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Autore: madelifje    25/07/2013    6 recensioni
A dodici anni ho avuto l’idea di salire sul tetto.
Lo spettacolo da lassù è bellissimo: si vedono le ultime luci ancora accese delle case, i lampioni che illuminano le strade deserte e, alla mia destra, i campi.
Mi sdraio sul plaid cercando di trovare la stella polare. Poi controllo di avere montato l’obbiettivo giusto sulla mia Canon, metto a fuoco e scatto la foto.
Giselle diceva che un giorno Alianna Crawford sarebbe diventata qualcuno.
Oggi è il 7 settembre 2012 e sono le ventitré e quindici minuti.
Alianna Crawford è ancora la ragazza invisibile.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ed Sheeran, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Back to the stars.

 


Ora lo vedo. Il momento in cui sai di non essere una storia triste. Sei vivo. E ti alzi in piedi e vedi le luci sui palazzi e tutto quello che ti fa restare a bocca aperta. E senti quella canzone, su quella strada con le persone a cui vuoi più bene al mondo. E in questo momento, te lo giuro, noi siamo infinito.

-Ragazzo da parete, Stephen Chbosky

 
Sottofondo: 
http://www.youtube.com/watch?v=EdBym7kv2IM

C’è un periodo in cui andare in bicicletta mi piace particolarmente: l’autunno. In particolare ottobre e l’inizio di novembre, quando non fa ancora così freddo, quando bastano i guanti per sopravvivere al tragitto casa-scuola, senza dover desiderare ardentemente le aule calde. Le foglie cadono, e la vista di ogni angolo mi fa venire voglia di scendere dalla bici e scattare fotografie.
È difficile arrivare puntuali in autunno, ma non questa mattina. Il vento è così forte da riuscire a mandarmi i capelli negli occhi, nonostante stia pedalando al massimo della velocità. Sollevo una mano per sollevare lo sciarpone fino a coprirmi il naso ma, così facendo, sbando. Inchiodo di colpo e sento il retro della bici sollevarsi. Due secondi dopo sono per terra, con il ginocchio e il gomito sinistro doloranti e un enorme graffio sul mento. Fantastico, sono appena passata da ragazza invisibile a ragazza-strega con tendenze invisibili.
Anche il signor Philips deve aver pensato qualcosa del genere, infatti evita qualsiasi commento sul mio ritardo e il mio aspetto e continua tranquillamente la lezione.
Rumore di sedia che struscia sul pavimento. Se Ed sta cercando di farsi notare, tanto vale estrarre il cartello “Lavori in corso”.
-Cosa fai? –sibilo senza voltarmi.
-Mi avvicino, così possiamo parlare meglio.
-Parli come il Lupo Cattivo.
-A proposito di cattivi…
Fruscio da carta. Qualcosa di bianco striscia sui banchi e metto a fuoco i fogli che Ed mi sta passando.
-Ascoltami. –dice Ed. –Mi sono informato,  sembra che Giselle avesse ingerito una dozzina di pillole. Alcune erano banali antidepressivi, le altre… contenevano riluzolo. Fin ora è l’unico farmaco approvato per la cura della sla.
Mi si annoda lo stomaco.
-Non è uno scherzo, ha degli effetti collaterali abbastanza gravi per cui, come dicevi tu, è difficile procurarselo.  È praticamente impossibile che Giselle ci sia riuscita, mentre per Nathan lo spacciatore figlio di farmacisti, è decisamente più semplice. La polizia non sa dell’occupazione di Nathan, ma della farmacia sì. Per questo è strano che non abbiano indagato.
-Aspetta… non hanno indagato su di lui? Non l’hanno nemmeno interrogato?
-Forse sì, ma dal fascicolo del caso non risulta. –aveva un tono professionale, come se fosse un agente federale.
Assurdo, la polizia aveva interrogato me e non lui.
-C’è qualcosa che non quadra. Mancano dei pezzi. Ma tu come fai a sapere…?
-Ho un amico in polizia che mi ha fatto fare un giretto nel loro archivio.
-Crawford e Sheeran, volete anche dei pasticcini? –cinguettò il signor Philips. La nostra riunione è finita.
 
-Adesso tocca a te. –il vassoio di Ed scivola accanto al mio e il suo proprietario si siede al nostro tavolo, ignorando gli sguardi meravigliati degli altri.
-Di’ un po’, ma tu non avevi anche altri amici? –borbotto.
-Sì, ma giocare al Detective Conan con te è più divertente.
Alzo gli occhi al cielo. Quello che è successo è appena diventato il Detective Conan?
Arrotolo gli spaghetti con la forchetta. –Cosa vuol dire “tocca a te”?
-Ti ricordi l’altra parte del nostro patto? Non prendere impegni per sabato sera, All.
Ancora quel maledetto nomignolo. Il suo nomignolo.
Ed dà un morso alla sua mela e si gira a parlare con gli amici di Vincent. Bridget mi fissa con uno sguardo ambiguo che non riesco a sostenere, quindi divoro in fretta gli spaghetti e mi alzo. Prendere a calci i sassi del cortile è un ottimo modo per scaricare la tensione, a quanto dicono.
 
-Il luna park?
-Già.
-Hai guidato un’ora e un quarto per un luna park?
-No, per il Luna Park. Con l’articolo e le maiuscole.
-Tu sei pazzo, Ed Sheeran.
-Probabile.
Un bambino va a sbattere contro la mia gamba e per miracolo riesco a salvare il suo zucchero filato.
Odio Ed per avermi imposto di lasciare in macchina la canon. Il luna park è un classico della fotografia!
Guardo il mio amico, che mastica assorto delle noccioline. Quando mi sorprende a fissarlo mi tende il pacchetto pieno di arachidi, sorridendo.
È sorprendente il numero di persone che decide di passare il sabato sera in un luna park, per quanto grande possa essere. C’è una fila abbastanza lunga nella maggior parte delle attrazioni, ma per Ed questo non sembra essere un problema. Una volta scesi dal calcinculo (altrimenti chiamato “le catene”) mi trascina senza nessuna esitazione verso gli autoscontri.
-Guidi tu, -gli ordino mentre infila i gettoni in tasca.
-Non sono capace. –ammette Ed.
-Io sì? Hai la macchina. Almeno un po’ dovresti essere abituato!
-Non è mica la stessa cosa!
La verità è troppo imbarazzante. Se lo convinco a guidare, potrebbe non accorgersi di niente…
-Facciamo così: tu guidi per i primi due giri, poi vado io.
Non ho nessuna scusa sensata per rifiutare. Deglutisco.
-Bene ragazzi, iniziamo!
Non avrò una grande esperienza in fatto di luna park, ma è possibile che i gestori degli autoscontri abbiano tutti la stessa identica voce?
Afferro saldamente il volante e aspetto.
-Devi premere l’acceleratore. –dice Ed con calma.
-Oh! Giusto!
Esattamente quello che volevo evitare. Schiaccio l’unico pedale che vedo e la macchinina fa uno scatto in avanti.
Da subito risulta lampante una cosa: non riesco ad andare dritta. Dopo aver beccato in pieno un bambino di nove anni ed averlo fatto piangere, rinuncio.
-Non l’avevi mai fatto, vero? –chiede dolcemente Ed.
Scuoto la testa, rossa fino alla radice dei capelli. Sheeran ridacchia, si sporge verso di me e appoggia le sue mani calde sulle mie.
-Non è così difficile.
-Lo dici tu. –borbotto, al limite dell’imbarazzo.
-Raddrizza il volante, All. –ridacchia lui. Godeva un mondo nel suo nuovo ruolo da insegnante, il bastardo.
-Dici? Secondo me è più divertente così! –giro di colpo a destra, facendo finire Ed addosso a me.
-Davvero? Che ne dici di… così? –lui gira il volante a sinistra e ride quando sbatto contro la sua spalla.
Questa la dedichiamo ai ragazzi della 14, che sembrano avere qualche problema di guida.
 Inizia Hall of fame proprio alla fine del primo giro. Inserisco un altro gettone, ridendo.
-Problemi di guida? You can be the brainest, you can be the best....
-Non capiscono la nostra arte. Non pensavo che questa fosse il tuo genere.
-Non lo è, però è bella.
Standing in the hall of fame
And the world’s gonna know you name
‘cause you burn with the brightest fame
And the world’s gonna know your name.
Alla fine dei cinque giri ho collezionato parecchi lividi sui gomiti e la voglia di altre noccioline. Non voglio dare soddisfazione a Ed, così mi limito a sorridere come un’ebete.
-Cosa prevede il programma?
-Siamo alla portata principale.
Ed indica avanti a sé, verso i ragazzi che sfrecciano sulle montagne russe.
-Oh no!
-Oh sì!
Mi prende a braccetto e trotterella come un bambino fino al signore che vende i biglietti.
-Prima volta anche qui? –chiede, sedendosi. Annuisco e mi preparo ad una nuova battutina.
-Vedrai.
La barra di metallo si abbassa sulle nostre gambe, vanificando ogni mio tentativo di fuga.
Partiamo. Appoggio la testa indietro e guardo le stelle.
È notte. Tu sei sulle montagne russe, nel punto più alto, pochi istanti prima della discesa. Senti le grida, le risate, le voci della gente. Guardi lontano e vedi il panorama illuminato, la spiaggia, le stelle. Da parte a te, il tuo amico sta cercando in tutti i modi di scacciare la paura e tu ridi, perché l’idea di salire su quell’attrazione è stata sua. Ti avvicini alla discesa. Il tuo stomaco si annoda mentre l’adrenalina ti scorre nelle vene e d’un tratto non vedi l’ora che arrivi quel momento. Poi succede. La sensazione di vuoto, il vento, le urla, quello che ti circonda si fa meno nitido e senti quella canzone, che qualcuno sta ascoltando senza sapere della tua presenza. È il momento giusto.
Sollevi le braccia.
 
-È… è stato… stupendo! –balbetto scendendo dalla macchina. Lui mi dà ragione e chiude la portiera alle mie spalle.
-Eccoci. Ti ho portato a casa all’una e un quarto.
L’una e un quarto?! Impreco ad alta voce. Anticipando le domande di Ed, gli spiego in fretta che il coprifuoco durante l’anno scolastico è a mezzanotte e mezza, e che mia madre mi ucciderà.
-Non deve saperlo, basta che non la svegli…
-Genio, vedi per caso una borsa? Non ho portato le chiavi!
Il sospiro di Ed è anche fin troppo eloquente. Sono nei guai.   
-Scavalca. –dice d’impulso.
-Tu sei andato. Completamente.
-Vuoi davvero citofonare?
La mia è una delle pochissime case americane con il muro di cinta. Senza appigli.
Ed intreccia le dita delle mani e si avvicina al muro. Vuole davvero farmi da scaletta?
Sarà l’adrenalina che è ancora in circolo, sarà la paura di mia madre, oppure semplicemente la voglia di fare qualcosa di rischioso per una volta, ma accetto. Appoggio il piede destro sulle mani di Ed e mi do la spinta. Devo avergli tirato inavvertitamente un calcio, perché si lascia sfuggire un gemito. Le mani si staccano e io riesco per un pelo ad aggrapparmi.
Stiamo entrambi rotolando dalle risate, lui per terra e io sul muretto di casa mia. Non riesco a togliermi dalla testa quella scena di The perks of being a wallflower, quando Sam e Charlie si alzano in piedi sul retro del furgoncino, nella galleria. Ho capito cosa intende lo scrittore: è la stessa sensazione delle montagne russe. Felicità pura.
-Ed, cosa diavolo faccio adesso? È alto! E piantala di ridere! –è contagioso, non riesco a smettere nemmeno io.
-Crawford, iscriviti a kung fu. Sul serio, è il tuo sport. –farfuglia massaggiandosi la spalla.
-A… Ali? –ci voltiamo entrambi. La mia vicina cinquantenne in piena crisi di mezza età è fuori dalla sua Porsche. A giudicare dal vestito cortissimo, è di ritorno da una delle sue seratone – eppure ha il coraggio di guardarmi male perché sono seduta sul muro di cinta.
-Signora Lane, se non chiama la polizia le darò parte della refurtiva. –Ed sghignazza ancora più forte e cerco di tirargli un calcio senza cadere giù.
-Va’ a dormire, che è meglio. –borbotta lei, avviandosi verso la porta di casa sua.
-All, salta. –dice Ed. –È come quel giorno a scuola, ti ricordi?
Certo che mi ricordo. Non è così facile da dimenticare…
Sposto le gambe dall’altra parte del muro e salto. Cammino fischiettando fino al portaombrelli, prendo la chiave di scorta e entro in casa. Prima di richiudere alle mie spalle, mi giro un’ultima volta verso Ed. La sue testa arancione spunta dal muro e per un attimo mi chiedo come abbia fatto ad arrampicarsi senza aiuto. Mi fa ciao con la mano, e io rispondo con il saluto militare.
-A lunedì! –urla.
-Ok!
Non vedo l’ora.  


HOLA!
Sono di ultra fretta. 
Spero che il capitolo vi piaccia, perchè mi sono impegnata tantissimo. Anche se è ispirato ad una storia vera ahahah (sì, anche l'ultima parte. Non chiedete)
Grazie per le recensioni, siete le migliori ♥
vi saluto, prima che la batteria si esaurisca del tutto
bacioni,
Gaia

  
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