CAPITOLO QUINDICESIMO. GRADITI RITORNI.
Il Grande Tempio di Atene era stato in gran parte
spazzato via dai vortici creati da Eos e dai suoi quattro figli, Borea, Austro,
Zefiro e Euro, i quattro venti. Niente più esisteva delle robuste mura
perimetrali, un tempo percorse da arcieri e Cavalieri di guardia all’ingresso,
solamente disordinati detriti ammucchiati. L’unica parte rimasta intatta era
quella più a ridosso della montagna, dove si concentrava il grosso delle
abitazioni, la scuola delle giovani Sacerdotesse, l’infermeria e, soprattutto,
le Dodici Case dello Zodiaco, percorso obbligato per chiunque voglia
raggiungere la residenza della Dea Atena, o del sommo Grande Sacerdote, sulla
cima della Collina della Divinità. Centinaia
e centinaia di soldati semplici erano caduti, per difendere il Tempio della Dea
Atena, in sanguinosi corpo a corpo contro i Cavalieri Celesti. Quelli che
restavano, giacevano ammassati nella polvere e nel sangue, troppo deboli anche
solo per volgere lo sguardo verso il firmamento.
Kiki, fratello del Grande Mur, aveva radunato, con l’aiuto
di alcune giovani Sacerdotesse, numerosi feriti nell’infermeria, sperando di
riuscire a medicarli in tempo, ma l’elevato afflusso di persone bisognose di
cure aveva congestionato la struttura, impotente comunque di fronte a violenti
attacchi esterni. Birnam della Bussola era caduto per difendere le
popolazioni del Grande Tempio, e i loro feriti, impedendo a Zefiro e Austro,
due figli di Eos, di radere al suolo le costruzioni abitate. Ma Kiki adesso era
inerme di fronte al pericolo, e sapeva anche di non poter contare sull’aiuto
degli altri Cavalieri, impegnati in massacranti combattimenti, a dir poco
letali. Black, Ban, Aspides e Geki erano stati
atterrati da Euro, lo sfuggente figlio dell’Aurora, con un solo colpo, mentre Asher
e Tisifone, che avevano dato il meglio di loro stessi in quel glorioso
giorno, erano esausti, accasciati al suolo e incapaci di muovere un solo
braccio.
I
loro avversari erano ancora vivi: Borea, Dio del Vento del Nord, anche
se ferito dagli attacchi di Tisifone, e Euro, Dio del Vento dell’Est.
Per non parlare poi di Eos, la Divinità dell’Aurora che aveva guidato
l’attacco. Ad essi si aggiungeva il Luogotenente dell’Olimpo, Phantom
dell’Eridano Celeste, impegnato alla Prima Casa dello Zodiaco contro
Castalia, Mizar e Alcor.
L’assalto
era iniziato già da parecchie ore quando Pegasus e Andromeda arrivarono al
Grande Tempio. Sconvolti per aver trovato le mura distrutte, sentirono cosmi
ardenti scintillare lungo la via per le Dodici Case. Pegasus tremò nel
riconoscere, debolissimi, quelli di Tisifone, Asher, Castalia e degli altri
quattro Cavalieri di Bronzo. Gli altri non riusciva a distinguerli, ma realizzò
appartenessero a qualche sicario inviato da Zeus, come Bronte del Tuono che li
aveva attaccati a Nuova Luxor. Senza esitare, Pegasus e Andromeda
raggiunsero il piazzale centrale del Grande Tempio, diventato ormai un enorme
cimitero in cu mucchi di cadaveri giacevano abbandonati e pochi difensori
opponevano l’ultima resistenza.
Pegasus vide un Cavaliere sconosciuto, ricoperto da una luminosa corazza Celeste, forgiata probabilmente dalla stessa mano divina che creò quella dei Ciclopi, caricare una sfera e prepararsi per lanciarla contro Tisifone, rivestita dall’Armatura del Cancro, e contro Asher, praticamente nudo, accasciati davanti a lui. Non vide altro, ma fu abbastanza per farlo reagire.
“Fulmineee
di Pegasus!” –Urlò, scagliando contro
lo sconosciuto Cavaliere il proprio attacco lucente, mentre Andromeda lo teneva
immobilizzato con le sue catene.
Il
giovane fu colpito in pieno, preso di sorpresa e già indebolito dai colpi
ricevuti da Tisifone, e fu sbalzato indietro di parecchi metri. Solo allora
Pegasus notò che ce n’era un altro, con un’armatura non dissimile da quella del
compagno, che era balzato sopra le rocce per evitare di essere colpito.
“Chi
siete, invasori?” – Domandò infine.
“Siamo
coloro che faranno strage dei Cavalieri della Dea traditrice!” –Esclamò Borea,
rialzandosi e sputando sangue. –“Borea è il mio nome, Vento del Nord! Ed egli è
Euro, Vento dell’Est!” – Aggiunse, indicando il fratello. –“Figli di Eos, Dea
dell’Aurora!”
“La
Dea dell’Aurora?!” – Mormorò Andromeda.
“Proprio
così!” – Esclamò una voce di donna, sopra di loro.
Pegasus
e Andromeda alzarono lo sguardo e videro una figura femminile, ricoperta da
scintillante vestigia divine, fluttuare a mezz’aria e discendere su di loro.
Non ebbero il tempo di dire altro che dovettero fronteggiare l’attacco della
donna, che lanciò contro di loro un’enorme sfera incandescente. Andromeda roteò
le proprie catene, per proteggere se stesso e l’amico, ma l’impatto fu comunque
rovinoso, scagliando entrambi indietro di parecchi metri. Borea si lanciò
subito avanti, determinato a neutralizzare i nuovi nemici prima che avessero la
possibilità di reagire, ma Pegasus e Andromeda, rotolando sul terreno
distrutto, evitarono gli affondi del Dio del Vento del Nord.
“Onde
del Tuono!” – Esclamò Andromeda,
lanciando la Catena di Offesa.
Questa
subito si srotolò in decine di catene diverse, che puntarono su Borea, che
tentò di schivarle, saltando indietro, ma fu afferrato comunque per una gamba
e, con uno strattone deciso, tirato avanti. Pegasus lo afferrò in volo,
scaraventandolo a terra, con forza tale da creare una rozza sagoma nel terreno,
e poi si lanciò su di lui con il Fulmine di Pegasus. Borea fu colpito in
pieno, incapace di muoversi, stritolato dalla Catena di Andromeda che si
andava avvoltolando alla sua gamba, liberando scintille energetiche, e ferito
dai pugni lucenti del ragazzo.
“Smettila!”
–Urlò Eos, intervenendo per difendere il figlio. E scagliò una nuova immensa
sfera energetica sui due Cavalieri di Atena.
Andromeda tentò inutilmente di ricreare la Difesa
Circolare con la sua Catena, ma anche quella volta fu inutile, e i due
furono travolti dall’esplosione della sfera e scaraventati indietro. Eos fu
subito su di loro, piombando dall’alto come una cometa luminosa, ma Andromeda,
ancora sdraiato a terra, lanciò la Catena per afferrarla. L’attacco non ebbe
successo, in quanto la Dea, spostandosi ad una velocità superiore, non ebbe
problemi ad evitare le Catene e a giungere sopra di lui, scagliandogli contro
una sfera incandescente. Andromeda fu colpito in pieno, e dall’esplosione fu
letteralmente scagliato in alto, mentre le sue vestigia bronzee si
distruggevano in più punti. La donna non
riuscì però a finirlo che dovette fronteggiare l’assalto di Pegasus.
“Fulmine
di Pegasus!” – Gridò il ragazzo,
scattando avanti per salvare l’amico.
Ma
Eos evitò tutti gli attacchi del ragazzo, afferrandolo per un braccio, quando
questi gli giunse davanti, e scaraventandolo indietro. Pegasus però fu abile a
ricadere compostamente a terra, e a scagliare una nuova raffica di colpi
luminosi, che costrinse la Dea ad aprire le braccia, creando una barriera su
cui si infranse l’attacco del ragazzo. È una Divinità potente! Rifletté
Pegasus, osservando Eos contrastare il suo attacco senza il minimo sforzo. Come
Nettuno e Ade! E noi siamo solo in due stavolta! In quel momento avrebbe
voluto essere insieme ai suoi compagni, a Sirio, Cristal e Phoenix, di cui non
era ancora riuscito a percepire i cosmi. Fin da quando avevano lasciato il
Giappone, Pegasus e Andromeda avevano cercato di comunicare con i loro amici
usando il cosmo, ma inutilmente. Essi risultavano introvabili. E questo li
aveva fatto preoccupare non poco.
Anche
se era possibile che i tre fossero ancora sotto l’effetto del Talismano della
Dimenticanza e che quindi i loro cosmi risultassero ancora celati. Sirio!
Cristal! Phoenix! Vorrei essere con voi! Vorrei che fossimo insieme! A
combattere un nemico comune, unendo i nostri cosmi e i nostri destini come
tante volte abbiamo fatto! Rifletté Pegasus, scagliando un nuovo attacco
contro la Dea dell’Aurora. Ma anche quello non raggiunse il bersaglio.
“È
tempo di mettere la parola fine sul libro di questo tempio!” –Esclamò Eos,
bruciando il proprio cosmo.
Pegasus
e Andromeda approntarono le loro difese, spaventati dallo strapotere della
Divinità che, di fronte a loro, stava concentrando il cosmo tra le mani,
creando un’immensa sfera energetica. In un attimo la sfera saettò verso i due
amici, che non riuscirono ad evitarla, venendo travolti da essa e scaraventati
lontano, mentre le corazze bronzee che avevano indosso si schiantavano, lasciandoli
a terra nudi e sanguinanti. Eos si pulì le mani, soddisfatta del proprio
lavoro, e diede le spalle ai due corpi feriti, in tempo per osservare Tisifone
rialzarsi e continuare lo scontro con Borea. Sorrise maliziosamente, sicura
della vittoria del figlio. La cosa che la turbava maggiormente però, oltre alla
perdita di Zefiro e Austro, era l’atteggiamento irriverente dell’altro suo
figlio, Euro. Solitario e malinconico, il Vento dell’Est osservava la scena in
disparte, e Eos si chiese cosa stesse ragionando da parecchi minuti.
Nel
frattempo, mentre Birnam, Tisifone e Asher affrontavano i figli di Eos, Castalia
stava continuando il suo combattimento contro Phantom dell’Eridano Celeste,
davanti alla Prima Casa dell’Ariete. Il Luogotenente dell’Olimpo, dopo aver
tentato di immobilizzare la donna, insieme ai due Guerrieri del Nord che
combattevano al suo fianco, Mizar e Alcor, con le Liane dell’Eridano,
aveva deciso di scagliare il suo colpo più potente: un gigantesco gorgo di
acqua ed energia cosmica, che aveva travolto i tre Cavalieri e l’intero
piazzale, ponendo una seria ipoteca sull’andamento della battaglia. Phantom si
avvicinò infine a Castalia, che giaceva a terra, ferita e debole, mentre la sua
armatura si era frantumata in più punti.
Devo
rialzarmi! Si impose la Sacerdotessa
dell’Aquila. Devo difendere il Grande Tempio e Atena! E i miei compagni che
stanno morendo più in basso! Aggiunse, sentendo i cosmi di Birnam, Asher e
Tisifone esplodere decine di metri più a valle.
Phantom dell’Eridano Celeste la osservava in silenzio, e
i suoi occhi verdi sembravano esprimere una sconfinata malinconia, un
dispiacere nel dover affrontare proprio lei, una donna per la quale sentiva
qualcosa, un sentimento di unione che sembrava trascendere il tempo, e provenire
dai Tempi Antichi. Ma gli ordini del Sommo Zeus devono essere eseguiti!
Sospirò infine, sollevando il braccio destro e concentrando una sfera di
energia cosmica sulla mano, per scagliarla contro la donna. Ma nel momento stesso in cui abbassava la
mano, per calare come un boia su di lei, fu investito in pieno da un raggio di
luce e spinto indietro, immobilizzato, completamente incapace di muoversi.
“Che
succede?” –Mormorò, osservando il suo corpo avvolto da una specie di globo
energetico.
“Non
muoverti, Cavaliere di Zeus, e avrai salva la vita!” –Esclamò una voce di
donna, uscendo dalla Prima Casa d’Ariete.
“Chi
sei?” – Domandò, osservando la giovane donna che si avvicinava.
“Sono
Ilda di Polaris, Celebrante di Odino a Midgard, e cara amica della Dea Atena!”
–Esclamò con determinazione Ilda.
“La
Celebrante di Odino?!” –Ripeté Phantom, e in quel momento si accorse che Mizar
e Alcor si erano rialzati, ed erano subito corsi davanti alla loro Signora, per
proteggerla.
Anche
Castalia si rialzò in quel momento, debole e stordita, ma determinata a
continuare la lotta.
“Leggo
nel tuo cuore il dubbio, Cavaliere Celeste!” –Esclamò Ilda, e in quel momento
la sua voce si fece più distesa. –“Perché sai di combattere per una causa
ingiusta! Anzi, per nessuna causa che rientra tra i tuoi ideali!”
“I
tuoi poteri sono grandi, Celebrante di Odino, se riesci a penetrare l’animo di
un Cavaliere Celeste!” – Commentò Phantom, riuscendo finalmente ad abbassare il
braccio destro.
“Non
ho bisogno di saper leggere nel animo, Eridano Celeste! A volte basta
semplicemente osservare i comportamenti umani per comprendere molte più cose di
quanto si creda!”
Phantom
sorrise per la genuina freschezza di quelle parole. Parole che, lo sapeva,
erano vere.
“Phantom!”
–Intervenne per la prima volta Castalia. –“Sull’Olimpo mi dicesti che speravi
di evitare una guerra con Atene, adesso hai la possibilità di mettere in
pratica ciò che avevi affermato!”
“No,
Castalia! Io non ho quella possibilità!” –Precisò Phantom. –“Questa guerra è
assurda, me ne rendo ben conto, e credo sia voluta più dalle ambizioni
imperiali di Flegias che non realmente dal mio Signore Zeus! Ma dal momento che
egli mi ha affidato questo incarico, come suo Luogotenente, ho il dovere morale
di portarlo fino in fondo ed eseguirlo come egli mi ha ordinato! La fedeltà a
Zeus viene prima di qualsiasi altro sentimento!”
“Concordo
con le tue parole!” –Intervenne allora Mizar. –“Ma non sai quanto facciano
male, Cavaliere dell’Eridano Celeste! Non sai quanto faccia male ubbidire agli
ordini della Divinità in cui creiamo quando non condividiamo i suoi propositi!
Non sai quanto faccia male osservare impotenti i propri compagni che combattono
per una causa ingiusta, per una causa diversa da ciò che ci è stato fatto
credere!”
E
Mizar lo sapeva bene, come Ilda dietro di lui, cosa volesse dire combattere per
una causa sbagliata. I suoi compagni erano morti, uccisi dai Cavalieri di
Bronzo, per sbarrare loro la strada per il Palazzo di Ilda, lo scorso anno.
Erano caduti tutti, il possente Thor, il cinico Luxor, l’innamorato Artax,
l’impaurito Mime, il malvagio Megrez e il valente Orion. Ed erano rimasti solo
loro due, Mizar e il fratello Alcor, a difendere la fortezza di Midgard. E per
tutti quei mesi non era passato giorno in cui non avessero sentito Ilda
piangere, e disperarsi per essere stata troppo debole da lasciarsi possedere
dal Dio del Mari, per aver lasciato che i propri valorosi Guerrieri cadessero
in battaglie cruente che mai avrebbero dovuto essere combattute.
“Queste
sono le cause ingiuste, Cavaliere Celeste!” –Continuò Mizar, con gli occhi
lucidi, mentre Ilda lo avvicinava prendendolo per mano. Come fece con Alcor.
–“E se anche tu, nobile Eridano, credi nel rispetto della vita e in tutti
quegli ideali che le sono propri, allora cessiamo di combattere!”
“Guerriero
del Nord, conoscevo la nobiltà d’animo e di sentimento dei Cavalieri di Atena,
avendo seguito con ammirazione le loro imprese recenti, ma non sapevo che anche
nella fredda Asgard, o Midgard come da voi chiamata, esistessero calde emozioni
e ideali così trascinanti come quelli di cui ti sei fatto interprete!” –Esclamò
Phantom. –“Pur tuttavia non posso venir meno agli ordini che ho ricevuto, per
fedeltà al Sommo Zeus, per ripagarlo della generosità che ha sempre mostrato
nei miei confronti! Ed anche se non comprendo pienamente questo eccesso di
rabbia distruttiva nei confronti di Atena, è mio dovere eseguire ciò che mi è
stato comandato! Sappiate però che è per me un onore combattere contro uomini
valorosi come voi, uomini che lottano per una fede, per qualcosa in cui
credono, per qualcosa per cui sarebbero disposti a morire, pur di non
rinunciarvi!”
“Ma...”
– Mizar fece per dire qualcosa, ma Castalia gli afferrò il braccio, pregandolo
di rimanere in silenzio.
Phantom
espanse il suo cosmo al massimo, liberandosi dalla gabbia in cui Ilda credeva
di averlo immobilizzato, e si preparò per saltare avanti, concentrando una
sfera energetica sulla mano destra. Mizar e Alcor però furono più rapidi,
scattando verso di lui, sfoderando i Bianchi Artigli della Tigre.
Phantom vide quei luminosi fasci energetici dirigersi verso di lui, ma riuscì
ad evitarli tutti, muovendosi ad una velocità superiore. Li schivò tutti,
giungendo fin davanti ai due Guerrieri di Odino, scagliando loro contro una
sfera energetica che li spinse indietro, davanti agli occhi preoccupati di
Ilda. Ma Phantom non ebbe il tempo per riprendere fiato che già dovette
affrontare Castalia, in picchiata su di lei con il Volo dell’Aquila reale.
Il
Luogotenente dell’Olimpo evitò anche quel colpo, spostandosi di lato, e si
preparò a colpirla, come aveva fatto all’inizio del combattimento, ma la
Sacerdotessa, che aveva imparato la lezione, fu svelta a saltare nuovamente in
alto, lasciando che la sfera di Phantom si infrangesse sul selciato sotto di
lei, e atterrare alle sue spalle, afferrandolo da sotto le braccia e portandolo
in alto.
“Che
fai Castalia?” – Domandò Phantom, stupito.
“Ti
mostrerò io come vola un’aquila!” –Mormorò Castalia, avvolgendo entrambi con il
suo argenteo cosmo.
La
cometa da lei creata saettò sulle Dodici Case dello Zodiaco, mentre il cosmo
dell’Aquila strideva al contatto con l’Armatura Celeste del Cavaliere
dell’Eridano, provocando in lui un certo dolore. Stufo di quella scomoda
posizione, Phantom espanse il suo cosmo improvvisamente, allargando le braccia
e liberandosi dalla presa della ragazza, mentre erano ancora in aria. Castalia,
indebolita, ricadde a terra pochi istanti dopo, rovinando pericolosamente sulla
scalinata di marmo, mentre Phantom tentò di ricadere a terra compostamente, ma
mise male un piede, distorcendosi una caviglia e zoppicando leggermente.
Quando
Castalia riaprì gli occhi, stordita e sanguinante, si rese conto di non essere
più alla Prima Casa d’Ariete, ma sulla bianca scalinata di marmo che Pegasus e
compagni avevano percorso l’anno prima per raggiungere le stanze di Arles.
Ironia della sorte, la casa che sorgeva in cima a quella parte di scalinata era
la Quinta, quella del Leone.
“Credo
che abbiamo giocato abbastanza!” –Esclamò Phantom, bruciando il suo cosmo. –
“Perdonami Castalia, ma non c’è altra soluzione!”
“Abbiamo
sempre una seconda scelta, Phantom! Siamo uomini, non divinità, e il nostro
destino non è scritto da nessuna parte!” –Lo rimproverò Castalia. –“È questo il
maggior dono che gli Dei hanno potuto farci! Non l’immortalità o la giovinezza
eterna, ma la possibilità di restare liberi e decidere autonomamente il proprio
destino! La possibilità di scegliere, questa è la caratteristica fondamentale
della razza umana!” –E nel dir questo la Sacerdotessa dell’Aquila si lanciò
avanti, scagliando una potente Cometa Pungente contro il suo avversario
che, impressionato dall’impeto e dalla velocità del colpo, dovette portare
entrambe le mani avanti per contenerne l’impatto.
Cresce il cosmo in lei!
È determinata a non arrendersi!
Rifletté Phantom. Preferirebbe morire qua, piuttosto che dichiararsi vinta
al potere dell’Olimpo! Piuttosto che rinunciare ai propri ideali! Aaah Zeus, ti
prendi gioco di me! Sono proprio queste le doti che ho sempre ammirato nei
Cavalieri di Atena, e adesso proprio io dovrei prendere la vita di uno di loro,
per cui provo stima e ammirazione. E forse qualcosa di più!
“Cometa
Pungente!” – Ripeté l’attacco
Castalia, balzando avanti.
Ma quella volta Phantom non si fece prendere alla sprovvista, aprendo improvvisamente le braccia e creando il temibile Gorgo dell’Eridano. Il vortice energetico travolse Castalia, scagliandola in alto, mentre fulmini celesti laceravano le sue vesti e facevano a pezzi la sua armatura. Si schiantò molti metri più su, a un passo dall’entrata della Quinta Casa di Leo. La sua maschera andò in frantumi, rivelando il suo delicato viso che mai uomo alcuno aveva visto finora. Rantolò sul marmo per qualche secondo, cercando di focalizzare qualcosa, ma l’unica cosa che riuscì a vedere furono i due leoni di pietra, posti all’entrata del Quinto Tempio dello Zodiaco.
Per un istante Phantom provò il terribile desiderio
di voltare le spalle alla Casa del Leone e correre giù, tornare sul campo di
battaglia dove sentiva infiammarsi i cosmi dei figli di Eos, e chiuderla lì.
Senza appurarsi delle condizioni di Castalia, senza sapere se fosse ancora viva
o morta. Ma poi cambiò idea, incamminandosi senza troppa fretta lungo la
scalinata di marmo, fino al piazzale antistante alla Quinta Casa. Non sapeva se
a guidarlo fosse stato il suo senso di responsabilità e fedeltà verso Zeus, che
lo imponeva di verificare se l’avversario fosse stato ucciso o meno, o se fosse
un proprio capriccio interiore, che si ostinava a non voler lasciare Castalia,
legato a lei da un vincolo antico quanto il mondo. Per un momento Phantom si
chiese se lui e la Sacerdotessa dell’Aquila non fossero stati amanti in qualche
epoca passata, se non fossero reincarnazioni di qualche Divinità primordiale
che aveva forgiato il mondo, rimanendo uniti per l’eternità.
Quando arrivò al piazzale
di fronte al Quinto Tempio, Phantom trovò Castalia in piedi, ferita e
sanguinante, con le vesti lacere, e gran parte della sua corazza distrutta. I
capelli rossicci erano spettinati, e in parte le coprivano il volto, volto che
era adesso scoperto. La maschera argentata che parava il volto della donna si
era frantumata, liberando il viso da quella strana prigionia. Ma Phantom non
riuscì a vederne completamente il volto, coperto in parte da quegli spettinati
capelli. Senza esitazione Castalia si lanciò contro di lui, usando soltanto il
proprio corpo come arma. Pugni, uno dietro l’altro, e calci veloci, senza colpi
segreti. Phantom evitò tutti i diretti della ragazza, muovendosi più
velocemente di lei, quindi la colpì allo stomaco con il pugno destro, facendole
sputare sangue, facendola accasciare sul suo braccio pochi istanti dopo.
“Lasciami!”
– Mormorò Castalia, con un filo di voce.
“Non
posso!” – Esclamò Phantom, stringendola a sé.
La
ragazza tentò per un momento di liberarsi, ma poi si accorse di essere troppo
debole per poterlo fare, troppo indolente per volerlo fare. Sentì le robuste
mani del giovane correre sulla sua schiena, sfiorarla delicatamente facendole
provare brividi che mai aveva provato prima. Lentamente Castalia sollevò lo
sguardo, incontrando gli occhi del giovane, che adesso poteva finalmente
ammirare il suo candido viso, la sua delicata bellezza. Con un gesto delicato
Phantom le spostò i capelli dal viso, perdendosi negli occhi verde mare della
ragazza.
Durò
un attimo, prima che le loro labbra si incontrassero. E così, sul piazzale di
fronte alla Quinta Casa di Leo, alla Casa dell’uomo che Castalia aveva sempre
amato, senza trovare la forza per dichiararsi, la Sacerdotessa dell’Aquila si
abbandonò tra le braccia dello sconosciuto amante, un giovane che le aveva
eccitato l’animo fin da quando l’aveva incontrato sull’Olimpo. Quasi
trasportata da una musica silenziosa, la donna si fece distendere sul
pavimento, accogliendo con calore il corpo dell’uomo sopra di lei. Dentro di
lei.
Pochi
minuti dopo esplose il cosmo di Pegasus nel piazzale del Grande Tempio.