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Autore: lilyhachi    01/08/2013    6 recensioni
(Isaac Lahey/nuovo personaggio; spoiler sulla seconda stagione)
Non voleva che lei si preoccupasse, non voleva che lei perdesse le giornate a pensare a lui e a cosa gli stava succedendo. Quello era un suo problema, non di Lyla. Era lui che continuava a subire in silenzio come un bambino che non aveva la forza di combattere, di alzarsi in piedi e cercare di uscire da quello schifo. Era un suo problema, e si sarebbe dovuto battere presto per risolverlo.
Gli dispiaceva essersi presentato in quel modo, distraendola dai suoi compiti.
Non voleva affliggerla, voleva solo rannicchiarsi tra le sue braccia.
Voleva conforto, voleva un appiglio e Lyla era il suo porto sicuro.
“Vorrei che tu smettessi di provare dolore”, sussurrò lei ad un palmo dal suo viso.
Isaac le sorrise, accarezzandole dolcemente i capelli.
“Mi basta stare con te e non sento più dolore”.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Isaac Lahey, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Because I don't have anyone'
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Safe harbor
 
V
 
Like an open wound
 

Quando si provoca una lesione, il tessuto ha bisogno di tempo per rigenerarsi. Più la ferita è profonda, maggiore sarà il tempo necessario per la riparazione. Quando è molto profonda, si evita di ricucire per fare in modo che guarisca da sola: viene semplicemente lasciata aperta. Una ferita aperta. La ferita aperta di Lyla era Isaac, e lei non voleva toccarla perchè bruciava. Credeva che con il tempo si sarebbe chiusa. Bisognava soltanto lasciarla in pace e sarebbe guarita da sola. Lyla non aveva passato i suoi giorni rannicchiata in un angolo a piangere dopo la vicenda di Isaac. Le era bastato piangere una sola volta, versando così che tante lacrime che dopo non aveva avuto nemmeno più la forza di versarne altre. Si sentiva svuotata da ogni tipo di sentimento: non provava rabbia, non provava tristezza o malinconia, soltanto un grande senso di vuoto. Le giornate erano passate velocemente ed in maniera monotona da allora. Isaac lo aveva visto sempre di sfuggita, ed in compagnia di Boyd ed Erica, forse la bionda era diventata la sua nuova fiamma. Quando Lyla soffriva, lo faceva in silenzio. Sopportare il dolore in quel modo rendeva le cose più semplici, almeno per lei. L'ultima cosa che voleva era risultare patetica agli occhi dei suoi amici e della sua famiglia. Le bastava sorridere in modo convincente e far finta che andasse tutto bene, quando in realtà il cuore voleva scoppiare per tutte le emozioni che stava riuscendo a reprimere in modo soffocante. Quel suo atteggiamento l'aveva portata a riflettere sulla definizione di “normalità”...il suo comportamento era normale o completamente stupido? Ci stava riflettendo anche in quel momento, mentre con la dita sottili torturava l'orlo del vestito che aveva indossato. Un vestito che non era proprio nel suo genere, ma Ashley l'aveva costretta a metterlo e, non contenta, l'aveva anche obbligata a truccarsi e a sistemare i capelli in maniera diversa dal solito. Infatti, i lunghi capelli castani ricadevano in morbidi boccoli sulle spalle, e quando si era guardata allo specchio aveva quasi stentato a riconoscersi: non lo avrebbe mai ammesso davanti ad Ashley ma in quel momento un piccolo sorriso soddisfatto era apparso sul suo viso.
Quando Lyla e le sue amiche arrivarono, la festa era già nel suo vivo: la musica a palla, le persone addossate l'une alle altre, bevande alcoliche in quantità industriali.
Ashley la prese per mano e la trascinò nel bel mezzo della pista, passandole un bicchiere dal contenuto sconosciuto ed incitandola a bere. Lyla decise di farla contenta e bevve, sotto lo sguardo soddisfatto di quell'amica che senza essere invadente le aveva dato conforto con la sua sola presenza. La gola bruciava, così come la sua ferita
 
Dopo che Scott ebbe consegnato ad Isaac la dose di chetamina da somministrare a Jackson, i due ragazzi cominciarono a farsi largo fra la folla, confondendosi in essa.
Isaac riuscì a scorgere una figura non molto lontana da lui: Lyla. Sembrava a suo agio sulla pista, avvolta in un semplice vestito nero che però ne esaltava la figura. 
Mentre Isaac continuava ad osservare Lyla, pregando con tutto sé stesso che non vedesse ciò che stava per fare, Erica afferrò Jackson dolcemente, facendolo voltare e cominciando a sfiorare il suo collo. Con l'altra mano, la ragazza attirò Isaac a lei, facendo aderire il petto di lui alla sua schiena. Isaac lanciò dei sorrisi complici sia a lei che a Jackson.
Il ragazzo teneva il fianco di Erica con una mano e si muoveva a ritmo di musica, mentre Erica si destreggiava fra lui e il coetaneo. Jackson sembrava completamente soggiogato dalla ragazza, che aveva reclinato la testa all'indietro, lasciando libero accesso a Jackson e cercando con le labbra il viso di Isaac. 
Intanto il ragazzo, senza farsi vedere, cominciò a prendere la chetamina con la mano libera, sperando con tutto il cuore che quella messa in scena fosse almeno servita a qualcosa.
 
Per poco le gambe di Lyla non cedettero, quando la ragazza notò una scena che si stava svolgendo a poca distanza da lei. Si sentiva a disagio, ed un dolore familiare cominciava a farsi spazio dentro di lei, sulla ferita aperta. La sala diventò uno spazio minuscolo e angusto, mentre le pareti sembravano d'un tratto schiacciarla, mentre le persone sembravano aumentare, mentre il respiro cominciava a mancarle per ciò che stava vedendo. Si sarebbe potuta sbriciolare in mille pezzi proprio in quel momento. La ferita bruciava, e il sangue scorreva a fiotti. Restò immobile per un secondo, osservando le labbra carnose di Erica che lambivano quelle di Isaac, e poi l'istinto di uscire da lì fu troppo forte per riuscire a sopprimerlo. Corse via, senza nemmeno guardarsi intorno.
Una volta uscita fuori, prese il cellulare dalla borsa e scrisse un messaggio frettoloso ad Ashley per rifilarle una scusa sul motivo della sua scomparsa, visto che era corsa via senza dire o avvisare nessun altro, e per sua fortuna sembravano tutti troppo brilli per fare domande.
“Lyla!”. Una voce familiare fece voltare la ragazza verso una figura longilinea non molto lontana.
“Stiles”, esclamò lei, trattenendo le lacrime che combattevano per uscire.
“Stai bene?”, chiese il ragazzo, avvicinandosi, mentre in una mano teneva quella che sembrava essere una specie di polvere. Lyla ci si soffermò un attimo ma era troppo confusa e sconvolta per preoccuparsi di cosa stesse facendo il ragazzo.
“Sì, tutto bene”, rispose Lyla, forzando un sorriso. “Forse ho solo bevuto troppo”.
Stiles la guardò turbato, come se avesse percepito il motivo delle sue bugie.
“E' per Isaac, vero?”, chiese d'un tratto, mordendosi poi un labbro e sperando di non aver osato troppo con quella domanda. 
Lyla non rispose, si limitò ad abbassare lo sguardo e a rispondergli con un frettoloso “devo andare”, cominciando ad allontanarsi da quel luogo, sotto lo sguardo mortificato di Stiles. Camminava svelta ed impaziente di tornare nell'unico posto in cui si sentiva al sicuro da tutto il resto, mentre l'alcool che aveva in corpo cominciava ad annebbiarle di poco la mente.
 
Jackson era scappato via e come se non bastasse, Scott era stato sul punto di morire per mano della madre di Allison e Derek aveva provveduto a portarlo da Deaton prima che fosse troppo tardi. Una volta che quella strana serata era giunta al termine, Erica e Boyd volevano prendere la via di quella che era la loro nuova casa ma Isaac non aveva avuto alcuna intenzione di seguirli. Aveva bisogno di fare due passi da solo. Erica provò ad avvicinarsi a lui per cercare di fargli cambiare idea, ma Boyd la fermò, facendole un segno di diniego con il capo, per farle capire che Isaac non era molto di compagnia, così i due ragazzi si avviarono verso la stazione abbandonata. Tuttavia, prima che Isaac potesse allontanarsi, qualcuno gli mise una mano sulla spalla.
Il ragazzo si voltò, trovandosi Stiles di fronte.
“Non sei andato con Derek?”, chiese il ragazzo, osservandolo confuso.
“Li raggiungo dopo, avevo prima una cosa da fare con te”, rispose Stiles.
“Hai intenzione di confessarmi il tuo amore?”, domandò Isaac con tono sarcastico.
“Cavolo, mi hai beccato. In realtà ho sempre avuto un debole per i licantropi con evidenti problemi nel gestire la rabbia e nel relazionarsi con gli altri”. Isaac lo guardò male. “Ero più interessato a sapere cosa diamine stai combinando con Lyla”.
Il ragazzo si incupì subito, abbassando lo sguardo, e infilando le mani nelle tasche dei jeans.
“Non sono affari tuoi”, berciò con voce rude, per poi dargli le spalle ma Stiles gli si parò davanti.
“Probabile, ma ciò non toglie che sei un imbecille”, continuò il ragazzo, allargando le braccia. “Si può sapere che problemi hai? Se le stai facendo del male, smettila!”.
Isaac non stava bene, Stiles lo sentiva. Riusciva a percepire quella leggera nota di malessere nei suoi occhi azzurri, eppure questo non gli impediva certo di calcare la mano, perchè qualunque cosa quel lupo stesse cercando di fare, stava sicuramente danneggiando Lyla e forse anche sé stesso.
“Altrimenti cosa fai?”, mormorò il riccio, digrignando i denti. “Trasformi il mio sedere da lupo mannaro in una pelliccia?”.
“Accidenti, vedo che ricordi anche i miei insulti. Allora, in qualcosa sei bravo”, esclamò Stiles con tono brusco. Non aveva una gran simpatia per Isaac, visto che faceva parte del branco di Derek anche se da un lato gli dispiaceva essere così caparbio con lui.
“La gente muore, Stiles!”, esclamò Isaac all'improvviso con gli occhi colmi di rabbia e risentimento. “La gente muore e noi troviamo corpi squartati e insanguinati per opera di Jackson! E se un giorno uno di quei corpi fosse Lyla? Lei è una ragazza normale, con una vita normale. Non posso sconvolgerla in questo modo! Non voglio che lei si faccia male. Io non...”.
Il ragazzo lasciò la frase a metà, mentre Stiles continuava ad osservarlo, cogliendo perfettamente il senso del suo discorso.
“Io ho bisogno di stare solo”, continuò il ragazzo, mantenendo gli occhi bassi, e allontanandosi sempre di più da quel posto, mentre l'aria notturna si faceva sempre più fredda.
Era perso in tutti i suoi pensieri, che fluttuavano nella sua mente. Era perso nelle parole di Stiles e nel suo definirlo un imbecille. Già, era davvero un imbecille...ma il suo era solo un disperato tentativo di non coinvolgerla in tutte quella vicende. Eppure, lei gli mancava così tanto. Dannazione se gli mancava. Vederla ogni volta e sapere di non potersi avvicinare era una tortura. Avrebbe potuto ma ogni volta che il pensiero di farlo gli attraversava la mente, le parole di Derek cominciavano a rimbombare nella sua testa. Mentre era immerso in tutte quelle inquietudini, una voce non molto lontana lo mise subito in allerta. Avrebbe riconosciuto quella voce ovunque: la voce di Lyla.
 
“Non dovresti camminare sola”. Il ragazzo le sorrise e solo allora lei si rese conto che si trattava di Dean, lo stesso idiota che l'aveva infastidita a scuola, provocando la rissa con Isaac, che era stata poi sventata da Scott. Lyla, potendo sentire l'odore di alcool, si scostò leggermente disgustata.
“So badare a me stessa”, rispose, stringendosi nelle spalle.
Il ragazzo la guardò divertito, aggrottando le sopracciglia, e continuando a camminare.
“Ho visto che con Lahey non è andata”, continuò, facendola voltare.
La ragazza lo guardò male. “Non credo che questo ti riguardi”.
Dean le si parò davanti, alzando le mani in segno di resa, e rivolgendole un sorriso smagliante.
“Dai, volevo approfittarne per farmi avanti e chiederti di uscire”, esclamò.
“La tua delicatezza mi commuove”, rispose la ragazza in tono acido. “No, grazie”.
Il ragazzo le bloccò il braccio.
“Preferisci gli sfigati che poi diventano cattivi ragazzi, eh?”, domandò lui con tono sarcastico.
“Lasciami andare”, gli intimò la ragazza, cercando inutilmente di divincolarsi dalla presa, ma Dean non sembrava propenso ad accontentarla, facendole contrarre il viso in una smorfia di dolore.
“Ti ha detto di lasciarla andare”. Quella voce. La sua voce.
Isaac fissava Dean con lo sguardo truce e le braccia distese lungo i fianchi.
Il ragazzo lasciò la presa sul braccio di Lyla. Dean aveva probabilmente capito che l'unica cosa che gli restava da fare era quella di girare a largo, dato il modo minaccioso in cui Isaac lo fissava.
Il ragazzo si avvicinò a Lyla, intenta a massaggiarsi il braccio leggermente dolorante.
“Tutto bene?”, le chiese, avvicinandosi.
“Sì”, rispose lei con tono serio e con lo sguardo rivolto verso il basso.
“Ti accompagno a casa”, esclamò Isaac, poggiandole una mano dietro la schiena.
Lyla si ritrasse, come se si fosse scottata. “No, grazie”, rispose.
“Non fare la stupida”, ribattè lui, guardandola male. “Non puoi andare da sola”.
“So difendermi”, mentì spudoratamente pur di non fare un tratto di strada insieme a lui.
“Non mi sembrava”, esclamò il riccio con un sorriso ironico.
“Non ho bisogno che tu stia qui!”, esclamò Lyla con tono agitato. Non capiva il suo comportamento e non voleva stargli vicino, perchè le sue parole erano ancora lì, impresse a fuoco sulla sua pelle e bruciavano dannatamente ogni volta che il suo sguardo si posava di lei.
“Vuoi incontrare un altro idiota?”, domandò con rabbia, esasperato dalla sua insistenza. 
“No, ma non voglio nemmeno che tu mi stia vicino”, rispose lei con ferocia, spingendolo via, lontano da lei, lontano dai suoi occhi che la tradivano ad ogni parola.
Isaac rimase fermo ad osservarla con gli occhi velati dalla tristezza.
“Io ti odio”, esclamò Lyla in un sussurro quasi impercettibile. “Ti odio da morire”.
Isaac sentiva il battito del suo cuore che aumentava. Sentiva il suo disagio e la sua sorpresa, perchè Lyla era sorpresa di vedere le sue labbra e il suo viso a poca distanza dal suo; era sorpresa di vedere gli occhi azzurri di lui fissi nei suoi; era sorpresa di leggere in essi il senso di colpa che lo dilaniava.
“Non è vero che mi odi”, rispose Isaac, facendosi ancora più vicino, come una falena inesorabilmente attratta dalla luce.
“Forse dovrei iniziare a farlo!”, ribatté la ragazza, volgendo lo sguardo altrove.
Lei aveva le guance rosse, le labbra gonfie per tutte le volte in cui se le era morse nell'arco di pochi secondi ed Isaac credeva che sarebbe impazzito a breve se fosse stato ancora lì fermo a fissarla.
Un attimo dopo, il ragazzo non riuscì ad evitare di baciarla. Isaac non aveva la minima intenzione di lasciare le sue labbra nemmeno per riprendere fiato, perchè baciare Lyla lo faceva sentire più leggero, lo faceva tornare a quando era ancora umano, ricordandogli tutte le volte in cui si era presentato ferito e sanguinante alla sua finestra, come un naufrago in cerca della sua isola. Aveva perso la concezione del tempo e dello spazio: in quel momento il kanima, il branco, Derek non avevano la minima importanza...c'erano soltanto loro due.
Si staccarono un attimo per riprendere fiato. Isaac la guardava, mentre la fronte era poggiata contro la sua e il respiro tornava regolare. Aveva paura, lo sentiva forte e chiaro, ma questo non gli impedì di chinarsi nuovamente su di lei, baciandola in modo più lento e dolce. Lyla tremò a contatto con le sue labbra, mentre i loro cuori sembravano correre una maratona.
Un attimo di lucidità sembrò far sì che Lyla si svegliasse da quello stato di torpore, portandola a staccarsi da Isaac. Lo spinse via con rabbia, come lui aveva fatto con lei, per poi accorgersi che i suoi occhi da lucidi erano grondanti di lacrime.
“Lyla”, sussurrò Isaac con voce titubante. “I-io...”.
“Tu cosa?”, domandò lei con voce roca. “Tu non puoi fare questo, d'accordo? Io ho sempre tenuto molto a te, mi facevi stare bene...probabilmente ti amavo”. Probabilmente? Aveva sentito la necessità di aggiungere quella parola come se potesse proteggerla dalla verità.
“Tu mi hai fatto del male”, sbottò lei con tono duro. “Mi hai mandata via. Mi hai detto cose orribili. Balli in quel modo con Erica, la baci anche poi vieni qui e baci me? Credi che sia un giocattolo? Una bambola di pezza da trattare a tuo piacimento? Perchè mi hai baciata? Cosa vuoi?”.
Isaac la fissava senza rispondere, mentre Lyla stringeva i pugni per il suo silenzio, che per lei non significava altro che l'ennesima conferma: era solo un giocattolo per lui. Lo era sempre stata e lui voleva giocarci ogni volta che ne aveva voglia, impedendo alla sua ferita di rigenerarsi: Isaac rallentava il processo di guarigione.
Stanca di quel silenzio pungente, stanca di Isaac che continuava a guardarla con i suoi occhi azzurri che sembravano due iceberg, stanca di farsi vedere da lui in quello stato, Lyla gli diede le spalle ancora una volta, lottando con tutta sé stessa per non voltarsi indietro.
Isaac era rimasto immobile sul ciglio della strada, ad osservarla mentre camminava a passo svelto. Non aveva trovato le parole, perchè sapeva che qualunque cosa avesse detto sarebbe stata una bugia, così si era limitato a guardarla andare via ancora una volta, per poi assicurarsi che fosse arrivata a casa e che fosse al sicuro, lontana da lui, tra le mura della sua stanza.
Quante altre volte avrebbe dovuto ferirla? Quante altre volte avrebbe dovuto vederla andare via?
 
∞ 
 
Quel giorno avevano studiato insieme. Lyla aveva subito notato la sua poca predisposizione alla chimica, facendolo studiare con lei ogni volta che ne sentiva il bisogno. Lei era paziente e affabile. Tuttavia, per lui concentrarsi non era sempre facile, con un'insegnante così carina ma almeno ci provava e soprattutto riusciva a non farsi beccare durante quei momenti in cui si ritrovava a guardarla. Dopo aver finito i compiti, Isaac filò a casa ma, per fortuna o per malasorte, lasciò il libro di chimica a casa di lei, senza nemmeno accorgersene. Il fatto che non se ne fosse accorto non era dovuto soltanto al suo poco interesse per la chimica ma anche al fatto che, una volta tornato a casa, Isaac aveva avuto uno dei tanti “confronti” con suo padre, iniziato con piatti e bicchieri rotti, come da consuetudine. Sarebbe corso volentieri a nascondersi pur di sfuggire a quella tortura ma sapeva che tutta quella vicenda sarebbe terminata al piano di sotto. Tutto si aspettava tranne il suono del campanello, mentre suo padre era troppo impegnato a lanciargli oggetti contro per sentirlo. Quando se ne accorsero, suo padre gli ordinò in malo modo di aprire e di fare in fretta, perchè non aveva intenzione di fargliela scampare: doveva essere rinchiuso nel freezer. Isaac si precipitò alla porta, e quando si trovò Lyla davanti, smise per un attimo di respirare.
L'ansia prese possesso del suo corpo; la paura che Lyla potesse incontrare suo padre lo invase. 
“Cosa ci fai qui?”, domandò lui con tono brusco.
“Hai lasciato questo da me”, rispose Lyla con un sorriso incerto, porgendogli il libro.
“Grazie”, esclamò Isaac, afferrando il libro e guardando alle sue spalle con la paura che suo padre sbucasse da un momento all'altro. Lyla ovviamente se ne accorse.
“Tutto bene?”, chiese lei, osservando la casa oltre le sue spalle.
“Sì”, rispose il riccio con tono sbrigativo. “Ora devo andare. Ci si vede a scuola”.
Isaac non le aveva dato nemmeno il tempo di aggiungere altro che aveva chiuso la porta di casa, lasciando Lyla a bocca aperta. Il ragazzo si era poggiato con la schiena alla porta, tirando un sospiro di sollievo, mentre Lyla era tornata a casa, stranita dal comportamento di Isaac.
Quella sera, come aveva previsto, suo padre lo chiuse nel freezer.. Lui aveva urlato, non aveva fatto altro che dimenarsi tutto il tempo, mentre il respiro pian piano si affievoliva e il terrore si faceva strada nel suo cuore. Non erano servite le nocche battute contro la porta, le unghiate con le quali aveva colpito quella superficie fredda.
Era circondato solo dall'odore di sangue che usciva dalle sue mani, mentre quello sul viso si stava seccando poco a poco. 
Quando suo padre decise che aveva sofferto abbastanza, Isaac si era precipitato fuori, in preda agli spasmi, cercando di inspirare quanta più aria possibile mentre suo padre rideva di gusto, definendolo debole e rammollito. Diceva che aveva poca resistenza e sopportazione, non era come suo fratello. Senza curarsi di lui, Isaac corse via. Doveva uscire da quella casa. A suo padre non importava delle fughe serali di Isaac, almeno su quello lo lasciava in pace...forse perchè sperava che non sarebbe tornato. Isaac non si rese conto della strada che aveva percorso fin quando non si trovò dinanzi casa di Lyla. Era semplicemente montato sulla sua bici e si era fatto guidare dall'istinto, non sapeva doveva stava andando, voleva solo fuggire, e senza rendersene conto era arrivato da lei. Rimase per qualche minuto ad osservare la villetta, indeciso sul da farsi. Non poteva certo bussare il campanello e farsi vedere in quelle condizioni dai genitori di Lyla, così si arrampicò, arrivando alla finestra e facendo attenzione a non farsi vedere.
Lyla era sul letto, in pigiama, a leggere un libro, e quando si voltò verso la finestra chiusa e nascosta dalla tenda, riuscì ad intravedere un'ombra. Sussultò e, con il libro stretto fra le mani, si avvicinò con cautela alla finestra, sperando che fosse solo l'ombra di un albero. Scostò velocemente la tenda e fece per colpire la figura con il libro quando una voce familiare la fermò.
“Ferma, ferma! Sono io!”, esclamò Isaac, portando una mano a mezz'aria.
La ragazza emise un sospiro sollevato e lo guardò come se fosse uscito di testa. “Isaac ma che ti salta in mente? Mi hai fatto prendere un colpo. Non potevi bussare il campanello come fanno le persone normali. Ah, no. Tu preferisci le entrate ad effetto, giusto?”.
Cominciò a straparlare, come faceva sempre per scaricare la tensione ed Isaac non riuscì a fare a meno di sorridere mentre la osservava. Lyla ad un tratto si fermò, accorgendosi che qualcosa non andava: Isaac aveva il viso martoriato, le mani sanguinavano ed i polpastrelli erano lacerati. A scuola lo aveva visto spesso con qualche occhio nero e qualche livido, e lui aveva prontamente risposto che si faceva male durante gli allenamenti di lacrosse. Eppure, quella sera era conciato davvero male e Lyla sapeva che il lacrosse centrava ben poco con tutte quelle ferite.
“Isaac”, cominciò mentre il ragazzo metteva piede nella stanza. “Cosa ti è successo?”.
Il ragazzo non rispose, e Lyla afferrò le sue mani, credendo a malapena a ciò che stava vedendo. 
“M-mio padre...”, esclamò il ragazzo con voce titubante. Lo stava davvero dicendo a Lyla? Non ne aveva mai parlato con nessuno perchè credeva che tenendolo per sé sarebbe risultato meno grave. Credeva che il macigno sarebbe stato più leggero fin quando sarebbe gravato solo su di lui. Credeva che nel momento in cui ne avrebbe parlato a qualcuno, sarebbe diventato tutto reale e ancora più doloroso di quanto non fosse già.
Lyla si portò una mano alla bocca, capendo finalmente tutto. Senza dire nulla, corse in bagno per prendere cerotti, bende e disinfettante. Il suo desiderio primario fu quello di curarlo, non certo di giudicarlo. Doveva aiutarlo e basta. Tornò da lui con tutto l'occorrente e lo fece sedere, mentre Isaac la fissava, stranito da quella reazione così inaspettata. Credeva che avrebbe detto qualcosa, che lo avrebbe rimproverato per non averlo denunciato, invece era corsa a prendere tutto ciò che serviva per medicarlo: era una ragazza decisamente singolare.
I due ragazzi erano rimasti nel silenzio più assoluto, come se avessero paura di rompere quella strana atmosfera con parole del tutto inadeguate. Isaac aveva osservato Lyla, che lo aveva medicato nel modo più attento e meticoloso possibile. Quando ebbe finito, si voltò verso di lui.
“Perchè?”. Fu la sua unica ed ultima domanda, dopo la quale era stato solo Isaac a parlare.
Il ragazzo cominciò a raccontarle tutto, fin dal principio. Non aveva minimamente riflettuto, ed era strano. Aveva semplicemente sentito il bisogno di parlare con quella ragazza. 
Non aveva detto tutto nei minimi particolari, ma gli era bastato dire che suo padre non era solito fargli del male in quel modo e che era iniziato tutto con la morte di suo fratello. Lui era l'onore di suo padre, il figlio preferito; era tutto ciò che Isaac non riusciva ad essere, per quanto si sforzasse, e suo padre lo sapeva. Isaac era il fratellino sfigato che non sarebbe mai stato al livello di suo fratello maggiore. Non era niente per suo padre, niente per cui andare fiero. Non era brillante a scuola, non era brillante nel lacrosse e non aveva successo con le ragazze: l'opposto di Camden.
“Promettimi che non lo dirai a nessuno”, sussurrò Isaac con la voce spezzata. “Ti prego”.
La sua era una vera e propria supplica, alla quale Lyla non potè evitare di cedere, per quanto volesse che la vicenda andasse in una direzione diversa. Era un suo desiderio e almeno per il momento, doveva rispettarlo. La ragazza fece un cenno di assenso con la testa.
“Perchè sei venuto da me?”, chiese lei, sospirando.
Isaac le sorrise. “Non lo so, ho pedalato e mi sono ritrovato qui. Mi dispiace”.
“Non devi scusarti”, esclamò Lyla, prendendogli con cautela la mano.
“Forse dovrei andare a casa”, asserì il ragazzo, guardando verso la finestra.
Lyla non voleva che andasse via, non in quello stato. Non voleva che tornasse in quella casa, e senza rispondere semplicemente lo abbracciò forte, come se non volesse lasciarlo andare. Isaac si irrigidì per un attimo, sorpreso, per poi abbandonarsi all'abbraccio, circondando Lyla con le sue braccia leggermente tremanti. Il ragazzo restò con il viso premuto sulla sua spalla, beandosi del suo profumo e del suo calore. Era una sensazione confortante. Non ricordava nemmeno l'ultima volta che aveva ricevuto un abbraccio del genere. Rimasero così: stretti nel loro silenzio.
 
Isaac si era lasciato trasportare da quel ricordo. Lo aiutava a rimanere calmo ogni volta che si agitava oppure si rattristava, pensando a ciò che era successo con lei. Il ricordo di quella sera, in cui il loro rapporto era cambiato, era sempre lì...come una ferita aperta. Come quella sera, Isaac si era fatto di nuovo guidare dall'istinto, fino a ritrovarsi davanti alla clinica del dottor Deaton.
Gli animali iniziarono ad agitarsi per la presenza del licantropo.
Quando Scott lo vide fermo lì, il suo viso rimase decisamente sorpreso, come se Isaac fosse l'ultima persona che si aspettava di veder arrivare allo studio del veterinario.
Il ragazzo sollevò leggermente gli occhi, imbarazzato.
Deaton si voltò verso Scott e poi rivolse ad Isaac un sorriso confortante.
“Tutto a posto, Isaac”, esclamò tranquillo “Siamo aperti”.
 
“Stumble into you is all I ever do.
My memory's hazy and I'm afraid to be alone.
Tear us in two, is all it's gonna do as the headache fades.
This house is no longer a home”.
 
 
Angolo dell'autrice
 
Nuovo capitolo! L'ho messo con due giorni di anticipo perchè era già scritto quindi ho avuto solo bisogno di rivederlo un pò e ovviamente non mi convince ma in effetti quale dei miei capitoli mi convince? xD. Ad ogni modo, spero sempre che vi piaccia e vi invito a segnarlarmi eventuali errori. Il titolo, che ricorre anche più volte nel corso del capitolo, è un chiaro riferimento alla prima puntata della terza stagione (nessuno spoiler, visto che so che alcune aspettano le puntate in italiano ma è solo un discorso fra Scott e Derek^^). Come avevo detto, questo capitolo si sarebbe incentrato sul rave e, conoscendo la puntata. non è stato molto felice ma d'altronde come poteva esserlo? u.u Ormai Stiles è una presenza costante, lo adoro e mi piace farlo interagire con Lyla, spero che lo abbiate apprezzato anche in questo capitolo quando cerca di fare una ramanzina ad Isaac (avete notato il parallelismo con la 2x05? xD). Mi è dispiaciuto scrivere un altro capitolo triste e dannoso per Lyla, visto il bacio che c'è stato ma credo che reprimere un sentimento non sia facile, soprattutto quando non vuoi farlo, quindi l'intento era quello di far "cadere" Isaac, di farlo cedere, e di farlo poi respingere, come ha fatto lui con Lyla nello scorso capitolo. Dal prossimo le cose andranno leggermente meglio, promesso :).
Intanto fatemi sapere cosa ne pensate, non mi abbandonate vi prego *-* potete anche lanciarmi ortaggi e pomodori, perchè so di meritarli u.u
Ho smesso di tediarvi, alla prossima. Un bacio e grazie a tutte le anime pie che seguono questa storia, al prossimo capitolo <3 Ps: la canzone alla fine è dei Placebo "Because I want you", ho pensato che quei versi fossero adatti :3
   
 
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