Chocolate, what cheer!
Tonks aprì lentamente la
porta di legno azzurro, facendo
attenzione a non farla scricchiolare.
Le quattro del mattino.
Era
tornata a casa più
tardi del solito, con le palpebre cascanti dal sonno, due poco
affascinanti occhiaie bluastre, e l'impellente desiderio di rifugiarsi
nel confortante tepore di suo
marito. Prima di infilarsi sotto il piumone e passare un braccio di
Remus attorno alla propria vita, però, doveva vedere Teddy.
Ogni sera - o mattina che
fosse -, a qualunque ora rientrasse dal lavoro, andava a
posare un bacio lieve sulla fronte liscia del figlio, grata per avere ancora la
possibilità di farlo.
Incredula che quel
miracolo fosse davvero suo.
Solo
pochi mesi prima lo aveva
salutato con il cuore a pezzi, stringendolo al petto e cullandolo fra
le
lacrime, sussurrandogli che ogni cosa sarebbe tornata a posto. Il
bambino le aveva afferrato un ciuffo di capelli, come non volesse
lasciarla andare, ma lei aveva getilmente forzato quelle cinque
minuscole dita con un indice, e lo aveva consegnato ad Andromeda.
Poi aveva raggiunto Remus ad Hogwarts, per
combattere al suo fianco.
Aveva avuto il terrore di
non riuscire a tornare da lui, quella notte.
Aveva avuto il terrore che
nessuno dei due ci sarebbe riuscito, e per poco non era stato esattamente così.
Quando Bellatrix Lestrange l'aveva colpita in pieno petto con un lampo
verde, si era detta " Ci siamo.".
E aveva provato un dolore
immenso, indescrivibile, come se avessero dato fuoco ad ogni centimentro di pelle del suo corpo.
Prima di perdere i sensi aveva visto Bellatrix cadere sotto la furia cieca di suo marito, il sorriso malvagio che si spegneva in una smorfia di stupore, incredula di poter essere abbattuta proprio da uno schifoso ibrido come Lupin. Poi, mentre il Licantropo urlava la propria disperazione, Dolohov gli aveva puntato la bacchetta alle spalle.
-NO!- avrebbe voluto gridare Tonks, ma non era stata in grado di farlo.
Quando, dieci giorni più
tardi, si era svegliata in una bianca camera di ospedale,
il primo pensiero era stato per Remus. Il secondo per il suo Teddy.
Tremò al pensiero che suo
figlio aveva quasi perso entrambi i genitori.
C'era mancato davvero tanto
così…
Un numero sorprendente di volte, in quei pochi mesi trascorsi dalla battaglia, si era ritrovata a pensare a come sarebbe stata la vita del bambino se le cose fossero andate in modo appena differente.
Se la sua mamma ed il suo papà fossero... morti.
Teddy non sarebbe stato retto da
lei mentre arrischiava i suoi primi, traballanti passi, emettendo gridolini da scimmia e strabuzzando gli occhi
per lo stupore.
Non avrebbe potuto volare
come un kamikaze su quel manico di scopa giocattolo, inseguito dal suo
sconvolto papà che tentava di impedirgli di schiantarsi contro i muri del
salotto.
Non
li avrebbe inondati entrambi di poltiglia verdastra, ridendo come un
matto, dopo aver fatto esplodere il passato di verdure che aveva
portato Andromeda proprio ieri...
"E' andato tutto bene." si ripeté. Stentava ancora a crederci.
Scivolò nella penombra
della cameretta.
Un
tenue bagliore azzurrino
si sprigionava dal carillon che Remus aveva costruito per il bambino.
Sul
comodino, una minuscola ninfa dei boschi ed un piccolissimo lupo
argenteo
giocavano a rincorrersi sulla piattaforma girevole, in una danza senza
fine, la melodia silenziata dal colpo sapiente di qualche bacchetta.
Appoggiato ad bordo del piccolo letto a barca
dove Teddy riposava c’era Remus, chino.
Tonks sorrise: sul volto
del mago aleggiava un’espressione rapita, la stessa che riconosceva in lui ogni volta che si perdeva a guardare
suo figlio.
Mosse alcuni passi verso il lettino, e poggiò una mano sulla spalla dell’uomo.
-Wotcher... *- gli sussurrò all'orecchio.
-Bentornata.- fece lui, a
bassissima voce, senza staccare gli occhi dal bambino.
Dora guardò il piccolo.
Aveva quasi un anno ormai.
Le sue guanciotte erano
rosee, e il suo respiro
lieve. La bocca, appena aperta, aveva lasciato scivolare il ciuccio umido sul
cuscino.
Un ciuffo di folti capelli
violetti, che solitamente gli ricadeva sugli occhi, era stato spostato dietro
un orecchio.
La ragazza accarezzò con il dorso dell'indice il visetto di suo figlio.
-Ancora sveglio?- domandò piano, chinandosi a baciare una tempia del marito.
Remus rimase in silenzio,
il mento poggiato sull'incavo del braccio.
Poi sfiorò le piccole dita
della mano di Teddy, in contemplazione.
-È perfetto, Dora. Non so
come ci siamo riusciti, ma nostro figlio è venuto perfetto.-
Tonks ridacchiò.
-Non è che tu abbia fatto
granché, a dire il vero. Ti sei limitato alla parte divertente, lasciando tutta
la fatica alla sottoscritta.-
Il Licantropo rispose con un sorriso, poi il suo sguardo tornò a posarsi sul piccolo.
-Si è di nuovo svegliato piangendo?- chiese piano la strega, accennando al fagotto di coperte.
-No,- rispose l'uomo - è solo... -
Si passò una mano sulla fronte, sospirando.
-Avevo bisogno di vederlo, Dora.-
La ragazza annuì, e strinse più forte la sua spalla. Per alcuni minuti rimasero così, in silenzio.
-Mi domandavo a chi somigli.- mormorò poi Lupin, tornando a guardare il piccolo petto che si abbassava e solleva con regolarità.
La strega si accovacciò,
per osservare più da vicino il viso di Teddy.
Ne seguì con gli occhi il
profilo delicato, il corpicino infagottato nella
coperta con le stelle ricamate sopra,
le minuscole mani strette a pugno.
-Somiglia
a te.- affermò poi.
L'uomo aggrottò le sopracciglia, come per mettere a fuoco l'immagine.
-Dici?- fece, dubbioso.
-Certo. Non vedi? Ha la tua fronte.-
-La mia fronte...- ripeté lui, meditabondo. -Lo pensi sul serio?-
La
ragazza annuì.
-Che mi
prenda un troll se non è così.-
-Oh. E... come la vedi?
V-voglio dire, è una fronte... accettabile?-
Tonks sorrise.
-Non è solo accettabile, ma bellissima. Voglio dire, è ampia, curva al
punto giusto, e regolare. Oltretutto è un bene che l'abbia presa da te.-
Il mago le lanciò un'occhiata interrogativa. Nel sonno, intanto, il piccolo aveva stretto in mano una delle dita del padre.
-Il fatto è che, più o meno in zona, si trova quello in cui ho sperato ti assomigliasse per intero, mentre lo aspettavo.-
-Cosa?- chiese l’uomo,
sollevando un sopracciglio, perplesso.
- Il cervello.- rispose
lei, ghignando.
Remus inarcò le labbra in
uno di quei sorrisi, fra il timido e il riconoscente, che l’avevano fatta innamorare di lui come una pera cotta.
Poi aggrottò le sopracciglia
per alcuni secondi, come se stesse ponderando una questione spinosa.
-In realtà credo che somigli a te, Dora. Gli occhi, quelli sono i tuoi.- disse infine, deciso.
-La loro forma… lo sguardo… Stamattina si è rovesciato addosso un pacco di farina - gli avevo appena finito di fare il bagnetto, naturalmente-, lui subito dopo si è voltato a guardarmi e, Merlino, mi è parso di trovarmi davanti te in miniatura. Stessa identica espressione.-
Tonks diede un buffetto
punitivo sulla testa dell’uomo, fingendosi offesa, tuttavia dentro di sé sghignazzò
divertita.
Poi prese a parlare lei.
-Comunque ha il tuo naso. Senza dubbio.-
Remus le lanciò uno sguardo critico.
-Forse in questo
momento avrà anche il mio naso, ma fino a dieci minuti fa avrei giurato
che fosse decisamente più
simile a quello del venditore di ortaggi all’angolo.-
La ragazza si grattò il capo.
-Maledizione, mi hai scoperta!- fece -Vedi... Non ho saputo
resistere alla tentazione di quelle zucche profumate dalla polpa soda e
dolce che mi aveva promesso in cambio... Mi sono lasciata corrompere! Potrai mai perdonarmi, Remus?-
-Dubito fortemente.-
-Dovresti, invece. Capita a tutti un piccolo errore, no?-
-Fare un figlio con il
fruttivendolo lo definiresti un piccolo errore?!-
-Ok, forse si tratta più di
un errore medio-grande...-
-Non ci siamo ancora, Tonks.-
-Scusa, ma da quando mi chiami Tonks?-
-Da quando trovi il signor Trevor più appetibile del sottoscritto...-
-Che ci vuoi fare, ha il fascino dell'uomo maturo.-
-Frena un attimo, Dora. Mi stai dicendo che sono troppo giovane per te?-
-Forse un po'.-
Si sorrisero a vicenda, poi si voltarono verso il bambino, che aveva mormorato qualcosa.
-Pensi che stia ancora dormendo?- sussurrò Tonks dopo qualche secondo di osservazione.
-Credo di sì.- rispose Lupin.
-Meno male...-
La
ragazza si chinò a rimboccare la trapunta leggera al figlio, poi
sfiorò la spalla del marito per richiamarne nuovamente
l'attenzione.
-Devo dirti un'altra cosa, Remus.- fece.
L'uomo sorrise.
-Inizio ad aver paura delle tue rivelazioni.-
Tonks sospirò con fare melodrammatico.
-Si tratta di Bud... ieri sera mi ha chiesto la custodia di Ted. Dice che vuol crescere lui stesso il proprio erede; sai, cullarlo, nutrirlo e roba del genere...-
Per un istante si scambiarono uno sguardo, poi entrambi scoppiarono a ridere, incapaci di trattenersi all’idea del vecchio Bud Trevor, un settantenne sdentato e completamente sordo, che cantava una ninna-nanna al piccolo Teddy, magari accompagnando il tempo con il suo nodoso bastone da pastore.
-Shhhh…- fece Dora continuando a
sghignazzare, coprendo la bocca di Remus con una mano.
-È tr… troppo ta-tardi…!-
tentò di dire il mago, indicando le lenzuola.- S-si è svegliato!-
In effetti, due occhietti scuri ed assonnati fissavano i genitori con aria contrariata, come chiedendo per quale razza di motivo quei due antipaticissimi adulti avessero osato disturbare il loro riposo.
Tonks si riprese dall'attaco di risa, e sorrise dolcemente al bambino.
-Wotcher…*- gli sussurrò con tenerezza, soffiando un bacio sulla piccola fronte liscia.
Inspirò il profumo tipico
dei bambini - del suo bambino-, quel misto di pulito e
primavera ed erba, e lo accarezzò con dolcezza.
Teddy, per tutta risposta,
spalancò la bocca in un buffo sbadiglio, prese un grosso respiro, e con una
vocetta incerta disse:
-Wot-cha.*-
I due genitori si cercarono
con lo sguardo, come a voler trovare conferma l'uno nell'altro che ciò che
avevano appena sentito fosse reale, e non frutto della
propria fervida immaginazione.
Dall'espressione scioccata
che videro riflessa sul viso del coniuge, intuirono di non essersi sbagliati.
Trattennero il fiato per
alcuni secondi, attoniti.
Il miracolo era avvenuto.
Ted Remus Lupin aveva
appena pronunciato la sua prima parola di senso compiuto, e loro erano entrambi lì, a sentirla.
-Rem…- mormorò Tonks, gli occhi lucidi.
Il mago deglutì.
-Lo so.- rispose solo, sopraffatto dalla commozione.
Il bambino gorgogliò una serie di ba-ba-tù- e ma-ta-tà, ignaro di essere stato appena al centro di un avvenimento storico per la propria famiglia.
-Teddy, tesoro… Credo che tu abbia appena emesso il verdetto definitivo, sai?- disse dolcemente Remus.
Poi si rivolse alla moglie,
sorridendo.
-Sei tale e quale alla tua
splendida mamma.-
Ted strinse forte il dito di suo padre, e disse "Uuuuuh!".
Dora gli sorrise di rimando, poi raggiunse il bordo della
trapunta colorata che sporgeva dal lettino.
-Sei stato bravissimo,
marmocchietto. Adesso però devi fare la nanna.- mormorò, rimboccandogli ancora una volta le coperte, con amore.
Mentre al bambino
sfuggiva un altro grosso
sbadiglio, il papà raccolse il ciuccio, e gliel’offrì.
-Gà-gà.- ringraziò Teddy.
Lo accarezzarono entrambi,
dandogli un ultimo bacio, e uscirono dalla stanza chiudendosi la porta azzurra
alle spalle.
Rimasto solo nella penombra
della sua camera, Teddy Lupin si stropicciò gli occhi, e diede una sonora
ciucciata al succhiotto.
Un’espressione
insoddisfatta gli si dipinse sul viso.
Provò a ciucciare
nuovamente, con più vigore, senza che all’apparenza nemmeno questo sortisse
l’effetto sperato.
A quel punto afferrò con
una mano l’aggeggio che aveva in bocca, se lo tolse, e lo osservò perplesso.
Arricciò il naso, aggrottò
le sopracciglia e lo scrollò con forza.
-Cu-co ta-tà!- ordinò, con tono imperioso.
Nella stanza si udì l'inconfondibile pop di un incantesimo.
Il bimbo guardò il risultato,
soddisfatto: il ciuccio era diventato di un delizioso, finissimo cioccolato al
latte.
-Wot-cha!- trillò con gioia.
Si
infilò
il succhiotto in bocca, gorgogliando di piacere nel sentirselo sciogliere sul palato.
Teddy
Remus Lupin non aveva neppure un anno, e non poteva saper nulla di
cicatrici doloranti, di epiche battaglie che si concludevano in
tragedia, di genitori strappati ai propri figli senza un briciolo di
compassione.
Teddy Remus Lupin sapeva solo che le cose importanti erano il proprio caldo lettino, le coccole della sua mamma e il solletico del suo papà, possibilmente accompagnate da un buon ciuccio al cioccolato.
Il profumo del cacao invase la stanza, e il bimbo se ne fece cullare.
Si abbandonò ad un sospiro di beatitudine, con il trasporto che
solo chi è davvero molto piccolo è in grado di mettere in
queste cose.
-Pappapà…- mormorò scompostamente, prima di
crollare addormentato.
Andava tutto bene.
Adesso, sì.
Fine
Nota:
*: Wotcher
è un saluto amichevole tipico della zona di Londra, probabilmente derivato
dalla contrazione di “what cheer”.
La caratteristica di Tonks
è che, per salutare, usa praticamente
solo questo.
Uno spelling alternativo è wotcha, che rende meglio la pronuncia
(qualcosa tipo “uoccia”).
In italiano è intraducibile, quindi l’ho
lasciato in lingua originale.
COMMENTO DELL’AUTRICE:
Salve a tutti!
Questa storia era già stata pubblicata, ma l'ho rivista ed ampliata, anche se l'idea di fondo è la stessa.
Ho
anche salvato tutte le vecchie recensioni, e a questo proposito voglio
ringraziare arya87, CUCCIOLA_83, Ginny36, Trick, Alektos, SakiJune,
Pioggia, Nonna Minerva, Amarillide, Shild e Lic_GyM... soprattutto le
ultime due, che hanno commentato pochi minuti prima che ripubblicassi
questa versione corretta, nonché coloro che l'avevano aggiunta
fra i preferiti:
arya87, CUCCIOLA_83, Ginny36, Pioggia, Stray cat Eyes.
Scriverla è stato un passo obbligato, per me.
Perchè non è giusto quello che la Rowling ha fatto a Remus e Dora, ma soprattutto a Teddy.
Naturalmente questo non cambia quello che succede nell'ultimo libro, ma cambia ciò che posso scegliere io di accettare.
Credo
che i personaggi vivano finché qualcuno legge e scrive di loro,
e sono qui per dire che io non smetterò di farlo.
Grazie a tutti quelli che vorranno leggere e/o commentare!
Alla prossima,
Rainsoul