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Autore: Cicciopalla    26/07/2013    1 recensioni
Un uomo dal cielo che cerca la sua scatola blu.
Due fratelli che cacciano demoni mentre cercano di scoprire una cura per l’Angelo al loro fianco.
Un dottore che risolve crimini insieme al detective più geniale, finché i crimini non si svelano più di semplici atti umani di violenza.
Tutto inizia a cambiare.
Niente è come sembra.
Moriarty è reale, e ha i suoi piani.
[SUPERWHOLOCK]
Genere: Avventura, Comico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Welcome to the future, would you like to stay?


Sei anni.
 
Erano stati via, per sei anni, volando per lo spazio e per il tempo in una stupida cabina telefonica blu lasciando suo fratello da solo e probabilmente confuso e preoccupato…
 
Sei.
 
Dannati.
 
Anni.
 
« Spiega! » sibilò Dean Winchester, la sua mascella serrata mentre si voltava verso il Dottore. Il Signore del Tempo trasalì, visibilmente a disagio sotto lo sguardo intenso di Dean. « Hai detto che saremmo tornati indietro di cosa, qualche minuto? »
 
Sei anni.
 
L'intero mondo poteva essere cambiato mentre loro erano stati via.
 
Tutto poteva essere cambiato.
 
E per Dean sembrava che fossero stati via solo qualche ora…
 
« Dean… » La voce di Castiel era calma come sempre e una mano rassicurante era poggiata sulla spalla di Dean. Era la mano di Cas.
 
Cas, che lo aveva baciato qualche ora fa.
 
Che aveva a malapena baciato con le sue morbide labbra.
 
Che aveva baciato il Dottore.
 
Castiel, che lo stava osservando adesso con i suoi occhi blu luminosi, guardava Dean e solamente Dean, aspettando che si calmasse, prima o poi.
 
Non gli piaceva Dean arrabbiato.
 
C'era stato un tempo in cui Castiel non avrebbe avuto paura di un Dean arrabbiato, un tempo in cui Castiel era stato un orgoglioso Angelo del Signore.
 
Adesso, tuttavia, aveva paura, e non voleva essere in conflitto.
 
Lo stomaco di Dean si strinse perché non sapeva cosa provare in quel momento.
 
Beh, fanculo.
 
« Il Dottore ha ragione. Siamo in una linea del Tempo differente. Tutto è come dovrebbe essere - per noi. » Lo sguardo furioso di Dean passò dallo spaventato Dottore all'angelo, che lo sostenne senza sussultare.
 
« Come può essere tutto okay quando… quando siamo stati via per anni?! »
 
Castiel sospirò profondamente, la sua mano stringeva la presa sulla spalla di Dean. Aprì la bocca ma Sam, il Sam sei-anni-nel-futuro, lo interruppe con un rapido e veloce scatto della testa. « Non ADESSO, Cas! »
 
Sei anni…
 
Tecnicamente, Sam era più vecchio di Dean adesso.
 
Che strana sensazione.
 
Si affrettarono lungo la strada vuota, i loro passi che echeggiavano lungo le pareti delle case. Londra era stata piena e indaffarata, adesso era solamente un'ombra di se stessa.
 
Cos'era successo?
 
« Dove stiamo andando? » chiese Dean invece.
 
Sam guardò suo fratello da sopra una spalla. « In una casa sicura. » La sua risposta fu breve, tagliente come gli invisibili contorni attorno al suo corpo.
 
Non era il Sammy di Dean. Lo stomaco di Dean si strinse ancora di più quando ebbe realizzato che tutto ciò gli ricordava qualcosa.
 
2014.
 
Dean tremò involontariamente. Non uno dei suoi migliori ricordi, questo era certo…
 
E quel futuro non appariva più luminoso. Beh, forse non doveva neanche più sorprendersi: qualsiasi futuro sembrava fare schifo.
 
Ottimo. Fantastico. Non importava quanto duramente loro provassero a salvare il giorno, tutto andava a rotoli appena lo ricostruivano.
 
Qual era lo scopo di tutto ciò?
 
« Dean. » Castiel era proprio al suo fianco. La sua mano non era più sulla sua spalla, ovviamente non da quando stavano correndo per la strada, ma semplicemente il suo sguardo sembrava toccare Dean con mani gentili. « Andrà tutto bene. »
 
Come poteva esserne così sicuro? Come poteva suonare così sicuro di sé?
 
Come, quando qualsiasi cosa era tutt'altro che buona, quando Cas stesso era danneggiato?
 
« Sì, certo. » rispose Dean seccamente.
 
Cas sorrise tristemente e spostò lo sguardo di nuovo sulla strada. Dean avrebbe voluto schiaffeggiarsi, perché non era ciò che aveva voluto dire, non così, non con quel tono sarcastico, ma gli era scappato, come sempre.
 
Nota mentale - cose che sono bravo a fare: ferire le persone.
 
« Fermi, fermi! » Le loro teste si voltarono quando il Dottore si fermò bruscamente. Sam aprì la bocca ma il Dottore fu più veloce del Winchester.
 
« La mia TARDIS! » C'era panico nella sua voce, i suoi occhi spalancati con paura improvvisa. « Non possiamo lasciarla indietro! »
 
Oh, dannazione! Certamente! La pattuglia avrebbe notato la cabina blu!
 
« Cazzo! » imprecò Sam, giungendo ad un punto fermo.
 
Il penetrante suono delle sirene rimbombò dalle pareti e Sam imprecò nuovamente.
 
Il Dottore si voltò, pronto a correre indietro dalla sua amata nave, l'unica cosa che poteva tradire il loro arrivo.
 
« No, Dottore! » gridò Sam, la sua voce veniva quasi risucchiata dall'assordante rumore delle sirene, ma il Dottore era già alla fine del marciapiede, le sue lunghe gambe lo trasportarono velocemente alla fine della strada.
 
« Sam! » La voce di Castiel era chiara e limpida contro le fastidiose sirene. « Voi due dovete andare. »
 
Dean seppe immediatamente cosa l'angelo aveva intenzione di fare, e non gli piacque neanche un po'. « Oh, no! Non osare! »
 
È troppo pericoloso! E se ti prendessero? E se, e se, e se?!
 
Castiel scoccò a Dean un piccolo sorriso, un sorriso sicuro di sé, prima di dire: « Ci vediamo presto. »
 
Poi scomparve.
 
« Cas, no! »
 
Sam lo afferrò per il braccio, strattonandolo per la strada, facendolo incespicare al suo fianco.
 
Stupido angelo, dannazione, Castiel!
 
Non parlarono, non mentre stavano correndo attraverso la città vuota.
 
Dean quasi si aspettava che la pattuglia li catturasse, si aspettava che fossero dietro ogni angolo e in ogni vicolo, ma non successe niente, niente di niente.
 
Più lontano si allontanavano dal centro della città più silenziose diventavano le sirene. Presto i loro passi sull'asfalto furono l'unico rumore udibile. Il cuore di Dean martellava nel suo petto, abbinandosi al suo rapido respiro.
 
Le case diventarono più vecchie e squallide, e Dean ebbe la sensazione che quello fosse il distretto dei poveri. O forse era stato abbandonato.
Sentiva come se degli occhi lo stessero osservando dagli angusti luoghi d'ombra, ma non c'era nessuno visibile.
 
Una tenda si mosse, e un gatto randagio saltò via quando i Winchester corsero al suo fianco.
 
« Avrei dovuto prendere la macchina con me. » mugugnò Sam, parlando più con se stesso che con Dean. « L'Impala? » Dean non poté trattenere la domanda.
 
« No. L'Impala è in America. »
 
America? Ma…
 
« Cosa? »
 
Sam non rispose, ma Dean non gliene fece una colpa.
 
Fu dopo qualche minuto, o ora, che arrivarono ad una vecchia casa.
 
Non era trascurata come le altre ma non era neanche carina. La finestra di destra del secondo piano era rotta ed era stata riparata con tavole di legno, e le piante rampicanti coprivano gran parte dell'edificio. Le tavole di legno avevano grandi spaccature, e il tetto sembrava aver visto giorni migliori.
 
« Wow. » fischiò Dean non riuscendo a nascondere il sarcasmo nella sua voce.
 
« Abbiamo altre cose da fare che riparare la casa. » Fu la secca replica di Sam, e Dean mandò giù la sua risposta. Doveva ricordarsi che quello non era il Sammy che conosceva.
 
C'era qualcosa di freddo fra di loro, non il reale amore fraterno che condividevano solitamente. Era come se fossero estranei l'uno dall'altro.
 
La porta scricchiolò quando Sam l'aprì senza usare la chiave.
 
Il corridoio era scuro anche se fuori era mattino, ma probabilmente era a causa delle piante che coprivano la maggior parte delle finestre, come per nascondere l'interno della casa dal mondo esterno. Qualche raggio di luce solare riusciva a penetrare, ma la loro luce era a malapena sufficiente ad illuminare la stanza. Granelli di polvere danzavano nell'aria rafferma di fronte a loro.
 
C'erano lampade, però, e per sorpresa di Dean sembravano piuttosto nuove e funzionanti.
 
L'odore della casa era vecchio e ammuffito, ma non in senso negativo. Odorava di legno, e… libri?
 
« Siamo tornati. » urlò Sam. Dean per un certo verso non si aspettava nessuna risposta, ma all'improvviso una testa dai capelli neri apparì dietro la cornice della porta alla loro destra. « L'avevamo capito. »
 
Il cuore di Dean quasi si fermò e la sua bocca si aprì con incredulità. « Sherlock! »
 
Il detective, che era vivo e stava bene, sorrise pigramente. Sorrise!
 
« Sì, si dà il caso che quello sia il mio nome. Piacere di rivederti, Dean. È passato un bel po' di tempo dal nostro ultimo incontro, dico bene? »
 
Il detective sembrava star bene, meglio di prima. Era ancora pallido ma non sembrava più malato. I suoi occhi erano ancora di un freddo grigio-bluastro ma sembravano vivi, non più freddi come il ghiaccio e senza emozioni, non come lo erano stati l'ultima volta che avevano visto Dean. Come se qualcuno avesse animano una bambola di porcellana dandole un'anima.
 
« Ma… sei svanito! »
 
Sherlock alzò le spalle, e sembrava così normale, così diverso da Sherlock. « E sono riapparso. Tre anni dopo, però. »
 
Dean semplicemente scosse la testa, i suoi occhi vagavano da Sherlock a Sam e indietro di nuovo come se la risposta si trovasse nell'aria tra loro.
 
Ormai non avrebbe più dovuto sorprendersi per cose del genere, davvero.
 
« Come? » Fu tutto ciò che riuscì a chiedere. In quel momento si sentì come colpito da una padella contente diverse emozioni.
 
« Beeeh, Dean, immagino si possa dire che sia stata colpa mia. »
 
No.
 
Gabriel, il fottuto Gabriel, era comparso al fianco di Sherlock, un dannato lecca-lecca in bocca mentre ghignava come un gatto sornione. I suoi capelli erano un po' disordinati ma i suoi vestiti sembravano nuovi come non mai. Doveva essere per via del mojo angelico.
 
« Questo è l'incontro dei 'dovrei essere morto ma non lo sono' anonimi? »
 
Non era cambiato, neanche un po'. Aveva ancora un sorriso sbilenco sulle labbra e i suoi occhi d'oro pieni di monellerie. Ma, Dean non riuscì a non notare che anche l'arcangelo aveva dei contorni scuri attorno a sé. Non era così ovvio come per Sam, ma c'era qualcosa di diverso riguardo a lui…
 
Come il futuro li avesse affilati, come se si fossero stabilizzati con l'oscurità del mondo diventando più taglienti e freddi.
 
Solamente Sherlock sembrava più vivo che mai.
 
« Più o meno. » rispose Sam mentre passava oltre Sherlock e Gabriel frettolosamente finendo in cucina, ignorando il broncio che Gabriel aveva prodotto quando il cacciatore lo aveva spinto di lato per passare attraverso la porta.
 
Dean continuava a fissare Gabriel. « Ma, come? »
 
Gabirel ampliò il suo sorriso sbilenco. « Sono un arcangelo, Deanny, ed ero conosciuto come trickster. » Fece l'occhiolino. « Davvero pensavi che mi sarei fatto uccidere da quella testa di cazzo di mio fratello? Neanche per sogno! »
 
Lo sguardo fisso di Dean divenne più intenso, quasi cercasse di forzare Gabriel a spiegare.
 
« Vuoi qualcosa da bere? » La voce di Sam echeggiò dalla cucina.
 
« Sì. » Una birra sarebbe stata davvero gradita in quel momento. Dannazione.
 
« Perché non ci sediamo mentre spiego tutto. » offrì l'arcangelo e guidò Dean verso il soggiorno.
 
Il soggiorno era, di fatto, non più di una stanza con un divano e una televisione. Due scaffali per i libri erano piazzati contro le pareti di fronte la porta. Erano metà vuoti, però, e i pochi libri presenti erano vecchi e usati. Le assi di legno del pavimento scricchiolarono mentre Dean camminava verso l'orribile divano verde.
 
Gabriel prese posto al suo fianco, osservando il cacciatore con occhi vigili. All'inizio Dean evitò di guardare l'angelo, ma ad un certo punto non riuscì più a sostenere il silenzio.
 
« Quindi, come hai fatto? »
 
Gabriel si appoggiò con la schiena al divano, un sorriso contento sulle labbra mentre allungava le braccia dietro lo schienale.
 
« Ho dovuto strapparmi un terzo della mia Grazia per ingannare Lucy. Ti posso dire, è stato un dolore lancinante, ma alla fine ci sono riuscito. Ha pensato che fossi io, a morire lì, ma in effetti era un clone, fatto di pura Grazia. » L'arcangelo fece una smorfia mentre ripensava al dolore che aveva sentito, e Dean provò persino compassione per quel furbo bastardo. Dopo tutto, era stata colpa sua e di Sammy se Gabriel era dovuto 'morire'. « Ho dovuto rinunciare ad un paio delle mie ali! Le mie ali! Hai mai visto un arcangelo con quattro ali?! Sono uno storpio ora! » L'arcangelo sospirò drammaticamente e iniziò a succhiare il lecca-lecca.
 
« Ma, perché non ha notato… » chiese Dean. « E, perché non te le puoi far ricrescere… » gesticolò con le mani. « …le tue ali. »
 
Gabriel fece un lungo respiro e scosse la testa. « Oh Deanny! Non credi che io abbia provato? Ma le ali sono parte della nostra vera essenza, dunque non possono essere guarite, o almeno non facilmente. »
 
L'arcangelo succhiò il lecca-lecca prima di aggiungere: « Chiedi a Cassie, le sue ali sono passate attraverso l'Inferno per te. »
 
Il volto di Dean si oscurò del tutto e Gabriel diede un colpetto alla gamba del cacciatore col suo piede.
 
« Hey, non metterti a piangere qui solo perché ho menzionato le ali arrostite di Cassie. Ci sono cose ben più peggiori di ali segnate da cicatrici. » Girò il lecca-lecca e sorrise quasi gentilmente. « Per quanto riguarda Lucy: penso che abbia presunto che un solo paia di ali brucino sul pavimento. Non ha mai visto nessuno di noi morire. » Con noi intendeva arcangeli, immaginò Dean.
 
« Quindi, in pratica, hai strappato da te stesso una parte della tua Grazia e rinunciato ad un paio di ali senza sapere se il trucco avrebbe funzionato? »
 
Gabriel alzò le spalle. « Dovevo provare, giusto? E vedi, eccomi qui, vivo e vegeto. »
 
Dean annuì, lentamente, non proprio sicuro di cosa rispondere.
 
Rimasero seduti in un silenzio imbarazzante finché Sam e Sherlock tornarono con le bibite. Non era birra, con delusione di Dean.
 
« Quindi, come sei tornato indietro? » chiese Dean a Sherlock mentre sorseggiava la sua bibita, che scoprì essere té freddo. Té freddo…
 
Sherlock, che sedeva sulla sedia pieghevole portata dalla cucina, poggiò la sua bibita sul pavimento e incrociò le gambe. « Gabrel salvò una parte della sua Grazia nell'amuleto. »
 
Le sopracciglia di Dean s'alzarono di colpo e voltò il capo verso Gabriel, che contorse le sue sopracciglia di rimando. « Sono ovunque. »
 
Dean grugnì e voltò il capo verso Sherlock, che pazientemente continuò la sua spiegazione. « Sapeva della possibilità che Murmur, o altri, mi avvicinassero, così pianificò tutto. Sigillò la Grazia dentro l'amuleto, insieme alla parte mancante della mia anima, così mi avrebbe protetto se l'amuleto fosse stato aperto formalmente da qualcun altro eccetto me. Come risultato fui mandato tre anni nel futuro anche se Murmur era ormai morto. »
 
Le sopracciglia di Dean si corrugarono. « Perché tre anni? E perché - »
 
« Non hai mai letto i libri, vero? » Sam roteò gli occhi.
 
Oh, ma l'aveva fatto! Non tutte le storie, perché c'era a mala pena tempo per quello, ma a volte…
 
« Come vuoi tu, puttana. » Anche Dean roteò gli occhi al cielo. Sam premette le labbra in line sottili ma non riuscì a trattenersi dal sorridere.
 
« Quindi, riguardo all'intera faccenda dell'anima speciale? »
 
Sherlock mormorò pensieroso. « Non saprei dire. » ammise.
 
Wow, c'era davvero una cosa che Sherlock non sapeva?
 
Inquietante.
 
Quando Dean si rivolse all'arcangelo quest'ultimo alzò le mani. « Non chiedere a me. »
 
« Tu sei un arcangelo, devi saperlo! »
 
Gabriel tirò fuori la lingua, quasi perdendo il lecca-lecca. « Non sono la tua puttana di angelo, okay? Quindi calma gli ormoni e mostrami un po' di rispetto o ti rimando in un batter d'occhio in strada! E fidati, non vuoi essere là fuori quando la pattuglia sta facendo la ronda. »
 
Dean sbuffò e incrociò le braccia, il suo sguardo vagò alle finestre nascoste. Qualche piccola macchia di luce sul pavimento era tutta l'illuminazione che passava attraverso le spesse piante. Le assi facevano sembrare le finestre ancora più simili alle vetrate delle chiese, quelle formate da mosaici colorati. Avevano un qualcosa di rilassante.
 
Chi avrebbe mai pensato che avrebbero incontrato Sherlock di nuovo, lì in tutti i luoghi e i tempi?
 
O Gabriel?
 
Una persona, però, mancava. Dean non l'aveva notato prima, ma adesso sì.
 
« Dov'è il tuo amico? » Il suo sguardo guizzò nuovamente su Sherlock, che aveva un'espressione curiosa sul volto. « Watson. Dov'è? È fuori? »
 
Il volto di Sherlock s'incupì e lo sguardo di Sam si oscurò visibilmente. « Sai… non ce l'ha fatta. »
 
Le sopracciglia di Dean si alzarono in sorpresa. « Cosa? Ma pensavo tu - »
 
Sam scosse la testa, i suoi lunghi capelli volarono in ogni direzione. Dean si domandò come fosse possibile vedere attraverso quel velo spesso di capelli.
« Ricordi? Tu, via, sei anni? »
 
Dean annuì.
 
« Beh… Non ero qui tutto il tempo. Sono dovuto tornare in America, ecco perché l'Impala non è qui. Sai, a causa di Dick? »
 
Gabriel sghignazzò ma chiuse la bocca appena Sam gli lanciò un'occhiata truce. Wow, adesso Sam era diventato l'uomo che sussurava agli arcangeli o cosa?
 
« Comunque. » continuò Sam. « Dick aveva fatto delle cose davvero orribili a casa, ecco perché ho lasciato John. Ti ho aspettato, però. Per tornare. Pensavo… tre mesi fossero… » si fermò, la sua mascella si strinse prima di continuare. « Così sono tornato indietro. Ho incontrato questo ragazzo, il nome era Kevin Tran. Era un ragazzo sveglio, e un profeta. Tutti lo cercavano, anche Dick… » Sam sospirò e i suoi occhi divennero incredibilmente tristi.
 
La sua intera postura sembrava stare per cadere, persino i suoi capelli sembravano meno morbidi e vivi di qualche minuto prima. « Ho provato, sai, ma era abbastanza difficile salvare la giornata tutto solo… »
 
Una fitta di senso di colpa si fece strada attraverso il corpo di Dean e deglutì con forza.
 
Dannazione…
 
« Sammy, ascolta, sono così - »
 
« Comunque, per farla breve. » Sam alzò gli occhi dalle mani, ignorando completamente la compassione negli occhi di Dean. « Ho battuto Dick con qualche aiuto. » Fece un cenno verso Gabriel, che mosse le dite della sua mano sinistra come per salutare Dean, che rispose solamente con un smorfia quasi di dolore. « È stato qualche mese fa, penso, quando Sherlock chiamò. »
 
« Tre anni dopo l'incidente, quasi immediatamente dopo che sono riapparso. » informò velocemente Sherlock.
 
Sam annuì concordando. « Sì. Puoi immaginare la mia sorpresa quando fu Sherlock a chiamare. »
 
Il 'e non tu' volteggiò nell'aria sopra di loro come un'insegna al neon.
 
« Ovviamente Gabriel ci ha portato indietro a Londra per aiutare Sherlock. Le cose erano già cambiate… e non per il meglio, come puoi vedere. »
 
Le sopracciglia di Dean si corrugarono. « Quindi, John è disperso? »
 
Sherlock strinse le labbra tra loro mentre scuoteva la testa. « No. È uno di loro adesso. »
 
Seriamente? Perché devono sempre parlare tutti per indovinelli?
 
Perché Dean non sapeva chi fossero 'loro', prese un grande respiro e chiese: « Loro? »
 
« Demoni. » Sam si adagiò sul divano, le sue mani premute assieme contro il vecchio pavimento di legno per supportare il suo peso. « Sono dappertutto adesso, grazie a Moran e al Master. Controllano le pattugle. » Sam increspò il naso, chiaramente furioso che i demoni fossero stati capaci di prendersi una parte di Londra.
 
Il cuore di Dean affondò quando vide la triste espressione sul volto di Sherlock. Il detective sembrava essere molto più che triste per il suo compagno diventato un vestito per i demoni. Appariva sorprendentemente umano, sorprendentemente giovane, adesso che la sua fredda armatura di rifiuto era andata via.
 
« Ma siete sicuri? » scelse le parole con cautela perché non voleva scavare più a fondo nella ferita.
 
Sherlock si spostò avanti e indietro, il suo corpo una linea sottile. Il cambio improvviso della sua postura e la mancanza di emozioni sul suo volto richiamarono a Dean il vecchio Sherlock, colui che a malapena mostrava del tutto le emozioni. Francamente, Dean ancora credeva che il detective non fosse stato capace a mostrare, o sentire, emozioni finché non ebbe conquistato la parte mancante della sua anima.
 
« Decisamente, sì. »
 
Un silenzio imbarazzante calò su di loro.
 
Dean era occupato con il suo bicchiere di tè freddo, i suoi occhi fermamente fissi sul vorticoso contenuto del il bicchiere. Il colore del tè era ambrato, come una specie di whisky.
 
« Sai - » Gabriel si tirò su energicamente. « - credo tu debba mangiare qualcosa. »
 
Dean corrugò solamente le sopracciglia in confusione. Okay, che diavolo stava succedendo lì?
 
« Huh, sei nostra madre adesso o cosa? »
 
L'arcangelo lanciò a Dean un sorriso forzato prima di rispondere: « Sai cosa? Fanculo, Winchester. Solo per una volta ho davvero cercato di essere gentile verso di te. »
 
Sam sospirò rumorosamente prima di alzarsi, prima di lanciare a Gabriel un'occhiata severa. « Gabriel, smettila di fare il melodrammatico. Non abbiamo tempo per questo. »
 
Le labbra di Gabriel si arricciarono in un broncio, mentre incrociava le braccia come un bambino che era stato rimproverato. « Certo certo, big boss. Come vuoi. »
 
L'arcangelo si trascinò fuori dalla stanza, borbottando qualcosa tra se e se. Dean era sicuro di aver sentito parole come 'grande alce' e 'vai a fanculo stupido coglione di cacciatore dalle gambe arcuate', però l'ultima era probabilmente diretta a Dean.
 
« Sam… » Dean seguì l'arcangelo con gli occhi. « Siete sposati o cosa? Mi sono perso qualche importante storia d'amore? O sei ufficialmente legittimato a maltrattarlo come se fosse la tua puttanella? »
 
Sam roteò semplicemente gli occhi a quel commento. « È complicato, okay? Tutto è un po' complicato. Specialmente da quando siamo bloccati qui. »
 
Dean si mise sull'attenti immediatamente. « Bloccati? » chiese mentre seguiva Sam, che era uscito dalla stanza. Sherlock rimase dietro. « Bloccati come? »
 
Sam s'irrigidì e si voltò di colpo, uno sguardo acido negli occhi.
 
« Dean, non… non ora, okay? » sembrava stressato, quasi infastidito dalla presenza di Dean. Dean doveva ammetterlo, faceva un po' male…
 
Il maggiore dei Winchester iniziò a sentirsi frustato dall'intera situazione. Qual era il problema con Sam? Okay, beh, sì, sei anni erano un tempo dannatamente lungo e Dean era sicuro che lui stesso sarebbe stato incazzato, ma…
 
« Perché? Quando mi dirai qualcosa? Potremmo morire domani o oggi, quindi sputa il rospo. » Suo fratello lo guardò trucemente e Dean dovette distogliere lo sguardo, non perché non riusciva a sostenere suo fratello arrabbiato, ma perché non voleva vederlo arrabbiato in quel momento.
 
« Non è un grande problema, okay? » disse Sam alla fine, appoggiandosi al poroso muro che scricchiolò sotto il suo gomito. « Il Master è riuscito a prendere il controllo degli aeroporti. »
 
Appariva così vecchio in quel momento, le rughe attorno agli occhi più profonde e dure di prima. La sua bocca era una linea piccola e triste. Sembrava che non ridesse da molto tempo.
 
Persino nella fioca luce del corridoio Dean poteva vedere le piccole cicatrici da battaglia sul volto e sulle mani del fratello, segno che quel futuro non era definitivamente migliore del passato.
 
Non indossava più maglietta. Sam di solito indossava quelle brutte magliette con quei disegni e colori strani che non stavano bene insieme, ma adesso le uniche cose che indossava erano un maglione nero e dei jeans scuri sbiaditi.
 
« E allora? » Dean fece cenno alla cucina. « Volate via da qui. »
 
Sam sospirò frustato, facendo passare una mano tra i suoi capelli. « Non è così semplice, Dean. Abbiamo provato, credimi. »
 
« Beh, a volte provare non basta… » borbottò Dean, guardando Sam.
 
Sam lo fissò per qualche secondo, poi rise, una risata vera, amara. « Oh, davvero? » sbottò. « Beh, senti qui, l'ultima volta che abbiamo provato a fuggire Gabriel è stato sparato da un coglione di demone che era riuscito ad aggrapparsi a noi mentre cercavamo a volare via da qui. »
 
« Beh, è un angelo, giusto? » ribatté Dean. « Può curarsi da solo! »
 
Sam grugnì, appoggiandosi pesantemente al muro. « No. Non quando usano quei dannati nuovi poteri come arma che il Master ha inventato. Ci vuole molto più tempo affinché la ferita guarisca, e nelle prima ore ho pensato davvero che stesse per morire dissanguato. » Le mani di Sam si strinsero a pugno mentre cercava di calmarsi. Per qualche secondo sembrò molto lontano coi pensieri ,finché non riprese coscienza di sé. « E non possiamo rischiarlo, cercando di scappare. Non di nuovo. Ci hanno quasi preso l'ultima volta, e sta diventando difficile persino vivere qui senza lasciarsi catturare da loro. »
 
Fantastico.
 
Dean si lasciò sfuggire un sospiro frustato.
 
« Hey, belle regine. » La testa di Gabriel apparve dalla porta della cucina. Era fin troppo allegro tutte le volte.
 
Come ci riusciva?
 
« Basta fare i depressi, okay? O mi metterò a piangere anche io. » L'arcangelo sorrise ampiamente, quasi per tirarli su di morale, ma nessuno dei Winchester restituì il sorriso.
 
« Awwww! Dai ragazzi! » Gabriel si raddrizzò, poggiano le mani sui fianchi come una madre arrabbiata. « Non è che stiamo per morire oggi! »
 
Fu allora che si sentirono un sonoro tonfo e un urlo provenire dal soggiorno, come per mostrare a Gabriel che, no, infatti, niente era okay.
 
Ovviamente tutti loro si precipitarono nel soggiorno. Il cuore di Dean palpitò come un animale intrappolato nel suo petto, spaventato di quello che avrebbe potuto trovare, perché sicuramente, sicuramente erano Cas e il Doc che erano tornati…
 
E, aveva ragione, erano loro, Cas e il Doc, entrambi sul pavimento, un vero shockato Sherlock seduto sul pavimento al loro fianco, appoggiato con la schiena al muro.
 
C'era già sangue sul pavimento scuro, trapelava attraverso i piccoli spazi vuoti attraverso le assi di legno come acqua.
 
Pesanti respiri e gemiti di dolore riempivano l'aria.
 
Cas era in ginocchio e con le mani poggiate per terra, e senza pensarci due volte Dean si trovò al suo fianco in qualche secondo. « Cas! »
 
L’angelo alzò lo sguardo, i suoi occhi blu spalancati e per un momento Dean fu certo che non riusciva nemmeno a vederlo, che stava vedendo qualcun altro, che si stava aspettando qualcun altro. I suoi occhi erano pieni di paura e il suo volto era sbiancato.
 
« Dean! » balbettò Cas quando realizzò che era Dean a stare al suo fianco, la sua mano si allungava per aggrapparsi alla spalla di Dean in una presa stretta, quasi come a tenersi fermo. Il cacciatore sentì il suo cuore saltare un battito quando notò che i vestiti di Cas erano macchiati di sangue.
 
« Stai bene?! Cas?! » Afferrò l’angelo dalla spalla e lo squadrò dall’alto in basso, spaventato di trovare una ferita profonda e altro sangue.
 
« Sto bene. » annuì l’angelo frettolosamente e puntando al corpo disteso al suo fianco sul pavimento freddo. Fu allora che Dean notò che non c’era nessuna ferita sul corpo di Castiel, e che il sangue non era quello suo.
 
Lo sguardo di Dean vagò sul corpo steso sul pavimento e deglutì a forza.
 
Il Dottore era mortalmente pallido, il suo volto una smorfia di dolore mentre era disteso supino, con la schiena sul pavimento di legno della vecchia casa. I suoi occhi erano dischiusi e velati dal dolore.
 
Il sangue stava scorrendo da una ferita da proiettile vicino il suo collo sopra la spalla destra e aveva già saturato metà del suo tweed e della sua camicia bianca colorandola di un rosso acceso. Il Signore del Tempo stava ansimando pesantemente e sembrava a malapena cosciente mentre il suo volto madido di sudore diventava sempre più pallido per ogni minuto che passava.
 
Ogni nuovo respiro che prendeva mandava una nuova ondata di dolore attraverso il suo corpo e gli faceva distorcere il volto mentre prendeva corti respiri.
 
 Sam e Gabriel furono al fianco del Dottore immediatamente, affrettandosi verso il debole corpo senza esitazione.
 
« Aspetta qui. » Sam si accovacciò al fianco del Dottore, che si voltò per osservare il giovane Winchester.
 
« Ahhhhng! …hgn… sc's hgn… p'r il pavim'nt'… » ansimò il Dottore, diventando ancora più pallido per lo sforzo nel parlare.
 
« Tranquillo, amico, va tutto bene. » Gabriel s’inginocchiò mani e piedi al fianco di Sam, i suoi occhi sulla brutta ferita. « A questo posto serviva una pulita lo stesso. »
 
Il Dottore cercò di sorridere ma non ce la fece.
 
« Mi dispiace, era una trappola! » si affrettò a dire Castiel, incespicando con le parole come se temesse che qualcuno lo avrebbe rimproverato. « Non sono stato veloce abbastanza e non ho potuto guarirlo - »
 
Dean scosse la testa, la sua mano stringeva il braccio di Castiel per calmarlo. Voleva dirgli di non preoccuparsi, e che sarebbe stato meglio in poco tempo adesso che erano tornati e che gli angeli potevano curare il Doc, ma non sapeva cosa dire, non aveva nessuna parola di conforto, così rimase silenzioso al fianco di Cas.
 
« Così non va bene, dobbiamo estrarlo. » sussurrò Sam, la preoccupazione visibile sul suo volto mentre premeva le sue mani giù sulla ferita per farla smettere di sanguinare.
 
Perché Gabriel non aveva ancora guarito il Doc?
 
« Non è nelle condizioni per farlo! » sibilò in risposta Gabriel mentre strappava via una parte della sua maglietta così Sam poteva premerla sulla ferita. « Ha perso fin troppo sangue e lo sai, al momento, non abbiamo nessun antidolorifico qui! Sarebbe troppo da sostenere per lui nello stato corrente! »
 
« Aghng! » Gli occhi del Dottore rotearono all’indietro e lui gemette, stringendo le labbra per contenere i lamenti di dolore.
 
La parte destra del suo volto era coperta del suo stesso sangue e appariva così malmessa e mezza morta che Dean sentì una fitta al cuore, perché no, quello non poteva essere accaduto, non al Dottore!
 
Il Signore del Tempo appariva così incredibilmente giovane, steso lì nel suo stesso sangue, le sue mani alla ricerca di qualcosa da stringere mentre lottava con gli spasmi di dolore che facevano vibrare il suo corpo.
 
Sherlock sembrava essersi ripreso e adesso stava cercando di aiutare Sam e Gabriel, che tentarono di spostare il Dottore senza fargli del male ulteriormente, il che era quasi impossibile.
 
« Ngh! » Il Signore del Tempo sussultò per il dolore, un leggero grugnito scappò dalle sue labbra mentre Sam lo sollevava con le sue braccia. Era a malapena forte abbastanza da tenersi a Sam. Infatti, tutto ciò che fece fu stendersi nell’abbraccio di Sam, sanguinando dappertutto mentre le sue braccia e gambe ondeggiavano per ogni passo fatto da Sam.
 
« Sherlock, prendi il tavolo della cucina! » urlò Sam, facendo un cenno verso la porta. Le sue mani e vestiti erano pieni del sangue del Dottore, il suo volto tetro ma determinato.
 
Il detective annuì velocemente e fu fuori dalla stanza prima che Dean potesse realizzare.
 
Tutto successe così velocemente che Dean non aveva idea di costa stava accadendo, cosa loro stessero per fare. Il Dottore mugolò di nuovo, la sua faccia pendeva da parte a parte mentre Sam si affrettava fuori dalla stanza. Appariva così incredibilmente piccolo e vulnerabile nella braccia di Sam.
 
« Aspettate, hey aspettate! Che cosa state facendo? » Dean balzò in piedi, pronto a seguire Sam fuori dalla stanza.
Il suo stomaco si strinse al ricordo degli occhi dischiusi e velati del Dottore e di tutto il sangue, non poté fare altro che sentirsi responsabile, perché fanculo avrebbe dovuto fermare il Dottore!
 
« Calmati! » Gabriel si fece avanti di fronte Dean, il suo sguardo completamente serio. « Estrarremo il proiettile. »
 
« Ma - » Dean si voltò verso Castiel, che era ancora seduto sul pavimento. « Perché non l’hai guarito?! »
 
« Non ho potuto. » Fu quello che gracchiò Castiel, i suoi occhi grandi fissi su Gabriel. Fanculo, ovviamente! Gabriel era il fratello di Cas e ovviamente sarebbe stato scioccato ora che il trauma era svanito -
 
« Proiettili speciali! » sibilò Gabriel velocemente. « Assorbono i poteri sovrannaturali e li rendono inutili! Dobbiamo farlo alla vecchia maniera. »
 
« Vecchia maniera! » Fu tutto ciò che Dean fu capace di chiedere. Non andava bene! Cazzo, era lontanissimo dall’andar bene!
 
« Gabriel! » urlò Sam seguito da un forte e rumoroso gemito di dolore. « Gabriel, sbrigati! »
 
La faccia di Gabriel si voltò verso la porta, ma prima di potersi muovere fu fermato dalle braccia attorno al suo torace.
 
« Gabriel! » Cas stava abbracciando, fottutamente abbracciando, suo fratello, i suoi occhi ancora spalancati con incredulità. « Tu eri morto! Io… io ricordo la tua morte! »
 
Un’espressione di sorpresa si sparse sul volto di Gabriel mentre abbassava lo sguardo alla confusa zazzera di capelli marroni contro il suo petto. « Woha, calma tigre! »
 
« Gabriel! » La voce di Sam era urgente. « Ora! »
 
« Oh caro… » Gabriel sorrise, ma la sua espressione era particolarmente triste mentre dava dei colpetti ai capelli di Castiel. Osservava Castiel con uno sguardo quasi premuroso nel suoi caldi occhi dorati. « Cosa ti è successo, piccolino? »
 
Castiel si staccò, guardando in basso al suo fratello maggiore con un certo sollievo doloroso sul suo volto e aprì la bocca per dire qualcosa ma si fermò di colpo, sussultando e ondeggiando sul posto mentre cercava di aggrapparsi a qualcosa.
 
Dean poteva letteralmente vedere il corto circuito: gli occhi di Castiel tremolarono, la sua grazia lampeggiò e morì dietro i suoi occhi prima che lui collassasse senza emettere suoni.
 
Dean e Gabriel furono veloci abbastanza da afferrarlo prima che colpisse il pavimento e con cautela lo stesero a terra.
 
Castiel non si mosse.
 
« Che è successo! Cosa diavolo è successo! » Dean alzò lo sguardo verso Gabriel, pretendendo una risposta.
 
Il volto dell’arcangelo era impassibile però le sue mani erano strette in pugno. « Io - »
 
« CAZZO, GABRIEL! » La voce di Sam tagliò la tensione come un coltello. « VIENI QUI, ORA! »
 
Gabriel si leccò il labbro inferiore, uno sguardo di scuse sul volto. « Devo aiutare gli altri. »
 
« Ma, Cas - »
 
« Castiel starà bene, per ora. » La voce di Gabriel era seria come la sua espressione. « Prenditi cura di lui e non muoverti dal suo fianco. »
 
« Non puoi almeno - » iniziò Dean, ma Gabriel li aveva già teletrasportati nel bagno.
 « - dirmi se puoi aiutare Cas… »
 
   
 
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