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Autore: _ayachan_    09/02/2008    25 recensioni
Di ritorno dal suo viaggio con Jiraya, Naruto incontra Shikamaru e Temari a spasso per Konoha.
Ricordate cosa rispondono i due alla domanda "anche il vostro è un appuntamento?"
Bene.
E' una bugia.
[ShikaxTema, TemaxShika][dedicata ad arwen5786 e a ShAiW]
Genere: Romantico, Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Temari, Shikamaru Nara
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bugiardi

BUGIARDI







Giornata limpida, cielo terso, sole splendente.
Konoha scintillava nella luce del mattino, gli uccellini cinguettavano, e i volti degli Hokage proteggevano il villaggio dalla loro alta parete.
Un’immagine idilliaca.
O un’insolita rottura di palle.
Shikamaru Nara sbadigliò vistosamente, senza preoccuparsi di mettere una mano davanti alla bocca.
Il villaggio all’alba era qualcosa che si risparmiava volentieri, se comprendeva raccapriccianti levatacce.
Ma, purtroppo, certe volte l’Hokage sfiorava livelli di deficienza da far rabbrividire; come poteva anche solo pensare di affibbiargli una rottura come quella, a lui, il leggendario (ananas) svogliato della Foglia?
Non solo alzarsi presto, non solo occuparsi di una seccatura come il torneo per chunin, non solo avere troppe responsabilità, no.
Anche lei.
Lei, che ovviamente era da accogliere all’ingresso del villaggio insieme al sorgere del sole.
Perché i ninja di Suna avevano la pessima abitudine di arrivare a Konoha all’alba? E perché riuscivano ad essere sempre irritantemente in forma?
Quando la vide spuntare lungo il sentiero della foresta, Shikamaru fece un respiro profondo. Temari avanzava a passo spedito, incurante del pesante ventaglio sulle sue spalle, e sotto l’espressione decisa non nascondeva nemmeno l’ombra di un’occhiaia. I capelli biondi e crespi erano raccolti come loro solito, impeccabili eppure ribelli, e ogni muscolo si muoveva compiendo il minimo sforzo per il massimo risultato, guizzando impercettibilmente sotto la pelle abbronzata.
Una volta arrivata alle porte di Konoha, la kunoichi inarcò un sopracciglio e si piazzò una mano sul fianco.
«Tu?» fu la prima, gentile cosa che chiese.
«Io» fu la triste risposta di Shikamaru. «Mi hanno detto che devo occuparmi di te finché starai qui»
Temari sbuffò, con aria annoiata. «Ecco, lo sapevo. Doppio lavoro. Voi della Foglia non avete la minima idea di cosa voglia dire organizzarsi»
Ma quanto parla?” si trovò a chiedersi Shikamaru, staccando la spina dell’udito.
Attese finché il vago ronzio della sua voce non si fu spento, e solo allora si svegliò dalla catalessi.
«Ti porto all’ufficio centrale» disse senza preamboli. «Vieni con me»

Ogni maschio frustrato sembra sentire il bisogno di sfottere i maschi non frustrati.
E’ una legge scientifica, inevitabile e non aggirabile, e riguarda soltanto l’uomo, animale sarcastico per eccellenza.
Qualcuno la chiama invidia.
Shikamaru la chiamava gran rottura di palle.
Sapeva che sarebbe successo, perché lui era un genio e certe cose le prevedeva. Ma sperava, per una volta, di essersi sbagliato.
E invece non appena mise piede nell’ufficio per l’organizzazione dell’esame di chuunin, colse non meno di quindici paia di occhiate maliziose all’indirizzo suo e della sua accompagnatrice.
Eccoli. Maledetti fancazzisti...” si trovò a pensare quando partirono gli occhiolini e le gomitate leggere.
Li ignorò, stoico, sperando che anche Temari facesse la superiore e non li degnasse della sua attenzione... ma ovviamente con le donne ogni speranza andava statisticamente al diavolo.
«Che hai da guardare?» chiese al volo la kunoichi, fulminando con lo sguardo un impiegatucolo dagli occhiali spessi come fondi di bottiglia. Quello avvampò, cercando di sprofondare nella sedia. «E mi auguro che il tuo sia un tic nervoso» ringhiò a un altro, che aveva avuto la sfortuna di farsi beccare in pieno occhiolino.
Shikamaru incassò la testa tra le spalle.
Se fino a due minuti prima la versione del pubblico poteva ragionevolmente somigliare a “tu pensa chi si è trovato quel geniaccio di Shikamaru! Nientemeno che la sorella del Kazekage!”, ora all’improvviso doveva essersi trasformata in “Shikamaru si è dato al sadomaso!
Maledizione.
L’aveva sempre detto che le donne erano una gran seccatura. Soprattutto quando erano aggressive come Sabaku no Temari.
«Muoviamoci» bofonchiò aumentando il passo. «Prima iniziamo e prima finiamo»
Ignorò elegantemente il dito medio che Temari aveva sollevato contro la terza delle sue vittime, e raggiunse la sala riunioni quasi di corsa. Aprì la porta senza nemmeno bussare, alla ricerca di un rifugio sicuro in cui sbuffare senza scatenare commenti scomodi, e scoprì di aver commesso l’ennesimo errore della giornata: si trovò davanti Asuma e Kurenai in piene... ehm... effusioni mattutine.
Come quelli sentirono la porta aprirsi si staccarono dall’appassionato bacio in cui erano avviluppati, e lei arrossì violentemente, distogliendo lo sguardo.
«Ops» commentò Temari accanto a Shikamaru, apparentemente per nulla turbata.
«Si bussa» fece notare Asuma, schiarendosi la voce con delicatezza.
«...Chiedo scusa» bofonchiò Shikamaru, fissando con insospettato interesse un angolo del soffitto.
Porca miseria. Ci mancavano solo quei due che...
...intercettò l’occhiata di Temari.
Intravide il suo ghigno.
«Sei in imbarazzo?» chiese schietta la Kunoichi, con un brillio di perversa soddisfazione nello sguardo.
«Ma va’» ribatté lui ostentando una tranquillità che era ben lungi dal provare. «Quanti anni pensi che abbia?»
«Oh, non saprei» lo provocò lei. «Dipende tutto da quanta familiarità hai con certe cose»
Asuma tossicchiò piano, attirando la loro attenzione.
«Scusate se interrompo, ma visto che ci siamo...» disse, accennando con il capo agli ultimi membri della commissione, in attesa fuori dalla porta.
Shikamaru scivolò rapido alla sua sedia, tirando un sospiro di sollievo interiore. Mentre Temari si accomodava dall’altra parte del tavolo, sorridendo con irritante superiorità, lui finalmente riuscì a sbuffare in santa pace.
Donne.
Incomprensibili seccature.

Quattro ore e otto pacchetti di sigarette dopo, la commissione si sciolse, avendo preparato a grandi linee il solo programma generale.
Shikamaru uscì dalla sala riunioni stiracchiandosi a lungo, e sbadigliò profondamente rimpiangendo il letto abbandonato troppo presto.
Dio, che cosa stressante!
«Ho fame» disse Temari comparendo al suo fianco, fresca come una maledetta rosa e sorridente come la più cattiva delle streghe delle fiabe. «Dove mi porti?»
«Io?» ribatté lui, e vide andare in frantumi il suo sogno di sdraiarsi su un tetto a guardare le nuvole e appisolarsi.
«Non devi occuparti di me fino a quando resterò qui?» gli ricordò lei, come se la cosa fosse estremamente piacevole, e nel mentre uscirono dall’ufficio centrale.
Shikamaru guardò altrove, scocciato. Sbuffò. «E va bene... ma non offro io» cedette, per amor di quiete.
La portò in un locale a due passi, economico e abbastanza appartato, e prese un tavolo sul fondo per evitare che qualcuno, passando davanti alla vetrina, lo vedesse e decidesse di sghignazzare un po’ alle sue spalle. Temari lo lasciò fare senza lamentarsi, ma quando si sedettero nell’angolo più in ombra lo sbirciò di sottecchi.
«Potrei quasi pensare che sei in cerca di intimità» gli fece notare soave.
«Con te?» replicò lui nel suo miglior tono neutro.
E poi, chissà perché, gli tornarono in mente Asuma e Kurenai avvinghiati nella sala riunioni... e il suo imbarazzo che non era poi vero imbarazzo, perché...
«Oh, per favore!» sbuffò Temari riportandolo con i piedi per terra, e roteò gli occhi. «Stai provando a ferirmi? Se è così sappi che hai mirato malissimo: non sarai certo tu a demolire la mia autostima»
«Non provocarmi, e non sarò costretto a risponderti male» replicò il Nara seccato. «Muoviamoci a mangiare, non ho voglia di perdere altro tempo» bofonchiò afferrando il menù, e anche Temari, dopo averlo scrutato per un lungo istante, lo imitò sbuffando.
Mentre scorrevano la lista strizzando gli occhi nella penombra, sul tavolo regnava l’immobilità. Sotto, al contrario, la gamba accavallata di Temari segnava il ritmo muovendosi nervosamente, ben alla larga dai piedi divaricati e tranquilli di Shikamaru.
Certo che gli uomini erano degli idioti colossali, si trovò a pensare la kunoichi, all’altezza della grigliata di pesce. Non capivano mai niente.
«Bah, udon con carne» buttò lì alla fine, gettando il menù sul tavolo.
«Anche per me, non ho voglia di scegliere» se ne uscì Shikamaru, richiudendo la lista e appoggiando la schiena alla sedia. Sbadigliò.
«Educato» commentò Temari.
«Che vuoi?» borbottò lui. «Mi sono alzato prima dell’alba per venire a prenderti»
«Io alle tre di notte, per arrivare in tempo»
«Non mi sarebbe dispiaciuto un ritardo»
«Scansafatiche»
«Stacanovista»
«Avete già deciso cosa ordinare?»
Interdetti, i due impiegarono qualche istante a capire che l’ultima voce apparteneva al cameriere spuntato all’improvviso, ma quando ci riuscirono gli dissero cosa volevano, leggermente asciutti.
«E da bere?» domandò il ragazzo dopo aver segnato gli udon.
«Birra» risposero insieme. Si scambiarono un’occhiata stizzita.
«Va bene» annuì il cameriere, e poi commise l’errore di aggiungere una parola di troppo. «Siete proprio affiatati, eh!»
Se ne andò tutto allegro, l’ignaro, e lasciò una cappa di sospensione sul tavolo.
Temari si studiò le unghie, in attesa.
Dai, sentiamo cosa tiri fuori” si disse tendendo le orecchie.
Shikamaru, dall’altro lato, cercò di sprofondare nella sedia.
Affiatati. Lui e la seccatura. Come cane e gatto, forse. E poi un menù simile non voleva dire nulla. Lui aveva preso quelle cose soltanto per pigrizia.
Temari tamburellò con le dita sulla tovaglia, e gli lanciò una rapida occhiata.
Maledizione, non sembrava aver intenzione di commentare.
«Affiatati, eh?» iniziò allora, gettandogli la palla.
Shikamaru si strinse nelle spalle, schivando il passaggio. «Quel cameriere è un idiota»
«Se ben ricordo non siamo così male assortiti, in battaglia» rettificò lei, sporgendosi lungo il tavolo. «Non fare tanto il superiore, ti ho parato il culo una volta e ti ho sconfitto un’altra»
«Tecnicamente avrei vinto io al torneo... E infatti se ben ricordi sono stato l’unico chuunin di quell’anno»
«Sai che roba. Io sono jonin, ormai»
«Sì, hai ragione, stai invecchiando»
Sotto il tavolo partì un calcio, che colpì preciso tra tibia e rotula. Shikamaru dovette ingoiare l’imprecazione e piegarsi sulla tovaglia per non lanciare una serie di insulti.
«Prego?» chiese Temari con finta dolcezza.
«Bestia...» bofonchiò lui tra le labbra. «Se tu fossi meno rude piaceresti di più agli uomini, maledetta frustrata»
Partì anche il secondo calcio, ma questa volta Shikamaru riuscì ad evitarlo, con un mezzo ghigno stampato in faccia.
«Ti brucia, eh?» ridacchiò piano.
«Mai quanto brucerà la tua faccia entro la fine di questa odiosa faccenda, non appena risco a colpirti» minacciò Temari.
Prima che lui potesse ribattere, il cameriere si ripresentò con le loro birre, e l’atmosfera andò persa nel sapore fresco e familiare del liquido color dell’oro.
Temari svuotò mezzo bicchiere in una volta sola, per recuperare la calma e la tranquilla superiorità di sempre, ma mentre la birra scivolava giù per la gola si rese conto che, in effetti, la riunione era riuscita a stancarla in maniera non indifferente.
Mise giù il boccale, tirando il fiato, e prese la saggia decisione di lasciar morire la lite appena iniziata.
In fondo non era lì per litigare con Shikamaru Nara.
No di certo.

Se la presero comoda per finire gli udon, senza quasi aprire bocca – evento più unico che raro. Anche Temari, che di solito non resisteva alla tentazione di punzecchiarlo ogni tre minuti, se ne rimase zitta.
Non aveva voglia di battibeccare. Anche se non lo mostrava, era stanca per la levataccia e la riunione con il resto del comitato... e poi non vedeva Shikamaru da tanto tempo.
Non era lì, in quel ristorante, con lui, per litigare.
Una volta che anche gli udon furono terminati, dovettero trovare le forze per alzarsi e andare a pagare. Arrivati alla cassa Shikamaru, già in piena ‘modalità sonnellino’, scoccò un’occhiata a Temari, e sbuffò.
«Lascia stare, ci penso io» borbottò aprendo il portafoglio. «Non si fa pagare una femmina. E non voglio farmelo rinfacciare per gli anni a venire»
Lei sfoderò un sorrisino compiaciuto. «Prevedi di starmi attorno così tanto, allora?» chiese con un pizzico di malizia.
«Sempre se non muori prima» ribatté lui atono.
Lei digrignò i denti. «Sai sempre cosa dire a una donna, eh?» commentò aspra.
«Le donne sono una seccatura» Shikamaru si strinse nelle spalle, mentre uscivano nel sole del pomeriggio. «Parlano troppo e a voce troppo alta, e poi pretendono, pretendono, pretendono»
«Si vede lontano un miglio che di donne hai conosciuto solo tua madre»
«Che mi basta e avanza»
«Oh, davvero?»
Temari sorrise, vagamente minacciosa. E poi, senza preavviso, lo spinse in una stradina in ombra che stavano per oltrepassare. Prima che lui avesse il tempo di realizzare che qualcosa stava andando in maniera strana, sentì la schiena premere contro il muro e si trovò intrappolato tra le mani di lei appoggiate alla parete, le braccia che formavano una specie di barriera.
«C’è un lato delle donne che non conosci, allora» disse Temari, gli occhi verde scuro nell’ombra. «Un lato che con la mamma non esce allo scoperto»
Shikamaru sbatté le palpebre, interdetto. Poi sospirò e le rivolse un sorriso sghembo.
«Ho sempre saputo che prima o poi avresti fatto qualcosa di simile» commentò.
«Ah, certo» rise lei sprezzante. «Tu prevedi sempre tutto, eh cry-baby?»
«Per quanto talvolta sia seccante, è così» si staccò dal muro, facendosi avanti di qualche centimetro. «...E decido cosa voglio che succeda... e cosa no»
In effetti, la colse di sorpresa.
Quando Temari aveva deciso di provocarlo in quel vicolo, lo aveva fatto solo perché sperava di rivedere la sua espressione meravigliata, dopo la volta in cui gli aveva salvato la vita. Lui, che non si lasciava mai cogliere impreparato.
E invece... era stata lei, quella presa in contropiede.
Lei, che aveva interpretato il suo disagio davanti ad Asuma e Kurenai come semplice imbarazzo, senza sapere che era più senso di colpa... per pensieri che avevano involontariamente virato verso un’immagine di lei e lui insieme... insieme alla frustrazione di constatare che erano solo fantasie, e non la realtà concreta dei due che avevano sorpreso nella sala riunioni.
Shikamaru fece scivolare una mano alla sua nuca, immergendo le dita nei capelli crespi, e la attirò a sé. Azzerò la distanza tra di loro e si impadronì della sua bocca, con insospettata irruenza. Temari ne fu così scioccata che per un attimo rimase senza fiato, rendendosi a malapena conto che gli stava permettendo di trasformare un semplice contatto di labbra in qualcosa di molto diverso. Poi, chissà come, chissà perché, si trovò aggrappata al suo giubbotto, anzi avvinghiata a lui, e perse completamente la testa.
Shikamaru frugò ogni angolo della sua bocca, respirando solo per caso e necessità, e se la strinse contro il petto, sentendola aderire ad ogni centimetro di pelle. Immaginava che avesse un seno discreto, ma decise comunque di accertarsene, facendo correre una mano all’incrocio delle stoffe del suo abito viola, insinuandosi sotto il tessuto, e fino alla meta. La sentì sospirare contro le sue labbra, fremere quasi, e spostò i suoi baci dalla bocca al mento, e giù lungo il collo. Lei intrecciò le dita dietro la sua nuca, piegò la testa all’indietro, e lasciò che lui scostasse il vestito dalla spalla per seguirne il contorno. Il suo respiro pesante era l’unico suono nell’ombra, insieme al fruscio della stoffa. Poi, Temari lo spinse contro il muro, di nuovo. Gli accarezzò le labbra con le dita, e il collo, il petto, e ancora giù, fino ai pantaloni. Sorrise.
«Ah, le donne sono solo una seccatura...?» sussurrò. «Qua sotto non sembrano proprio pensarla così»
Shikamaru sorrise a sua volta. «Non ho mai detto che fossero solo una seccatura» si corresse.
Lei rise, piano, e gli diede un buffetto leggero sulla guancia.
«Andrai alla ricerca di questa particolare seccatura, vedrai...» gli disse, maliziosa e perfida al tempo stesso; fece un passo indietro. «...E adesso portami al palazzo dell’Hokage, che devo parlarle e voglio fare in fretta... Ho un gran sonno, sai?»
Shikamaru rimase interdetto. Poi sospirò.
Le donne pretendono, pretendono, pretendono” ricordò.
Se avesse potuto pretendere lui, altro che pisolino pomeridiano, ora.
«Andiamo, seccatura» cedette, consapevole che protestare sarebbe stato inutile e sapendo che lei ci sperava, per sfottere ancora un po’. Cercò di consolare mentalmente la delusissima tifoseria del “qui sotto”, dicendosi che c’era tempo, ancora... Vide Temari sorridere, e prima di tornare alla luce del sole volle l’ultima soddisfazione: con scatto felino ed agile mossa piazzò la mano leggermente più giù della schiena, solo per un breve istante, e si concesse un ghignetto trionfante.
Lei gli rifilò una gomitata nello stomaco che per poco non gli fece vomitare tutto il pranzo.
«Argh... Tu hai fatto ben di peggio» protestò lui.
«E tu hai già iniziato a cercare ‘questa particolare seccatura’» ribatté lei, serafica.
Shikamaru imprecò mentalmente. Fregato.
Che razza di giornata.
E che razza di donna.
Prima sembrava ben disposta, poi lo piantava in asso, e alla fine lo malmenava pure.
Perché doveva impegolarsi con quel genere di complicazioni?
La affiancò, sulla strada assolata, e maledisse l’Hokage che gliel’aveva affidata. Ebbe appena il tempo di ricomporsi, che in lontananza vide avvicinarsi un volto noto e uno... inaspettato.
«Ehi Shikamaru, guarda chi è tornato!» esclamò Sakura, additandogli una zazzera bionda inconfondibile.
«Naruto! Sei proprio tu?» chiese sorpreso.
«Sì, sono appena tornato!» confermò Naruto con il sorriso a trentadue denti che lo caratterizzava. Poi, gettò un’occhiata a Temari e si fece improvvisamente ghignante.
«Anche il vostro è un appuntamento?» sussurrò.
Lui ci rifletté per un microsecondo.
Pranzo, passeggiata, mezza pomiciata. In effetti si poteva quasi definire tale.
«Ma va’» se ne uscì tuttavia, per il solo gusto di provocare la bionda al suo fianco. E fu un modello di indifferenza e neutralità, un perfetto bugiardo.
Temari sorrise, altrettanto gelida. «Non scherziamo. Perché dovrei stare insieme a uno come lui?» chiese con aria di superiorità. «Tra poco c’è l’esame di selezione dei chunin. Sto facendo avanti e indietro tra la Foglia e la Sabbia per arrangiare il tutto» spiegò, bugiarda quanto e più di lui.
«Non ne ho nessuna voglia» ribatté Shikamaru, e in quelle cinque parole ci mise tutta l’annoiata indifferenza che era in grado di provare. «Ma anch’io faccio parte degli esaminatori. Mi hanno detto di accompagnare il responsabile della Sabbia»
Sorrise interiormente, congratulandosi per la scelta di un termine tanto freddo.
Temari si trattenne a stento dal rifilargli un pugno. Poi, ripensandoci, si trattenne a stento dal sorridere.
Fai l’indifferente quanto vuoi... cercherai questa particolare seccatura, eccome se la cercherai” rifletté compiaciuta.
Mentre Naruto si perdeva in ricordi nostalgici sull’esame di chunin, Shikamaru dovette fare uno sforzo per evitare che i suoi pensieri deviassero verso un’ipotetica previsione del futuro, in particolare verso una stanza degli ospiti nel palazzo dell’Hokage e una certa spalla abbronzata, che solo a ripensarci il “qui sotto” si risvegliava... e dimenticò le maledizioni a Tsunade, e tutto ciò che avrebbe dovuto tenerlo lontano dalle seccature.
Se non altro, lei non continuava a parlare, parlare e parlare.
Oh, no di certo.














Dedicato ad Arwen, perché è stata la prima a leggerlo e perché mi capisce quando entro in trip ShikaTema.
E a ShAiW, perché è il suo compleanno.
Auguri!


(e a tutte le mosche nere, naturalmente)




09/02/2008













Uhm... devo davvero dire qualcosa?
Beh, quei due non me l’hanno mai contata giusta, nel famoso episodio del ritorno di Naruto. U_U

Ho sempre pensato che il «ma va’» di Shikamaru fosse un po’ troppo simile a quello di Asuma, quando Kakashi lo incontra insieme a Kurenai... e sappiamo tutti come sono finiti i due affascinanti jonin. Quindi, queste sono state le mie fantasiose conclusioni! XD
Liberi di concordare o meno.

Aya

  
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