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Autore: f9v5    02/08/2013    1 recensioni
Quello che doveva essere lo scontro finale con le Black Arms si trasformerà, per Sonic e i suoi amici, nell'inizio di una nuova avventura.
Naruto fa ritorno a Konoha dopo l'allenamento con Jiraya, ma ancora non immagina gli ostacoli che incontrerà sul suo cammino.
Questa è la premessa per una guerra, una guerra di proporzioni bibliche.
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Naruto Uzumaki, Un po' tutti
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Naruto Shippuuden
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SALVE A TUTTI, QUELLO CHE VI STATE APPRESTANDO A LEGGERE E’ IL SECONDO CAPITOLO DI “DIMENSIONAL WAR”.
NEL CAPITOLO PRECEDENTE, CHE POI ERA ANCHE IL PROLOGO, SI E’ VISTO QUELLO CHE AVREBBE DOVUTO ESSERE LO SCONTRO FINALE TRA IL GRUPPO DI SONIC E LE BLACK ARMS, COMANDATE DA BLACK DOOM, E INVECE ERA SOLTANTO LA PUNTA DELL’ICEBERG.
ADESSO, QUINDI, I NOSTRI AMICI MOBIANI DOVRANNO RIUNIRSI E RECUPERARE I SETTE SMERALDI DEL CAOS PER TORNARE SUL LORO PIANETA, SPERANDO CHE BLACK DOOM, O CHISSA’, ANCHE QUALCUN’ ALTRO CON CATTIVE INTENZIONI, NON LI PRECEDA.
PER FAR CIO’ DOVRANNO UNIRE LE LORO FORZE AI NINJA DI KONOHA, POICHE’ SI RITROVERANNO TUTTI AD AFFRONTARE NEMICI POTENTISSIMI E PERICOLOSI.
BASTA, NON VI VOGLIO ASSILLARE PIU’… GODETEVI IL CAPITOLO!




Un incontro che può segnare il futuro?

(cda:Naruto, affiancato da Jiraya, osserva Konoha dalla cima della montagna degli Hokage) 





Il buio, un enorme ammasso di oscurità infinita.
Un ammasso di oscurità infinità, che può significare molte cose; alcuni lo considerano come una sorta di scudo, che ti avvolge, ti estranea dal mondo, ti impedisce di vedere tutte le cose orribili che accadono all’infuori di esso, ma non ti permette neanche di vedere le cose belle della vita; una strada a doppio senso insomma.
Ma c’e anche chi il buio, lo considera… lo stato più assoluto della perfezione.
Se osservata da un certo punto di vista, questa teoria può anche essere ritenuta vera: ogni cosa è un tutt’uno, nessuna imperfezione, nessun errore, nessuno sbaglio, solo il buio perenne, che non cambia mai.
Per i bambini, il pensiero è differente: loro temono il buio, è da esso che giunge l’uomo nero che cerca di portarli via e strapparli alle loro famiglie, da lì arriva il silenzio, non quello rassicurante, ma quello che presagisce la quiete prima della tempesta.
Non era più un bambino, tutto sommato, ma in quel momento si stava sentendo come uno di loro.
Sin da quando si era risvegliato, tutto solo, in mezzo all’oscurità più profonda, era stato assalito dalla paura e la sensazione di essere osservato non lo aiutava certo a sentirsi meglio.
Poi, di colpo, delle leggeri luci si accesero sotto di lui, quel tanto che bastava a rendere visibile quel luogo: un immenso cunicolo di gallerie, un autentico labirinto dal quale sembrava impossibile uscire.
“Ma tra tutti i luoghi in cui il Chaos Control poteva mandarmi, perché proprio in questo? Chissà se riuscirò a trovare un’uscita?”
Malgrado la sua mente stesso pensando questo, sapeva che c’era qualcosa di strano in quella situazione: il Chaos Control non sceglie dove spedirti, lascia fare tutto al caso, ma in quel luogo era come se ci fosse finito di proposito, come se una forza antica e misteriosa lo avesse condotto lì per qualche ragione a lui ignota.
Di colpo, agendo come di volontà propria, le sue gambe iniziarono a muoversi senza che il cervello avesse mandato loro l’impulso di farlo.
Malgrado tutto non se la sentì di fermarle, forse lasciandole fare avrebbe trovato il perché delle sue strane sensazioni.
Dopo un numero di svolte pressoché infinito, ignorando l’acqua per terra che gli bagnava le scarpe, si ritrovò in una zona enorme, dove non si vedeva il tetto quanto era alta; la cosa che attirò completamente la sua attenzione, però, fu l’enorme gabbia che stava in fondo alla sala.
Si avvicinò per poterla analizzare; la gabbia era veramente enorme e le sue sbarre, a giudicare dalla ruggine, erano sicuramente più vecchie di lui… ma chi voleva prendere in giro, quella gabbia era sicuramente un qualcosa di millenario; chissà se lo era anche chi, o cosa, stava al suo interno.
Quella sensazione di paura che lo aveva colto inizialmente ora si stava facendo sentire nuovamente, ma molto più opprimente.
Non era solo, c’era qualcun altro lì, ed era in quella stessa stanza, per essere precisi, rinchiuso dentro la gabbia che aveva davanti.
Una risata bassa, malvagia e potente si levò nell’aria umida e pesante di quel luogo diffondendosi in ogni cellula del suo organismo, paralizzandolo.
Quando poi vide aprirsi, all’interno della struttura, un paio di enormi occhi rosso sangue con la pupilla assottigliata fu preso dal panico; avrebbe voluto urlare, ma non ci riuscì, rendendosi conto solo in quel momento di avere la gola talmente secca da non riuscire a gridare.
-VEDO CHE SEI ARRIVATO, TI ASPETTAVO SAI?-
-P-perché?-
Si sorprese di essere riuscito a spicciare parola, contando paura, gola secca e soggezione aveva temuto di essere rimasto muto.
-E ANCORA TROPPO PRESTO PER RIVELARTI QUESTE IMPORTANTI INFORMAZIONI… TI BASTI SAPERE CHE TU MI FARAI UN GRANDE FAVORE E IO IN CAMBIO NE FARO’ UNO A TE. ORA DEVO SALUTARTI, MA TRANQUILLO… QUESTO E’ SOLTANTO UN ARRIVEDERCI!-
-M-ma…t-tu c-chi sei?-
-COME HO GIA’ DETTO… E’ ANCORA TROPPO PRESTO PER RIVELARTI QUESTE INFORMAZIONI… EHEHEHEHEH.-
All’improvviso, come se qualcuno avesse premuto un immaginario tasto “avanti veloce” su un immaginario telecomando, lo spazio intorno a lui cominciò a muoversi ad una velocità pazzesca fino a scomparire e a farlo riprecipitare nell’oblio.



Quando riaprì gli occhi, si rese conto di essere in un posto totalmente diverso rispetto a quello in cui si trovava prima; era sdraiato su un letto ed era coperto da soffici coperte viola.
Alzò leggermente la testa dal cuscino, cercando di ignorare quel forte mal di testa che aveva cominciato a martellargli il cranio, nel tentativo di dare una miglior occhiata a quella stanza; a giudicare dall’arredamento raffinato, antico e sicuramente non da due soldi che caratterizzava la stanza, la prima ipotesi fu quella di essere finito in una qualche specie di villa di una famiglia super ricca o roba simile.
Successivamente posò lo sguardo su di se, notando una fasciatura sul braccio destro e un cerotto sulla medesima guancia,i punti dove era rimasto ferito durante il combattimento con le Black Arms.
A quanto pare, chi l’aveva portato lì si era premurato anche di disinfettargli e fasciargli le ferite, come minimo avrebbe dovuto ringraziarlo… in fondo non è da tutti aiutare un perfetto sconosciuto.
I suoi pensieri vennero interrotti quando sentì la porta aprirsi e nella stanza entrò una ragazza: aveva all’incirca quindici anni,lunghi capelli neri,le arrivavano a metà schiena,occhi bianchi,anche se più che bianco,sembravano lillà; indossava dei pantaloni blu-grigio e una giacca viola, tranne le maniche bianche, legato al collo aveva un coprifronte con un simbolo a lui sconosciuto, che somigliava ad una foglia stilizzata.
Si avvicinò al letto e si inginocchiò di fronte a lui, rivolgendogli un timido sorriso.
-Vedo che ti sei svegliato. Mi sono preoccupata quando ti ho trovato svenuto in quel vicolo e quindi ti ho portato subito qui per curarti.-
Rimase fermo imbambolato a fissarla, quel suo dolce sorriso per un attimo gli aveva ricordato… no, era inutile tornare a rivangare il passato, tanto è passato ormai, gli avrebbe solo fatto più male il ricordo.
-Ehm…g-grazie.-
La ragazza sgranò gli occhi, sinceramente stupita; già era una cosa fuori dall’ordinario trovare un animale bipede svenuto, figurarsi quindi se l’animale in questione aveva anche il dono della parola.
-Tu sai parlare?-
-Si!Mi rendo conto che per un essere umano è una cosa insolita, ma da dove vengo io è normalissimo.-
“Ma dove sono finito?”, fu questo il pensiero che gli balenò in mente; era vero, non aveva idea di dove fosse.
-Senti…posso sapere in che posto mi trovo?-
-Ti trovi nel villaggio di Konoha!-
Konoha? Era la prima volta che sentiva nominare quel posto, eppure la prima volta che era stato sulla terra aveva studiato ogni cosa su ogni cosa, desideroso di accrescere il suo sapere; ma, malgrado tutti i libri di geografia letti e tutti gli atlanti consultati, non aveva mai notato un posto con un nome simile… decise di lasciar stare.
-A proposito, scusami, non mi sono presentato. Mi chiamo Tails- disse, porgendo la mano alla ragazza.
Lei, un po’ titubante, ricambiò il gesto -Piacere di conoscerti Tails, io sono Hinata Hyuga.-
A quel punto la mora si sedette accanto al suo ospite, con un pizzico di curiosità mista a preoccupazione.
-Puoi raccontarmi cosa ti è successo? Sempre che io non sia indiscreta?-
-Bè… non penso che possano esserci problemi, comunque non so se mi crederesti… è una storia piuttosto strana.-



Camminavano ormai da un’eternità in quella foresta, le immense fronde degli alberi lasciavano filtrare poca luce, il che era una fortuna, visto il caldo di quei giorni.
Erano un ragazzo e un uomo.

Il ragazzo, di circa sedici anni, aveva dei ribelli capelli biondi a punta, occhi azzurro cielo, era abbastanza alto.
L’uomo, di circa cinquantaquattro anni, aveva lunghi capelli bianchi e occhi neri, dai quali partivano due linee rosse verticali.
-Uffa,eremita porcello ma quanto ci vuole ancora?- 
-Non manca molto ragazzo… E PER L’ENNESIMA VOLTA, MOSTRAMI RISPETTO E CHIAMAMI MAESTRO JIRAYA!-
Il ragazzo prese quell’ultimo ordine con una nonchalance da fare invidia.
-Finchè continuerai a spiare le donne alle terme e a scrivere libri sconci io continuerò a chiamarti eremita porcello.-
-I miei non sono libri sconci, sono opere d’arte, tutti gli uomini fanno la fila per leggerli. Prendi Kakashi, legge i miei libri e se la passa alla grande.-
-E per lei essere single a trent’anni significa passarsela alla grande?!-
Colpito e affondato; la discussione venne comunque interrotta quando videro di essere arrivati alle porte del villaggio.
Immaginatevi la sorpresa di Izumo e Kotetsu quando li videro arrivare.
Il loro compito poteva essere ritenuto uno dei più noiosi del villaggio: stare tutto il giorno fermi all’entrata nord per registrare le entrate e le uscite, fortuna che avevano la postazione per star seduti, figurarsi se accettavano di stare in piedi.
Erano soliti lamentarsi della monotonia di quel compito, fino a quando, appunto, non videro arrivare loro due; non sapevano neanche se crederci o meno.
Si ridestarono quando il ragazzo si voltò verso di loro, rivolgendogli un saluto con tanto di sorriso a trentadue denti.
-Izumo, Kotetsu, da quanto non ci si vede ragazzi!-
-N-Naruto…sei veramente tu?-
-Già,dopo due lunghi anni sono tornato a casa!Anche se ho dovuto portarmi dietro l’eremita porcello.-
-LA VUOI SMETTERE?-
Jiraya si stava veramente innervosendo e lo sbadiglio provocatorio dell’allievo lo stava facendo imbestialire; ancora un po’ e gli sarebbe uscito il fumo dal naso e dalle orecchie.
“Ma che lo riprendo a fare, ormai questa tiritera va avanti da due anni e passa.”
-Senti Naruto, io vado dall’Hokage per informarla del nostro ritorno, tu va pure in giro, o magari vai a casa tua a riposare.-
-Va bene, ci si vede ragazzi, ciao eremita porcello.- figuratevi se la risparmiava un’ultima frecciatina.-
Separatosi dal suo maestro, lo sguardo di Naruto divenne serio come poche volte prima d’allora; ora c’era una cosa molto importante che doveva fare, aveva aspettato per due anni e ora doveva farlo, ad ogni costo.
Prese un bel respiro e -CHIOSCO DI RAMEN ASPETTAMIIIIIII!-… si incamminò verso la sua meta.



Un mondo popolato da animali umanoidi, un’invasione aliena, gemme che contengono un potere tale da permettere di far avverare perfino i miracoli… e questo Chaos Control che lo aveva portato via dal suo mondo insieme ai suoi amici, trascinandoli nel loro.
Hinata non aveva mai sentito nulla del genere in tutta la sua vita, e probabilmente non ci avrebbe mai creduto, se non fosse che a raccontargli quelle cose era proprio una creatura di un altro pianeta; quella che all’apparenza era iniziata come una giornata uguale a tutte le altre ora si stava rivelando piena di sorprese.
-E’ una storia incredibile!-
-Già…purtroppo però non è finita.-
Hinata potè vedere che lo sguardo della volpe accanto a lei si era fatto estremamente preoccupato.
-Ho ragione di pensare che anche il capo delle Black Arms sia rimasto coinvolto nel Chaos Control, di conseguenza è finito anche lui su questo pianeta e potrebbe attaccare in qualunque momento.-
Anche la ragazza si allarmò a sentire quell’ultima rivelazione; se quello che Tails stava dicendo era vero, bisognava avvisare l’Hokage al più presto per prendere le dovute precauzioni.
-Ascolta, vieni con me, dobbiamo andare al palazzo dell’Hokage e spiegarle la situazione.-
-E chi è l’Hokage?-
-Ti spiegherò dopo, ora devi seguirmi.-
Tempo pochi secondi e la ragazza e la kitsune erano già in strada a correre come forsennati verso il palazzo dell’Hokage.



L’Hokage in questione stava completamente trascurando i suoi doveri, dormendosela alla grande.
Quella era Tsunade Senju, Godaime Hokage.
A vederla in questo stato potreste pensare “Ma adesso il titolo di Hokage lo regalano al primo che passa?” e, sotto sotto, avreste ragione; quando si trattava di faccende burocratiche-legislative Tsunade trattava tutto con superficialità, ma quando le cose erano serie, come proteggere il suo villaggio o assicurare il benessere dei suoi abitanti, allora si poteva tranquillamente contare su di lei.
Ma dato che per il momento non sembravano esserci emergenze alcune, poteva rilassarsi e lasciare la carica di Hokage in modalità “barzelletta”.
Ma dovette lestamente ridestarsi e pulire un rivolo di bava che le colava dalla bocca, non appena sentì bussare alla porta del suo ufficio.
-Avanti!-
Lanciò un sospiro di sollievo quando vide che ad entrare erano state Sakura Haruno, la sua allieva, e Shizune Kato, la sua assistente, che reggeva tra la braccia Tonton, la maialina portafortuna di Tsunade, anche se, a giudicare dalle sue continue sconfitte nel gioco d’azzardo, non sembrava funzionare.
La ragazza reggeva tra le mani un’enorme fila di documenti che poggiò sul banco, con la conseguenza di far mettere a Tsunade le dita fra i capelli per la disperazione.
-Altre scartoffie da firmare… noooooo- e si afflosciò moscia sulla scrivania, meditando seriamente il suicidio.
-Vedo che, nonostante siano passati due anni, sei sempre la stessa.-
Le tre donne, più maialina, si voltarono verso la finestra dove, seduto sul muretto, stava l’uomo che, insieme a Tsunade ed Orochimaru, faceva parte del gruppo dei tre sannin. 
-Jiraya?!Che cavolo ci fai qui?!-
-Anch’io sono felice di rivederti, vecchia bacucca.-
Che bella accoglienza, si ritrovò a pensare; uno ritorna dopo due lunghi anni di assenza, senza neanche far avere sue notizie, e la prima cosa che gli dicono è “che cavolo ci fai qui?”.
Non c’è che dire; l’accoglienza che chiunque vorrebbe avere.




-Pancia mia fatti capanna!-
Due anni… due anni lontano dal suo amato ramen, ancora si stava chiedendo come era riuscito a sopravvivere senza la sua fonte vitale.
Perché è questo il ramen per Naruto Uzumaki, la sua fonte di vita; se qualcuno chiedesse a chi lo conosce -Ma mangia altro, oltre al ramen?-, la risposta sarebbe sicuramente -Col cavolo, ne mangia così tanto che ormai nelle vene gli scorre il brodo al posto del sangue-.
E dove gustarsi un buon ramen se non al chiosco di Teuchi Ichiraku, il miglior chiosco di ramen del mondo?!
-Cavoli Naruto, datti una calmata! Hai già svuotato otto ciotole… e sono passati solo dieci minuti.-
Questa raccomandazione, all’aria, tanto Naruto non avrebbe ascoltato, provenne dal proprietario dell’omonimo chiosco, un uomo ormai anziano, col viso segnato dagli anni, che, tuttavia, non voleva saperne di abbandonare quel chiosco e andare in pensione; a parte che intendeva lavorare fino alla morte, Naruto non gliel’avrebbe mai perdonato.
-Dai papà, non ne mangia da due anni, cerca di capirlo.- a parlare stavolta fu una ragazza dai capelli castani e gli occhi neri; la figlia di Teuchi, Ayame.
-Mi dispiace signor Teuchi, ma come ha detto sua figlia, non mangio ramen da due anni, devo recuperare.- e aveva appena terminato la decima di ciotola.
Naruto aveva sempre frequentato quel posto, sin dalla più tenera età, e non solo perché lì si mangiava del ramen che era la fine del mondo.
Per chi non lo sapesse, Naruto era il Jinchuriki di Kyuubi no Yoko, il demone volpe dalle nove code che quasi sedici anni prima aveva devastato il villaggio e ucciso molte persone.
Fu l’intervento tempestivo del quarto Hokage che, sacrificando la sua vita, aveva sigillato il demone nel corpo di un neonato, per l’appunto Naruto, a risolvere la situazione.
Poco prima di esalare l’ultimo respiro, il quarto aveva espresso il desiderio che Naruto venisse trattato come un eroe, perché, grazie a lui, la volpe era stata fermata, impedendo la morte di altri innocenti.
Però il suo appello non fu accolto e tutto il villaggio cominciò a disprezzare Naruto; in lui non vedevano quel bambino che, sacrificando la sua infanzia, li aveva salvati, ma vedevano la reincarnazione del Kyuubi, un mostro da emarginare e odiare e addirittura educarono i loro figli a stargli alla larga e di non parlare mai con lui. 
Ma il signor Teuchi e sua figlia non erano tra questi; loro erano tra quei pochi che avevano trattato Naruto come un essere umano.
Era per questo motivo che il ragazzo trascorreva molto tempo da loro, per lui erano come la famiglia che non aveva mai avuto, perché, oltre all’essere odiato e disprezzato, Naruto dovette affrontare anche il dolore dell’essere orfano, e per di più, non sapeva neanche chi fossero i suoi genitori.
In quel momento però, era lì per il ramen.
Arrivato alla quindicesima scodella decise di fermarsi, non voleva rovinarsi l’appetito per la cena… che tanto sarebbe stata anche quella a base di ramen e sempre lì.
Pagò il conto e salutò i proprietari.
“Cavolo, chissà quante cose sono cambiate in questi due anni… andiamo a dare un’occhiata”.
La sua prima tappa: il palazzo dell’Hokage, non si poteva mai sapere che nonna Tsunade volesse lasciare la carica, sarebbe stato lì all’occorrenza.
E pensando a quest’allettante possibilità, andò di corsa verso il suo obbiettivo.
A parte che gli era anche venuta un’idea per annunciare il suo ritorno.




-Manca ancora molto?-
-Tranquillo, ormai siamo quasi arrivati-
Era già da qualche minuto che Tails e Hinata correvano per le strade del villaggio, suscitando anche la sorpresa degli abitanti di Konoha nel vedere una kitsune reggersi sulle zampe posteriori e correre come una persona.
Svoltarono un altro angolo e si trovarono di fronte al luogo tanto cercato.
Una volta entrati, salirono le scale fino all’ultimo piano e si misero alla ricerca della porta giusta.
-Hey Hinata, il vostro capo, l’Hokage, se non sbaglio, potrà davvero fare qualcosa per risolvere la situazione?-
-Non preoccuparti Tails, il nostro Hokage è una persona seria e responsabile. Saprà cosa fare!- 
Alla fine trovarono la porta giusta.
Hinata stava per bussare… ma l’improvviso rumore di un vetro rotto fece scattare in lei e Tails un senso d’allarme che li spinse a entrare senza bussare, temendo che fosse accaduto qualcosa di pericoloso.
Quello che videro, più che pericoloso, aveva del pietoso: il povero Jiraya stava disteso a terra, con la testa sanguinante e piena di vetri, con Sakura e Shizune che trattenevano a fatica una a dir poco imbestialita Tsunade. 
Giusto un attimo prima che loro arrivassero, il sannin dei rospi aveva osato dire che il volto di Tsunade scolpito sulla montagna degli Hokage la faceva sembrare più vecchia.
Cosa che chiunque con un briciolo di sale in zucca sapeva di non dover mai dire alla permalosa Hokage, a meno che non volesse morire, di morte lenta e dolorosa.
Anzi, Tsunade era riuscita solo a sbattergli la testa sul vetro della finestra, perché le sue assistenti erano intervenute appena in tempo per fermare il supplizio di Jiraya.
Tails si sporse verso Hinata, mentre con un dito indicava la bionda, sussurrando -Ehm… Hinata… sarebbe quella donna il vostro Hokage?-
A Hinata cadde una goccia di sudore stilizzata sulla testa -Si… è lei!-
Quando, però, il suo sguardo notò Jiraya, un pensiero le passò per la testa “Ma…se il maestro è qui vuol dire… che anche Naruto è tornato!”
Divenne rossa come un pomodoro al pensiero del ragazzo che le faceva battere forte il cuore e mise le mani sulle gote per coprire il rossore.
Tails si rese conto che la situazione si stava sempre più incasinando, decise allora di richiamare l’attenzione di tutti simulando un colpo di tosse.
Quando l’attenzione di tutti si focalizzò sulla kitsune, la prima cosa che tutti, tranne Hinata, chiesero fu -E’ quello che cos’è?-
-Innanzitutto… grazie per l’attenzione. Poi, sono qui perché Hinata mi ha detto che lei qui è il capo… giusto?-
Tsunade, sentendosi chiamata in causa, tornò seria e si riaccomodò sulla sua poltrona.
-Si, sono Tsunade, quinto Hokage di Konoha. Tu sei?-
-Mi chiamo Tails e sono venuto per metterla in guardia da…-
-ATTENZIONE ABITANTI DI KONOHA!-
Quell’urlo, che costrinse Tails a interrompere il suo discorso, provenne dal terrazzo.
Non appena riconobbero il proprietario della voce, Sakura e Hinata corsero verso il piano superiore, seguite da un confuso Tails, curioso di sapere il motivo di tanta fretta da parte delle due ragazze.
Tsunade si concesse un breve sospiro, poi si rivolse a Jiraya, ancora dolorante, ma ormai ripresosi.
-Konoha non era più la stessa senza di lui.-
Non lo dava a vedere, ma era felice per il ritorno del ragazzo.




Bastò un attimo per raggiungere il terrazzo e lo videro, era sulla cima del palazzo, proprio sulla sommità, con le braccia rivolte verso l’alto.
-SAPPIATE CHE IL GRANDE NARUTO UZUMAKI E’ TORNATO ED E’ PIU’ DETERMINATO E FORTE DI PRIMA!-
Sakura lanciò un felice sospiro; potevano passare due, cinque, dieci, cinquant’anni, ma Naruto sarebbe sempre rimasto lo stesso.
Tails, però, non ci capiva ancora niente; si continuava a chiedere chi fosse quello svitato che si metteva ad urlare in quel modo.
Quando il ragazzo li notò, scese sul terrazzo con un balzo.
-Ciao Sakura, che piacere rivederti!-
Sakura rimase sorpresa nel vedere che, fisicamente, era cambiato, in particolare nell’altezza.
-Ciao Naruto, anche io sono contenta di rivederti, però… uffa, ora sei più alto di me.-
-Bè, non potevo restare un tappo in eterno.-
Infatti, prima di partire per il viaggio d’addestramento, Naruto non arrivava al metro e cinquanta d’altezza e molti lo chiamavano tappetto.
In due anni la sua altezza era notevolmente aumentata, ora superava il metro e settanta.
Successivamente, il ragazzo notò il volpino… però non appena i loro sguardi si incrociarono, le loro schiene furono percorse da un brivido.
Tails divenne inquieto… quel brivido l’aveva già sentito.
“Come può essere… di nuovo quel brivido. C’è qualcosa di strano in questo tipo… come se, in un certo senso, io e lui avessimo qualcosa in comune.”
-Ciao, sono Naruto-
Il volpino si riscosse dai suoi pensieri al saluto del biondo, che aveva ignorato quel presentimento, pensando che fosse tutto un caso.
-I-io sono Tails.-
Fu sorpreso dal fatto che non gli avesse fatto domande su di lui, tipo “Come fai a parlare?”, o “Come fai a stare su due zampe?”, ma ne fu anche sollevato; sarebbe stato un po’ seccante spiegarlo a chiunque.
Il biondo, in realtà, era intenzionato a fargli qualche domanda, ma si bloccò quando sentì la presenza di qualcun altro dietro il muro del corridoio che portava al terrazzo.
Quella persona era Hinata.
La ragazza aveva il viso rosso ed era emozionata e allo stesso tempo nervosa: aveva atteso per due anni il suo ritorno ed adesso era di nuovo lì.
Il problema era che non sapeva né cosa dirgli né come comportarsi.
-Hey ciao Hinata!-
Il suono della voce del ragazzo la sorprese e la spaventò.
Si voltò lentamente, e lo vide.
Era vicinissimo, i loro nasi quasi si sfiorarono; tutto ciò portò la mora ad arrossire in una maniera inverosimile.
“Accidenti! E’ qui davanti a me,vicinissimo. E ora è anche più bello di due anni fa!”
Tutto ciò, unito già al fatto che lei fosse timida e insicura di natura, non l’aiutava certo.
-C-ciao N-Naruto!-
Stava balbettando?!
Credeva di essere riuscita a superare quel problema.
Fino a tredici anni balbettava quasi sempre, ma negli ultimi due anni aveva ormai lasciato alle spalle la balbuzie.
Eppure, davanti a lui non riusciva a non farlo.
-Cavoli, lo sai che sei veramente cresciuta-, successivamente, il ragazzo abbassò leggermente lo sguardo -Soprattutto qui!- e detto ciò indicò il petto della mora, sul quale svettava una… quarta di seno.
Se c’era una cosa che era veramente cresciuta in Hinata nell’arco di quei due anni quella era proprio la sua taglia di seno; lei neanche lo sapeva, ma un mucchio di ragazzi sbavavano quando vedevano quel ben di Dio, e pensare che lei se ne vergognava dicendo che quel seno enorme la imbruttiva.
Sta di fatto, che l’ultima frase del biondo fu il colpo di grazia.
La ragazza cominciò a vedere tutto sfocato… e svenne.
-HINATAAAAAAAA!-
Tails si allarmò vedendola crollare a terra e si avvicinò per sincerarsi delle sue condizioni;la conosceva da poco ma si era già affezionato a lei.
-Ti prego Hinata dimmi che stai bene!-
Il volpino era nel panico; Naruto, intanto, si beccò, da parte di Sakura, un destro dritto in testa, che per poco non lo fece sprofondare nel pavimento.
-BRUTTO IDIOTA, MA TI SEMBRANO COSE DA DIRE? NON SEI MINIMAMENTE CAMBIATO! ALTRO CHE DUE ANNI, DA QUANDO TE NE SEI ANDATO SEMBRANO PASSATI SOLO DUE MINUTI!-
A quella dimostrazione di forza isterica, Tails si rifugiò dietro un muro per paura di restare coinvolto da quella furia rosa, malgrado non c’entrasse niente.
Naruto invece, andò a far compagnia ad Hinata nel mondo dei sogni.
Successivamente, Sakura si mise sulle spalle i due belli addormentati, rivolgendo un’ultima indicazione al volpino.
-Andiamo di sotto, quando questi due si riprenderanno, ci spiegherai tutto per filo e per segno!-
Tails, ancora tremante, si limitò ad annuire all’indirizzo della rosa, che aveva cominciato ad avviarsi giù per le scale.
“Ma qui sono tutti pazzi?!”
Lasciò perdere quell’ultimo pensiero e si avviò dietro la ragazza.
  
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