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Autore: monalisasmile    31/07/2013    1 recensioni
Il viola è conosciuto come il colore dello spirito. Rappresenta il valore medio tra terra e cielo, tra passione ed intelligenza, tra amore e razionalità. È il colore della volontà di essere diversi, della metamorfosi. È una forza legata alla vitalità del rosso e all'intimo accoglimento dell'azzurro. Ma è anche il colore degli occhi di una ragazza che entrerà a far parte della vita dei digi-prescelti.
La narrazione comincia in toni leggeri: leggerete di nuovi incontri, di battibecchi e amori adolescenziali, di amicizie e piccoli dispiaceri, emozioni che condizioneranno le giornate e si porranno al centro delle loro vite. Almeno inizialmente.
Perché come nella vita spesso accade, arriverà il momento in cui i personaggi verranno posti di fronte a problemi maggiori e difficili decisioni. D’improvviso tutto parrà sfuggirgli tra le dita. Gli eventi si faranno incalzanti e spesso imprevedibili. Più volte si sentiranno impotenti di fronte a una realtà indecifrabile e troppo crudele per essere affrontata.
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 23

 

Koushiro ingoiò un’altra cucchiaiata di minestra sotto lo sguardo compiaciuto di Mimi. Le sorrise, sebbene si sentisse un imbroglione: voleva renderla felice, ma presto l’avrebbe nuovamente contrariata e fatta preoccupare.

Distolse lo sguardo da quegli occhi nocciola, temendo che la ragazza potesse intuire le sue intenzioni. Per quanto avesse spulciato il web, infatti, non era riuscito a trovare altre informazioni su Angstmon nelle leggende alemanne. Ma era sicuro che un archivio ben fornito avrebbe contenuto qualche volume prezioso, in cui comparisse almeno un accenno in merito. Solo che per consultarlo avrebbe dovuto lasciare il quartier generale degli Svegli e inoltrarsi nella città buia, dove sarebbe stato facile preda di un attacco da parte di Alptraumon.

Per un attimo Koushiro si chiese il motivo per cui era stato coniato quel termine, dato che le due creature già possedevano un nome. Ma poi immaginò si trattasse di un’altra trovata di Sandmannmon: se erano a tutti gli effetti una “coppia”, avrebbero dovuto avere un appellativo comune. Dunque Alptraumon, in tedesco tradotto come “incubo”.

Quest’ultima scoperta l’aveva portato a pensare che si trattasse di un suggerimento di Angstmon, il che avrebbe confermato le sue teorie sull’origine di quella creatura.

Prese nota mentalmente di inserire anche “Alptraum” tra i termini della sua ricerca, una volta che fosse riuscito ad eludere la sorveglianza di Mimi.

Koushiro aveva pensato di portare Tentomon con sé, ma di non permettere agli altri prescelti di seguirlo: la loro presenza sarebbe stata molto più utile accanto ai superstiti, in caso di un attacco improvviso, piuttosto che in qualche angolo sperduto della città. Loro erano combattenti migliori di lui, mentre quanto Koushiro poteva fare per aiutarli era adoperarsi in ciò che meglio sapeva fare: trovare delle spiegazioni. Il tempo stringeva, l’ansia e la stanchezza aumentavano sempre più. Poteva leggerlo sul volto degli uomini, delle donne e dei bambini. Il suo stesso viso era spaventosamente tirato.

Occorreva dunque che partisse al più presto. Avrebbe preparato il necessario, poi ne avrebbe parlato agli amici, sperando che non gli facessero perdere troppo tempo nel tentativo di convincerli.

Lanciò uno sguardo a Mimi, che gli sorrideva raggiante per la buona riuscita del pasto. Notò come le occhiaie stessero scavando anche il suo bel viso, sebbene lei tentasse di nasconderle col trucco. Nonostante probabilmente non corresse alcun pericolo ad addormentarsi, infatti, la ragazza si era ostinata a restare sveglia. E il giovane aveva il sospetto che l’avesse fatto per poter vegliare su di lui.

“ Come faccio a convincere lei a lasciarmi andare?” si chiese sconsolato.

Sapeva bene quanto Mimi potesse essere testarda e che avrebbe cominciato a fare i capricci pur di poter fare come preferiva. E se ciò che voleva era fargli da spalla, lui non avrebbe saputo come dissuaderla.

Ovvio che trovasse piacevole la sua presenza, la amava. Ma come avrebbe potuto sopportare che lei lo seguisse in quella folle ricerca se ciò comportava dei rischi? Non era sicuro di essere in grado di proteggerla, non era forte quanto Taichi o Yamato… E se le fosse successo qualcosa non se lo sarebbe mai potuto perdonare.

Dunque che fare?

“ Forse” pensò amaramente, abbassando gli occhi sulla minestra ormai tiepida nel suo piatto “è meglio non dirle nulla… Mi detesterà per questo, ma preferisco essere odiato che rischiare di perderla…”

Affondò un'altra cucchiaiata e la cacciò rapidamente in bocca.

-      Sono contenta che ti piaccia! – gioì la ragazza – Modestamente sono sempre stata piuttosto brava come cuoca… -

-      È delizioso, Mimi. – le sorrise gentilmente lui.

-      Lo so, lo so. – si alzò lei, fiera di sé – Vedrai che manicaretto ti cucinerò domani, ti leccherai i baffi! – gli strizzò l’occhio.

Lui annuì, distogliendo lo sguardo.

“ Mi spiace, Mimi, ma domani non sarò più qui…”

La ragazza lo fissò un attimo esterrefatta.

-      H-hai detto qualcosa, Koushiro? –

Lui arrossì, ma dopo il primo attimo di smarrimento scosse il capo, accingendosi a finire il suo pasto.

Mimi lo studiò ancora qualche secondo, poi con una scusa si dileguò.

 

Chiuse la porta alle sue spalle e vi appoggiò la schiena, aspettando che i battiti del cuore rallentassero e la mente tornasse lucida.

Sapeva bene che Koushiro non aveva parlato. Eppure lei l’aveva sentito.

Trasse un profondo respiro. La prima volta che era capitato si era agitata parecchio, quasi quanto l’infermiere che l’aveva vista portarsi una mano alla bocca, sconvolta.

-      Signorina, si sente bene? – le aveva chiesto, avvicinandosi a Mimi.

Lei non aveva risposto, limitandosi a voltargli le spalle.

“ Deve essere ancora sotto shock, poverina” aveva pensato l’uomo.

Mimi aveva nuovamente sobbalzato, sicura, sebbene non l’avesse visto in volto, che le labbra dell’uomo nuovamente non si erano dischiuse.

Si era imposta la calma e aveva accantonato l’evento, non sapendo darvi una risposta razionale.

Tuttavia, man mano che questi episodi si ripetevano, un’idea si era fatta avanti prepotentemente nella sua mente. Un’idea assolutamente folle, eppure l’unica le paresse in qualche modo verosimile.

Si lasciò scivolare a terra, raccogliendo le ginocchia al petto.

Verosimile...in tutta questa storia non c’è mai stato nulla di verosimile, se vista dagli occhi di una normale persona dotata di un minimo di raziocinio.”

Per quanto avesse cercato di negarlo a se stessa, era ormai evidentemente che c’era qualcosa che non andava in lei, se poteva sentire i pensieri delle persone.

Le venne la pelle d’oca a ripensare a certi apprezzamenti nei suoi confronti o alle tacite minacce di altri. Era certa che quelle persone non volessero mandarglieli intenzionalmente, così com’era sicura che lei non fosse in grado di controllare questa sua nuova facoltà.

Ignorava come fosse arrivata a possederla, ma sospettava che la causa fosse Sandmannmon, dato che si era manifestata per la prima volta quando era stata dimessa.

Una bambina trotterellò per il corridoio, fino a raggiungerla e fermarsi di fronte a lei. La studiò qualche minuto, perplessa.

-      Che ci fai là per terra? – squittì.

Mimi sospirò stancamente.

-      Mi riposo un attimo e penso a quello che dovrei fare, piccolina. – tentò di sorriderle.

-      Mmmm… - annuì la bimba, poco convinta, per poi girare i tacchi e allontanarsi.

“ Che schifo però lì per terra…sarà tutto sporco!”

Mimi attese che la bambina si fosse allontanata, poi abbandonò il capo sulle ginocchia.

“ Non posso andare avanti così. Ogni giorno sento sempre di più…e se arrivassi a udire tutti i pensieri della gente?!”

Sapeva bene la risposta: sarebbe impazzita.

Ma cosa poteva fare per evitarlo? Come sarebbe riuscita a liberarsi di quel potere o quanto meno a controllarlo?

Aveva pensato di chiedere aiuto ai prescelti, ma temeva che non l’avrebbero capita. Era convinta che solo Koushiro sarebbe stato in grado di ascoltarla e aiutarla, ma il rosso era già sufficientemente stressato.

“ Non posso chiedere sempre aiuto a lui…sarei davvero egoista…”

E la parola “egoista” mal si abbinava al termine “amore”.

Un pensiero le attraversò fulmineo il cervello. Koushiro era un ragazzo timido e molto riservato: se gli avesse rivelato di esser in grado di percepire quei pensieri che lui tanto gelosamente custodiva, si sarebbe allontanato da lei per preservarli e proteggere la sua intimità?

Alzò il capo di scatto, terrorizzata più da quell’eventualità che dal potere di cui era entrata in possesso.

“ Come potrei biasimarlo? La cosa spaventerebbe persino una ragazza egocentrica come me!”

No, non poteva perderlo. Dunque non glielo avrebbe detto. Se la sarebbe cavata da sola, senza coinvolgerlo ulteriormente nei suoi problemi.

Già, ma come?

Aveva parecchi dubbi riguardo all’esistenza di un sito da cui scaricare una guida che illustrasse un modo per controllare poteri paranormali. E di certo in quel ospedale non vi erano medici competenti in materia.

“ Ma chi voglio prendere in giro?! Non esiste nessuno competente in materia. Anzi, diciamo pure che nessuna persona sana di mente starebbe ad ascoltare una ragazza che si definisce…”

Un’idea le balzò alla mente, ma scosse vigorosamente il capo per accantonarla. Folle, semplicemente insensata.

“ Oddio” si portò le mani al capo “ sto cominciando a ragionare negli stessi termini di Koushiro!”

Tuttavia c’era ancora qualcosa in tutta quella faccenda che potesse dirsi sensata? La sua stessa capacità di leggere i pensieri delle persone era assolutamente irrazionale. Dunque la risposta ai suoi problemi non poteva che seguire l’onda delle insensatezze. E se era una risposta insensata che cercava, qualcosa di assurdo quanto lo era tutto il resto, allora l’avrebbe senz’altro trovata nelle superstizioni e nelle leggende. E chi era il custode di tutte le storie, chi le avrebbe creduto perché credeva nel potere da lei posseduto?

“ Un sacerdote.”

Si tirò in piedi e si spolverò la gonna con alcune manate decise: in effetti quel pavimento necessitava di una spolveratina. Prese mentalmente nota e si allontanò a passo spedito, in cerca di Palmon.

Purtroppo Mimi era famosa per la sua leggerezza e il pensiero captato dalla mente di Koushiro passò in secondo piano.

 

Doveva stabilire una meta precisa prima di avventurarsi all’esterno e possibilmente una sola: dubitava fortemente che Alptraumon non si sarebbe accorto della sua presenza se si fosse messo a scorrazzare per tutte le biblioteche della città.

Koushiro aggrottò la fronte: la Biblioteca Centrale? Senz’altro ospitava molti più volumi rispetto alle altre e vantava una vasta scelta di argomenti. Ma qualcosa gli diceva che trovare quello che lui cercava in un archivio tanto grande sarebbe stato difficile e soprattutto molto lungo.

Occorreva restringere il campo di ricerca.

Ma esisteva a Tokyo una biblioteca specializzata in leggende di demoni provenienti da mondi paralleli?

Sgranò gli occhi e si battè una mano sulla fronte, tanto vigorosamente che Tentomon sobbalzò.

“ La biblioteca del Tempio”

 

In toni bassi ma decisi aveva esposto la sua idea a Taichi e Sora che, riluttanti e scuri in volto, avevano annuito. Per quanto quella situazione non piacesse a nessuno dei due, era evidente che qualcosa andava fatto per sbloccare quel terribile assedio cui erano costretti e al più presto possibile. Avrebbero voluto accompagnarlo per dargli manforte, ma tutti e tre avevano cupamente convenuto che non era saggio lasciare l’ospedale privo di protezione.

Il rosso avrebbe voluto discuterne anche con Yamato, ma dalla scomparsa di Rumiko il cantante era diventato estremamente schivo, sempre più pallido e silenzioso, più simile a un fantasma che a un essere umano in carne e ossa.

Daisuke e Mei erano occupati a calmare gli umori sempre più irascibili di alcuni ragazzi, ma Koushiro era sicuro che non si sarebbero opposti al suo piano, sebbene avrebbero tentato di convincerlo a portarli con sé. Non faceva fatica a immaginare quanto quelle due teste calde si sentissero in gabbia tra le mura di quel ospedale in cui la gente stava dando di matto. Tuttavia per mantenere la segretezza e non esser scoperti da Alptraumon era necessario muoversi con cautela e discrezione, due doti di cui i ragazzi non conoscevano il significato.

Aveva invece evitato accuratamente Mimi, chiedendo ai prescelti del Coraggio e dell’Amore di vegliare su di lei in sua assenza e di dissuaderla da colpi di testa che avrebbero potuto metterla in pericolo.

Poi aveva preso uno zaino con le poche cose che gli sarebbero servite per giungere a destinazione e si era messo in cammino affiancato da Tentomon, dando le spalle all’ospedale degli Svegli.

Non poteva immaginare cosa l’avrebbe atteso durante il suo breve percorso nella città addormentata. Di certo non immaginava che altri camminavano avanti a lui, ognuno ignaro dei piani dell’altro, tutti diretti verso la stessa meta: il Tempio.

 

Yamato si voltò di scatto, puntando una pistola davanti a sé: gli pareva di aver udito una voce. Scrutò l’oscurità di fronte a sé, cui i suoi occhi si stavano lentamente abituando dopo diverse ore di cammino attraverso la città spettrale.

Il ticchettio del suo orologio pareva quasi assordante alle sue orecchie, i muscoli di tutto il corpo gli dolevano a causa della continua tensione. Da quando lui e i suoi compagni di viaggio avevano lasciato furtivamente l’ospedale, i suoi sensi erano continuamente in allerta, pronti a captare il minimo segno di pericolo.

Una manona si appoggiò sulla sua spalla, ma il cantante non sussultò.

-      Qualcosa non va, Yamato? – gli chiese in un sussurro Masahiro.

Il biondo scosse il capo, lanciando un’occhiata rassicurante all’uomo e a Gabumon, che lo guardava interrogativo.

Ripresero a camminare, tenendosi al riparo degli edifici per non essere facilmente individuati da Alptraumon in caso fosse volato sopra le loro teste. Masahiro guidava il trio, armato di due pistole di calibro superiore a quella del ragazzo e munito di una torcia velata da un panno perché non emettesse un cono di luce troppo appariscente. Gabumon, ovviamente, non aveva bisogno di altri mezzi di difesa se non se stesso, Digimon o Umano che fosse ad attaccarli.

Si rendevano infatti conto che se qualche superstite era rimasto nella città, era probabile che avesse i nervi a fior di pelle esattamente come gli Svegli nell’ospedale. E non sarebbe stato difficile per qualche mal intenzionato tendere loro un agguato nell’oscurità che avvolgeva Tokyo.

Procedevano lentamente, evitando le strade principali e allungando il tragitto. Ma ormai mancava poco a destinazione.

“ Mi auguro solo che almeno un sacerdote sia rimasto sveglio” pensò cupamente il biondo.

Un’esclamazione soffocata lo fece voltare di colpo e scattare verso il dehor di un ristorante che avevano appena oltrepassato. Scavalcò con un’unica falcata la bassa siepe che circondava i tavolini e atterrò sicuro di fronte a…

 

-      Mimi?! –

Masahiro e Gabumon erano già da fianco a lui e l’uomo puntò la torcia verso la ragazza e il suo digimon-pianta.

La Prescelta teneva entrambe le mani premute sulla bocca e aveva gli occhi lucidi e sgranati in un’espressione di terrore.

Yamato rilassò i muscoli ed emise un sospiro di liberazione: quella era senza ombra di dubbio Mimi.

“ Ma che ci fa qua? Ci stava forse pedinando? Da quanto tempo?”

Lei sembrò tranquillizzarsi un pochino, sebbene la sua espressione si fece sconfortata.

-      Una domanda per volta, Yamato. –

Lui sgranò gli occhi, cercando con lo sguardo conferma sul volto dei suoi compagni: aveva forse parlato ad alta voce? Ma dalle loro espressioni di stupore dedusse che non era l’unico a esser rimasto spiazzato dalle parole della ragazza.

Mimi si guardò attorno tristemente e annuì.

-      Non hai parlato, Yamato, quelle domande le hai solo pensate. –

Lui sollevò un sopracciglio.

-      Ma allora tu… -

-      Io posso sentire i pensieri delle persone. – liquidò lei il discorso con un gesto della mano, come se si trattasse di un insetto fastidioso – Non chiedermi come o perché: non ne ho idea. È per questo che sono qua. – alzò gli occhi su di lui, risoluta.

-      Qua? – aggrottò lui la fronte, lanciando un’occhiata fugace alla città lugubre, decisamente non corrispondente ai gusti raffinati dell’amica.

-      Voi state andando al Tempio. –

Non era una domanda e Yamato era ancora abbastanza sveglio da capire dove lei volesse andare a parare: aveva “sentito” dai loro pensieri che la loro meta era comune e aveva pensato di accodarsi a loro per agevolare un viaggio che le metteva i brividi. Sul perché non avesse voluto rivelare la sua presenza non fece domande: aveva imparato da tempo che non sempre era facile capire la mente delle donne, tanto meno quella di Mimi, che per lui rappresentava una matassa aggrovigliata.

-      Grazie eh! – si lagnò lei con una smorfia di risentimento, segno che aveva ancora una volta udito i suoi pensieri.

Incurante del suo commento, notò che la ragazza era provvista di un bagaglio piuttosto leggero e probabilmente organizzato di fretta. Ipotizzò dunque che fosse sgattaiolata fuori dal ospedale senza dire nulla a nessuno (Koushiro non le avrebbe mai permesso di fare una passeggiatina in un luogo tanto pericoloso) e che non volesse correre il rischio di esser rispedita indietro.

Le gote improvvisamente arrossate di Mimi confermarono la sua tesi.

Non si chiese nemmeno il perché la Prescelta di fosse improvvisamente trovata provvista di quello strano potere: aveva assistito a troppe assurdità in troppi pochi giorni per potersi permettere il lusso di altri interrogativi, che non avrebbero fatto che aumentare il peso di quelli che già portava dentro di sé.

Mimi non fiatò, ma gliene fu grata.

-      Una cosa però non mi è chiara… - sussurrò pensierosa, osservando attentamente il biondo.

Lui la esortò a continuare con uno sguardo.

-      So che anche tu cerchi delle risposte dai sacerdoti del Tempio… ma non riesco a capire riguardo a cosa… -

-      Non l’hai letto nella mia mente? – sorrise senza allegria Yamato, cui l’idea che i suoi pensieri riguardo Rumiko fossero percepibili da qualcuno non garbava affatto, per quanto Mimi fosse una sua amica.

Lei però non parve cogliere il tono sarcastico della sua voce, o forse non volle farlo.

-      No. – ragionò a voce abbastanza alta da essere udita dagli altri – È come ascoltare una persona al telefono quando la linea è disturbata…anzi, come quando in televisione censurano delle conversazioni troppo esplicite con quei “biiip” fastidiosi! Non so se ho reso l’idea… - concluse, imbarazzata per quella spiegazione strampalata.

-      Sì, ho capito… - annuì il biondo pensieroso.

Poi le porse una mano e l’aiutò ad alzarsi.

-      Procedete in fila indiana come stavamo facendo noi. E mi raccomando, Mimi… - le lanciò un’occhiata penetrante – discrezione. –

Lei esibì un’espressione corrucciata, ma annuì.

Yamato stava per voltarsi, quando lei lo trattenne per un braccio.

-      Senti, quello che hai pensato prima… - gli sussurrò lei titubante – credi che quando arriveremo là troveremo qualcuno di sveglio? –

Lui le poggiò una mano sulla spalla.

-      Per ora pensiamo ad arrivarci tutti interi. Al resto penseremo più tardi. –

E detto questo si rimise in marcia.

 

Più o meno un’ora dopo si trovavano ai piedi delle lunghe scalinate che portavano al Tempio. Masahiro propose di raccogliere le energie prima di cominciare la scalata, idea che venne subito accolta con riconoscenza da Mimi, che si sedette con malagrazia tra le radici di un albero.

Yamato però rimase in piedi: il continuo stato di allerta gli pompava adrenalina nelle vene e per quanto la cosa gli prosciugasse rapidamente le energie fisiche, contribuiva a mantenerlo sveglio.

Si guardò attorno circospetto. Lui che per natura diffidava delle persone e delle situazioni apparentemente troppo semplici non poteva credere che fossero arrivati là senza incontrare alcun ostacolo. Non senza l’aiuto di qualcuno. Tuttavia non era detto che dietro vi fossero delle buone intenzioni, anzi, poteva trattarsi di una trappola ben architettata per farli allontanare dai loro amici quanto bastava perché non potessero ricevere soccorso.

O forse no. In fondo Alptraumon, per quanto ne sapeva il biondo, era abbastanza potente da schiacciarli senza difficoltà se solo avesse voluto. Probabilmente l’unico motivo per cui tergiversava era portare a termine un oscuro gioco sadico. Ciò nonostante dubitava che li avrebbe lasciati liberi di scorrazzare per la città, non senza importunarli almeno un po’.

Si passò una mano tra i capelli, frustrato. Per quanto non avesse mai avuto una mente brillante quanto quella di Koushiro era sempre stato un ragazzo sveglio e perspicace. Ma questa volta si trovava sovrastato da dubbi e domande che non solo non trovavano risposta, ma crescevano sempre più.

Sorrise privo di allegria, beffandosi di se stesso. Era passata appena un’ora dalla scoperta della misteriosa capacità extrasensoriale di Mimi ed ecco che gli si parava di fronte un nuovo enigma: in quella spericolata partita vi era un terzo giocatore, oltre a loro e Alptraumon? E se sì, chi mai poteva essere?

“ In questo momento vorrei tanto possedere la mente brillante di Koushiro!”

“ E perché mai? La tua è davvero affascinante, ragazzo mio, nulla da invidiare alla sua.”

Yamato sgranò gli occhi esterrefatto, voltandosi verso i compagni, che tuttavia sembravano non aver notato nulla di strano.

Lanciò occhiate furtive attorno a sé, la presa salda sulla pistola. Ma non scorse nulla. Non un suono infrangeva la tranquillità di quel luogo, a parte il basso brusio di Mimi e Palmon che chiacchieravano ai piedi dell’albero.

Non c’era nessuno a parte loro nelle vicinanze, ne era certo. Di sicuro non l’uomo che gli aveva parlato.

Si portò una mano sugli occhi, stropicciandoli stancamente.

“ Ok, ne ho abbastanza di enigmi. Il Destino potrà anche essere beffardo, ma stronzo fino a questo punto spero proprio di no! Dunque” trasse un profondo respiro, come a volersi calmare “ le cose sono due: o sto dando di matto e sento voci che non esistono, oppure…” fece una pausa, quasi si aspettasse di avere conferma che il suo interlocutore fosse in ascolto “…oppure tu sei il terzo giocatore di questa partita e sai ascoltare e comunicare con la mente delle persone.”

Avvertì un leggero fremito nei suoi pensieri e immaginò che l’uomo stesse sorridendo.

“ Ti avevo detto che la tua mente non era meno elevata di quella di Koushiro.”

“ Inutile chiederti se sai davvero chi sia, vero?” sogghignò il biondo.

L’uomo non parve badarvi.

“ So chi è lui come so chi sei tu, Yamato.”

“ Peccato che io non sappia ancora chi sia tu. E se non erro la buona educazione impone di presentarsi.”

“ La buona educazione impone anche di usare un tono più ossequioso al cospetto di una persona più anziana.” replicò l’altro con calma.

“ Se tu fossi di fronte a me probabilmente lo farei, ma si da il caso che tu sia dentro di me e la cosa m’infastidisce non poco.”

Di nuovo ebbe l’impressione che il misterioso interlocutore sorridesse.

“ D’accordo Yamato. Quando sarai giunto in cima alle scale del Tempio potremo riaffrontare l’argomento “convenevoli” di persona e potrai mettermi a parte del motivo che ti ha spinto ad attraversare la città per farmi visita.”

Perfetto, aveva ringhiato come un cafone contro un sacerdote! Tuttavia bisognava ammettere che era stato piuttosto indiscreto a insinuarsi così nei suoi pensieri.

Dal risolino sommesso che percepì fu certo che anche quest’ultimo pensiero fu sentito dall’uomo. Per quanto una parte di lui si rendesse conto che non era nella posizione di mostrarsi irrispettoso nei confronti del religioso, quella beffa gli fece storcere la bocca in una smorfia di disappunto.

“ Mi pare piuttosto bravo a farsi gli affari miei. Come mai non è riuscito ad afferrare anche il motivo per cui sono qua?”

L’uomo si prese una pausa prima di rispondere.

“ Non lo so nemmeno io, Yamato. Percepisco dei buchi neri in parte dei tuoi pensieri, simili a delle interferenze, come se certe cose si ostinassero a voler rimanere nascoste…”

Il biondo ghignò soddisfatto: evidentemente nemmeno a Rumiko piaceva che altri si facessero i fatti suoi.

“ Uno pari e palla al centro, sacerdote” sorrise tra sé e sé soddisfatto “Passo e chiudo!”

L’uomo rise sinceramente.

“ Arrivederci, Yamato.”

 

-      Tutto bene, Yamato? – gli chiese Mimi, che cominciava a temere che fosse stato posseduto da Alptraumon.

Lui la guardò un attimo pensieroso.

-      Una favola! – ghignò il biondo.

Lei indietreggiò di un passo: non vi era dubbio che quello fosse il vero Yamato, ma che gli prendeva tutto d’un tratto?

-      Sicuro di non avere la febbre? – tentò di tastagli la fronte, ma lui si scostò, afferrandola per un braccio e trascinandola con sé verso le scale.

-      Sto bene, non vedo solo l’ora di arrivare a questo stramaledetto Tempio e di farmi spiegare un po’ di cosette da un sacerdote, tanto per cominciare questa storia della lettura del pensiero. –

Lei lo strattonò, liberando il braccio dalla sua presa e lanciandogli un’occhiataccia.

-      Frena l’entusiasmo, Yamato! Chi ti dice che lassù ci sia qualcuno che possa anche solo credere a quello che gli racconterei?! –

Non ci voleva un Premio Nobel per capire che Mimi si era arrabbiata, ma Yamato rinfoderò la pistola che ancora teneva in mano, infilando poi entrambe le mani nelle tasche dei pantaloni. Le sorrise scaltro, come un bambino dispettoso.

-      Diciamo che me lo sento… - disse, prima di voltare loro le spalle e salire i gradini con calma e disinvoltura, come se fosse un qualsiasi pomeriggio primaverile.

Gli altri si guardarono un attimo straniti, poi lo seguirono, vigili a ogni traccia di pericolo, molto più probabile in quel luogo scoperto che nei meandri della città. Yamato, dal canto suo, sapeva che nulla li avrebbe attaccati: il sacerdote avrebbe vegliato su di loro, così come li aveva controllati durante tutto il loro tragitto.

Quasi sorrideva, mentre saliva i gradini uno a uno, certo che si stava avvicinando alla soluzione dei tanti enigmi che lo tormentavano e, sperava, anche a Rumiko.

“ Tranquilla, Rumiko” pensò, incurante che il sacerdote o Mimi potessero ascoltarlo “presto potrai riabbracciare tuo padre, i tuoi amici, Caffè e…” strinse le mani a pugno nelle tasche per frenare le lacrime “…me.”

 

 

 

Continua…

 

 

 

  
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