The Seventh: 50 Shades of
Grey(Raven)
PART: ORIGIN.
1 - Shades of GreyWidow.
Friendship is
unnecessary, like philosophy, like art... it has no survival value; rather it
is one of those things that give value to survival. [C.S. Lewis]
La prima volta che le ho rivolto veramente parola è
stata la settimana successiva al mio arruolamento allo S.H.I.E.L.D.
Avevo appena finito la mia terza lezione di Aikido, e
dopo essermi concessa una doccia gelata anestetizzante per i vari muscoli
doloranti mi ero accorta di avere una gran fame e neppure uno spicciolo da cui
rifornirmi alle macchinette.
Così, come un paio di pomeriggi prima avevo visto fare
a Barton, mi sono diretta verso la sala mensa con l'intento di saccheggiarla.
Avevo notato che fuori dagli orari di pasto è solitamente deserta e che la
serratura della dispensa poteva essere tranquillamente forzata con mezzo giro
di forcina per i capelli. Non che mi aspettassi granché: mi avevano già
spiegato che la mensa segue rigidi dettami nutrizionistici, ed è il motivo
principale per il fuggifuggi generale che si registra durante le ore pasti.
Ciò non mi sarei aspettata, era la compagnia con cui
avrei condiviso il mio spuntino.
Natasha era seduta in un angolo del tavolo più
lontano, braccio fasciato al collo, capelli raccolti sulla nuca da una matita e
sguardo che annegava nel piatto di passato di verdure che muoveva appena con la
punta del cucchiaio.
Quando entrai alzò appena un sopracciglio senza
rispondere al mio saluto. Per chiunque con un briciolo di
raziocinio, quello sarebbe stato un chiaro segnale: Non rompere le scatole, levati di
torno. Ma ne ero priva, avevo troppa fame e, sinceramente, una curiosità
matta verso quella donna che aveva cercato di strangolarmi nell'auto di Coulson
otto giorni prima e che faceva così tanto la sostenuta snobbandomi
indecorosamente.
E odio essere snobbata.
Ma chi cavolo ti credi di essere, gioia? Io ho il
potere di evocare fiamme grigiazzurre dalle mani, sono una mezzodemone e mio
cugino è il Re del Limbo. Se c'è una che ha il diritto di essere la primadonna,
qua dentro, quella sono io.
Così, senza aggiungere nulla e con tutta la calma del
mondo passai dietro al bancone di servizio canticchiando, mi diressi verso la
dispensa, e quando tornai fuori avevo le braccia piene di carote, gallette di
mais e marmellata senza zucchero e la forcina per capelli tra i denti.
Trotterellai verso il tavolo di Natasha e presi posto
nell'angolo opposto al suo.
Neppure questo le fece alzare la testa dal piatto e
smettere di disegnare cerchi nel minestrone, ma almeno si degnò di rivolgermi
la parola: "Ci sono altri diciassette tavoli liberi."
"Non voglio sporcare altrove, il capocuoco è un
tizio abbastanza irascibile e mi è stato sconsigliato di litigarci."
"Gli stessi che ti hanno istruita a scassinare la
dispensa?"
"Perché, quel minestrone te lo sei portata da
casa?"
"Il capocuoco me l'ha tenuto da parte"
finalmente alzò gli occhi dal piatto per dedicarmi uno sguardo a metà tra
l'annoiato ed il minaccioso: "Evidentemente, sono più temibile di
lui." Aggiunse con un sopracciglio alzato. Alzai le spalle con aria
noncurante e lei appoggiò il cucchiaio al bordo del piatto: "Hai una vaga
idea di chi sono io?"
Oh, signorina, qui ce la tiriamo, eh?
"Una molto, molto cazzuta" risposi
sarcastica.
"Bene, e..."
"Lo si capisce dal minestrone. Ci vuole fegato
per mangiare quella brodaglia."
A distanza di sette anni, davvero non ho la più
pallida idea da dove mi sia uscita quella risposta. Avventatezza giovanile,
credo.
Delirio di onnipotenza, probabilmente, condito da
strascichi di autolesionismo adolescenziale e/o manie suicide.
Non l'ho quasi vista saltare il tavolo.
So solo che il bavero della tuta mi si è
improvvisamente stretto attorno al collo, i colori metallici della stanza si
sono fusi in un unico vortice (pavimento -soffitto - soffitto - finestrioni-
pavimento - tavoli bianchi) prima che la mia schiena impattasse contro la
superficie del tavolo dalla parte opposta di quello in cui mi ero seduta prima,
con il ginocchio di Natasha sullo sterno a bloccarmi con la stessa facilità di
un fermacarte al centro di un foglio di carta velina.
Credo di aver boccheggiato inutilmente per tre buoni
minuti, prima che i polmoni tornassero ad una funzionalità parziale che
garantisse la mia soppravvivenza.
Senza togliermi gli occhi di dosso Natasha piegò
leggermente la testa di lato, una singola sottilissima ciocca ondulata liberata
dalla matita ad incorniciarle il sorrisetto sadico: "Dovresti mangiare più
verdura" mi canzonò "Non vedi come rende forti?"
Lasciò scivolare il ginocchio via dal mio sterno
permettendo ad un paio di organi interni di ritornare in sede e tornò con calma
al tavolo, riprendendo la cena da dove l'aveva interrotta: un giro di cucchiaio
a sinistra, due a destra, piccolo sorso di minestra, come se non fossi mai
entrata dalla porta.
Mi rialzai dal tavolo con un leggero senso di nausea e
la netta sensazione di avere un'emorragia interna in corso fatale da lì a pochi
minuti.
Probabilmente è stata proprio questa convinzione a
darmi la forza di alzare la testa, soffocare un paio di gemiti di dolore,
ignorare la vertigine per tornare a sedere sulla sedia del tavolo e scartare
una crostatina industriale con le mani magistralmente ferme.
Creperò, sì, ma con stile.
Natasha si concesse un sopracciglio alzato e
un'occhiata che sembrava positivamente colpita.
Non parlai per il resto del pranzo.
Avventatezza giovanile? Predisposizione al suicidio?
Sicuramente qualcosa di molto simile mi ha portato
nuovamente in sala mensa dopo l'ora di chiusura, circa un paio di settimane
dopo.
Il punto è: adoro le sfide e non avevo la benché
minima intenzione di mostrarmi intimorita nei confronti di chichessia. Nei miei
18anni scarsi, non riuscivo ancora a contemplare la differenza tra il Liceo e
l'addestramento, volevo essere popolare come a scuola e la mia solita
spacconeria mi impediva di lasciar perdere.
Sì, ero una deficiente.
"Ti hanno già tolto il gesso al braccio?"
Era notte inoltrata e avevo terminato l'ultima
sessione al poligono. Lei era sempre davanti ad un piatto di minestra e mi
sorse spontaneo il dubbio fosse lo stesso della volta precedente
"Evidentemente" disse con un sospiro
scocciato.
Sì, in effetti questa è stata una CapitanOvvio
tremenda.
Anche questa volta mi diressi alla dispensa, giro di
forcina nella serratura e scelta di paio di merendine teoricamente scevre da
additivi chimici e calorie in eccesso e una confezione di frutta secca.
Occhiata agli altri tavoli. E poi a quello di Natasha.
Lei alzò gli occhi nei miei: Non ne hai avuto
abbastanza l'altra volta?
Sguardo di sfida: Oh no bella.
Appoggio lo spuntino al tavolo e le chiappe alla
sedia: "Sai, tornando al discorso dell'altra volta..." Sopracciglio
che scatta verso l'alto - non è un buon segno "... rubare dalla
dispensa non è considerato un reato grave, qui dentro. Lo fanno un sacco di
agenti, anche di alto livello. Tipo Barton, gliel'ho visto fare un paio di
volte, ora che è sempre in giro per la base e..."
Oh - Oh, parolina magica. Natasha ha
contratto quasi impercettibilmente la mascella rivolgendo le pupille gelide
nella mia direzione senza spostare nessun'altro muscolo. "Deve essere
periodo di magra lavorativa, qui allo S.H.I.E.L.D., per lasciare tempo alle
reclute di spiare gli agenti attivi in cerca di spuntini."
"Oh no, direi proprio di no. Ma tra una lezione e
l'altra mi piace cercare di fare amicizia" Cinguetto, mentre borbotta un 'purtroppo'
di rimando: "E Barton è veramente
uno da seguire..." Ridacchiai maliziosa. Guizzo nella mascella: tavolata
nella schiena tra tre... due...
"È uno degli
uomini più in gamba di tutto lo S.H.I.E.L.D." Mi affretto ad aggiungere.
"Per noi reclute è un modello da imitare, quasi una leggenda, tanto che la
sua recente sospensione dal servizio attivo non ha intaccato minimamente la sua
reputazione."
"È stato degradato?" Mi domanda. Scuoto la testa e spiego che è solo
sospeso dal servizio e sotto inchiesta. Natasha brontola qualcosa in russo di
cui chiedo traduzione: "Ho detto che è un idiota" quasi
ringhia: "Trovo sia molto stupido proporlo come modello di comportamento,
dopo la cazzata che ha fatto" poi aggiunge, sorridendo macabra nel
chiaro intento di intimidirmi: "Sai, lavoravo per gente che infilava
pallottole in testa per molto meno."
"Sì, ho sentito. Questa settimana ho cercato un
paio di notizie su di te."
"Oh, ma che brava, sei già passata alla
decriptazione dei file individuali..."
"Veramente ho chiesto alla guardia notturna in
portineria. È un gran
pettegolo, ha un turno lunghissimo e tanto bisogno di compagnia..."
Appoggia il cucchiaio e spinge il piatto mezzo pieno
lontano. Finalmente mi rivolge uno sguardo pieno: ha gli occhi chiari, gelidi e
bellissimi, mi fissano con l'intensità intimidatoria di chi è abituato a vedere
la gente tremare in sua presenza e se ne fa vanto.
"E che ti ha detto, il tuo amico ficcanaso?"
"Che rischio la vita solo a rivolgerti la
parola." Sorride soddisfatta: "Ed io gli ho risposto che ne ho avuto
le prove qualche giorno fa. E poi mi ha spiegato che Barton ti ha salvato il
culo, rischiando il suo, quando invece doveva solo farti fuori. E che ora sei
qui grazie a lui."
"Lo S.H.I.E.L.D. sta solo valutando quanto possa
essergli utile. Un giorno verrai qui per il tuo spuntino illegale e non
troverai più questo tavolo occupato."
"E Barton degradato."
"Probabilmente."
"Sembra ti dispiaccia."
"È un idiota, ma è un idiota molto valido. Uno di quegli uomini che vale la
pena uccidere."
"E tu?"
"Sono una donna che vale la pena uccidere."
C'era orgoglio nella sua voce, eppure nel suo sguardo intravidi il velo opaco
della rassegnazione; è una cosa che mi affascina tutt'oggi nella sua
ambivalenza: come si può essere fieri e sdegnati di sé stessi nello stesso
momento?
Finita la confezione di gallette di mais biologico
raccolsi i rimasugli della merenda e mi alzai per buttarli nel sacco
dell'immondizia: "Sai, per questo mondo sono una neonata, eppure credo di
capire che ti ha salvato le chiappe per un motivo che neppure tu riesci ad afferrare
in pieno, e forse è proprio questo che ti infastidisce maggiormente. Non si
sarebbe esposto per portare a casa qualcuno in grado di fargli la pelle o per
farlo ammazzare comunque. Quando dicono che Barton ci vede benissimo da
lontano, credo si riferiscano anche a questo. Gli devi un gran favore, non c'è
che dire." Lei alza le spalle come per minimizzare la cosa. "Se fossi
nei tuoi panni, anche solo per ripagarlo in parte cercherei di convincere lo
S.H.I.E.L.D. di essere una risorsa preziosa."
"Questo lo faresti tu, che come hai detto
sei una neonata in questo mondo."
Ammisi la sconfitta con un "Già" e feci
qualche passo verso l'uscita, prima di sentirmi fermare con un 'Hey!' Mi
chiese se avrei visto Barton nei giorni successivi. Risposi
"Probabilmente" e aggiunse di dargli un messaggio da parte sua.
"Basta che non me lo incidi sulla pelle viva..." Piegò un angolo
della labbra: più che un ghigno questo sembrò quasi un sorriso "D'accordo,
dimmi pure"
Si umettò le labbra pensando a cosa dire, e quando
finalmente si decise fu solo: "Spasiba".
"Biscotti
al kamut! Questa mensa si sta evolvendo!" cinguettai prendendo posto al
tavolo, stessa sedia opposta alla sua delle volte precedenti. "Ne vuoi
uno?" Natasha alzò un sopracciglio a domandarmi se stessi scherzando,
prima di tornare a concentrarsi su un'insalata mista che mi confermò il
buonumore del capocuoco.
Restammo un po' in silenzio, con lei che ogni tre
forchettate si portava qualcosa alla bocca ed io che sgranocchiavo stancamente
i miei biscotti. "Barton ci tiene a dirti che per lui va bene."
"Cosa?"
Allargai le braccia con ovvietà: "Spasiba."
La forchetta restò a mezz'aria mentre lei mi fissava
attentamente: "Questa risposta è priva di senso logico. Devi spiegarti
meglio."
"Beh, io ho detto Spasiba a Barton da
parte tua e mi ha risposto che sì, un goccio se lo fa volentieri con te."
Natasha tuffò il viso tra le mani e le chiesi cosa ci fosse di sbagliato.
"Hai una vaga idea di cosa significhi Spasiba
in russo? Semplicemente GRAZIE. Come puoi essere tanto ignorante da non
saperlo?"
"Hey! La maggior parte degli americani ce l'ha
ancora con voi per quella faccenda comunista, che pretendi, che ci insegnino
addirittura Russo al liceo? E poi prenditela con FalcoDiMondo Barton,
non con una appena uscita da una scuola di provincia. Ma qual'è il problema,
scusa? Sistemo tutto, non preoccuparti..."
Brontolò qualcosa in russo di cui non ebbi il coraggio
di chiedere la traduzione e si alzò di scatto, scostando la ciotola
dell'insalata in avanti e sibilare poi seccata che avevo fatto già abbastanza
danni. Mortificata abbassai lo sguardo sul tavolo e lo tenni fisso tra le
briciole dei biscotti e la carta ormai vuota finché non sentì i suoi tacchi
allontanarsi nel corridoio.
Poi mi lasciai scappare un sorriso e pensai fosse il
caso il caso di restare in luoghi illuminati e con molti muscolosi testimoni
armati sino ai denti per la prossima decina d'anni.
Quella sera Barton era nel suo box al parcheggio
interrato. In compagnia del suo mp3 attaccato ad una cassa rubata ad un addetto
di plancia approfittava del tempo libero per mettere in sesto una vecchia moto
acquistata a Cleveland quattro anni prima.
Per la cronaca, non è mai riuscito a farla funzionare
e, dopo che neppure Stark era riuscito a saltarci fuori, l'ha venduta per
cinque dollari a Steve, che l'ha messa in moto al primo colpo dopo aver
semplicemente stretto una valvola con le dita. Per lo shock Tony non ha parlato
per tutto il giorno. Impensabile.
Tornando al racconto, quando Clint sentì la musica
dell'mp3 spegnersi pensò inizialmente alla batteria finita, voltandosi
borbottando una mezza bestemmia solo per scoprire Natasha sulla soglia.
Poteva essere l'inizio del perfetto film porno: lui in
pantaloni di tuta e canotta, con i bicipiti esposti e coperti di morchia si
trova davanti lei, avvolta in una tuta nera attillata dal cipiglio da
dominatrix.
Non lo fu, o almeno questo mi hanno raccontato, ma
Natasha tempo dopo ha ammesso che Barton con canotta immorchiata è una visione
ormonalmente disturbante.
E grazie tante, gli occhi ce li ho anch'io.
Inizialmente la VedovaNera lo affrontò diretta, che
certe cose è meglio metterle in chiaro sin da subito: Gli diede dell'ignorante
e gli ricordò di avere in attivo abbastanza cazzate con lei, quindi di
smetterla di cercare di avere ulteriori contatti che la sua carriera si è già
compromessa abbastanza. Smise solo quando si accorse dell'aria perplessa di
Clint, seduto su uno sgabello con uno straccio a strofinarsi meccanicamente le
mani sporche: "Hai capito a cosa mi riferisco?"
"No"
"Spasiba significa grazie"
"Lo so. Ed il 'Non c'è di Che', qui in
America, è considerata una necessaria risposta educata. Pensavo fosse una cosa
internazionale."
Natasha si irrigidisce; incrocia le braccia al petto e
si mette a camminare per il box nervosamente; probabilmente questo l'aiutava a
progettare un modo doloroso, umiliante e pubblico con cui farmi morire:
qualcosa che comprendesse torture orribili come puntine da disegno nelle
gengive, peli del naso strappati e varecchina negli occhi. Mentre stava per
uscire Clint la fermò afferrandola per un polso, per lasciarla immediatamente
scusandosi davanti al suo sguardo furibondo: "Voglio solo che tu
sappia" quasi balbettò, mandando a monte tutta la fama da tombeur de
femmes costruita in anni di onorato servizio "Che apprezzo molto che
tu abbia deciso di essere come dire, collaborativa, con lo S.H.I.E.L.D..
Mi hanno anticipato oggi che probabilmente sarò reintegrato dalla prossima
settimana, la Direzione ha accolto positivamente la tua decisione e le
informazioni che ci hai fornito. Ecco. Ci tenevo a dirtelo di persona e non ne
avevo ancora avuto l'occasione."
"Non avevo molta scelta. O così o spedita nel
braccio della morte di un qualche carcere federale."
"A Budapest non sembrava importarti molto. Di
vivere, intendo."
Natasha si buttò - manco a dirlo - sulla difensiva:
"A che gioco stai giocando, Agente Barton? Al salvatore di anime? Hai mire
da missionario, per caso?"
Clint scoppiò a ridere di gusto che -sì - le
mire da missionario ce le aveva eccome con Natasha, ma non come stava intendendo
lei in quel momento e cercò di calmarsi scotendo la testa mordendosi il labbro
inferiore per riprendere la serietà che la situazione richiedeva: "Ho solo
visto qualcosa in più di un obbiettivo da abbattere. Potenziale,
chiamalo così."
"Potenziale" ripete lei, sciogliendo le
braccia lungo i fianchi. "Potenziale bellico."
"Non necessariamente. È che... beh, è un
po' difficile da spiegare. E poi è tardi e... e questa moto non si aggiusta da
sola. Capirai presto cosa intendo."
"Sicuro" asserì, prima di salutarlo con un
gesto del capo e andarsene.
Il giorno dopo Barton si presentò al poligono con un
vistoso bernoccolo: aveva passato il resto della serata a tirarsi la chiave
inglese in fronte come autopunizione per aver lasciato andare Natasha così,
senza aggiungere altro.
Quanto a lei... beh, entrò come una furia a lezione di
Aikido quasi ultimata e mi afferrò per le spalle. E poi ci fu il nero doloroso
di un violento colpo alla testa.
Trauma cranico frontale. Ne ebbi per una settimana.
Da quella volta non ci siamo più trovate in sala
mensa, ed incontrate solo di passaggio negli spogliatoi o nei corridoi.
Poi mi hanno trasferito per dieci mesi alla base di
addestramento in Nebraska e per un sacco ho solo avuto racconti delle prodezze
di Barton e Romanoff, mentre mi addestravo con lo S.H.I.E.L.D. di giorno,
imparavo ad usare i miei poteri di notte con Amon e studiavo addirittura
psicologia nei ritagli di tempo libero. La mia vita sociale ne risentiva così
tanto che quando dormivo sognavo di soccorrere camion di aitanti pompieri
restati in panne nel deserto, che per ringraziamento si esibivano in
bollentissimi striptease in mio onore invitandomi a giocare con loro sotto il
getto degli idranti.
Possedere geni da demone ha i suoi bei vantaggi: oltre
ad una forza e ad una rigenerazione decisamente sovraumane, le mie capacità di
apprendimento sono nettamente migliori della media: neurotrasmettitori più
veloci e memoria audiovisiva pressochè illimitata.
Averle scoperte prima, queste capacità, avrei evitato
figure di merda durante le ore di matematica al liceo.
Poi in Nebraska arrivò l'ordine di una prima missione.
Sulla carta niente di più che ricognizione e controllo ad Okinawa. Sono partita
con altre tre reclute e due tutor con il sorriso stampato sulle labbra e lo
sguardo emozionato dietro ai miei Rayban a specchio, che mi aspettavo di
imparare il karate da Miyagi e mangiare Sushi leggendo manga sulla spiaggia.
Non andò esattamente così.
Anzi, per niente.
Fu un casino.
La Base venne attaccata da una sezione dell'esercito
NordCoreano mentre finivo il mio spuntino di mezzanotte a base di carote
insipide e insignificante tofu davanti al tomo di Psicologia Cognitivia II. In
parte ne fui quasi sollevata, perché il tofu era davvero terribile e il libro
di una noia mortale. E poi quella era l'occasione perfetta per scatenare i miei
poteri da mezzodemone e dar sfogo a quelle fiamme grigiazzurre che ora riuscivo
a padroneggiare e che avevo appena battezzato Fuoco Fatuo.
Vorrei poter raccontare di essere comparsa sul tetto
dell'edificio sotto attacco, in controluce rispetto alle esplosioni, capelli al
vento, occhi illuminati da un bagliore sinistro e guizzi grigiazzurri tra le
dita. Mi piacerebbe davvero vantarmi di come ho fronteggiato il nemico,
abbattuto un paio di elicotteri, scaravoltato un carroarmato e arrostito una
decina di soldati, per poi essere portata in trionfo da commilitoni adoranti.
Potessi, racconterei tutto questo e lo ingigantirei
pure.
Ma esistono i video di sorveglianza a smentirmi.
Quando arrivarono i rinforzi i miei compagni erano
sparsi tra infermeria e macerie, per lo più salvi e in discreto stato. I
NordCoreani ci avevano sottovalutati pesantemente, ma il merito della vittoria
non era stato decisamente mio. Certo, avevo dato il mio contributo, ma quando
ero riuscita a dar sfogo alla mia natura demoniaca e ai miei poteri, non avevo
letto negli occhi dei miei compagni che timore e sgomento, non ammirazione.
Ora reagisco diversamente. Sono più adulta e so come
gestire la paura della diversità che posso suscitare. Ora mi sono conquistata
il mio posto allo S.H.I.E.L.D. l'approvazione, il rispetto e la fiducia dei
miei colleghi.
Ma allora ancora no. E tutto quello che feci fu di
infilarmi negli spogliatoi femminili con la testa che girava e le mani spellate
per nascondermi dal mondo.
Sotto la doccia decisi di smettere di lottare contro
le mie ginocchia tremanti e di lasciarle libere di cedere, le mani
scoordinatamente lanciate in avanti e pronte ad impattare contro le piastrelle
del pavimento.
Ad interrompere la mia caduta è stato un braccio
attorno alla vita e una voce conosciuta: "Hey".
Girai mollemente la testa per scoprire un riccio rosso
fuoco di Natasha Romanoff, intenta a chiudere il miscelatore della doccia, con
un mio braccio attorno alle mie spalle per sollevarmi: "Hey, ci sei?"
annuisco debolmente mentre mi aiuta ad arrivare alla panchina dello spogliatoio
dove recuperò un salviettone e mi fece coricare posizionando qualcosa sotto le
gambe per tenerle alzate ed agevolare la circolazione; dovevo avere davvero un
aspetto spettrale per meritarmi quelle premure.
"Ho sentito cose curiose su di te. Tipo che sei
una mezza piromane o qualcosa di simile."
"Si chiama FuocoFatuo. È un potere di origine demoniaca"
spiegai "Mi sento a pezzi."
"Forse hai esagerato."
"Non posso conoscere la portata del FuocoFatuo se
non conosco i suoi limiti".
"Giusto" Si appoggiò alla parete opposta
della stanza con le braccia incrociate, studiandomi con lo sguardo. "Ti
stavamo tutti sottovalutando, ed invece hai dimostrato di non essere solo un
bel faccino ambizioso. Pare sia proprio vera la storia che Fury non sbagli un
colpo."
Cercai di riaprire gli occhi, con scarso risultato:
"Sono ancora troppo umana."
Storse la bocca in una smorfia di noncuranza, prima di
alzare le spalle: "Non è necessariamente uno svantaggio."
"Lo è, quando sei circondato da umani che ti
temono."
"Non è male, essere temuti."
"Ed isolati?" La domanda ed il mio sguardo
annebbiato la colgono di sorpresa.
So che era una spia nemica e che agiva da sola: una
singola mina vagante in grado di creare un gran casino, a quanto pare. Non so
neppure cosa mi ha spinto a porre quella domanda, Natasha non ha l'aria loquace
o amichevole, nulla che possa far intuire un bisogno di compagnia con cui
condividere la propria giornata e le proprie missioni.
Eppure l'ho spiazzata, lasciandola per qualche secondo
senza parole. Gira gli occhi su un punto imprecisato sul soffitto, alza le
spalle e sospira leggermente prima di tornare a guardarmi: "Non sto qui ad
elencarti gli innumerevoli vantaggi di non avere persone insulse tra i
piedi."
Bella risposta, mi piace. Mi sforzai
di piegare gli angoli delle labbra in un sorriso.
Incredibilmente, lei fece lo stesso.
Fu il primo passo. Il primo, piccolo grande passo sul
primo gradino.
E poi ce ne è stato un altro, ed un altro ancora.
La vita è fatta a scale, ed è una gradinata
lunghissima dagli scalini scoscesi e senza alcun corrimano. È decisamente più facile salire
quando hai un'amica pronta a sorreggerti quando sei stanca e ti cedono le
gambe, o ad afferrarti quando scivoli.
E questa è l'Origine della nostra amicizia. E da quel
mezzo sorriso stanco, giorno dopo giorno, passo dopo passo, siamo diventate Due
Occhi della stessa Faccia, Due braccia dello stesso Busto, Due Chiappe dello
stesso Culo.
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Sì, sono ancora io.
Sì, sono ancora loro.
E' una scocciatura, lo so, e probabilmente qualcuno
griderà allo scandalo e alla persecuzione. Mi dispiace, ma avevo troppo il
bisogno di scrivere ancora.
Chiedo venia.
Allora: questo NON è un sequel di TS:W. E'
semplicemente una raccolta 'disimpegnata' (che significa che l'aggiornerò più o
meno quando ne avrò voglia) sul TheSeventhUniverse e tutti i personaggi
(soprattutto Adie, of course, ma non solo loro e non solo dal suo POV)
Non è completamente necessario aver letto le due serie
precedenti, perché saranno delle OS slegate tra loro e slegate (quanto è
possibile) dalle serie. Tuttavia, se ancora non le conoscete e avete tempo che
non sapete come impiegare, qui troverete tutto:
http://www.efpfanfic.net/viewseries.php?ssid=6910&i=1.
Se vi va di lasciare un commento (anche critico, per carità!) fate pure. Se
avete qualche curiosità o dubbio, sono attrezzatissima, ho anche un Ask: http://ask.fm/EvilCassyBuenacidos.
Grazie per essere arrivati sino a qui e se vorrete
lasciare un vostro parere, vi ringrazio in anticipo ancor di più.
PS: Checché si evinca dal titolo, non saranno 50 Os.
No, non potrei farcela. Non garantisco, invece, sul 'candore' di tutte le
storie. C'è GreyRaven di mezzo, che non è esattamente la castità fatta a
persona.
Grazie,
EC.