Capitolo
23
Koushiro
ingoiò un’altra cucchiaiata
di minestra sotto lo sguardo compiaciuto di Mimi. Le sorrise, sebbene
si
sentisse un imbroglione: voleva renderla felice, ma presto
l’avrebbe nuovamente
contrariata e fatta preoccupare.
Distolse lo
sguardo da quegli occhi
nocciola, temendo che la ragazza potesse intuire le sue intenzioni. Per
quanto
avesse spulciato il web, infatti, non era riuscito a trovare altre
informazioni
su Angstmon nelle leggende alemanne. Ma era sicuro che un archivio ben
fornito avrebbe
contenuto qualche volume prezioso, in cui comparisse almeno un accenno
in
merito. Solo che per consultarlo avrebbe dovuto lasciare il quartier
generale
degli Svegli e inoltrarsi nella città buia, dove sarebbe
stato facile preda di
un attacco da parte di Alptraumon.
Per un attimo
Koushiro si chiese il
motivo per cui era stato coniato quel termine, dato che le due creature
già
possedevano un nome. Ma poi immaginò si trattasse di
un’altra trovata di
Sandmannmon: se erano a tutti gli effetti una
“coppia”, avrebbero dovuto avere
un appellativo comune. Dunque Alptraumon, in tedesco tradotto come
“incubo”.
Quest’ultima
scoperta l’aveva portato
a pensare che si trattasse di un suggerimento di Angstmon, il che
avrebbe
confermato le sue teorie sull’origine di quella creatura.
Prese nota
mentalmente di inserire
anche “Alptraum” tra i termini della sua ricerca,
una volta che fosse riuscito
ad eludere la sorveglianza di Mimi.
Koushiro aveva
pensato di portare
Tentomon con sé, ma di non permettere agli altri prescelti
di seguirlo: la loro
presenza sarebbe stata molto più utile accanto ai
superstiti, in caso di un
attacco improvviso, piuttosto che in qualche angolo sperduto della
città. Loro
erano combattenti migliori di lui, mentre quanto Koushiro poteva fare
per aiutarli
era adoperarsi in ciò che meglio sapeva fare: trovare delle
spiegazioni. Il
tempo stringeva, l’ansia e la stanchezza aumentavano sempre
più. Poteva
leggerlo sul volto degli uomini, delle donne e dei bambini. Il suo
stesso viso
era spaventosamente tirato.
Occorreva dunque
che partisse al più
presto. Avrebbe preparato il necessario, poi ne avrebbe parlato agli
amici,
sperando che non gli facessero perdere troppo tempo nel tentativo di
convincerli.
Lanciò
uno sguardo a Mimi, che gli
sorrideva raggiante per la buona riuscita del pasto. Notò
come le occhiaie
stessero scavando anche il suo bel viso, sebbene lei tentasse di
nasconderle
col trucco. Nonostante probabilmente non corresse alcun pericolo ad
addormentarsi, infatti, la ragazza si era ostinata a restare sveglia. E
il
giovane aveva il sospetto che l’avesse fatto per poter
vegliare su di lui.
“ Come
faccio a convincere lei a lasciarmi
andare?” si chiese
sconsolato.
Sapeva bene
quanto Mimi potesse
essere testarda e che avrebbe cominciato a fare i capricci pur di poter
fare
come preferiva. E se ciò che voleva era fargli da spalla,
lui non avrebbe
saputo come dissuaderla.
Ovvio che
trovasse piacevole la sua
presenza, la amava. Ma come avrebbe
potuto sopportare che lei lo seguisse in quella folle ricerca se
ciò comportava
dei rischi? Non era sicuro di essere in grado di proteggerla, non era
forte
quanto Taichi o Yamato… E se le fosse successo qualcosa non
se lo sarebbe mai potuto perdonare.
Dunque che fare?
“
Forse” pensò amaramente, abbassando
gli occhi sulla minestra ormai tiepida nel suo piatto
“è meglio non dirle
nulla… Mi detesterà per questo, ma preferisco
essere odiato che rischiare di
perderla…”
Affondò
un'altra cucchiaiata e la
cacciò rapidamente in bocca.
-
Sono
contenta che ti piaccia! – gioì la ragazza
– Modestamente sono sempre stata
piuttosto brava come cuoca… -
-
È
delizioso, Mimi. – le sorrise gentilmente lui.
-
Lo
so, lo so. – si alzò lei, fiera di sé
– Vedrai che manicaretto ti cucinerò
domani, ti leccherai i baffi! – gli strizzò
l’occhio.
Lui
annuì, distogliendo lo sguardo.
“ Mi
spiace, Mimi, ma domani non sarò
più qui…”
La ragazza lo
fissò un attimo
esterrefatta.
-
H-hai
detto qualcosa, Koushiro? –
Lui
arrossì, ma dopo il primo attimo
di smarrimento scosse il capo, accingendosi a finire il suo pasto.
Mimi lo
studiò ancora qualche
secondo, poi con una scusa si dileguò.
Chiuse la porta
alle sue spalle e vi
appoggiò la schiena, aspettando che i battiti del cuore
rallentassero e la
mente tornasse lucida.
Sapeva bene che
Koushiro non aveva
parlato. Eppure lei l’aveva sentito.
Trasse un
profondo respiro. La prima
volta che era capitato si era agitata parecchio, quasi quanto
l’infermiere che
l’aveva vista portarsi una mano alla bocca, sconvolta.
-
Signorina,
si sente bene? – le aveva chiesto, avvicinandosi a Mimi.
Lei non aveva
risposto, limitandosi a
voltargli le spalle.
“ Deve
essere ancora sotto shock,
poverina” aveva pensato l’uomo.
Mimi aveva
nuovamente sobbalzato,
sicura, sebbene non l’avesse visto in volto, che le labbra
dell’uomo nuovamente
non si erano dischiuse.
Si era imposta
la calma e aveva
accantonato l’evento, non sapendo darvi una risposta
razionale.
Tuttavia, man
mano che questi episodi
si ripetevano, un’idea si era fatta avanti prepotentemente
nella sua mente.
Un’idea assolutamente folle, eppure l’unica le
paresse in qualche modo
verosimile.
Si
lasciò scivolare a terra,
raccogliendo le ginocchia al petto.
“ Verosimile...in
tutta questa storia non c’è mai
stato
nulla di verosimile, se vista dagli occhi di una normale persona dotata
di un minimo
di raziocinio.”
Per quanto
avesse cercato di negarlo
a se stessa, era ormai evidentemente che c’era qualcosa che
non andava in lei,
se poteva sentire i pensieri delle persone.
Le venne la
pelle d’oca a ripensare a
certi apprezzamenti nei suoi confronti o alle tacite minacce di altri.
Era
certa che quelle persone non volessero mandarglieli intenzionalmente,
così
com’era sicura che lei non fosse in grado di controllare
questa sua nuova
facoltà.
Ignorava come
fosse arrivata a
possederla, ma sospettava che la causa fosse Sandmannmon, dato che si
era
manifestata per la prima volta quando era stata dimessa.
Una bambina
trotterellò per il
corridoio, fino a raggiungerla e fermarsi di fronte a lei. La
studiò qualche
minuto, perplessa.
-
Che
ci fai là per terra? – squittì.
Mimi
sospirò stancamente.
-
Mi
riposo un attimo e penso a quello che dovrei fare, piccolina.
– tentò di
sorriderle.
-
Mmmm…
- annuì la bimba, poco convinta, per poi girare i tacchi e
allontanarsi.
“ Che
schifo però lì per
terra…sarà
tutto sporco!”
Mimi attese che
la bambina si fosse
allontanata, poi abbandonò il capo sulle ginocchia.
“ Non
posso andare avanti così. Ogni
giorno sento sempre di
più…e se
arrivassi a udire tutti i pensieri
della gente?!”
Sapeva bene la
risposta: sarebbe
impazzita.
Ma cosa poteva
fare per evitarlo?
Come sarebbe riuscita a liberarsi di quel potere o quanto meno a
controllarlo?
Aveva pensato di
chiedere aiuto ai
prescelti, ma temeva che non l’avrebbero capita. Era convinta
che solo Koushiro
sarebbe stato in grado di ascoltarla e aiutarla, ma il rosso era
già
sufficientemente stressato.
“ Non
posso chiedere sempre aiuto a
lui…sarei davvero egoista…”
E la parola
“egoista” mal si abbinava
al termine “amore”.
Un pensiero le
attraversò fulmineo il
cervello. Koushiro era un ragazzo timido e molto riservato: se gli
avesse
rivelato di esser in grado di percepire quei pensieri che lui tanto
gelosamente
custodiva, si sarebbe allontanato da lei per preservarli e proteggere
la sua
intimità?
Alzò
il capo di scatto, terrorizzata
più da quell’eventualità che dal potere
di cui era entrata in possesso.
“ Come
potrei biasimarlo? La cosa
spaventerebbe persino una ragazza egocentrica come me!”
No, non poteva
perderlo. Dunque non
glielo avrebbe detto. Se la sarebbe cavata da sola, senza coinvolgerlo
ulteriormente nei suoi problemi.
Già,
ma come?
Aveva parecchi
dubbi riguardo
all’esistenza di un sito da cui scaricare una guida che
illustrasse un modo per
controllare poteri paranormali. E di certo in quel ospedale non vi
erano medici
competenti in materia.
“ Ma
chi voglio prendere in giro?!
Non esiste nessuno competente in
materia. Anzi, diciamo pure che nessuna persona sana di mente starebbe
ad
ascoltare una ragazza che si definisce…”
Un’idea
le balzò alla mente, ma
scosse vigorosamente il capo per accantonarla. Folle, semplicemente
insensata.
“
Oddio” si portò le mani al capo “
sto cominciando a ragionare negli stessi termini di Koushiro!”
Tuttavia
c’era ancora qualcosa in
tutta quella faccenda che potesse dirsi sensata? La sua stessa
capacità di leggere
i pensieri delle persone era assolutamente irrazionale. Dunque la
risposta ai
suoi problemi non poteva che seguire l’onda delle
insensatezze. E se era una
risposta insensata che cercava, qualcosa di assurdo quanto lo era tutto
il
resto, allora l’avrebbe senz’altro trovata nelle
superstizioni e nelle
leggende. E chi era il custode di tutte le storie, chi le avrebbe
creduto
perché credeva nel potere da lei posseduto?
“ Un
sacerdote.”
Si
tirò in piedi e si spolverò la
gonna con alcune manate decise: in effetti quel pavimento necessitava
di una
spolveratina. Prese mentalmente nota e si allontanò a passo
spedito, in cerca
di Palmon.
Purtroppo Mimi
era famosa per la sua
leggerezza e il pensiero captato dalla mente di Koushiro
passò in secondo
piano.
Doveva stabilire
una meta precisa
prima di avventurarsi all’esterno e possibilmente una sola:
dubitava fortemente
che Alptraumon non si sarebbe accorto della sua presenza se si fosse
messo a
scorrazzare per tutte le biblioteche della città.
Koushiro
aggrottò la fronte:
Occorreva
restringere il campo di
ricerca.
Ma esisteva a
Tokyo una biblioteca
specializzata in leggende di demoni provenienti da mondi paralleli?
Sgranò
gli occhi e si battè una mano
sulla fronte, tanto vigorosamente che Tentomon sobbalzò.
“ La
biblioteca del Tempio”
In toni bassi ma
decisi aveva esposto
la sua idea a Taichi e Sora che, riluttanti e scuri in volto, avevano
annuito.
Per quanto quella situazione non piacesse a nessuno dei due, era
evidente che
qualcosa andava fatto per sbloccare quel terribile assedio cui erano
costretti
e al più presto possibile. Avrebbero voluto accompagnarlo
per dargli manforte,
ma tutti e tre avevano cupamente convenuto che non era saggio lasciare
l’ospedale privo di protezione.
Il rosso avrebbe
voluto discuterne
anche con Yamato, ma dalla scomparsa di Rumiko il cantante era
diventato
estremamente schivo, sempre più pallido e silenzioso,
più simile a un fantasma
che a un essere umano in carne e ossa.
Daisuke e Mei
erano occupati a
calmare gli umori sempre più irascibili di alcuni ragazzi,
ma Koushiro era
sicuro che non si sarebbero opposti al suo piano, sebbene avrebbero
tentato di
convincerlo a portarli con sé. Non faceva fatica a
immaginare quanto quelle due
teste calde si sentissero in gabbia tra le mura di quel ospedale in cui
la
gente stava dando di matto. Tuttavia per mantenere la segretezza e non
esser
scoperti da Alptraumon era necessario muoversi con cautela e
discrezione, due
doti di cui i ragazzi non conoscevano il significato.
Aveva invece
evitato accuratamente
Mimi, chiedendo ai prescelti del Coraggio e dell’Amore di
vegliare su di lei in
sua assenza e di dissuaderla da colpi di testa che avrebbero potuto
metterla in
pericolo.
Poi aveva preso
uno zaino con le
poche cose che gli sarebbero servite per giungere a destinazione e si
era messo
in cammino affiancato da Tentomon, dando le spalle
all’ospedale degli Svegli.
Non poteva
immaginare cosa l’avrebbe
atteso durante il suo breve percorso nella città
addormentata. Di certo non
immaginava che altri camminavano avanti a lui, ognuno ignaro dei piani
dell’altro, tutti diretti verso la stessa meta: il Tempio.
Yamato si
voltò di scatto, puntando
una pistola davanti a sé: gli pareva di aver udito una voce.
Scrutò l’oscurità
di fronte a sé, cui i suoi occhi si stavano lentamente
abituando dopo diverse
ore di cammino attraverso la città spettrale.
Il ticchettio
del suo orologio pareva
quasi assordante alle sue orecchie, i muscoli di tutto il corpo gli
dolevano a
causa della continua tensione. Da quando lui e i suoi compagni di
viaggio
avevano lasciato furtivamente l’ospedale, i suoi sensi erano
continuamente in
allerta, pronti a captare il minimo segno di pericolo.
Una manona si
appoggiò sulla sua
spalla, ma il cantante non sussultò.
-
Qualcosa
non va, Yamato? – gli chiese in un sussurro Masahiro.
Il biondo scosse
il capo, lanciando
un’occhiata rassicurante all’uomo e a Gabumon, che
lo guardava interrogativo.
Ripresero a
camminare, tenendosi al
riparo degli edifici per non essere facilmente individuati da
Alptraumon in
caso fosse volato sopra le loro teste. Masahiro guidava il trio, armato
di due
pistole di calibro superiore a quella del ragazzo e munito di una
torcia velata
da un panno perché non emettesse un cono di luce troppo
appariscente. Gabumon,
ovviamente, non aveva bisogno di altri mezzi di difesa se non se
stesso, Digimon
o Umano che fosse ad attaccarli.
Si rendevano
infatti conto che se
qualche superstite era rimasto nella città, era probabile
che avesse i nervi a
fior di pelle esattamente come gli Svegli nell’ospedale. E
non sarebbe stato
difficile per qualche mal intenzionato tendere loro un agguato
nell’oscurità
che avvolgeva Tokyo.
Procedevano
lentamente, evitando le
strade principali e allungando il tragitto. Ma ormai mancava poco a
destinazione.
“ Mi
auguro solo che almeno un
sacerdote sia rimasto sveglio” pensò cupamente il
biondo.
Un’esclamazione
soffocata lo fece
voltare di colpo e scattare verso il dehor di un ristorante che avevano
appena
oltrepassato. Scavalcò con un’unica falcata la
bassa siepe che circondava i
tavolini e atterrò sicuro di fronte a…
-
Mimi?!
–
Masahiro e
Gabumon erano già da
fianco a lui e l’uomo puntò la torcia verso la
ragazza e il suo digimon-pianta.
Yamato
rilassò i muscoli ed emise un
sospiro di liberazione: quella era senza ombra di dubbio Mimi.
“ Ma
che ci fa qua? Ci stava forse
pedinando? Da quanto tempo?”
Lei
sembrò tranquillizzarsi un
pochino, sebbene la sua espressione si fece sconfortata.
-
Una
domanda per volta, Yamato. –
Lui
sgranò gli occhi, cercando con lo
sguardo conferma sul volto dei suoi compagni: aveva forse parlato ad
alta voce?
Ma dalle loro espressioni di stupore dedusse che non era
l’unico a esser
rimasto spiazzato dalle parole della ragazza.
Mimi si
guardò attorno tristemente e
annuì.
-
Non
hai parlato, Yamato, quelle domande le hai solo pensate. –
Lui
sollevò un sopracciglio.
-
Ma
allora tu… -
-
Io
posso sentire i pensieri delle persone. – liquidò
lei il discorso con un gesto
della mano, come se si trattasse di un insetto fastidioso –
Non chiedermi come
o perché: non ne ho idea. È per questo che sono
qua. – alzò gli occhi su di
lui, risoluta.
-
Qua?
– aggrottò lui la fronte, lanciando
un’occhiata fugace alla città lugubre,
decisamente non corrispondente ai gusti raffinati dell’amica.
-
Voi
state andando al Tempio. –
Non era una
domanda e Yamato era
ancora abbastanza sveglio da capire dove lei volesse andare a parare:
aveva
“sentito” dai loro pensieri che la loro meta era
comune e aveva pensato di
accodarsi a loro per agevolare un viaggio che le metteva i brividi. Sul
perché
non avesse voluto rivelare la sua presenza non fece domande: aveva
imparato da
tempo che non sempre era facile capire la mente delle donne, tanto meno
quella
di Mimi, che per lui rappresentava una matassa aggrovigliata.
-
Grazie
eh! – si lagnò lei con una smorfia di
risentimento, segno che aveva ancora una
volta udito i suoi pensieri.
Incurante del
suo commento, notò che
la ragazza era provvista di un bagaglio piuttosto leggero e
probabilmente
organizzato di fretta. Ipotizzò dunque che fosse
sgattaiolata fuori dal
ospedale senza dire nulla a nessuno (Koushiro non le avrebbe mai
permesso di
fare una passeggiatina in un luogo tanto pericoloso) e che non volesse
correre
il rischio di esser rispedita indietro.
Le gote
improvvisamente arrossate di
Mimi confermarono la sua tesi.
Non si chiese
nemmeno il perché
Mimi non
fiatò, ma gliene fu grata.
-
Una
cosa però non mi è chiara… -
sussurrò pensierosa, osservando attentamente il
biondo.
Lui la
esortò a continuare con uno
sguardo.
-
So
che anche tu cerchi delle risposte dai sacerdoti del Tempio…
ma non riesco a
capire riguardo a cosa… -
-
Non
l’hai letto nella mia mente? – sorrise senza
allegria Yamato, cui l’idea che i
suoi pensieri riguardo Rumiko fossero percepibili da qualcuno non
garbava
affatto, per quanto Mimi fosse una sua amica.
Lei
però non parve cogliere il tono
sarcastico della sua voce, o forse non volle farlo.
-
No.
– ragionò a voce abbastanza alta da essere udita
dagli altri – È come ascoltare
una persona al telefono quando la linea è
disturbata…anzi, come quando in
televisione censurano delle conversazioni troppo esplicite con quei
“biiip”
fastidiosi! Non so se ho reso l’idea… - concluse,
imbarazzata per quella
spiegazione strampalata.
-
Sì,
ho capito… - annuì il biondo pensieroso.
Poi le porse una
mano e l’aiutò ad
alzarsi.
-
Procedete
in fila indiana come stavamo facendo noi. E mi raccomando,
Mimi… - le lanciò un’occhiata
penetrante – discrezione.
–
Lei
esibì un’espressione corrucciata,
ma annuì.
Yamato stava per
voltarsi, quando lei
lo trattenne per un braccio.
-
Senti,
quello che hai pensato prima… - gli sussurrò lei
titubante – credi che quando
arriveremo là troveremo qualcuno di sveglio? –
Lui le
poggiò una mano sulla spalla.
-
Per
ora pensiamo ad arrivarci tutti interi. Al resto penseremo
più tardi. –
E detto questo
si rimise in marcia.
Più o
meno un’ora dopo si trovavano
ai piedi delle lunghe scalinate che portavano al Tempio. Masahiro
propose di
raccogliere le energie prima di cominciare la scalata, idea che venne
subito
accolta con riconoscenza da Mimi, che si sedette con malagrazia tra le
radici
di un albero.
Yamato
però rimase in piedi: il
continuo stato di allerta gli pompava adrenalina nelle vene e per
quanto la
cosa gli prosciugasse rapidamente le energie fisiche, contribuiva a
mantenerlo
sveglio.
Si
guardò attorno circospetto. Lui
che per natura diffidava delle persone e delle situazioni
apparentemente troppo
semplici non poteva credere che fossero arrivati là senza
incontrare alcun
ostacolo. Non senza l’aiuto di qualcuno. Tuttavia non era
detto che dietro vi
fossero delle buone intenzioni, anzi, poteva trattarsi di una trappola
ben
architettata per farli allontanare dai loro amici quanto bastava
perché non
potessero ricevere soccorso.
O forse no. In
fondo Alptraumon, per
quanto ne sapeva il biondo, era abbastanza potente da schiacciarli
senza
difficoltà se solo avesse voluto. Probabilmente
l’unico motivo per cui
tergiversava era portare a termine un oscuro gioco sadico.
Ciò nonostante
dubitava che li avrebbe lasciati liberi di scorrazzare per la
città, non senza
importunarli almeno un po’.
Si
passò una mano tra i capelli,
frustrato. Per quanto non avesse mai avuto una mente brillante quanto
quella di
Koushiro era sempre stato un ragazzo sveglio e perspicace. Ma questa
volta si
trovava sovrastato da dubbi e domande che non solo non trovavano
risposta, ma
crescevano sempre più.
Sorrise privo di
allegria, beffandosi
di se stesso. Era passata appena un’ora dalla scoperta della
misteriosa
capacità extrasensoriale di Mimi ed ecco che gli si parava
di fronte un nuovo
enigma: in quella spericolata partita vi era un terzo giocatore, oltre
a loro e
Alptraumon? E se sì, chi mai poteva essere?
“ In
questo momento vorrei tanto
possedere la mente brillante di Koushiro!”
“ E
perché mai? La tua è davvero
affascinante, ragazzo mio, nulla da invidiare alla sua.”
Yamato
sgranò gli occhi esterrefatto,
voltandosi verso i compagni, che tuttavia sembravano non aver notato
nulla di
strano.
Lanciò
occhiate furtive attorno a sé,
la presa salda sulla pistola. Ma non scorse nulla. Non un suono
infrangeva la
tranquillità di quel luogo, a parte il basso brusio di Mimi
e Palmon che
chiacchieravano ai piedi dell’albero.
Non
c’era nessuno a parte loro nelle
vicinanze, ne era certo. Di sicuro non l’uomo che gli aveva
parlato.
Si
portò una mano sugli occhi,
stropicciandoli stancamente.
“ Ok,
ne ho abbastanza di enigmi. Il
Destino potrà anche essere beffardo, ma stronzo
fino a questo punto spero proprio di no! Dunque” trasse un
profondo respiro,
come a volersi calmare “ le cose sono due: o sto dando di
matto e sento voci
che non esistono, oppure…” fece una pausa, quasi
si aspettasse di avere conferma
che il suo interlocutore fosse in ascolto “…oppure
tu sei il terzo giocatore di
questa partita e sai ascoltare e comunicare con la mente delle
persone.”
Avvertì
un leggero fremito nei suoi
pensieri e immaginò che l’uomo stesse sorridendo.
“ Ti
avevo detto che la tua mente non
era meno elevata di quella di Koushiro.”
“
Inutile chiederti se sai davvero
chi sia, vero?” sogghignò il biondo.
L’uomo
non parve badarvi.
“ So
chi è lui come so chi sei tu,
Yamato.”
“
Peccato che io non sappia ancora
chi sia tu. E se non erro la buona
educazione impone di presentarsi.”
“ La
buona educazione impone anche di
usare un tono più ossequioso al cospetto di una persona
più anziana.” replicò
l’altro con calma.
“ Se
tu fossi di fronte a me
probabilmente lo farei, ma si da il caso che tu sia dentro
di me e la cosa m’infastidisce non poco.”
Di nuovo ebbe
l’impressione che il
misterioso interlocutore sorridesse.
“
D’accordo Yamato. Quando sarai
giunto in cima alle scale del Tempio potremo riaffrontare
l’argomento
“convenevoli” di persona e potrai mettermi a parte
del motivo che ti ha spinto
ad attraversare la città per farmi visita.”
Perfetto, aveva
ringhiato come un cafone
contro un sacerdote! Tuttavia bisognava ammettere che era stato
piuttosto
indiscreto a insinuarsi così nei suoi pensieri.
Dal risolino
sommesso che percepì fu
certo che anche quest’ultimo pensiero fu sentito
dall’uomo. Per quanto una
parte di lui si rendesse conto che non era nella posizione di mostrarsi
irrispettoso nei confronti del religioso, quella beffa gli fece
storcere la
bocca in una smorfia di disappunto.
“ Mi
pare piuttosto bravo a farsi gli
affari miei. Come mai non è riuscito ad afferrare anche il
motivo per cui sono
qua?”
L’uomo
si prese una pausa prima di
rispondere.
“ Non
lo so nemmeno io, Yamato.
Percepisco dei buchi neri in parte dei tuoi pensieri, simili a delle
interferenze, come se certe cose si ostinassero a voler rimanere
nascoste…”
Il biondo
ghignò soddisfatto:
evidentemente nemmeno a Rumiko piaceva che altri si facessero i fatti
suoi.
“ Uno
pari e palla al centro,
sacerdote” sorrise tra sé e sé
soddisfatto “Passo e chiudo!”
L’uomo
rise sinceramente.
“
Arrivederci, Yamato.”
-
Tutto
bene, Yamato? – gli chiese Mimi, che cominciava a temere che
fosse stato
posseduto da Alptraumon.
Lui la
guardò un attimo pensieroso.
-
Una
favola! – ghignò il biondo.
Lei
indietreggiò di un passo: non vi
era dubbio che quello fosse il vero
Yamato, ma che gli prendeva tutto d’un tratto?
-
Sicuro
di non avere la febbre? – tentò di tastagli la
fronte, ma lui si scostò,
afferrandola per un braccio e trascinandola con sé verso le
scale.
-
Sto
bene, non vedo solo l’ora di arrivare a questo stramaledetto
Tempio e di farmi
spiegare un po’ di cosette da un sacerdote, tanto per
cominciare questa storia
della lettura del pensiero. –
Lei lo
strattonò, liberando il
braccio dalla sua presa e lanciandogli un’occhiataccia.
-
Frena
l’entusiasmo, Yamato! Chi ti dice che lassù ci sia
qualcuno che possa anche
solo credere a quello che gli racconterei?! –
Non ci voleva un
Premio Nobel per capire
che Mimi si era arrabbiata, ma Yamato rinfoderò la pistola
che ancora teneva in
mano, infilando poi entrambe le mani nelle tasche dei pantaloni. Le
sorrise
scaltro, come un bambino dispettoso.
-
Diciamo
che me lo sento… -
disse, prima di
voltare loro le spalle e salire i gradini con calma e disinvoltura,
come se
fosse un qualsiasi pomeriggio primaverile.
Gli altri si
guardarono un attimo
straniti, poi lo seguirono, vigili a ogni traccia di pericolo, molto
più
probabile in quel luogo scoperto che nei meandri della
città. Yamato, dal canto
suo, sapeva che nulla li avrebbe attaccati: il sacerdote avrebbe
vegliato su di
loro, così come li aveva controllati durante tutto il loro
tragitto.
Quasi sorrideva,
mentre saliva i
gradini uno a uno, certo che si stava avvicinando alla soluzione dei
tanti
enigmi che lo tormentavano e, sperava, anche a Rumiko.
“
Tranquilla, Rumiko” pensò,
incurante che il sacerdote o Mimi potessero ascoltarlo
“presto potrai
riabbracciare tuo padre, i tuoi amici, Caffè
e…” strinse le mani a pugno nelle
tasche per frenare le lacrime “…me.”
Continua…