Serie TV > Altro
Segui la storia  |       
Autore: CaptainKonny    26/07/2013    1 recensioni
[Questa è una fanfiction dedicata ad una serie televisiva terminata nel 2005 "Il tocco di un Angelo".. Tengo a precisare che non sono una fanatica di film religiosi, ma questo telefilm era particolare, sapeva prenderti fino alla fine.. e siccome ho saputo che l'anno scorso è morto il mio personaggio preferito (John Dye che interpretava Andrew l'angelo della morte) ho deciso di dedicargli questa storia, una puntata in più di una delle sue migliori serie, anche se il titolo è preso da una delle loro puntate la storia è differente].. La famiglia Potter è una delle famiglie più felici che esistano: genitori perfetti, figli adorabili, ma come ogni pace che si rispetti qualcosa deve turbare la tranquillità di questa famiglia.. la figlia più grande soffre di uno scompenso cardiaco, ma si guarda bene dal dirlo alla famiglia e al suo ragazzo. Toccherà ai nostri angeli portare un pò di sollievo alla famiglia e aiutarli in questa triste avventura.. . Spero vi possa piacere questo mio piccolo capriccio di storia. Un bacione!! ;) :)
Genere: Fantasy, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

-Su forza tieni il ritmo! Così così! Dai!-

-Avanti dai che è buona!-

-E’ fatta ragazzi!-

La batteria scandiva il tempo, trasformando quel suono ritmico ed inquietante in morbide battute calde, accompagnate dagli arpeggi di una chitarra elettrica abilmente domata e dal suono potente ed ampliato di una chitarra d’accompagnamento amplificata. Varie volte quei tre strumenti si erano riuniti per creare insieme qualcosa di meraviglioso, qualcosa che gli esseri umani non sapevano produrre né esprimere in altro modo. Ovviamente però c’era anche una melodiosa voce a dare alito a quei pensieri e a quelle emozioni. Tutto procedeva alla perfezione, quello era l’ultimo giorno dopotutto. La solista sentiva la musica risuonarle nelle orecchie come se fossero delle casse di risonanza, c’era solo la musica e la sua voce che l’accompagnava. ‘Era fatta!’ pensò mentre continuava a cantare.

Brrrr brrr brrr

-Scusate è il mio.-

-Okay, cinque minuti di pausa.-

Ellie corse in direzione del suo cellulare. Perché proprio in quel momento? Non poteva aspettare ancora mezzoretta? Nel frattempo sul tavolo l’apparecchio continuava a vibrare. Diede un’occhiata al display ‘Mamma’.

-Pronto?-

-Ellie dove sei?- era sua madre e dalla voce sembrava tranquilla, ma qualcosa nel suo tono fece capire ad Ellie che non era così. Sua madre non la chiamava mai durante il suo orario di lavoro. Voltò le spalle alla band per evitare che vedessero la sua espressione.

-Sono in oratorio perché?-

-Non è che potresti tornare a casa?- adesso Lily non mascherava più la voce incrinata.

-Mamma cosa è successo?- domandò la ragazza allarmata.

-E’ per Will, sta male. Andrew mi ha chiamato sul lavoro per dirmi di tornare.-

-Ma perché non ha chiamato me? Sa che sono reperibile.- chiese Ellie, iniziando a radunare le sue cose.

-Ellie, Will sta molto più male del previsto.-

-Arrivo subito.-

Erano bastate quelle parole per mettere nel panico la ragazza. Il concerto, la sua malattia erano passate subito in secondo piano; niente era più importante della sicurezza e della salute dei suoi familiari. Prese borsa e giubbino prima di comunicare la notizia ai ragazzi.

-Sentite io devo andare.-

-Cosa? Ma le prove?- domandò uno dei chitarristi.

-Lo so. Ma è successo qualcosa di grave e devo tornare a casa.-

-Lo sai vero che il concerto è domani sera?-

-Sì, lo so. Ma in questo momento è più importante la mia famiglia. Scusatemi. Vi mando un messaggio più tardi.-

-Okay.- risposero amareggiati quelli della band.

L’aria fredda le sferzò il viso, ma non era importante. Con passi lunghi e spediti si diresse verso casa, senza voltarsi attorno o soffermarsi a pensare ad altro. Le uniche cose a cui riusciva pensare erano: perché Andrew non aveva chiamato prima lei di sua madre? E cosa mai poteva avere Will? I suoi pensieri prendevano le forme delle malattie più improbabili, più gravi e degli incidenti più banali che potessero però avere conseguenze devastanti. Si maledisse, perché non era stata a casa accanto a suo fratello quel giorno?

 

Appena arrivò a casa trovò sua madre e Andrew nella stanza di Will. Il bambino dormiva sotto le coperte, il volto pallido coperto da un sottile strato di sudore. Sul comodino un bicchiere di the e il termometro.

-Come sta?- domandò entrando nella stanza.

-Ha la febbre alta. Il dottore ha detto che deve riposare.- rispose la madre.

-Tutto qui? Ma che cos’ha? Influenza?-

-Non lo sappiamo. La febbre è salita di colpo. Questa mattina stava bene, è andato a scuola come sempre, poi però la maestra ha notato che barcollava e ha chiamato a casa.-

-Ma Andrew perché non hai chiamato me?- domandò la ragazza, interrompendo la madre non appena fece una pausa per respirare.

Il babysitter e la madre si scambiarono un’occhiata d’intesa.

-Temo sia colpa mia. Dato il tuo mancamento su in montagna ho pensato che potesse essere dato dallo stress, sei sempre così indaffarata e poi adesso ti stai preparando per il concerto.. non volevo che ti preoccupassi ulteriormente e ti stancassi.-

-Ma mamma! Io ci sono apposta.- Ellie dovette controllarsi per non alzare la voce.

-Tesoro l’ho fatto per te. Tu ci sei sempre per Will, mentre io e tuo padre non ci siamo mai. Per una volta ho pensato che sarebbe stato un bene per tutti. E poi credevo che, col fatto che presto o tardi te ne andrai in Europa, sarebbe stato utile per noi incominciare ad esserci un po’ di più.- spiegò Lily con sguardo triste.

Ellie non sapeva più cosa dire: lei voleva esserci per la sua famiglia, la sua famiglia si preoccupava di incominciare a badare di più a suo fratello per quando lei sarebbe partita, ma nessuno di loro sapeva che lei non sarebbe mai partita. Alzò lo sguardo per incrociare gli occhi di Andrew, anche lui sapeva bene a cosa stava pensando. Sospirò combattuta.

-Va bene senti.. adesso sono qui.. se vuoi tornare al lavoro.. –

-Vuoi che me ne vada?- la ragazza si gratto la testa esasperata.

-No, dicevo solo che se hai da fare.. –

-Ascoltami bene, per quanto mi possa interessare il mio lavoro la mia famiglia è comunque più importante.- la redarguì la madre.

-Sono contenta di sentirtelo dire. Mi sembra anche logico.-

-E allora smettila. Sembra che ti dia fastidio la mia presenza.-

Ellie scosse la testa, le cose non stavano andando come dovevano andare.

-D’accordo.- si arrese la ragazza.

Aveva bisogno di stare da sola, eppure suo fratello aveva bisogno di lei non poteva andarsene. Andò in sala, dove la sera prima nessuno avrebbe mai immaginato cosa sarebbe successo. Si lasciò sprofondare nel divano, raggomitolando le gambe sotto di sé e appoggiando la testa contro lo schienale.. il suo sguardo si perse nel buio della canna fumaria. Non sentì Andrew arrivare.

-Tutto bene?- le chiese lui, le mani nelle tasche, l’aria preoccupata.

-Ho voglia di stare un po’ da sola.-

-Sei arrabbiata perché ho chiamato tua madre?-

-Perché non hai chiamato me?- non lo guardava, lo stava respingendo.

-Avevi da fare.-

-Per uno stupido concerto.-

-Per te è importante.-

-Non importa quanto sia importante per me, Will lo è molto di più!- era arrabbiata, molto, e la capiva. Anche lui probabilmente lo sarebbe stato se fosse stato nei suoi panni.

-Non avresti potuto fare niente. Tua madre è arrivata che il medico era già qui.-

-Che cos’ha Will?-

-E’ molto malato.- la ragazza sbuffò a quella risposta.

-Questo lo vedo. Ma che cos’ha?-

-Non è ho idea.-

-Non ne hai idea! Sei tu l’angelo, dovresti saperlo.-

-So solo quello che mi viene detto, io sono solo un messaggero.- Ellie lo fissò negli occhi a lungo, come per valutare la verità nelle sue parole.

-Sei qui anche per lui?- quelle parole le morirono in gola, ma sapeva che lui le aveva udite.

-No.- eppure il tono dell’angelo le fece capire che non ne era molto convinto.

-Ma potrebbe essere, giusto?-

-Sì.- si coprì il volto con le mani, soffocando i singhiozzi che stavano per scuoterla.

-Non ti permetterò di portarmi via mio fratello Andrew. Prendi me se vuoi ma non ti avvicinare a lui.-

Andrew le si sedette accanto, prendendola delicatamente per le spalle aspettando che alzasse il volto per guardarlo.

-Vedrai che starà bene. Abbi fede. Solo Dio può guarire tuo fratello ora.-

Ellie nascose il viso nella pelle del divano, soffocando nel silenzio il suo pianto.

 

“Andrew e Lily”

 

http://www.photos.onthisside.net/jabbgallery/tbaa/flightsangelsandrewassign2.jpg

 

-No, così non va! Avevo detto una torta gigante al cioccolato con panna non una torta con panna e fragole! E Mike cosa sono quelle cose? Riportali indietro e dì di darti delle rose bianche!- gli ordini volavano da destra e da sinistra.

Gente che entrava, usciva, si muoveva in continuazione; qualcosa che si rompeva, sedie spostate, fumo che usciva dalla cucina, persone che bisticciavano.. Lily non ne poteva più. Si portò una mano all’altezza delle sopracciglia, chiuse gli occhi e prese un respiro profondo. Il caos la stava facendo impazzire.

-Lily tutto bene?- Monica le si avvicinò apprensiva.

-No Monica, oggi ho la testa un po’ scombussolata.- rispose sospirando la donna.

-Posso fare qualcosa per te?- si offrì gentilmente l’angelo.

-Non credo, mio figlio è malato e mia figlia è arrabbiata con me.-

-E come mai se posso chiedere?-

-Era arrabbiata perché Andrew non ha chiamato prima lei anziché me. E poi perché le ho detto che non sarei tornata al lavoro e che sarei rimasta io con Will.-

-Vuole molto bene a suo fratello e sa quanto è importante il lavoro per te.-

-Già, ma dobbiamo farcene una ragione tutti quanti. Presto o tardi lei partirà per l’Europa e allora non potremo più rivolgerci a lei, perciò è meglio incominciare sin da ora a farci l’abitudine.-

-Vuole solo rendersi utile.-

-Lo so Monica, eppure questa mattina ho come avuto la sensazione di non essere una brava mamma. Ho trascurato i miei figli più di quanto avessi mai immaginato. Ellie non ha mai avuto la babysitter e Will ha sua sorella, ma la verità è che io non ero quella mamma che stava a casa con loro quando erano malati. Questa è stata una delle poche volte che ho preso una pausa dal lavoro per andare da loro.-

-Oh Lily, scommetto che loro sanno però quanto gli vuoi bene. E di certo non ti rimproverano per aver fatto del tuo meglio con loro.-

-Del mio meglio? Io e James non ci siamo quasi mai.-

-Ogni minuto che avete libero lo passate con loro e quello che fate lo fate per non far mancar loro niente.-

-Forse hai ragione, ad ogni modo adesso siamo in alto mare. A quanto pare le ordinazioni erano errate.-

-Non pensare a quello, ci penso io a sistemare tutto. Piuttosto, come sta Will?-

-Non bene. Il dottore era stupefatto quanto noi. Ha detto di dargli le medicine e che se entro domani non migliora di portarlo in ospedale.-

Le due donne si guardarono con sguardo triste e preoccupato, amareggiate per l’incerta sorte del povero bimbo.

 

Il respiro leggero e tranquillo di Will era quasi impercettibile alle orecchie di Ellie. Nel suo campo visivo solo il foglio del quaderno su cui stava scrivendo e la gomma sul retro della matita che picchiettava delicatamente sul margine superiore di esso. Come aveva immaginato sua madre era tornata al lavoro poche ore dopo il suo arrivo, affidando Will ad Andrew (come se lei non ci fosse). Non aveva niente contro il babysitter, ma dato che c’era lei perché interpellare anche lui; tanto sarebbe rimasto comunque.. visto che era un angelo. Smise di muovere la matita e rimase immobile a quel ricordo. Ripensò a quella sera, a quella pesantezza che aveva provato dentro e al dolore di essere da sola a combatterlo, e poi aveva scoperto che Andrew era un angelo. Si era illuminato di fronte a lei, quasi fosse ricoperto d’oro, e l’aveva guardata con i suoi occhi di vetro con quel modo gentile che aveva sempre, ed una sua sola carezza aveva avuto il potere di lenire il suo dolore; non si era più sentita sola. Mentre le sue parole l’avevano confortata come un balsamo, e adesso sentiva che poteva farcela. Come se non fosse malata. Però, c’era anche quel particolare: Andrew non era un angelo qualsiasi, era l’Angelo della Morte. Aveva detto che era lì per lei, per quando sarebbe giunto il momento, per accompagnarla a Casa. Eppure aveva una strana sensazione, una percezione di buio e vuoto che non riusciva a cancellare. Come un forte dubbio che ti perseguita finchè non arriva il momento della verità e devi affrontarlo.

-Ellie, ti serve qualcosa?- come se l’avesse chiamato Andrew stava sulla soglia della stanza a guardarla, non potè fare a meno di notare che sembrava triste.

-No, sto bene.- rispose lei.

-Che stai facendo?-

-Niente, riguardavo il testo della canzone di domani e.. scarabocchiavo.- mentre lo diceva le venne da ridere per la stupidità della situazione.

-Come sta?- chiese lui, con un cenno del capo verso Will.

-Come prima. Continua a dormire, non si muove, non tossisce nemmeno. Se non respirasse potrebbe persino essere.. – e all’improvviso si rese conto di non riuscire a dirlo, aveva paura di morire e quindi della morte stessa.

-E tu come stai?- quella domanda la colse talmente impreparata che lo guardò come se le avesse chiesto la luna. Poi alzò le spalle, come se niente fosse.

-Andiamo avanti.-

-Ellie, dico sul serio.- il suo tono si era fatto più insistente e questo fece innervosire la ragazza, la quale tenne lo sguardo fisso sul quaderno e strinse maggiormente la matita.

-Anche io.- Andrew percepì dal suo tono di voce che non era vero, che gli nascondeva qualcosa. Ma perché succedeva? Stava andando tutto così bene.

-Eppure a quanto pare vuoi rimanere da sola.-

-Forse è la cosa migliore dopotutto.-

-Che intendi dire?- però adesso anche lui iniziava a scaldarsi.

-Che probabilmente sarà un bene per i miei e Will, almeno avranno solo una persona a cui pensare e non a due. Sai, sto iniziando a pensare che forse sarebbe stato meglio se fossi sparita ancora là in montagna, almeno avrei potuto dire che era un incidente.- il suo modo di scherzare era cattivo e crudele, irriconoscibile; quella non era la Ellie che gli era stata affidata.

-Tu non ti rendi conto di quello che dici.-

-Oh sì che me ne rendo conto e sai una cosa? Più ci penso e più sono sicura che sarebbe stata la cosa migliore da fare.- i suoi occhi brillavano come quelli dei pazzi.

Andrew scosse violentemente la testa, serrando le mani sui fianchi per evitare di lanciare per aria qualcosa. Mai avrebbe pensato che potesse arrivare a quei livelli.

-Lo sai che non è vero.-

-Davvero? L’hai visto tu stesso!- l’accusò lei.

-No, Lily era preoccupata per Will e ha cercato di fare la scelta migliore per entrambi.-

-Perché non hai chiamato me Andrew? Dì la verità: avevi paura che ci rimanessi secca?- la velocità con cui le si fece incontro e la prese con forza per le spalle la spaventò a tal punto che cercò di alzarsi e indietreggiare, ma non ce la fece. Andrew era accucciato davanti a lei in modo da avere il viso alla sua altezza e la guardava negli occhi come se fosse lui il genitore che ha paura di vedere il figlio morire di lì a pochi minuti.

-La prima persona che ho chiamato è stato il dottore e quando mi ha detto quanto gravi fossero le condizioni di tuo fratello ho chiamato tua madre. Mi chiedi perché? Semplicemente per il fatto che tu non lo avresti sopportato. Tu hai paura della morte ed è comprensibile, tutti ne hanno paura. Ma il sapere che anche Will avrebbe rischiato di morire ti avrebbe annientato. Tua madre ti vuole bene Ellie e lo sai. E non lo devi dimenticare mai. Devi solo darle la possibilità di dimostrarlo.-

-Andrew promettimi che vivrà. Promettimi che non morirà ti prego.- lui le accarezzò la guancia, capendo quanto difficile fosse per lei quel momento.

-Non posso.-

-Andrew ti prego. Ho paura.-

-Puoi fare una cosa Ellie, pregare.-

-Non ce la faccio Andrew. Non riesco a sopportarlo.-

-Certo che puoi farcela. Non sei da sola.-

-Ellie.- la voce stanca ed assonnata di Will riscosse entrambi dai loro pensieri.

La ragazza fu subito accanto al fratello, stringendogli la mano. Si vedeva che aveva ancora la febbre e che faceva fatica a tenere gli occhi aperti.

-Ehi ciao, lo sai che ci hai fatto stare un sacco in pensiero?- gli sorrise lei.

-Ho sete.-

-Ti porto subito un bicchiere d’acqua.- disse Andrew sorridendo.

-Come ti senti?- gli domandò la ragazza, passandogli una mano sulla fronte sudaticcia, i capelli appiccicati ad essa.

-Sono stanco e ho sonno.-

-Vedrai che starai presto bene.-

-Mamma è tornata al lavoro?-

-Sì, ma vedrai che sarà qui presto.-

-Ecco l’acqua.-

Ellie aiutò suo fratello ad accompagnarsi il bicchiere alle labbra. Qualche goccia cadde sulle coperte e sul pigiama a righe bianche e blu del bambino. Poi incominciò a tossire. Subito Ellie tolse il bicchiere dalla sua portata, temendo che picchiandoci contro potesse farsi male. Nell’appoggiarlo sul comodino però notò che il poco liquido rimasto aveva una colorazione strana. Ritornò a guardare suo fratello, colto da un altro attacco di tosse. La parte superiore delle lenzuola si coprì di minuscole gocce rosse.

-Will! Andrew chiama un ambulanza presto!-

L’angelo della Morte si voltò e si diresse verso il telefono. Mentre componeva il numero dell’ambulanza e poi quello della madre vide nella stanza, invisibili agli occhi dei ragazzi, Tess e Monica.

-Coraggio Will non mollare. Non mollare.- diceva lei tra i denti.

 

-Sono Lily Potter. Mio figlio Will è stato portato qui circa un’ora fa in ambulanza.- Lily era sconvolta, sporta sul bancone della reception guardava l’infermiera battere velocemente al computer, le lacrime trattenute a stento dall’agitazione.

-Ultimo piano.- furono le uniche parole che l’infermiera pronunciò.

La giovane madre si precipitò verso l’ascensore più vicino, entrò e schiacciò più volte il pulsante luminoso che indicava il piano desiderato. La telefonata di Andrew era stata devastante e tempestiva. Lui ed Ellie erano saliti sull’ambulanza insieme a Will. Arrivata al piano si guardò attorno. C’era così tanta calma. Il banco informazioni era alla sua destra.

-Mi scusi. Sono Lily Potter sto cercando mio figlio Will Potter, è arrivato poco fa in ambulanza.- disse cercando di suonare calma e gentile.

La donna di colore, dai folti capelli neri e grigi la guardò dolcemente.

-Sì, sono nella stanza 654. Venga la accompagno.-

Fece il giro del bancone e prese Lily per un braccio delicatamente, come si fa con le persone che sono stravolte da qualcosa che è accaduto.

-Come sta mio figlio?- domandò la donna, mentre gli angoli degli occhi pizzicavano.

-Ha una brutta infezione ai polmoni. Purtroppo non essendocene accorti in tempo sarà difficile riuscire a curarla.-

-Mi sta dicendo che mio figlio rischia di morire?- domandò con voce stridula Lily.

La donna si voltò a guardarla in faccia, ferme in mezzo al corridoio.

-Tutti rischiamo di morire miss Potter. Quello che sto cercando di dirle io è che ci vorrà più tempo del previsto. Sarà una cosa lunga.-

-Ma starà bene vero? Guarirà.-

-Venga Lily, la porto dal suo bambino.- si limitò semplicemente a dire l’altra.

Quando arrivò sulla porta vide il babysitter in pieni a braccia conserte di fronte alla finestra, in viso un’espressione terrea e accanto al letto, seduta su una sedia Ellie. Totalmente protesa verso il fratello, tenendogli una mano spasmodica quasi avesse paura che da un momento all’altro potesse alzarsi e scappare via contro la volontà di tutti. Will era disteso tra le coperte, i capelli scompigliati, completamente pallido. Lily si portò una mano alla bocca soffocando il grido che non aveva alcuna intenzione di uscire.

-Will?-

-Mamma.- Ellie non fece in tempo ad alzarsi che si ritrovò le braccia di sua madre al collo. La sentì piangere, i singhiozzi che le sconquassavano la schiena. La ragazza lanciò uno sguardo ad Andrew. Non ce la faceva. Era emotivamente distrutta. Lui le si avvicinò.

-Lily, vieni. Siediti.- le disse gentilmente, prendendola delicatamente per le spalle e guidandola verso l’altra sedia presente nella stanza.

-Come sta?- domandò la madre.

-Il medico dice che dopo l’attacco che ha avuto è ancora tanto se è ancora vivo.- biascicò la ragazza.

La madre guardava con i suoi occhi chiari il figlio, le lacrime scorrevano come un fiume in piena irrefrenabile. Ellie non riuscì più ad avvicinarsi al letto. Non dopo aver visto sua madre in quello stato. Era come se si sentisse fuori posto, non soffriva abbastanza. Si appoggiò contro al muro di fronte, in silenzio e non disse più niente per tutto il tempo. E quindi sarebbe stato così? I suoi genitori avrebbero sofferto così tanto quando lei sarebbe morta? E se fosse morto anche Will? Cosa sarebbe successo? I pensieri si susseguivano troppo velocemente e con troppa insistenza nella sua mente. Le girava la testa. Le lacrime trattenute le facevano seccare gli occhi, se li sentiva gonfi e pesanti. Il quaderno in cui aveva preso appunti per la sua canzone, infilato in borsa a caso, era un oggetto completamente inutile ed inappropriato in quel momento. Eppure rimase a fissarlo per interminabili minuti come se fosse l’unica cosa in quel momento in grado di darle sollievo.

Passarono le ore e presto arrivò anche James, fisicamente distrutto, gli occhi ridotti a due fessure. Di colpo sembrava invecchiato di diversi anni. Dio perché doveva stare lì a guardare? Perché doveva vedere la sofferenza dei suoi genitori? Era immobile da così tanto tempo che non si rendeva nemmeno conto di quanto fosse stanca in realtà. Ci pensò l’infermiera a riscuoterla, la stessa che aveva accompagnato lì sua madre, la stessa che l’aveva consolata dopo la terribile ‘notizia’. Entrò nella stanza con sguardo preoccupato e le mise una mano sulla spalla.

-Ehi piccola, forse dovresti prenderti una pausa.- le suggerì teneramente la donna.

-No sto bene, voglio restare qui con mio fratello.- disse l’altra con voce impastata, incapace di distogliere gli occhi dalla sagoma immobile sul letto.

-Non ti servirà niente stare qui adesso, sei stanca e preoccupata. Tuo fratello è in buone mani e i tuoi genitori ti verranno subito a chiamare se dovesse succedere qualcosa.-

-Vai pure tesoro.- la voce stanca della madre la interruppe prima che potesse dire qualsiasi altra cosa. Aveva gli occhi arrossati dal troppo piangere, lucidi e gonfi, il viso tirato come in una maschera. Le si strinse il cuore, e non ce la fece a contraddirla.

Si staccò dal muro e uscì dalla porta seguita dall’infermiera. Tess la guardava di sottecchi, mentre l’altra era troppo intenta a pensare ad altro per poterlo notare. Arrivarono alla macchinetta in fondo al corridoio. Mise una mano in tasca per prendere una moneta.

-Accidenti, ho lasciato il portafoglio nella borsa.- disse con uno sbuffo.

-Faccio io.- Andrew come sempre sbucato dal nulla si sporse verso la macchinetta allungando il braccio sopra la spalla di lei ed inserendo le monete. Ellie non aveva la forza per replicare con lui e quindi lo lasciò fare. Sapeva che l’aveva seguita: al contrario di suo fratello lei era una malata che camminava, mentre lui era bloccato a letto.

-Cosa vuoi?- le chiese lui.

-Caffè.-

Il rumore della macchinetta era il solo rumore tra loro. Tess si era allontanata verso il banco informazioni, lasciando al suo giovane angelo il suo incarico. Ellie si lasciò cadere pesantemente in una delle grosse poltrone di pelle nere che circondavano un piccolo tavolino marrone a ‘mo di salottino. La stanchezza iniziava a farsi più reale adesso che era fuori da quella stanza e aveva di nuovo modo di pensare a tutto. Minacciava di sopraffarla e farla addormentare. Ma rifiutava di farlo finchè Will non fosse migliorato. Che avrebbe detto se lui fosse peggiorato e lei invece era comodamente sdraiata a dormire, non se lo sarebbe mai perdonato. Andrew le porse il bicchierino di plastica contenente il liquido bollente.

-Grazie.-

-Come stai?- le chiese ad un certo punto.

-Lo sai, questa è la domanda che ultimamente va molto in voga.- cercò di essere ironica, ma risultò semplicemente mortificante. Andrew prese posto nella poltrona accanto a lei.

-Andrew Will sta morendo?- non lo guardava, per la precisione fissava un punto inesistente davanti a sé.

-E’ gravemente malato.- disse lui sospirando dalle narici.

-Guarirà?- domandò lei.

-Non lo so.-

Ellie chiuse gli occhi. Era così arrabbiata con lui! No, non era arrabbiata.. era amareggiata e non era colpa di nessuno. Solo di sé stessa. In fin dei conti non aveva niente da rimproverarsi e allora perché si sentiva così in colpa? Perché le cose non andavano come lei le aveva previste. Ma d’altronde non si può prevedere il futuro.

-Come fai a non saperlo? Non sei tu l’Angelo della Morte?- la sua domanda non era un’accusa, era semplicemente un problema che necessitava di una risposta.

-Ellie lo sai che non decido io. Io so le cose solo quando mi vengono dette.-

Sorseggiò il caffè per poi buttare il bicchierino nel cestino. Lasciò cadere la testa all’indietro appoggiandola sullo schienale alto della poltrona e chiuse gli occhi, nella vana speranza di trovare un po’ di sollievo.

-Perché non dormi un po’? Ti sveglierò io se succede qualcosa.- propose l’angelo.

-Non posso. Non me lo permetterei mai se dovesse peggiorare.-

-Non potresti comunque fare niente. Non ci rimane che aspettare.-

-E allora aspetterò.-

-Ellie devi riposare. Sei stanca. E domani hai un concerto.- a quell’affermazione le montò una strana rabbia dentro; come poteva pensare al suo concerto in quel momento? Se solo avesse avuto la forza per sostenere una conversazione l’avrebbe affrontato.

-Come puoi pensare al concerto in una situazione del genere?- si limitò a chiedere.

-Non hai pensato alla possibilità che tuo fratello potrebbe rimanere così per giorni? E allora cosa farai? Non dormirai più, non mangerai più, non uscirai più di qui?- le domandò lui.

-Potrei anche farlo.-

-Non essere sciocca. Se Will lo sapesse non ti perdonerebbe tanto facilmente.-

-Ma lo farebbe. Perché è mio fratello.-

-Ellie hai qui il squadernino. Perché non ci dai un’occhiata?- le propose, dopo di che se ne andò.

Passarono i minuti, lenti e silenziosi prima che lei si decidesse a tornare. Entrò nella stanza, niente era cambiato, erano ancora tutti lì muti e immobili. Con un gesto svogliato prese il quaderno dalla borsa e si sedette al minuscolo tavolino di metallo contro la parete. Lo sfogliò giusto per fare qualcosa. Parole appunti e note si susseguivano in una serie di immagini, linee sottili curve e altre nette. E la notte sopraggiungeva senza che nessuno se ne accorgesse.

 

Aprì piano gli occhi, faceva fatica a tenerli aperti, li sentiva pesanti. Si passò una mano sulla faccia. La prima cosa che vide fu il letto dell’ospedale con sopra suo fratello e sua madre seduta al fianco che lo guardava adorante. Non poteva crederci. Si era addormentata. Le braccia incrociate davanti a sé sul tavolo e si era addormentata, sotto il suo squadernino. Mai come in quel momento odiò la sua canzone. Per un attimo si era distratta e si era addormentata. Chiuse velocemente il quaderno e si alzò.

-Ehi.- cercò di sorriderle sua madre.

Tentò di ricambiare ma quello che ne uscì fu solo una smorfia tirata.

-Come sta?- le domandò.

-Non si è ancora svegliato.-

-Papà è andato al lavoro?-

-Sì, qualcuno doveva pur andare.- le rispose la madre.

-E’ stasera il concerto vero?- domandò di punto in bianco Lily.

Ellie annuì. Non ci aveva più pensato.

-Non devi fare le prove?-

-Non ci vado.-

-Non puoi non andare, sarà pieno di gente e so quanto è importante per te.-

-Mamma in questo momento l’unica cosa che mi importa è che Will stia bene.-

-Ellie so quanto gli vuoi bene, ma non puoi fare niente qui per aiutarlo.-

-E allora perché tu non sei andata al lavoro. Non è così importante.- tentò di giustificarsi.

-Ellie, forse dovresti dare ascolto a tua madre.- Andrew comparve sulla soglia, non se n’era andato.

-Glielo hai ricordato tu?- gli chiese Ellie.

-E ha fatto bene.- rispose per lui Lily –Voglio che tu vada a cantare e anche Will lo vuole. Sarai bravissima.-

-Ma che senso ha se voi non ci sarete?-

-Ci saremo. E poi noi ti sentiamo sempre.- le sorrise incoraggiante Lily.

La ragazza sospirò. Senza dire niente agguantò la borsa e prese l’ascensore per poi imboccare l’uscita dell’ospedale. Salì in macchina e si diresse a casa. Pochi minuti per mandare un sms ai suoi amici musicisti e fissare le prossime prove di lì a un paio d’ore. Volevano che suonasse e lei avrebbe suonato. Lo avrebbe fatto per loro. Avrebbe dato il meglio, ma solo per loro. In quel momento però aveva un gran bisogno di una doccia.

L’acqua calda le sferzava il viso gentile, senza farle male, alleviando il dolore che i pensieri delle ultime ore le avevano procurato. Sentì le membra ancora addormentate risvegliarsi, si sentiva più fresca e attiva. Doveva dare il meglio quel giorno e perciò aveva bisogno di essere il più sveglia possibile. Solo lei seppe quante lacrime calde e salate si mischiarono al getto d’acqua sulle guance. E mentre ad occhi chiusi piangeva sentiva il cuore batterle caldo e profondo nel petto con sonori lenti tum tum. Era viva. Era ancora viva. Eppure doveva morire. Ma quello ad essere in funerale era suo fratello. Come era possibile? Perché? Qual’era il senso? Troppe domande e lei non ne poteva più di farsi domande. Uscì dalla doccia e si asciugò con il salviettone. Lo specchio sopra il lavabo le tornò un riflesso stanco e stravolto. No, non poteva andare avanti così. C’era solo una cosa da fare. Doveva fare le cose alla giornata, così come le capitavano. Adesso doveva svegliarsi, andare alle prove e prima del concerto andare a trovare Will in ospedale per un saluto, poi lo spettacolo. Per quel giorno non c’era più tempo per i pensieri. Si preparò in fretta e furia un caffè bollente, si vestì e caricò la chitarra in macchina. Quindici minuti per arrivare all’oratorio ed eccoli tutti lì. Provarono il pezzo un paio di volte: c’era, era finito, riusciva. Montarono l’impalcatura del palco aiutati dagli altri collaboratori, sistemarono casse, microfoni ed amplificatori. Una breve merenda per riprendersi dal caldo infernale di quel pomeriggio e di nuovo a finire le ultime cose per la serata. Erano tutti pronti, tutti gli addetti alla festa, ciascuno con il proprio compito.

 

Non c’era nessuno in vista. Aveva sentito suo padre quel pomeriggio e purtroppo sarebbe uscito molto tardi dal lavoro, dopo di che sarebbe andato a casa a farsi una doccia e poi avrebbe raggiunto sua madre in ospedale. L’unica cosa che le rimaneva da fare era aspettare che sua madre uscisse, non voleva che la vedesse. Nemmeno lei riusciva a capacitarsi di tanta segretezza, eppure sentiva che doveva fare così. Nel momento in cui arrivò la vide parlare con Tess e allontanarsi verso la zona bar, aveva pochi minuti, quelli che le servivano. Sbirciò nella stanza, di Andrew nemmeno l’ombra. Entrò e in silenzio si avvicinò al letto. Accarezzò con la punta delle dita della mano destra la fronte di Will, scostando quei ciuffi ribelli della frangia. Sembrava un angelo mentre dormiva. Si abbassò per sussurrargli qualcosa all’orecchio, come se qualcun altro potesse sentirli.

-Will, sono io. Senti, mi dispiace lasciarti da solo questa sera, ma ti prometto che appena lo spettacolo è finito torno subito da te. Odio ammetterlo, ma mamma ed Andrew hanno ragione, non è solo una cosa mia sono coinvolte altre persone. Però volevo dirti che canterò per te. È tuo questo concerto. Tu aspettami capito? Non azzardarti ad alzarti da qui senza di me. E.. volevo dirti una cosa.. volevo dirti che per qualsiasi cosa io ci sono. Lo so che tu tanto mi chiami comunque però, volevo dirtelo, io sono qui. Lo sarò sempre. Sì, assurdo dirti una cosa del genere proprio adesso che sto per sgattaiolare via, ad ogni modo te lo prometto. In tutti i senti possibili ed immaginabili io sarò qui. Come lo sarò per la mamma ed il papà. Ti voglio bene cucciolo. A più tardi.- gli diede un bacio sulla fronte e senza farsi vedere da nessuno se ne andò.

Una volta che fu di nuovo all’aria aperta si sentì meglio. Stava facendo tutto quello che doveva fare e tutto andava secondo i piani. Il cielo iniziava già ad imbrunire, il tramonto arancio e giallo portava già striature bluastre all’orizzonte. Prese una lunga boccata d’aria, una delle prime fresche della serata.

-Hai fatto la cosa giusta.-

Sorrise ad udire quella voce, scuotendo gentilmente la testa.

-E’ incredibile come tu riesca sempre ad apparire dal nulla.- riuscì semplicemente a commentare con il sorriso sulle labbra. Era strano anche per lei, ma stava sorridendo.

-Baderai tu a lui?- gli chiese una volta che ebbe incrociato i suoi occhi verdi.

-Lo farò.-

-Cercherò di fare presto.-

-Ellie non puoi proteggere da tutto la tua famiglia. Tu puoi fare del tuo meglio. Per quello ci pensa Dio.- sorrise l’angelo.

-Lo so. Ma penso che non smetterò comunque mai di provarci.-

-Già, lo penso anche io.-

-Buona serata Andrew.-

Ellie si allontanò con il cuore leggero lungo il parcheggio del centro medico. Recuperò la sua auto e si diresse verso l’oratorio. L’ansia da concerto che tipicamente l’assaliva quando doveva suonare cominciò a farsi sentire e un piacevole brivido di eccitazione le corse lungo la spina dorsale, per poi percorrerle le braccia ed infine le dita aggrappate al volante. Quando arrivò il piazzale era già pieno di gente, i primi gruppi avevano già cominciato a suonare, i ragazzi del ristorante erano all’opera sotto i grandi gazebo bianchi. Con una piccola corsa scese nel sottochiesa dove gli altri finivano di lucidare ed accordare i propri strumenti.

-Finalmente.- disse uno vedendola arrivare.

-Sei pronta?- le chiese un altro.

-Mai stata così pronta.- rispose lei sorridendo.

-Bene. Direi che non ci resta che aspettare il nostro turno adesso.-

Si bevvero un paio di drink giusto per alleviare la tensione e tenere occupato lo stomaco, visto che avrebbero mangiato solo una volta terminata la loro esibizione. Ellie dal canto suo si riproponeva persino di mangiare un boccone solo una volta tornata in ospedale. Da quando Will era là era come se fosse diventata una seconda casa per lei.

 

Erano già passate alcune ore e quello era l’ultimo gruppo prima di loro. I ragazzi non stavano più nella pelle. Quando anche l’ultimo brano terminò si alzarono in piedi, gli strumenti in mano come se stessero impugnando le loro fidate armi. Il loro ingresso fu accolto con un immenso fragore di applausi. Si posizionarono come stabilito precedentemente, Ellie dominava la scena davanti in mezzo al palco: chitarra in mano e microfono all’altezza del viso. La maggior parte degli occhi delle persone presenti erano puntate su di lei, invisibili a causa della forte luce dei riflettori puntati su di loro. Per un momento l’agitazione fu più forte di lei, ma poi si riscosse. Aveva una promessa da mantenere. Le dita si mossero sul manico della chitarra senza bisogno di pensare, doveva semplicemente lasciarsi andare e la musica scorse dentro di lei come un fiume in piena. La gente si acquietò al suono delle corde vibranti e dei tasti della pianola.

- All the colors of the rainbow
All the voices of the wind
Every dream that reaches out
That reaches out to find
where love begins
Every word of every story
Every star in every sky

Every corner of creation
lives to testify.

 

For as long as I shall live
I will testify to love
I'll be a witness in the silences
When words are not enough
With every breath I take
I will give thanks to God above
For as long as I shall live
I will testify to love-

Le voci dei ragazzi si unirono in un accordo semplicemente perfetto. La musica si combinava in un amplesso mozzafiato che lasciava la gente col fiato sospeso in trepidante attesa. Era una storia, la storia di tutti loro, il loro denominatore comune. Un sorriso di felicità ed orgoglio solcò il viso della giovane cantante.

- From the mountains to the valleys
From the rivers to the seas

Every hand that reaches out
Every hand that reaches out
to offer peace

Every simple act of mercy
Every step to kingdom come

All the hope in every heart will
Speak what love has done

 

Colors of the rainbow
Voices of the wind
Dream that reaches out
Where love Begins
Word of every story
Star of every sky
Corner of creation
Testify

 

Mountains to the valleys
Rivers to the seas
Hand that reaches out
To offer peace
Simple act of mercy
Step to kingdom come
Every heart will speak
What love has done
-

-Vai Ellie!- una voce tra tutta quella gente prese il sopravvento, arrivando all’orecchio degli artisti. Conosceva quella voce ed una gioia profonda e sconosciuta le riempì il cuore come una boccata d’ossigeno. I suoi occhi cercarono il proprietario della voce. E Will se ne stava là, in mezzo alla folla, sorridente e con gli occhi luccicanti, seduto sulle spalle del suo beneamato babysitter. Come fosse possibile che lui fosse lì? Non lo sapeva ed in quel momento non le importava proprio niente. L’importante era che lui ci fosse. E stava bene. L’angosciosa tensione mista a preoccupazione che l’aveva attanagliata fino a quel momento era svanita. Adesso si sentiva bene e poteva terminare il suo pezzo come aveva sempre sognato di fare. Mettendoci tutta la passione che esso le richiedeva. Rafforzò la presa sulla chitarra aumentando la pressione sulle corde, portandole allo stremo, seguita a ruota dai suoi compagni.

-(For as long as I shall live, I'll testify, testify All my life, I'll testify)
For as long as I shall live
I will testify to love
I'll be a witness in the silences
When words are not enough
(Every breath I take, give thanks and testify, testify)
With every breath I take
I will give thanks to God above
For as long as I shall live
I will testify

Testify Your way
Testify Your truth
Testify Your life
Your love and mercy
-

Il pezzo a cappella uscì alla perfezione e quando anche l’ultimo accordo fu suonato, lasciarono che si disperdesse nell’aria. Il clamoroso applauso era una soddisfazione, ma mai quanto lo era stato per loro cantare. Era fatta. Avevano cantato.

 

Il tempo di abbandonare lo strumento sulla panchina della loro stanza e poi correre fuori. Saltava ed allungava il collo cercandoli tra la gente. Il primo ad individuare fu Andrew con la sua polo rossa e accanto a lui Will. Ellie lo prese in braccio stringendolo più non posso.

-Ellie così mi soffochi.- replicò gentilmente il bambino.

Quando si staccarono il volto della ragazza era una maschera di felicità. Il sorriso felice e soddisfatto, gli occhi luccicanti di lacrime di contentezza. Continuava a scompigliargli i capelli e ad accarezzargli le guance. Aveva quasi paura che da un momento all’altro potesse accasciarsi per terra. L’immagine di suo fratello sdraiato in un letto d’ospedale la stordiva ancora. Ma in quel momento si decise di non pensare a quelle cose tristi. Quella sera era per loro.

-Ellie sei stata bravissima.- disse Will.

-Concordo una gran esibizione.- si complimentò con un sorriso Andrew.

-Grazie davvero.-

-E’ proprio una bella canzone Ellie.- disse Monica sbucando tra la gente alle loro spalle.

-Monica che piacere vederti.-

-Oh tesoro, sono così fiera di te.- Lily abbracciò la figlia con le stesse lacrime agli occhi.

Suo padre le scompigliò i capelli.

-Davvero un ottimo lavoro.- si complimentò.

Ma mancava ancora qualcuno in quella piacevole compagnia.

-Ellie!- Zanna sbucò ansimante, cercando di farsi largo tra la gente. Il suo volto accaldato fece ridere tutti quanti.

-Zanna sei buffo!- esclamò Will, suscitando altre risate.

Ma il ragazzo non face altro che guardare gli occhi luminosi della cantante. E il suo cervello si era sconnesso, come tante altre volte in passato. Sentiva semplicemente il suo respiro e il battito del cuore nelle orecchie. Riscuotersi da quel torpore era ogni volta un piacevole dolore. Le tese la mano.

-Complimenti alla solista.- sorrise.

-Grazie.- gliela strinse lei.

Se ne andarono tutti quanti a bere qualcosa, giusto per rinfrescarsi e allontanarsi dalla calca che continuava ad addossarsi al palco per ascoltare gli altri gruppi. La serata fu un susseguirsi di chiacchiere e risate, la musica assordante nelle orecchie. Soltanto verso le undici e mezza iniziarono ad avviarsi verso casa.

 

Mentre James e Lily entravano in casa tenendo rispettivamente una mano ciascuno di Will, in mezzo a loro, Ellie si fermò in mezzo al marciapiede di fronte al cancellino di casa. Sempre con quel sorriso soddisfatto sulle labbra che quella sera non aveva alcuna intenzione di abbandonarla. Le mani sprofondate nelle tasche dei jeans mentre contemplava la casa, la sua casa. Il posto in cui era vissuta per così tanti anni e solo adesso la guardava. E doveva ammetterlo, dava un gran senso di conforto. Era confortante avere un posto in cui andare quando non si sta bene e il mondo ti rifiuta. L’unico posto in cui troverai sempre qualcuno ad aspettarti. Andrew le si avvicinò.

-E’ una magnifica serata non trovi?- gli domandò.

-Sono d’accordo.- le rispose, fissando lo stesso punto che fissava lei.

-Come è stato possibile Andrew? Come ha fatto Will a riprendersi?-

-E’ successo poche ore dopo che te ne sei andata. Ha iniziato a migliorare e a mano a mano che il tempo passava continuava a dire che doveva venire al tuo concerto a fare i capricci. I medici gli hanno fatto dei rapidi controlli e trovando che stesse bene hanno accordato di farlo uscire ancora questa sera a patto che non si affaticasse e che nei prossimi giorni tornasse per dei controlli. Dovevi vedere le loro facce.- sorrise lui.

-E’ stato un miracolo vero?-

-Sì Ellie, lo è stato.- la voce di Andrew era così seria che le diede i brividi.

-Perché?- la domanda lo colse impreparato.

-Volevi che tuo fratello rimanesse là in ospedale?-

-Non hai risposto alla mia domanda.-

-Ogni cosa ha un suo perché. Will sarebbe guarito, ma forse questa non era un prova per Will, ma per te.- Ellie si voltò a guardarlo e di nuovo un altro brivido le solcò la schiena e le braccia.

-Per me?-

-Come ti sei sentita quando hai visto Will? Quando ha urlato il tuo nome?-

-Direi bene.-

-Solo bene?- la ragazza ci pensò un attimo.

-Ero felice. Contenta che stesse bene. Stavano tutti bene e potevo non preoccuparmi per loro. Potevo dedicarmi a quello che stavo facendo.-

-E’ stata una prova dura per tutti. Tu hai capito che per una volta non avresti potuto fare niente per aiutare tuo fratello. E i tuoi genitori hanno dovuto affrontare un problema da soli.-

-Mi stai dicendo che è finita? E così finisce la mia storia? Adesso che ho cantato.-

-Non è ancora finita.-

-Eppure abbiamo visto chiaro e tondo che loro non hanno più bisogno di me. Sapranno cavarsela adesso lo so. E sai una cosa? Sono contenta perché so che sapranno aiutarsi a vicenda, e poi con voi sono in buone mani.-

-Sì, sapranno cavarsela. Esattamente come hai saputo farlo tu. E ti dirò una cosa, se Will non fosse stato male questa sera non avresti cantato così bene.-

-Lo so.- ammise Ellie. Aveva ragione, se non avesse visto suo fratello sarebbe stata una canzone come un’altra, invece così aveva potuto testimoniare l’amore, proprio come diceva il titolo della canzone.

-Notte Andrew, e grazie.-

-Notte Ellie.-

L’angelo della morte la guardò salire gli scalini e chiudersi la porta alle spalle. Rimase là in piedi, nella fresca atmosfera notturna, ad osservare quella casa sorgere in mezzo a tante altre. Ma per lui e per altri quella casa aveva assunto un significato diverso. Le due donne comparvero silenziosamente accanto a lui, alternando lo sguardo tra lui e la casa.

-Andrew a cosa pensi?- gli domandò Monica.

L’uomo scosse il volto e alzò le spalle.

-A niente in particolare.- rispose.

-Non rimproverarti per qualcosa di cui non hai colpa. Come giustamente le hai detto tu: ci pensa Dio a proteggere tutti.- cercò di tirarlo su di morale Tess.

-Hai ragione. Eppure non riesco a convincermi che avrei potuto fare di più.-

-Hai fatto quello che dovevi fare, com’è giusto che sia.- continuò l’altra convinta.

-Andrew manca poco vero?- la voce di Monica si era improvvisamente incrinata, gli occhi velati di lacrime di fronte alla consapevolezza. Adesso capiva perché il suo amico era sempre più taciturno e addolorato. Per un attimo volle quasi essere nei suoi panni per poterlo aiutare, ma sapeva bene che ogni angelo in ogni incarico ha un dolore da sopportare, immancabilmente questo è una prova anche per sé.

-Ha fatto quello che c’era da fare. Ora, manca solo la verità.- disse lui con un sospiro.

E finalmente si voltò a guardare le sue amiche.







 



 

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Altro / Vai alla pagina dell'autore: CaptainKonny