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Autore: Lucinda Grey    04/08/2013    0 recensioni
Si amavano.
Ma una guerra minacciava di separarli.
Ma si possono separare due persone che ormai hanno un unico cuore?
L'amore vincerà veramente su tutto?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Un ombra silenziosa si nascondeva tra le sue simili, aspettando il momento giusto per uscire allo scoperto e rivelarsi.

La cittá intorno sembrava addormentata e, al riparo della notte, Elizabeth Chavetsky approfittava del buio per ascoltare ancora un volta quella melodia, la SUA melodia. Quella che l'aveva catturata in quel parco, quella che nemmeno la minaccia costante di essere scoperta a relazionarsi con un ebreo le aveva fatto dimenticare.

E il musicista... I suoi occhi da cerbiatto spaurito, densi di amore e gentilezza.
E quei capelli... Quei capelli che Elizabeth, nei suoi sogni proibiti, sognava di accarezzare, passando le mani tra quei riccioli castani e respirandone il profumo.

E quella voce... Quella voce dolce e pacata, sempre tinta da una nota di paura per lei e per lui stesso, per l'essere scoperti, quella voce che le scatenava brividi caldi lungo la schiena.

 

La ragazza decise finalmente di entrare in quel caffé clandestino per riprendersi ció che era suo.

Lui le aveva detto di andar via, di dimenticarlo e farsi una nuova vita, al sicuro. Ma lei senza di lui non sapeva starci, lo vedeva fra i passanti, sui manifesti, in televisione. Lui era la sua costante, il suo chiodo fisso. Senza di lui, le sembrava inutile perfino respirare.
Come continuare a vivere se lui non le avrebbe piú sorriso? Perché continuare a vivere se non avesse piú potuto vederlo sciogliersi e prenderla in giro per come era negata con la tromba?
Come avrebbe potuto vivere senza poterlo vedere suonarla con quella passione che gli incendiava l'animo?

Entró nel locale cercando di dare nell'occhio il meno possibile, rimanendo di nuovo nell'ombra in attesa che la banda terminasse il pezzo e che lui la notasse; non sapeva come facesse, ma lui sapeva sempre trovarla. 

Persa nei ricordi, che la sua vista le aveva scatenato, Elizabeth abbassó stupidamente la guardia.

-Miss Chavetsky, le avevo detto di non tornare piú qui-

La sua voce la fece sobbalzare: era dura, tagliente quasi, e denotava tutto il suo disappunto. Strizzando gli occhi per vederlo nella penombra  la ragazza strinse le mani al petto nel disperato tentativo di contenere il dolore.

- Oh Gerard, non potevo non rivederla piú, senza di lei io non...-

-Miss Chav..-

- Non mi chiami così!- esclamó lei - Non mi faccia questo, non mi strappi il cuore. Non puó lasciarmi solo per paura! Perché é questo no, vero?!-

Perse il controllo la piccola bionda, lasciando che il dolore guidasse le sue parole. Non le importava di sembrare impertinente o sfacciata, contava solo lui in quel momento.

I singhiozzi iniziarono violenti a scuoterle il corpo e lui rimase a guardarla indeciso, con la battaglia interiore che gli si rifletteva negli occhi scuri. Parve venir sconfitto, perché abbandonó l'aria da duro e con molta delicatezza , la portó nel suo appartamento al piano di sopra. Barricó la porta col chiavistello, indugiando un attimo di troppo a fissarlo. Era straziante per lui sentirla piangere, accasciata sul suo letto, era come se dei pugnali gli venissero conficcati nel cuore. Ma lui l'amava, cos'altro poteva fare se non allontanarla per tenerla al sicuro? Lei era tedesca, lui ebreo; lui era un musicista non molto ricco, lei figlia di un aitante generale. Erano due mondi opposti, divisi da differenze sociali ed economiche apparentemente incommensurabili oltre che da una stupida guerra. Come avrebbero potuto amarsi liberamente senza temere? 

- Tu non mi vuoi...-

La sua affermazione soffocata lo raggiunse a tradimento lasciandolo basito.

- Non puoi...non puoi averlo detto sul serio! - esclamó accucciandosi davanti a lei. - Come puoi dire che io non ti voglia quando farei di tutto per poterti tenere con me? Non so vivere senza di te Liza, ma piuttosto che metterti in pericolo, mi toglierei la vita; e con me - disse sconsolato perdendo in un attimo tutto il coraggio che lo aveva spinto a parlare cosí liberamente, - Siete costantemente in pericolo.

Lei, che aveva notato il ritorno all'uso del voi, sorrise tristemente. 

-Avete ragione, non sarei mai al sicuro con uno che ha paura anche di pronunciare il mio nome e quello dell'amore- disse sorridendo tristemente dirigendosi verso la porta. 

Voleva scuoterlo, colpirlo a tradimento, ferirlo nell'orgoglio di uomo, spingerlo a reagire e a perdere quell' aria da perfetto gentiluomo per mettere a nudo le sue reali emozioni. Ci riuscí.

Lui la raggiunse sulla porta, tirandola violentemente a se. Le strinse le braccia in una morsa ferrea e lei vide quel volto tanto amato stravolto da una rabbia cieca, non tanto verso di lei, ma verso se stesso e il mondo. Quei lineamenti dolci e gentili trasudavano un dolore sconcertante e lei si pentí della scenata fatta, perché non poteva sopportare di vederlo soffrire, a nessun prezzo.

- Gerard, scusami, io...- mormoró abbassando lo sguardo.

- Guardami Liza- 

E lei lo guardó. Annichilita lo osservó avvicinarsi al suo volto e, come se lei fosse il fiore piú delicato, appoggiare le labbra sulle sue,  con esitazione, con delicatezza,  con amore.

E Liza lo corrispose, appena incerta, appena timorosa di sbagliare: erano mesi ormai che sognava quel momento, erano mesi ormai che agognava quel contatto. E lui era cosí morbido, così delicato...

Gerard la strinse a se, avvolgendola tra le sua braccia; le mani di lei si ancorarono ai suoi capelli, come fossero l'unico appiglio per la realtá. Stretti l'una all'altro, i due neanche si accorsero di essersi avvicinati al letto, di esservisi seduti sopra, troppo presi dal contatto tra le loro labbra.

Elizabeth poggió le mani su quelle grandi spalle, carezzandole con le sue piccole mani, scendendo poi verso il torace, mentre il ragazzo rabbrividiva sotto il suo tocco. Quando si accorse della camicia oramai aperta per metá, Gerard si ritrasse quasi come scottato.

- Liza...non possiamo- sussurró carezzandole i capelli con dolcezza.

- Lo so, ma io voglio te, solo e sempre te. Gerard, da quel giorno al parco delle muse, non ho fatto che pensarti, sognarti e desiderarti. Io non posso vivere senza te, e non posso nemmeno rimanere in questo dannato paese a veder morire tante belle persone che non hanno colpa. Piú di tutto, non posso sopportare di sposare quel rozzo di Friederick quando il mio cuore appartiene a te soltanto; é crudele e volgare, un militare senza scrupoli-

-Ma non puoi neanche disobbedire a tuo padre Eliza...-

- No, ma posso andarmene, possiamo andarcene. Dicono che l'America é cosí bella- 

Un'esclamazione di sorpresa fuggí dalle labbra del ragazzo. Nonostante la situazione in Germania, che si faceva via via piú critica, non aveva mai pensato ad andarsene, ad abbandonare tutta la sua vita per ricominciare da un'altra parte.

- Gerard, verresti via con me?-

Liza lo guardava da basso con i suoi occhioni celesti, carezzandogli il viso con dolcezza; lui le afferró le mani, racchiudendole tra le sue e poggiandovi dolci baci. 

- Come pensi di uscire dalla frontiera? Lo sai che ...-

- Documenti falsi- lo precedette lei. - Sono giá pronti, guarda-

Tiró fuori dalla borsetta nera un plico di fogli, porgendoli al ragazzo. Lui li guardó con accuratezza, rilasciando poi un sospiro alla vista del loro status sociale. Per il mondo, loro erano marito e moglie.

-Sembrano perfetti, come hai fatto?-

- A volte vecchie amicizie risultano utili, ma non ti preoccupare, nessuno potrá venirlo a sapere. Il signor Smith era molto malato e una settimana fa é spirato, sereno-

-Quando li ha fatti?- le chiese Gerard curioso.

-Un mese fa, all'incirca... Quindi? Verrai con me amor mio?-

-Certo che verró con te Elizabeth, ti seguiró anche in capo al mondo-

 

 

Il fischio del treno in partenza riscosse Gerard dai suoi pensieri. Seduti nella carrozza numero otto, avevano atteso la partenza con ansia, vogliosi di mettere quanta piú strada possibile tra loro e la cittá carcere.

- Siamo ufficialmente in viaggio di nozze mio amato- gli disse Liza prendendogli dolcemente una mano.

- Ti faró diventare la donna piú felice del mondo, non ti mancherá mai nulla-

- Ma io sono giá la donna piú felice del mondo- gli rispose lei. Al suo sguardo perplesso la ragazza scoppió a ridere a bassa voce. - Ho te, e questo mi rende piú felice che mai-

 

 

 

-Papá! Papá!-

- Jeremy, che succede?-

-Guarda cos'ho trovato in soffitta- disse il bambino, mostrando contento un piccolo cofanetto arruginito. Lo posó ai piedi del divano, attendendo trepidante che il padre lo aprisse.

Con uno scricchiolio il coperchio venne sollevato, mostrando il suo tesoro nascosto: fotografie antiche, documenti ormai sbiaditi e un ciondolo li occhieggiavano dal basso.

- Sai cosa sono papi?-

-Si piccolo, sono la prova che l'amore supera anche una guerra-

- Jeremy, papá, che state guardando?- chiese una piccola bambina bionda dagli enormi occhi azzurri entrando nel salone.

- Elizabeth, vieni qui. Jeremy ha trovato il baule della mamma di vostra nonna-

- Davvero?!- chiese quella con un urletto di gioia. - Quella di cui porto il nome?-

-Giá proprio lei. Queste sono le foto sue e del bisnonno Gerard durante vari anni. E quelli erano i loro passaporti e un ciondolo che il bisnonno regaló alla moglie con il primo stipendio. Dentro ci dovrebbe essere una loro foto da giovani e una dedica. La mamma dice che sua nonna non se lo levava mai-

Con delicatezza prese il ninnolo in mano, aprendolo cautamente per paura di romperlo. All'interno due giovani li guardavano sorridendo con su lo sfondo della statua della Libertá, affiancati da una piccola scritta che recitava " A Liza, la mia piccola, grande musa inspiratrice".

  
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