-Su
forza tieni il ritmo! Così così! Dai!-
-Avanti
dai che è buona!-
-E’
fatta ragazzi!-
La
batteria scandiva il tempo, trasformando quel suono ritmico ed inquietante in morbide
battute calde, accompagnate dagli arpeggi di una chitarra elettrica abilmente
domata e dal suono potente ed ampliato di una chitarra d’accompagnamento
amplificata. Varie volte quei tre strumenti si erano riuniti per creare insieme
qualcosa di meraviglioso, qualcosa che gli esseri umani non sapevano produrre
né esprimere in altro modo. Ovviamente però c’era anche una melodiosa voce a
dare alito a quei pensieri e a quelle emozioni. Tutto procedeva alla
perfezione, quello era l’ultimo giorno dopotutto. La solista sentiva la musica
risuonarle nelle orecchie come se fossero delle casse di risonanza, c’era solo
la musica e la sua voce che l’accompagnava. ‘Era fatta!’ pensò mentre
continuava a cantare.
Brrrr brrr brrr
-Scusate
è il mio.-
-Okay,
cinque minuti di pausa.-
Ellie
corse in direzione del suo cellulare. Perché proprio in quel momento? Non
poteva aspettare ancora mezzoretta? Nel frattempo sul tavolo l’apparecchio
continuava a vibrare. Diede un’occhiata al display ‘Mamma’.
-Pronto?-
-Ellie
dove sei?- era sua madre e dalla voce sembrava tranquilla, ma qualcosa nel suo
tono fece capire ad Ellie che non era così. Sua madre non la chiamava mai
durante il suo orario di lavoro. Voltò le spalle alla band per evitare che
vedessero la sua espressione.
-Sono
in oratorio perché?-
-Non
è che potresti tornare a casa?- adesso Lily non mascherava più la voce
incrinata.
-Mamma
cosa è successo?- domandò la ragazza allarmata.
-E’
per Will, sta male. Andrew mi ha chiamato sul lavoro per dirmi di tornare.-
-Ma
perché non ha chiamato me? Sa che sono reperibile.- chiese Ellie, iniziando a
radunare le sue cose.
-Ellie,
Will sta molto più male del previsto.-
-Arrivo
subito.-
Erano
bastate quelle parole per mettere nel panico la ragazza. Il concerto, la sua
malattia erano passate subito in secondo piano; niente era più importante della
sicurezza e della salute dei suoi familiari. Prese borsa e giubbino prima di
comunicare la notizia ai ragazzi.
-Sentite
io devo andare.-
-Cosa?
Ma le prove?- domandò uno dei chitarristi.
-Lo
so. Ma è successo qualcosa di grave e devo tornare a casa.-
-Lo
sai vero che il concerto è domani sera?-
-Sì,
lo so. Ma in questo momento è più importante la mia famiglia. Scusatemi. Vi
mando un messaggio più tardi.-
-Okay.-
risposero amareggiati quelli della band.
L’aria
fredda le sferzò il viso, ma non era importante. Con passi lunghi e spediti si
diresse verso casa, senza voltarsi attorno o soffermarsi a pensare ad altro. Le
uniche cose a cui riusciva pensare erano: perché Andrew non aveva chiamato
prima lei di sua madre? E cosa mai poteva avere Will? I suoi pensieri
prendevano le forme delle malattie più improbabili, più gravi e degli incidenti
più banali che potessero però avere conseguenze devastanti. Si maledisse, perché
non era stata a casa accanto a suo fratello quel giorno?
Appena
arrivò a casa trovò sua madre e Andrew nella stanza di Will. Il bambino dormiva
sotto le coperte, il volto pallido coperto da un sottile strato di sudore. Sul
comodino un bicchiere di the e il termometro.
-Come
sta?- domandò entrando nella stanza.
-Ha
la febbre alta. Il dottore ha detto che deve riposare.- rispose la madre.
-Tutto
qui? Ma che cos’ha? Influenza?-
-Non
lo sappiamo. La febbre è salita di colpo. Questa mattina stava bene, è andato a
scuola come sempre, poi però la maestra ha notato che barcollava e ha chiamato
a casa.-
-Ma
Andrew perché non hai chiamato me?- domandò la ragazza, interrompendo la madre
non appena fece una pausa per respirare.
Il
babysitter e la madre si scambiarono un’occhiata d’intesa.
-Temo
sia colpa mia. Dato il tuo mancamento su in montagna ho pensato che potesse
essere dato dallo stress, sei sempre così indaffarata e poi adesso ti stai
preparando per il concerto.. non volevo che ti preoccupassi ulteriormente e ti
stancassi.-
-Ma
mamma! Io ci sono apposta.- Ellie dovette controllarsi per non alzare la voce.
-Tesoro
l’ho fatto per te. Tu ci sei sempre per Will, mentre io e tuo padre non ci
siamo mai. Per una volta ho pensato che sarebbe stato un bene per tutti. E poi
credevo che, col fatto che presto o tardi te ne andrai in Europa, sarebbe stato
utile per noi incominciare ad esserci un po’ di più.- spiegò Lily con sguardo
triste.
Ellie
non sapeva più cosa dire: lei voleva esserci per la sua famiglia, la sua
famiglia si preoccupava di incominciare a badare di più a suo fratello per
quando lei sarebbe partita, ma nessuno di loro sapeva che lei non sarebbe mai
partita. Alzò lo sguardo per incrociare gli occhi di Andrew, anche lui sapeva
bene a cosa stava pensando. Sospirò combattuta.
-Va
bene senti.. adesso sono qui.. se vuoi tornare al lavoro.. –
-Vuoi
che me ne vada?- la ragazza si gratto la testa esasperata.
-No,
dicevo solo che se hai da fare.. –
-Ascoltami
bene, per quanto mi possa interessare il mio lavoro la mia famiglia è comunque
più importante.- la redarguì la madre.
-Sono
contenta di sentirtelo dire. Mi sembra anche logico.-
-E
allora smettila. Sembra che ti dia fastidio la mia presenza.-
Ellie
scosse la testa, le cose non stavano andando come dovevano andare.
-D’accordo.-
si arrese la ragazza.
Aveva
bisogno di stare da sola, eppure suo fratello aveva bisogno di lei non poteva
andarsene. Andò in sala, dove la sera prima nessuno avrebbe mai immaginato cosa
sarebbe successo. Si lasciò sprofondare nel divano, raggomitolando le gambe
sotto di sé e appoggiando la testa contro lo schienale.. il suo sguardo si
perse nel buio della canna fumaria. Non sentì Andrew arrivare.
-Tutto
bene?- le chiese lui, le mani nelle tasche, l’aria preoccupata.
-Ho
voglia di stare un po’ da sola.-
-Sei
arrabbiata perché ho chiamato tua madre?-
-Perché
non hai chiamato me?- non lo guardava, lo stava respingendo.
-Avevi
da fare.-
-Per
uno stupido concerto.-
-Per
te è importante.-
-Non
importa quanto sia importante per me, Will lo è molto di più!- era arrabbiata,
molto, e la capiva. Anche lui probabilmente lo sarebbe stato se fosse stato nei
suoi panni.
-Non
avresti potuto fare niente. Tua madre è arrivata che il medico era già qui.-
-Che
cos’ha Will?-
-E’
molto malato.- la ragazza sbuffò a quella risposta.
-Questo
lo vedo. Ma che cos’ha?-
-Non
è ho idea.-
-Non
ne hai idea! Sei tu l’angelo, dovresti saperlo.-
-So
solo quello che mi viene detto, io sono solo un messaggero.- Ellie lo fissò negli
occhi a lungo, come per valutare la verità nelle sue parole.
-Sei
qui anche per lui?- quelle parole le morirono in gola, ma sapeva che lui le
aveva udite.
-No.-
eppure il tono dell’angelo le fece capire che non ne era molto convinto.
-Ma
potrebbe essere, giusto?-
-Sì.-
si coprì il volto con le mani, soffocando i singhiozzi che stavano per
scuoterla.
-Non
ti permetterò di portarmi via mio fratello Andrew. Prendi me se vuoi ma non ti
avvicinare a lui.-
Andrew
le si sedette accanto, prendendola delicatamente per le spalle aspettando che
alzasse il volto per guardarlo.
-Vedrai
che starà bene. Abbi fede. Solo Dio può guarire tuo fratello ora.-
Ellie
nascose il viso nella pelle del divano, soffocando nel silenzio il suo pianto.
“Andrew e Lily”
http://www.photos.onthisside.net/jabbgallery/tbaa/flightsangelsandrewassign2.jpg
-No,
così non va! Avevo detto una torta gigante al cioccolato con panna non una
torta con panna e fragole! E Mike cosa sono quelle cose? Riportali indietro e
dì di darti delle rose bianche!- gli ordini volavano da destra e da sinistra.
Gente
che entrava, usciva, si muoveva in continuazione; qualcosa che si rompeva,
sedie spostate, fumo che usciva dalla cucina, persone che bisticciavano.. Lily
non ne poteva più. Si portò una mano all’altezza delle sopracciglia, chiuse gli
occhi e prese un respiro profondo. Il caos la stava facendo impazzire.
-Lily
tutto bene?- Monica le si avvicinò apprensiva.
-No
Monica, oggi ho la testa un po’ scombussolata.- rispose sospirando la donna.
-Posso
fare qualcosa per te?- si offrì gentilmente l’angelo.
-Non
credo, mio figlio è malato e mia figlia è arrabbiata con me.-
-E
come mai se posso chiedere?-
-Era
arrabbiata perché Andrew non ha chiamato prima lei anziché me. E poi perché le
ho detto che non sarei tornata al lavoro e che sarei rimasta io con Will.-
-Vuole
molto bene a suo fratello e sa quanto è importante il lavoro per te.-
-Già,
ma dobbiamo farcene una ragione tutti quanti. Presto o tardi lei partirà per
l’Europa e allora non potremo più rivolgerci a lei, perciò è meglio
incominciare sin da ora a farci l’abitudine.-
-Vuole
solo rendersi utile.-
-Lo
so Monica, eppure questa mattina ho come avuto la sensazione di non essere una
brava mamma. Ho trascurato i miei figli più di quanto avessi mai immaginato.
Ellie non ha mai avuto la babysitter e Will ha sua sorella, ma la verità è che
io non ero quella mamma che stava a casa con loro quando erano malati. Questa è
stata una delle poche volte che ho preso una pausa dal lavoro per andare da
loro.-
-Oh
Lily, scommetto che loro sanno però quanto gli vuoi bene. E di certo non ti
rimproverano per aver fatto del tuo meglio con loro.-
-Del
mio meglio? Io e James non ci siamo quasi mai.-
-Ogni
minuto che avete libero lo passate con loro e quello che fate lo fate per non
far mancar loro niente.-
-Forse
hai ragione, ad ogni modo adesso siamo in alto mare. A quanto pare le
ordinazioni erano errate.-
-Non
pensare a quello, ci penso io a sistemare tutto. Piuttosto, come sta Will?-
-Non
bene. Il dottore era stupefatto quanto noi. Ha detto di dargli le medicine e
che se entro domani non migliora di portarlo in ospedale.-
Le
due donne si guardarono con sguardo triste e preoccupato, amareggiate per
l’incerta sorte del povero bimbo.
Il
respiro leggero e tranquillo di Will era quasi impercettibile alle orecchie di
Ellie. Nel suo campo visivo solo il foglio del quaderno su cui stava scrivendo
e la gomma sul retro della matita che picchiettava delicatamente sul margine
superiore di esso. Come aveva immaginato sua madre era tornata al lavoro poche
ore dopo il suo arrivo, affidando Will ad Andrew (come se lei non ci fosse).
Non aveva niente contro il babysitter, ma dato che c’era lei perché
interpellare anche lui; tanto sarebbe rimasto comunque.. visto che era un
angelo. Smise di muovere la matita e rimase immobile a quel ricordo. Ripensò a
quella sera, a quella pesantezza che aveva provato dentro e al dolore di essere
da sola a combatterlo, e poi aveva scoperto che Andrew era un angelo. Si era
illuminato di fronte a lei, quasi fosse ricoperto d’oro, e l’aveva guardata con
i suoi occhi di vetro con quel modo gentile che aveva sempre, ed una sua sola
carezza aveva avuto il potere di lenire il suo dolore; non si era più sentita
sola. Mentre le sue parole l’avevano confortata come un balsamo, e adesso
sentiva che poteva farcela. Come se non fosse malata. Però, c’era anche quel
particolare: Andrew non era un angelo qualsiasi, era l’Angelo della Morte.
Aveva detto che era lì per lei, per quando sarebbe giunto il momento, per
accompagnarla a Casa. Eppure aveva una strana sensazione, una percezione di
buio e vuoto che non riusciva a cancellare. Come un forte dubbio che ti
perseguita finchè non arriva il momento
della verità e devi affrontarlo.
-Ellie,
ti serve qualcosa?- come se l’avesse chiamato Andrew stava sulla soglia della
stanza a guardarla, non potè fare a meno di notare che sembrava triste.
-No,
sto bene.- rispose lei.
-Che
stai facendo?-
-Niente,
riguardavo il testo della canzone di domani e.. scarabocchiavo.- mentre lo
diceva le venne da ridere per la stupidità della situazione.
-Come
sta?- chiese lui, con un cenno del capo verso Will.
-Come
prima. Continua a dormire, non si muove, non tossisce nemmeno. Se non
respirasse potrebbe persino essere.. – e all’improvviso si rese conto di non
riuscire a dirlo, aveva paura di morire e quindi della morte stessa.
-E
tu come stai?- quella domanda la colse talmente impreparata che lo guardò come
se le avesse chiesto la luna. Poi alzò le spalle, come se niente fosse.
-Andiamo
avanti.-
-Ellie,
dico sul serio.- il suo tono si era fatto più insistente e questo fece
innervosire la ragazza, la quale tenne lo sguardo fisso sul quaderno e strinse
maggiormente la matita.
-Anche
io.- Andrew percepì dal suo tono di voce che non era vero, che gli nascondeva
qualcosa. Ma perché succedeva? Stava andando tutto così bene.
-Eppure
a quanto pare vuoi rimanere da sola.-
-Forse
è la cosa migliore dopotutto.-
-Che
intendi dire?- però adesso anche lui iniziava a scaldarsi.
-Che
probabilmente sarà un bene per i miei e Will, almeno avranno solo una persona a
cui pensare e non a due. Sai, sto iniziando a pensare che forse sarebbe stato
meglio se fossi sparita ancora là in montagna, almeno avrei potuto dire che era
un incidente.- il suo modo di scherzare era cattivo e crudele, irriconoscibile;
quella non era la Ellie che gli era stata affidata.
-Tu
non ti rendi conto di quello che dici.-
-Oh
sì che me ne rendo conto e sai una cosa? Più ci penso e più sono sicura che
sarebbe stata la cosa migliore da fare.- i suoi occhi brillavano come quelli
dei pazzi.
Andrew
scosse violentemente la testa, serrando le mani sui fianchi per evitare di
lanciare per aria qualcosa. Mai avrebbe pensato che potesse arrivare a quei
livelli.
-Lo
sai che non è vero.-
-Davvero?
L’hai visto tu stesso!- l’accusò lei.
-No,
Lily era preoccupata per Will e ha cercato di fare la scelta migliore per
entrambi.-
-Perché
non hai chiamato me Andrew? Dì la verità: avevi paura che ci rimanessi secca?-
la velocità con cui le si fece incontro e la prese con forza per le spalle la
spaventò a tal punto che cercò di alzarsi e indietreggiare, ma non ce la fece.
Andrew era accucciato davanti a lei in modo da avere il viso alla sua altezza e
la guardava negli occhi come se fosse lui il genitore che ha paura di vedere il
figlio morire di lì a pochi minuti.
-La
prima persona che ho chiamato è stato il dottore e quando mi ha detto quanto
gravi fossero le condizioni di tuo fratello ho chiamato tua madre. Mi chiedi
perché? Semplicemente per il fatto che tu non lo avresti sopportato. Tu hai
paura della morte ed è comprensibile, tutti ne hanno paura. Ma il sapere che
anche Will avrebbe rischiato di morire ti avrebbe annientato. Tua madre ti
vuole bene Ellie e lo sai. E non lo devi dimenticare mai. Devi solo darle la
possibilità di dimostrarlo.-
-Andrew
promettimi che vivrà. Promettimi che non morirà ti prego.- lui le accarezzò la
guancia, capendo quanto difficile fosse per lei quel momento.
-Non
posso.-
-Andrew
ti prego. Ho paura.-
-Puoi
fare una cosa Ellie, pregare.-
-Non
ce la faccio Andrew. Non riesco a sopportarlo.-
-Certo
che puoi farcela. Non sei da sola.-
-Ellie.-
la voce stanca ed assonnata di Will riscosse entrambi dai loro pensieri.
La
ragazza fu subito accanto al fratello, stringendogli la mano. Si vedeva che
aveva ancora la febbre e che faceva fatica a tenere gli occhi aperti.
-Ehi
ciao, lo sai che ci hai fatto stare un sacco in pensiero?- gli sorrise lei.
-Ho
sete.-
-Ti
porto subito un bicchiere d’acqua.- disse Andrew sorridendo.
-Come
ti senti?- gli domandò la ragazza, passandogli una mano sulla fronte
sudaticcia, i capelli appiccicati ad essa.
-Sono
stanco e ho sonno.-
-Vedrai
che starai presto bene.-
-Mamma
è tornata al lavoro?-
-Sì,
ma vedrai che sarà qui presto.-
-Ecco
l’acqua.-
Ellie
aiutò suo fratello ad accompagnarsi il bicchiere alle labbra. Qualche goccia
cadde sulle coperte e sul pigiama a righe bianche e blu del bambino. Poi
incominciò a tossire. Subito Ellie tolse il bicchiere dalla sua portata,
temendo che picchiandoci contro potesse farsi male. Nell’appoggiarlo sul
comodino però notò che il poco liquido rimasto aveva una colorazione strana.
Ritornò a guardare suo fratello, colto da un altro attacco di tosse. La parte
superiore delle lenzuola si coprì di minuscole gocce rosse.
-Will!
Andrew chiama un ambulanza presto!-
L’angelo
della Morte si voltò e si diresse verso il telefono. Mentre componeva il numero
dell’ambulanza e poi quello della madre vide nella stanza, invisibili agli
occhi dei ragazzi, Tess e Monica.
-Coraggio
Will non mollare. Non mollare.- diceva lei tra i denti.
-Sono
Lily Potter. Mio figlio Will è stato portato qui circa un’ora fa in ambulanza.-
Lily era sconvolta, sporta sul bancone della reception guardava l’infermiera
battere velocemente al computer, le lacrime trattenute a stento
dall’agitazione.
-Ultimo
piano.- furono le uniche parole che l’infermiera pronunciò.
La
giovane madre si precipitò verso l’ascensore più vicino, entrò e schiacciò più
volte il pulsante luminoso che indicava il piano desiderato. La telefonata di
Andrew era stata devastante e tempestiva. Lui ed Ellie erano saliti
sull’ambulanza insieme a Will. Arrivata al piano si guardò attorno. C’era così
tanta calma. Il banco informazioni era alla sua destra.
-Mi
scusi. Sono Lily Potter sto cercando mio figlio Will Potter, è arrivato poco fa
in ambulanza.- disse cercando di suonare calma e gentile.
La
donna di colore, dai folti capelli neri e grigi la guardò dolcemente.
-Sì,
sono nella stanza 654. Venga la accompagno.-
Fece
il giro del bancone e prese Lily per un braccio delicatamente, come si fa con
le persone che sono stravolte da qualcosa che è accaduto.
-Come
sta mio figlio?- domandò la donna, mentre gli angoli degli occhi pizzicavano.
-Ha
una brutta infezione ai polmoni. Purtroppo non essendocene accorti in tempo
sarà difficile riuscire a curarla.-
-Mi
sta dicendo che mio figlio rischia di morire?- domandò con voce stridula Lily.
La
donna si voltò a guardarla in faccia, ferme in mezzo al corridoio.
-Tutti
rischiamo di morire miss Potter. Quello che sto cercando di dirle io è che ci
vorrà più tempo del previsto. Sarà una cosa lunga.-
-Ma
starà bene vero? Guarirà.-
-Venga
Lily, la porto dal suo bambino.- si limitò semplicemente a dire l’altra.
Quando
arrivò sulla porta vide il babysitter in pieni a braccia conserte di fronte
alla finestra, in viso un’espressione terrea e accanto al letto, seduta su una
sedia Ellie. Totalmente protesa verso il fratello, tenendogli una mano
spasmodica quasi avesse paura che da un momento all’altro potesse alzarsi e
scappare via contro la volontà di tutti. Will era disteso tra le coperte, i
capelli scompigliati, completamente pallido. Lily si portò una mano alla bocca
soffocando il grido che non aveva alcuna intenzione di uscire.
-Will?-
-Mamma.-
Ellie non fece in tempo ad alzarsi che si ritrovò le braccia di sua madre al
collo. La sentì piangere, i singhiozzi che le sconquassavano la schiena. La
ragazza lanciò uno sguardo ad Andrew. Non ce la faceva. Era emotivamente
distrutta. Lui le si avvicinò.
-Lily,
vieni. Siediti.- le disse gentilmente, prendendola delicatamente per le spalle
e guidandola verso l’altra sedia presente nella stanza.
-Come
sta?- domandò la madre.
-Il
medico dice che dopo l’attacco che ha avuto è ancora tanto se è ancora vivo.-
biascicò la ragazza.
La
madre guardava con i suoi occhi chiari il figlio, le lacrime scorrevano come un
fiume in piena irrefrenabile. Ellie non riuscì più ad avvicinarsi al letto. Non
dopo aver visto sua madre in quello stato. Era come se si sentisse fuori posto,
non soffriva abbastanza. Si appoggiò contro al muro di fronte, in silenzio e
non disse più niente per tutto il tempo. E quindi sarebbe stato così? I suoi genitori
avrebbero sofferto così tanto quando lei sarebbe morta? E se fosse morto anche
Will? Cosa sarebbe successo? I pensieri si susseguivano troppo velocemente e
con troppa insistenza nella sua mente. Le girava la testa. Le lacrime
trattenute le facevano seccare gli occhi, se li sentiva gonfi e pesanti. Il
quaderno in cui aveva preso appunti per la sua canzone, infilato in borsa a
caso, era un oggetto completamente inutile ed inappropriato in quel momento.
Eppure rimase a fissarlo per interminabili minuti come se fosse l’unica cosa in
quel momento in grado di darle sollievo.
Passarono
le ore e presto arrivò anche James, fisicamente distrutto, gli occhi ridotti a
due fessure. Di colpo sembrava invecchiato di diversi anni. Dio perché doveva
stare lì a guardare? Perché doveva vedere la sofferenza dei suoi genitori? Era
immobile da così tanto tempo che non si rendeva nemmeno conto di quanto fosse
stanca in realtà. Ci pensò l’infermiera a riscuoterla, la stessa che aveva
accompagnato lì sua madre, la stessa che l’aveva consolata dopo la terribile
‘notizia’. Entrò nella stanza con sguardo preoccupato e le mise una mano sulla
spalla.
-Ehi
piccola, forse dovresti prenderti una pausa.- le suggerì teneramente la donna.
-No
sto bene, voglio restare qui con mio fratello.- disse l’altra con voce
impastata, incapace di distogliere gli occhi dalla sagoma immobile sul letto.
-Non
ti servirà niente stare qui adesso, sei stanca e preoccupata. Tuo fratello è in
buone mani e i tuoi genitori ti verranno subito a chiamare se dovesse succedere
qualcosa.-
-Vai
pure tesoro.- la voce stanca della madre la interruppe prima che potesse dire
qualsiasi altra cosa. Aveva gli occhi arrossati dal troppo piangere, lucidi e
gonfi, il viso tirato come in una maschera. Le si strinse il cuore, e non ce la
fece a contraddirla.
Si
staccò dal muro e uscì dalla porta seguita dall’infermiera. Tess la guardava di
sottecchi, mentre l’altra era troppo intenta a pensare ad altro per poterlo
notare. Arrivarono alla macchinetta in fondo al corridoio. Mise una mano in
tasca per prendere una moneta.
-Accidenti,
ho lasciato il portafoglio nella borsa.- disse con uno sbuffo.
-Faccio
io.- Andrew come sempre sbucato dal nulla si sporse verso la macchinetta
allungando il braccio sopra la spalla di lei ed inserendo le monete. Ellie non
aveva la forza per replicare con lui e quindi lo lasciò fare. Sapeva che
l’aveva seguita: al contrario di suo fratello lei era una malata che camminava,
mentre lui era bloccato a letto.
-Cosa
vuoi?- le chiese lui.
-Caffè.-
Il
rumore della macchinetta era il solo rumore tra loro. Tess si era allontanata
verso il banco informazioni, lasciando al suo giovane angelo il suo incarico.
Ellie si lasciò cadere pesantemente in una delle grosse poltrone di pelle nere
che circondavano un piccolo tavolino marrone a ‘mo di salottino. La stanchezza
iniziava a farsi più reale adesso che era fuori da quella stanza e aveva di
nuovo modo di pensare a tutto. Minacciava di sopraffarla e farla addormentare.
Ma rifiutava di farlo finchè Will non fosse migliorato. Che avrebbe detto se
lui fosse peggiorato e lei invece era comodamente sdraiata a dormire, non se lo
sarebbe mai perdonato. Andrew le porse il bicchierino di plastica contenente il
liquido bollente.
-Grazie.-
-Come
stai?- le chiese ad un certo punto.
-Lo
sai, questa è la domanda che ultimamente va molto in voga.- cercò di essere
ironica, ma risultò semplicemente mortificante. Andrew prese posto nella
poltrona accanto a lei.
-Andrew
Will sta morendo?- non lo guardava, per la precisione fissava un punto
inesistente davanti a sé.
-E’
gravemente malato.- disse lui sospirando dalle narici.
-Guarirà?-
domandò lei.
-Non
lo so.-
Ellie
chiuse gli occhi. Era così arrabbiata con lui! No, non era arrabbiata.. era
amareggiata e non era colpa di nessuno. Solo di sé stessa. In fin dei conti non
aveva niente da rimproverarsi e allora perché si sentiva così in colpa? Perché
le cose non andavano come lei le aveva previste. Ma d’altronde non si può
prevedere il futuro.
-Come
fai a non saperlo? Non sei tu l’Angelo della Morte?- la sua domanda non era
un’accusa, era semplicemente un problema che necessitava di una risposta.
-Ellie
lo sai che non decido io. Io so le cose solo quando mi vengono dette.-
Sorseggiò
il caffè per poi buttare il bicchierino nel cestino. Lasciò cadere la testa
all’indietro appoggiandola sullo schienale alto della poltrona e chiuse gli
occhi, nella vana speranza di trovare un po’ di sollievo.
-Perché
non dormi un po’? Ti sveglierò io se succede qualcosa.- propose l’angelo.
-Non
posso. Non me lo permetterei mai se dovesse peggiorare.-
-Non
potresti comunque fare niente. Non ci rimane che aspettare.-
-E
allora aspetterò.-
-Ellie
devi riposare. Sei stanca. E domani hai un concerto.- a quell’affermazione le
montò una strana rabbia dentro; come poteva pensare al suo concerto in quel
momento? Se solo avesse avuto la forza per sostenere una conversazione
l’avrebbe affrontato.
-Come
puoi pensare al concerto in una situazione del genere?- si limitò a chiedere.
-Non
hai pensato alla possibilità che tuo fratello potrebbe rimanere così per
giorni? E allora cosa farai? Non dormirai più, non mangerai più, non uscirai
più di qui?- le domandò lui.
-Potrei
anche farlo.-
-Non
essere sciocca. Se Will lo sapesse non ti perdonerebbe tanto facilmente.-
-Ma
lo farebbe. Perché è mio fratello.-
-Ellie
hai qui il squadernino. Perché non ci dai un’occhiata?- le propose, dopo di che
se ne andò.
Passarono
i minuti, lenti e silenziosi prima che lei si decidesse a tornare. Entrò nella
stanza, niente era cambiato, erano ancora tutti lì muti e immobili. Con un
gesto svogliato prese il quaderno dalla borsa e si sedette al minuscolo
tavolino di metallo contro la parete. Lo sfogliò giusto per fare qualcosa.
Parole appunti e note si susseguivano in una serie di immagini, linee sottili curve
e altre nette. E la notte sopraggiungeva senza che nessuno se ne accorgesse.
Aprì
piano gli occhi, faceva fatica a tenerli aperti, li sentiva pesanti. Si passò
una mano sulla faccia. La prima cosa che vide fu il letto dell’ospedale con
sopra suo fratello e sua madre seduta al fianco che lo guardava adorante. Non
poteva crederci. Si era addormentata. Le braccia incrociate davanti a sé sul
tavolo e si era addormentata, sotto il suo squadernino. Mai come in quel
momento odiò la sua canzone. Per un attimo si era distratta e si era
addormentata. Chiuse velocemente il quaderno e si alzò.
-Ehi.-
cercò di sorriderle sua madre.
Tentò
di ricambiare ma quello che ne uscì fu solo una smorfia tirata.
-Come
sta?- le domandò.
-Non
si è ancora svegliato.-
-Papà
è andato al lavoro?-
-Sì,
qualcuno doveva pur andare.- le rispose la madre.
-E’
stasera il concerto vero?- domandò di punto in bianco Lily.
Ellie
annuì. Non ci aveva più pensato.
-Non
devi fare le prove?-
-Non
ci vado.-
-Non
puoi non andare, sarà pieno di gente e so quanto è importante per te.-
-Mamma
in questo momento l’unica cosa che mi importa è che Will stia bene.-
-Ellie
so quanto gli vuoi bene, ma non puoi fare niente qui per aiutarlo.-
-E
allora perché tu non sei andata al lavoro. Non è così importante.- tentò di
giustificarsi.
-Ellie,
forse dovresti dare ascolto a tua madre.- Andrew comparve sulla soglia, non se
n’era andato.
-Glielo
hai ricordato tu?- gli chiese Ellie.
-E
ha fatto bene.- rispose per lui Lily –Voglio che tu vada a cantare e anche Will
lo vuole. Sarai bravissima.-
-Ma
che senso ha se voi non ci sarete?-
-Ci
saremo. E poi noi ti sentiamo sempre.- le sorrise incoraggiante Lily.
La
ragazza sospirò. Senza dire niente agguantò la borsa e prese l’ascensore per
poi imboccare l’uscita dell’ospedale. Salì in macchina e si diresse a casa.
Pochi minuti per mandare un sms ai suoi amici musicisti e fissare le prossime
prove di lì a un paio d’ore. Volevano che suonasse e lei avrebbe suonato. Lo
avrebbe fatto per loro. Avrebbe dato il meglio, ma solo per loro. In quel
momento però aveva un gran bisogno di una doccia.
L’acqua
calda le sferzava il viso gentile, senza farle male, alleviando il dolore che i
pensieri delle ultime ore le avevano procurato. Sentì le membra ancora
addormentate risvegliarsi, si sentiva più fresca e attiva. Doveva dare il
meglio quel giorno e perciò aveva bisogno di essere il più sveglia possibile.
Solo lei seppe quante lacrime calde e salate si mischiarono al getto d’acqua
sulle guance. E mentre ad occhi chiusi piangeva sentiva il cuore batterle caldo
e profondo nel petto con sonori lenti tum tum. Era viva. Era ancora viva.
Eppure doveva morire. Ma quello ad essere in funerale era suo fratello. Come
era possibile? Perché? Qual’era il senso? Troppe domande e lei non ne poteva più
di farsi domande. Uscì dalla doccia e si asciugò con il salviettone. Lo
specchio sopra il lavabo le tornò un riflesso stanco e stravolto. No, non
poteva andare avanti così. C’era solo una cosa da fare. Doveva fare le cose
alla giornata, così come le capitavano. Adesso doveva svegliarsi, andare alle
prove e prima del concerto andare a trovare Will in ospedale per un saluto, poi
lo spettacolo. Per quel giorno non c’era più tempo per i pensieri. Si preparò
in fretta e furia un caffè bollente, si vestì e caricò la chitarra in macchina.
Quindici minuti per arrivare all’oratorio ed eccoli tutti lì. Provarono il
pezzo un paio di volte: c’era, era finito, riusciva. Montarono l’impalcatura
del palco aiutati dagli altri collaboratori, sistemarono casse, microfoni ed amplificatori.
Una breve merenda per riprendersi dal caldo infernale di quel pomeriggio e di
nuovo a finire le ultime cose per la serata. Erano tutti pronti, tutti gli
addetti alla festa, ciascuno con il proprio compito.
Non
c’era nessuno in vista. Aveva sentito suo padre quel pomeriggio e purtroppo
sarebbe uscito molto tardi dal lavoro, dopo di che sarebbe andato a casa a
farsi una doccia e poi avrebbe raggiunto sua madre in ospedale. L’unica cosa
che le rimaneva da fare era aspettare che sua madre uscisse, non voleva che la
vedesse. Nemmeno lei riusciva a capacitarsi di tanta segretezza, eppure sentiva
che doveva fare così. Nel momento in cui arrivò la vide parlare con Tess e
allontanarsi verso la zona bar, aveva pochi minuti, quelli che le servivano. Sbirciò
nella stanza, di Andrew nemmeno l’ombra. Entrò e in silenzio si avvicinò al
letto. Accarezzò con la punta delle dita della mano destra la fronte di Will,
scostando quei ciuffi ribelli della frangia. Sembrava un angelo mentre dormiva.
Si abbassò per sussurrargli qualcosa all’orecchio, come se qualcun altro
potesse sentirli.
-Will,
sono io. Senti, mi dispiace lasciarti da solo questa sera, ma ti prometto che
appena lo spettacolo è finito torno subito da te. Odio ammetterlo, ma mamma ed
Andrew hanno ragione, non è solo una cosa mia sono coinvolte altre persone.
Però volevo dirti che canterò per te. È tuo questo concerto. Tu aspettami
capito? Non azzardarti ad alzarti da qui senza di me. E.. volevo dirti una
cosa.. volevo dirti che per qualsiasi cosa io ci sono. Lo so che tu tanto mi
chiami comunque però, volevo dirtelo, io sono qui. Lo sarò sempre. Sì, assurdo
dirti una cosa del genere proprio adesso che sto per sgattaiolare via, ad ogni
modo te lo prometto. In tutti i senti possibili ed immaginabili io sarò qui.
Come lo sarò per la mamma ed il papà. Ti voglio bene cucciolo. A più tardi.-
gli diede un bacio sulla fronte e senza farsi vedere da nessuno se ne andò.
Una
volta che fu di nuovo all’aria aperta si sentì meglio. Stava facendo tutto
quello che doveva fare e tutto andava secondo i piani. Il cielo iniziava già ad
imbrunire, il tramonto arancio e giallo portava già striature bluastre
all’orizzonte. Prese una lunga boccata d’aria, una delle prime fresche della
serata.
-Hai
fatto la cosa giusta.-
Sorrise
ad udire quella voce, scuotendo gentilmente la testa.
-E’
incredibile come tu riesca sempre ad apparire dal nulla.- riuscì semplicemente
a commentare con il sorriso sulle labbra. Era strano anche per lei, ma stava
sorridendo.
-Baderai
tu a lui?- gli chiese una volta che ebbe incrociato i suoi occhi verdi.
-Lo
farò.-
-Cercherò
di fare presto.-
-Ellie
non puoi proteggere da tutto la tua famiglia. Tu puoi fare del tuo meglio. Per
quello ci pensa Dio.- sorrise l’angelo.
-Lo
so. Ma penso che non smetterò comunque mai di provarci.-
-Già,
lo penso anche io.-
-Buona
serata Andrew.-
Ellie
si allontanò con il cuore leggero lungo il parcheggio del centro medico.
Recuperò la sua auto e si diresse verso l’oratorio. L’ansia da concerto che
tipicamente l’assaliva quando doveva suonare cominciò a farsi sentire e un
piacevole brivido di eccitazione le corse lungo la spina dorsale, per poi
percorrerle le braccia ed infine le dita aggrappate al volante. Quando arrivò
il piazzale era già pieno di gente, i primi gruppi avevano già cominciato a
suonare, i ragazzi del ristorante erano all’opera sotto i grandi gazebo
bianchi. Con una piccola corsa scese nel sottochiesa dove gli altri finivano di
lucidare ed accordare i propri strumenti.
-Finalmente.-
disse uno vedendola arrivare.
-Sei
pronta?- le chiese un altro.
-Mai
stata così pronta.- rispose lei sorridendo.
-Bene.
Direi che non ci resta che aspettare il nostro turno adesso.-
Si
bevvero un paio di drink giusto per alleviare la tensione e tenere occupato lo
stomaco, visto che avrebbero mangiato solo una volta terminata la loro
esibizione. Ellie dal canto suo si riproponeva persino di mangiare un boccone
solo una volta tornata in ospedale. Da quando Will era là era come se fosse
diventata una seconda casa per lei.
Erano
già passate alcune ore e quello era l’ultimo gruppo prima di loro. I ragazzi
non stavano più nella pelle. Quando anche l’ultimo brano terminò si alzarono in
piedi, gli strumenti in mano come se stessero impugnando le loro fidate armi.
Il loro ingresso fu accolto con un immenso fragore di applausi. Si
posizionarono come stabilito precedentemente, Ellie dominava la scena davanti
in mezzo al palco: chitarra in mano e microfono all’altezza del viso. La
maggior parte degli occhi delle persone presenti erano puntate su di lei,
invisibili a causa della forte luce dei riflettori puntati su di loro. Per un
momento l’agitazione fu più forte di lei, ma poi si riscosse. Aveva una
promessa da mantenere. Le dita si mossero sul manico della chitarra senza
bisogno di pensare, doveva semplicemente lasciarsi andare e la musica scorse
dentro di lei come un fiume in piena. La gente si acquietò al suono delle corde
vibranti e dei tasti della pianola.
- All the colors of the rainbow
All the voices of the wind
Every dream that reaches out
That reaches out to find
where love begins
Every word of every story
Every star in every sky
Every corner of creation
lives to testify.
For as long as I shall live
I will testify to love
I'll be a witness in the silences
When words are not enough
With every breath I take
I will give thanks to God above
For as long as I shall live
I will testify to love-
Le voci dei ragazzi si unirono in un accordo semplicemente
perfetto. La musica si combinava in un amplesso mozzafiato che lasciava la
gente col fiato sospeso in trepidante attesa. Era una storia, la storia di
tutti loro, il loro denominatore comune. Un sorriso di felicità ed orgoglio
solcò il viso della giovane cantante.
- From the mountains to the valleys
From the rivers to the seas
Every hand that reaches out
Every hand that reaches out
to offer peace
Every simple act of mercy
Every step to kingdom come
All the hope in every heart will
Speak what love has done
Colors of the rainbow
Voices of the wind
Dream that reaches out
Where love Begins
Word of every story
Star of every sky
Corner of creation
Testify
Mountains to the valleys
Rivers to the seas
Hand that reaches out
To offer peace
Simple act of mercy
Step to kingdom come
Every heart will speak
What love has done-
-Vai Ellie!- una voce tra tutta quella gente prese il sopravvento,
arrivando all’orecchio degli artisti. Conosceva quella voce ed una gioia
profonda e sconosciuta le riempì il cuore come una boccata d’ossigeno. I suoi
occhi cercarono il proprietario della voce. E Will se ne stava là, in mezzo
alla folla, sorridente e con gli occhi luccicanti, seduto sulle spalle del suo
beneamato babysitter. Come fosse possibile che lui fosse lì? Non lo sapeva ed
in quel momento non le importava proprio niente. L’importante era che lui ci
fosse. E stava bene. L’angosciosa tensione mista a preoccupazione che l’aveva
attanagliata fino a quel momento era svanita. Adesso si sentiva bene e poteva
terminare il suo pezzo come aveva sempre sognato di fare. Mettendoci tutta la
passione che esso le richiedeva. Rafforzò la presa sulla chitarra aumentando la
pressione sulle corde, portandole allo stremo, seguita a ruota dai suoi
compagni.
-(For as long as I shall live, I'll testify, testify
All my life, I'll testify)
For as long as I shall live
I will testify to love
I'll be a witness in the silences
When words are not enough
(Every breath I take, give thanks and testify, testify)
With every breath I take
I will give thanks to God above
For as long as I shall live
I will testify
Testify Your way
Testify Your truth
Testify Your life
Your love and mercy-
Il pezzo a cappella uscì alla perfezione e quando anche l’ultimo
accordo fu suonato, lasciarono che si disperdesse nell’aria. Il clamoroso
applauso era una soddisfazione, ma mai quanto lo era stato per loro cantare.
Era fatta. Avevano cantato.
Il tempo di abbandonare lo strumento sulla panchina della loro
stanza e poi correre fuori. Saltava ed allungava il collo cercandoli tra la
gente. Il primo ad individuare fu Andrew con la sua polo rossa e accanto a lui
Will. Ellie lo prese in braccio stringendolo più non posso.
-Ellie così mi soffochi.- replicò gentilmente il bambino.
Quando si staccarono il volto della ragazza era una maschera di
felicità. Il sorriso felice e soddisfatto, gli occhi luccicanti di lacrime di
contentezza. Continuava a scompigliargli i capelli e ad accarezzargli le
guance. Aveva quasi paura che da un momento all’altro potesse accasciarsi per
terra. L’immagine di suo fratello sdraiato in un letto d’ospedale la stordiva
ancora. Ma in quel momento si decise di non pensare a quelle cose tristi.
Quella sera era per loro.
-Ellie sei stata bravissima.- disse Will.
-Concordo una gran esibizione.- si complimentò con un sorriso
Andrew.
-Grazie davvero.-
-E’ proprio una bella canzone Ellie.- disse Monica sbucando tra la
gente alle loro spalle.
-Monica che piacere vederti.-
-Oh tesoro, sono così fiera di te.- Lily abbracciò la figlia con
le stesse lacrime agli occhi.
Suo padre le scompigliò i capelli.
-Davvero un ottimo lavoro.- si complimentò.
Ma mancava ancora qualcuno in quella piacevole compagnia.
-Ellie!- Zanna sbucò ansimante, cercando di farsi largo tra la
gente. Il suo volto accaldato fece ridere tutti quanti.
-Zanna sei buffo!- esclamò Will, suscitando altre risate.
Ma il ragazzo non face altro che guardare gli occhi luminosi della
cantante. E il suo cervello si era sconnesso, come tante altre volte in
passato. Sentiva semplicemente il suo respiro e il battito del cuore nelle
orecchie. Riscuotersi da quel torpore era ogni volta un piacevole dolore. Le
tese la mano.
-Complimenti alla solista.- sorrise.
-Grazie.- gliela strinse lei.
Se ne andarono tutti quanti a bere qualcosa, giusto per
rinfrescarsi e allontanarsi dalla calca che continuava ad addossarsi al palco
per ascoltare gli altri gruppi. La serata fu un susseguirsi di chiacchiere e
risate, la musica assordante nelle orecchie. Soltanto verso le undici e mezza
iniziarono ad avviarsi verso casa.
Mentre James e Lily entravano in casa tenendo rispettivamente una
mano ciascuno di Will, in mezzo a loro, Ellie si fermò in mezzo al marciapiede
di fronte al cancellino di casa. Sempre con quel sorriso soddisfatto sulle
labbra che quella sera non aveva alcuna intenzione di abbandonarla. Le mani
sprofondate nelle tasche dei jeans mentre contemplava la casa, la sua casa. Il
posto in cui era vissuta per così tanti anni e solo adesso la guardava. E
doveva ammetterlo, dava un gran senso di conforto. Era confortante avere un
posto in cui andare quando non si sta bene e il mondo ti rifiuta. L’unico posto
in cui troverai sempre qualcuno ad aspettarti. Andrew le si avvicinò.
-E’ una magnifica serata non trovi?- gli domandò.
-Sono d’accordo.- le rispose, fissando lo stesso punto che fissava
lei.
-Come è stato possibile Andrew? Come ha fatto Will a riprendersi?-
-E’ successo poche ore dopo che te ne sei andata. Ha iniziato a
migliorare e a mano a mano che il tempo passava continuava a dire che doveva
venire al tuo concerto a fare i capricci. I medici gli hanno fatto dei rapidi
controlli e trovando che stesse bene hanno accordato di farlo uscire ancora
questa sera a patto che non si affaticasse e che nei prossimi giorni tornasse
per dei controlli. Dovevi vedere le loro facce.- sorrise lui.
-E’ stato un miracolo vero?-
-Sì Ellie, lo è stato.- la voce di Andrew era così seria che le
diede i brividi.
-Perché?- la domanda lo colse impreparato.
-Volevi che tuo fratello rimanesse là in ospedale?-
-Non hai risposto alla mia domanda.-
-Ogni cosa ha un suo perché. Will sarebbe guarito, ma forse questa
non era un prova per Will, ma per te.- Ellie si voltò a guardarlo e di nuovo un
altro brivido le solcò la schiena e le braccia.
-Per me?-
-Come ti sei sentita quando hai visto Will? Quando ha urlato il
tuo nome?-
-Direi bene.-
-Solo bene?- la ragazza ci pensò un attimo.
-Ero felice. Contenta che stesse bene. Stavano tutti bene e potevo
non preoccuparmi per loro. Potevo dedicarmi a quello che stavo facendo.-
-E’ stata una prova dura per tutti. Tu hai capito che per una
volta non avresti potuto fare niente per aiutare tuo fratello. E i tuoi
genitori hanno dovuto affrontare un problema da soli.-
-Mi stai dicendo che è finita? E così finisce la mia storia?
Adesso che ho cantato.-
-Non è ancora finita.-
-Eppure abbiamo visto chiaro e tondo che loro non hanno più
bisogno di me. Sapranno cavarsela adesso lo so. E sai una cosa? Sono contenta
perché so che sapranno aiutarsi a vicenda, e poi con voi sono in buone mani.-
-Sì, sapranno cavarsela. Esattamente come hai saputo farlo tu. E
ti dirò una cosa, se Will non fosse stato male questa sera non avresti cantato
così bene.-
-Lo so.- ammise Ellie. Aveva ragione, se non avesse visto suo
fratello sarebbe stata una canzone come un’altra, invece così aveva potuto
testimoniare l’amore, proprio come diceva il titolo della canzone.
-Notte Andrew, e grazie.-
-Notte Ellie.-
L’angelo della morte la guardò salire gli scalini e chiudersi la
porta alle spalle. Rimase là in piedi, nella fresca atmosfera notturna, ad
osservare quella casa sorgere in mezzo a tante altre. Ma per lui e per altri
quella casa aveva assunto un significato diverso. Le due donne comparvero
silenziosamente accanto a lui, alternando lo sguardo tra lui e la casa.
-Andrew a cosa pensi?- gli domandò Monica.
L’uomo scosse il volto e alzò le spalle.
-A niente in particolare.- rispose.
-Non rimproverarti per qualcosa di cui non hai colpa. Come
giustamente le hai detto tu: ci pensa Dio a proteggere tutti.- cercò di tirarlo
su di morale Tess.
-Hai ragione. Eppure non riesco a convincermi che avrei potuto
fare di più.-
-Hai fatto quello che dovevi fare, com’è giusto che sia.- continuò
l’altra convinta.
-Andrew manca poco vero?- la voce di Monica si era improvvisamente
incrinata, gli occhi velati di lacrime di fronte alla consapevolezza. Adesso
capiva perché il suo amico era sempre più taciturno e addolorato. Per un attimo
volle quasi essere nei suoi panni per poterlo aiutare, ma sapeva bene che ogni
angelo in ogni incarico ha un dolore da sopportare, immancabilmente questo è
una prova anche per sé.
-Ha fatto quello che c’era da fare. Ora, manca solo la verità.-
disse lui con un sospiro.
E finalmente si voltò a guardare le sue amiche.