, mi raccomando!-

Uscirono di casa che il cielo era quasi del tutto buio, ma Gabrielle rinunciò subito a tenere Christopher vicino a sé: al bambino piaceva correre avanti e indietro sul marciapiede, salutando chiunque incontrasse sul suo cammino e si fermava solamente quando arrivavano a destinazione.

-Ciao Ruby!- esclamò, entrando come un tornado nella tavola calda.

La diretta interessata si girò verso di loro e li accolse con un ampio sorriso, reso ancora più smagliante dal rossetto rosso che portava.

-Ciao ragazzi! Cosa posso portarvi?-

-Due cioccolate calde con la panna e il cacao!- esclamò il bambino, precedendo Gabrielle, che si limitò ad annuire sorridente.

La ragazza si sedette davanti al bambino, che stava semplicemente sfogliando il menù.

Gabrielle chiuse gli occhi e prese un paio di profondi sospiri, cercando di placare il forte mal di testa che non la lasciava libera da quella mattina.

Sentiva, nel profondo del suo cuore, che tutto ciò era estremamente sbagliato. Era come se ci fosse un tassello di un puzzle che doveva riuscire a mettere al suo posto per avere una visione completa. Di cosa, non lo sapeva.

Scosse la testa e bevve lentamente la sua cioccolata, sentendosi immediatamente appagata da quella dose di zucchero.

Rimasero nel locale qualche altro minuto poi, come di consueto quando Christopher si iniziava ad annoiare, pagarono in tutta fretta e uscirono nuovamente all’aria frizzantina di quella serata quasi primaverile.

Gabrielle sistemò la sciarpa al collo del bambino perché non prendesse freddo, poi afferrò la sua mano e si avviò verso il parco cittadino, sicura che quella fosse la loro meta.

-Dove vai, Elle?-

-Al parco. Non era lì che volevi andare?-

Con sua somma sorpresa, Christopher scosse la testa. Gabrielle si stava iniziando a chiedere cosa fosse preso al bambino, quando egli le sorrise malandrino.

-Prova a prendermi, se ci riesci!- esclamò, voltandosi e iniziando a correre.

La ragazza restò un attimo ferma, per dargli il tempo di guadagnare un po’ di terreno e poi si gettò al suo inseguimento.

Ogni tanto il bambino si girava per vedere se lei ci fosse ancora e, quando la vedeva troppo vicina, faceva un’ulteriore sforzo e correva più veloce.

Gabrielle non aveva la più pallida idea di che percorso stessero seguendo, ma sembrava che nella mente del bambino fosse più che chiaro.

Girarono l’ennesimo angolo e corsero fino alla fine della via, dove Christopher entrò dentro un negozio.

-Chris, no!-

Troppo tardi. Gabrielle si fermò a pochi passi dalla porta e, dopo un profondo respiro, la spinse.

Un cartello azzurro recitava: Aperto.





Image and video hosting by TinyPic Angolino dell'autrice: Salve a tutti =) Perdonate il ritardo, ma in questi giorni ho avuto parecchio da fare. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che, magari, vi abbia chiarito un poco la situazione. In realtà, questi primi capitoli sono un po' di introduzione e ammetto di essermi divertita molto di più a scrivere i successivi, ma questi sono essenziali per capire bene la storia e io ho cercato di fare del mio meglio =)

L'immagine a inizio capitolo l'ho modificata io con Gimp e, successivamente, con picmonkey: spero di aver fatto un buon lavoro ;)

Un bacione e aspetto con ansia le vostre opinioni ;)

°°Sami°°




  
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