Un aereo sorvola il capannone ed io
non posso far altro che
alzare lo sguardo al cielo limpido e terso di quella mattina,
abbandonando per
un attimo la mia principale occupazione. Se penso che fra poco
più di sei ore
sarò sul volo diretto in Cina, mi sento già
tremare per l’emozione. Rivedrò la
mia famiglia, i miei vecchi compagni d’infanzia, la mia terra
natale, anche se
non nascondo che un po’ mi mancherà la
vita circense, il via vai degli artisti, le risate in compagnia, vedere
Saotome
che non riesce a portare a termine il suo numero neanche una volta, a
causa dei
vari spasimanti - di entrambi i sessi -
che non gli danno tregua (sì, lo ammetto: era uno spasso
quando lo sentivo
urlare in versione donna e pregare i vari pretendenti di essere
lasciato in
pace!). O anche vedere Akane Tendo
lamentarsi e intavolare vere e proprie conversazioni con tigri, leoni e
pantere
, pregandole di darle ascolto almeno per una volta e tentando di
corromperle
con una succulenta bistecca o con dei croccantini per gatti. Per non
parlare di
manicaretti di Ukyo: sì, quelli sicuramente mi mancheranno!
E… Shan Pu. Oh, lei mi
mancherà
terribilmente. Ripenso alla conversazione avuta la sera prima, a come
eravamo
partiti così bene e a come eravamo invece andati a finire,
al suo comportamento
così maledettamente egoistico, al suo perenne atteggiamento
da “donna al centro
dell’attenzione”. Ma, allo stesso tempo, non posso
far altro che pensare che per
quanto meschina ed egoista possa apparire Shan Pu, per quanto male che
mi abbia
fatto e continui a farmi, non riuscirò mai ad odiarla
veramente perché se c’è
una cosa che ho imparato in tanti anni qui dentro è che puoi
solo freddare i
rapporti con una persona, ma questo non vuol dire che riuscirai a
dimenticarla.
Mi asciugo il sudore con un fazzoletto
pescato dalla manica: oggi il caldo è davvero soffocante,
tanto che la testa
comincia a pulsarmi. Be’, quello forse è anche
dovuto al fatto che ieri ho
alzato un tantino il gomito (ma,
diamine, quella birra era qualcosa di eccezionale! Per non parlare di
quei
cocktail vodka e peperoncino: dove diavolo siano andati a pescarli in
così poco
tempo, io non ne ho proprio idea!
Quanto al caldo, questa è
forse l’unica nota positiva: non dovendo partecipare allo
spettacolo non sono
costretto a esercitarmi fuori in giardino con quest’afa. Mi
affaccio alla
finestra della roulotte-camerino e osservo il vivace via vai
– più intenso del
normale - di artisti e giocolieri.
Sospiro
e mi dico che è ora che anch’io torni alle mie
occupazioni: la valigia di certo
non si prepara da sola! Con un po’ di
malinconia riprendo tirar fuori vestiti e effetti personali per
sistemarli
accuratamente nel borsone da viaggio.
–Sarà difficile, ma mi abituerò. Spero.
La
mattinata vola tra borse, borsoni e valigie da preparare e ben presto
qualcuno
viene a bussare alla porta del mio camerino per avvertirmi che
è ora di pranzo.
Raggiungo la mensa, un secondo tendone più piccolo di quello
dove ci esibiamo,
e trovo già quasi tutti seduti al lungo tavolo. Ecco
un’altra cosa che mi
mancherà della mia vita da circense: i pranzi insieme
attorno alla lunga
tavola, quasi fossimo tutti una sola grande famiglia.
–Oh,
è arrivato Mousse!- esclamano all’unisono Yuka e
Sayuri, le gemelle siamesi. In
realtà non sono gemelle, ma devono il loro soprannome al
fatto che sono
praticamente inseparabili e a quanto pare lo erano ancor prima di
mettere piede
qui dentro.
–Mousse,
vieni qui, siedi accanto al direttore!- mi chiama Daisuke, agitando la
mano.
Sgrano
gli occhi meravigliato: in tanti anni non mi sono mai sentito
così considerato
come in questo momento. Sederò
accanto al
direttore!
Chiariamo,
non che mi importi qualcosa di quell’uomo così
fuori del normale o che lui sia
degno della mia stima, ma per uno che in sette anni di carriera
circense non è
mai stato degnato di uno sguardo da nessuno, sedere, ad un tratto, nel
posto
accanto a quello del direttore, è un onore.
Non
esagero se vi dico che mi viene da piangere all’idea di
lasciare tutto questo,
ma mi trattengo perché ho ancora un briciolo di
dignità da mantenere.
Ranma
mi scosta la sedia e mi invita ad accomodarmi. –Per oggi ti
cedo il posto!- mi
dice facendomi l’occhiolino.
–Saotome,
il fatto che io stia per partire non mi renderà
più indulgente nei tuoi
riguardi, figurati, poi, se mi spingerà,
addirittura, a trattarti come “amico”.
–Ti
voglio bene anch’io, Mousse!- esclamò lui,
sarcastico come al solito, per poi
tornare a prendere posto accanto ad Akane.
–Scusate il ritardo, ero in camerino a
preparare i bagagli!
Xiwan entra in mensa trafelata, eseguendo un piccolo inchino rivolto ai
vari commensali, per poi andare subito a prendere posto alla destra del
direttore, di fronte a me. Mi sorride emozionata e io le sorrido di
rimando.
–Great,
credo che ci siamo tutti, no?
–Manca
Shan Pu!
–Scusate il ritardo!- esclama l’interessata,
sopraggiungendo in sala, quasi come se, prima di entrare, avesse atteso
appositamente che qualcuno notasse la sua assenza. Guardo Shan Pu
dirigersi
spedita a sedersi nel primo posto vuoto che trova ancora libero e non
posso
fare a meno di pensare che fino all’altro ieri quella era la
scena che mi si
presentava davanti ogni giorno: dove c’era ancora un posto
vuoto, là andavo a
sedermi.
–Oh,
good, adesso siamo davvero al
completo!- esclama il direttore. Poi fa un cenno alla cuoca per
indicarle che
può iniziare a servire. Sì, perché da
noi non si iniziava a mangiare se non
eravamo presenti tutti e cinquanta gli artisti. Sarà per
questo motivo che
solitamente – salvo casi eccezionali – tutti
spaccavano il minuto quando si
trattava di pranzo e cena?
Prima
di iniziare a fiondarci con le teste nei piatti, il direttore propone
un
brindisi in mio onore e un “A Mousse e Xiwan!”
urlato in coro si espande per la
sala. Così anche il pranzo se ne passa in allegria, tra una
chiacchiera, una
risata, un pugno in piena faccia per Ranma (è superfluo dire
da chi proveniva
il micidiale sinistro), qualche vaneggiamento di Kuno o Mikado, le
assurde pretese
di Azusa (pensate, a fine pranzo voleva
portarsi via la tovaglia di 80 metri quadri perché convinta
che fosse la sua Juliette
, strappatale anni addietro!) e i primi pettegolezzi su cosa faremo io
e Xiwan
appena torneremo in Cina.
L’unica
che sembra non essere coinvolta in quel vortice di risate e voci
allegre è Shan
Pu. E’ l’unica che finora non ha proferito parola,
a tal punto che avevo quasi
dimenticato la sua presenza.
Finito
di mangiare, io e Xiwan torniamo in camerino a sistemare i nostri
bagagli,
mentre tutti gli altri si concedono un paio d’ore di relax
prima delle prove
generali.
Ben
presto, le luci del tramonto mi indicano che è ora di
andare. Quando esco dal
camerino, trovo ad attendermi una folla di artisti, acrobati e
giocolieri.
Alcuni di loro mantengono un’aria seria, ma, sotto sotto, so
che sono
dispiaciuti per la mia partenza: anche se non ho instaurato
chissà quali
rapporti con la maggior parte degli artisti circensi, ero comunque
anch’io uno
di loro, perciò credo sia più che naturale
provare dispiacere quando qualcuno
lascia il gruppo. Altri, invece, soprattutto le ragazze, si lasciano
andare a
fiumi di pianti e a lunghe soffiate di naso, tuttavia non manca chi
– come Akane
Tendo – un po’ per orgoglio, un
po’ per
sostegno alle altre, si limita ad assumere un’espressione
malinconica e
sinceramente dispiaciuta.
–Allora addio, distratta
di una talpa.- Tiè, eccolo là, il solito
Saotome spiritoso. Ma, d’altronde, non posso dargli torto:
senza occhiali non
vedo a un palmo dal mio naso!
–Addio,
Ranma Saotome. Sappi che imprecherò su
di te anche dall’altro versante del Pacifico!- ribatto,
sorprendendomi io
stesso per la risposta arguta. Però, forse non è
così inutile come credevo,
quel Saotome! – A parte questo… grazie. Mi hai
incasinato la vita, hai mandato
allo scatafascio una situazione che era già disastrosa di
per sé, mi hai
ficcato in guai sempre peggiori… ma sei l’unica
persona alla quale siano stati
minimamente a cuore i miei problemi e mi sei stato vicino. Ti sei
comportato da…
–Amico?-
mi chiede beffardo, già conoscendo la risposta, ma volendo
sentirla uscire
dalla mia bocca. Già, altrimenti non staremo parlando di
Ranma Saotome.
–Sì. Ti sei comportato da vero
amico. – Per stavolta decido di dargliela vinta: dopotutto,
è vero che si è
comportato da amico, anche se mi costa parecchio ammetterlo.
–Fate buon viaggio, Mousse –
interviene Akane, stringendomi le mani.
Le
sorrido. –Grazie tutto, Akane. Buona fortuna con i tuoi
micetti!- esclamo, al
che Ranma rabbrividisce agghiacciato. Mi chiedo come faranno a sposarsi
quei
due, un giorno. Oh sì, perché ne sono convinto:
si sposeranno.
Estraggo
dalla manica un orologio da taschino: sono le sei. Dobbiamo sbrigarci
se non
vogliamo rischiare di perdere il volo a causa delle varie procedure
burocratiche in aeroporto.
Quando
raggiungo il cancello principale, Xiwan è già
lì ad attendermi. Mi volto per l’ultima
volta a guardare i miei compagni, imprimo il loro viso nella mia mente,
con lo
sguardo cerco un viso in particolare, ma non lo trovo. Sospiro.
Cosa ti
aspettavi, Mousse?
Che Shan Pu giungesse trafelata gettandoti le braccia al collo e
pregandoti di
non partire?
–In bocca al lupo per lo
spettacolo, ragazzi. Fate del
vostro meglio e portate alto il vostro buon nome anche per me.
–Contaci!-
mi assicura Ranma. Scambio una veloce
occhiata con Xiwan e ci avviamo. Sulla strada avremo sicuramente preso
un taxi che
ci avrebbe portati fino in aeroporto.
–Addio, Mousse, torna presto a trovarci!- esclama Hiroshi,
agitando la
mano, seguito da Daisuke.
–Scriveteci,
mi raccomando!- cinguettano Yuka e Sayuri tra le lacrime.
Nel
chiarore del caldo sole al tramonto di giugno, le voci dei miei
compagni mi
giungono lontane, nonostante io non mi sia allontanato di
chissà quanti passi. Ma forse, a ben pensarci, è
solo la mia
mente ad essere ormai lontana.