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Autore: Yoan Seiyryu    07/08/2013    3 recensioni
Sleeping/Hook
Solo il bacio del vero amore può risvegliare Aurora dal sonno eterno, ma non sarà Filippo a salvarla dalla maledizione. Dunque che valore può avere un bacio dissimile da quello più potente di tutti?
Hook dimostrerà alla Bella addormentata che non sempre la magia è la risposta, a volte le persone sono legate da un filo sottile che prescinde dai propri desideri. Entrambi si ritroveranno ad affrontare un'avventura comune, riscoprendo loro stessi e ciò che il Destino ha in serbo per loro.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Aurora, Filippo, Killian Jones/Capitan Uncino, Mulan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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So lateley, been wondering
Who will be there to take my place
Whan I'm gone, you'll need love
to light the shadows on your face.
~*~

 

 

V. Il cerchio di pietre




Trascorsero almeno un paio di giorni, o forse più. Il tempo si dilatava e nessuno dei due riusciva ad accorgersi di quanto fosse passato dal risveglio di Aurora.
Nonostante Hook avesse il suo fortunato orologio da taschino, non riusciva a tenere il conto dei giorni. Rimanere in una foresta giorni e notti di seguito era pericoloso, non sempre si riusciva a cacciare e non tutti i frutti erano buoni da mangiare, soprattutto alcuni erano totalmente fuori dalle conoscenze del pirata.
Vivere in quel modo per Aurora non era facile, abituarsi a camminare scalza per finire con i piedi nel fango, avere i lembi delle vesti strappate, non potersi cambiare d’abito e lavarsi solo quando possibile la rendevano irascibile e permalosa.
Hook invece non aveva alcun problema a riguardo, aveva attraversato situazioni peggiori e si era temprato grazie alla vita trascorsa in mare.
L’unica questione che gli stringeva la gola, era quella di non ricordare quanto lunga fosse la foresta. L’aveva attraversata una volta sola e ricordava ogni particolare indizio, ma non sempre riusciva a tirarsi fuori da qualche impiccio sorto per caso.
Quel luogo brulicava di pericoli, come le sabbie mobili. Aveva dovuto ammettere  a stesso che da solo non sarebbe sopravvissuto.
Ma in fondo era bravo nel tirarsi fuori dai guai, chissà come sarebbe andata se fosse stato soltanto lui ad incamminarsi in quei sentieri pericolosi.
Giunsero di fronte ad un immenso spiazzo verde, privo di alberi al centro, gli unici si limitavano a circondarlo all’estremità, come a voler creare delle porte.
Proprio lì, sull’erba verde e rigogliosa, sorgeva un cerchio di pietre  disposte in posizione elicoidale, non erano molte ma lo sembravano quasi.
Hook alzò per un attimo gli occhi, si accorse che proprio in quel punto non vi erano le fronde degli alberi a coprire il cielo, ma anzi il sole riusciva a penetrare sulla terra per bagnarla con i suoi raggi luminosi.

“Un cerchio per il fuoco! Allora non siamo i soli ad attraversare la Foresta Proibita” si pronunciò Aurora, rimanendo a breve distanza.

Hook scosse leggermente il capo, accingendosi a raggiungere il cerchio.
“Temo che non sia così recente, soprattutto non è un cerchio per il fuoco. Non vi sono tracce di fumo, né di cenere e l’erba al centro è fresca”.

“Allora di che si tratta?” insistette Aurora, seguendolo lentamente, aveva sempre timore delle novità che si incontravano man mano che andavano avanti.

“Di qualcosa di molto antico, ma non ne so molto. E’ un cerchio magico, veniva utilizzato da alcuni maghi per scopi religiosi ed astronomici o qualcosa di simile” rispose lui, sedendosi a poca distanza dal cerchio per poterlo osservare meglio. In fondo una pausa non avrebbe gravato sulla tabella di marcia.

“Non ne avevo mai visto uno, in realtà pensavo si trattasse solo di una leggenda” disse lei, spostandosi di lato per poter vedere meglio, non si fidava ancora e non voleva avvicinarsi troppo.

Dopo tutto quello che avevano affrontato fino a quel momento, non desiderava incappare in un nuovo guaio. Anzi, sarebbe stato meglio rimanere immobili il più possibile per evitare che la Foresta potesse risvegliarsi. In effetti era ormai certa che fosse viva, come se seguisse i loro movimenti. Ma forse era solo suggestione.

“Siediti qui accanto a me, l’aria è diversa” la incitò Hook, che aveva iniziato a chiudere lentamente gli occhi, per sprofondare nei meandri della sua mente, escludendo tutto il resto del mondo.

Aurora decise che era giunto il momento di fidarsi e compiere quel passo che l’avrebbe avvicinata di più allo strano cerchio, tant’è che quando vi arrivò ad un passo di distanza, fu investita da una sensazione pacifica e di benessere.
Ancora suggestione?
L’aria era davvero diversa, più respirabile, pulita, colma di energie. Si sentiva rinfrescata, avrebbe potuto camminare per giorni senza fermarsi mai.
Si inginocchiò più avanti di Hook, per beneficiare di tutta quella trasmissione di energia. Chiuse le mani in grembo, chinando appena il mento e chiudendo anche lei le palpebre per concentrarsi.
Aveva un innato bisogno di non pronunciare nessuna parola, di abbandonarsi totalmente a se stessa e di non concedere ad altri di interrompere quel momento.


 
 
 
La terra tremava sotto i suoi piedi, gli alberi cadevano e si abbattevano al suolo. Il cielo era irraggiungibile, troppo lontano per poterlo scorgere. La macchia verde del bosco era fitta, si aprivano varchi nei tronchi, il terremoto era appena iniziato e non riusciva ad arrestarsi.
Aurora si sentì mancare la forza di reggersi in piedi, continuava a fuggire, alla ricerca di un nascondiglio per non rimanere sepolta da tutto ciò che stava raggiungendo la terra.
Tremava all’unisono dei tronchi robusti che iniziavano a distaccarsi, recidendo le radici fino a spezzare ogni legame che possedevano.
Di nuovo si trovava nella stanza del terremoto, ormai ogni volta che entrava nel mondo onirico finiva per ispezionare un posto diverso, non teneva più il conto di quante volte fosse capitata lì.
Doveva rimanere calma, urlare non l’avrebbe aiutata ad uscirne.
Cosa le aveva detto di fare Hook per controllare il proprio sogno? Anche se sotto effetto dei postumi della maledizione del sonno, tutto quello era creato dalla propria mente, avrebbe affrontato quella guerra con se stessa.
Prima cosa: guardarsi le mani.
Tentava, stava davvero tentando di farlo, ma qualcosa glielo impediva. Non riusciva a porre l’attenzione su di esse, sui palmi, come le era stato indicato.
Seconda cosa: saltare.
Quando si ha la sensazione improvvisa di cadere è perché nel sogno si sta saltando, per balzarne fuori.
Provò a saltare, a sollevarsi dalla terra che tremava, ma non vi fu proprio nulla da fare. La mente non riusciva a controllare il corpo onirico.
Avrebbe voluto piangere, se solo non fu costretta a spostarsi quando vide un albero distaccarsi dal suolo per roteare verso la sua direzione.
Si piegò per poi schivarlo, con le vesti incastrate sotto di esso, si era salvata per miracolo.
Perché d’istinto riusciva a controllare i movimenti e con la volontà non vi era nulla da fare? Non capiva, non veniva a capo di quella situazione.
Sua madre molte volte le aveva detto che l’istinto faceva parte di una natura intrinseca, difficile da controllare ma che poteva venire in aiuto nel momento del bisogno.
Invece la volontà doveva diventare forte per poter essere domata. Ma lei non era mai stata in grado di riuscire in una cosa simile, aveva sempre contato sul proprio istinto e mai su ciò che desiderava ottenere.
Di nuovo quella voce irruppe nella sua testa, nella stanza del terremoto, chiamandola a gran voce perché si risvegliasse.
Ed ecco che Aurora aprì gli occhi vorticosamente, presa dallo spavento, gettandosi in avanti con foga.



 
Avvertì le mani calde di Hook stringerle le guance, avvolgendo anche delle ciocche di capelli che ricadevano sparsi sulle spalle.
Lo fissò inorridita per quello che aveva visto in sogno, più per la sensazione di malessere che era giunta al risveglio.
Quante volte ormai si era ritrovata in quella situazione, con Hook che tentava di farla tornare in sé? Ormai era divenuta quasi un’abitudine ed affidarsi a qualcuno in fondo diventava piacevole, anche se quel qualcuno era tutto fuorché un uomo onesto.

“Come hai fatto ad addormentarti in un posto simile?” fu la prima domanda che giunse alle orecchie di lei.

“Non mi sono resa conto di nulla” si fece aiutare ad alzarsi in piedi, tenendo una mano adagiata sulla fronte, come a voler scacciare il giro di testa che era sopraggiunto “appena ho chiuso gli occhi mi sono ritrovata in quella stanza e…” cercò di continuare, ma le forze le mancarono e se non fosse stata per la presa ferrea di Hook sarebbe caduta.

“Attenzione dolcezza, comprendo il tuo desiderio, ma sono atteso da molte altre donne. Non credo di poterti ancora concedere la precedenza” le sorrise al suo solito modo, senza lasciarla andare.

Anche questa era un’azione che si era già ripetuta. Sembrava che certe dinamiche non potessero essere disciolte. Hook la risvegliava dagli incubi, Hook la teneva stretta per evitare che cadesse. Era quasi diventato il suo perenne salvatore, Aurora ancora non sapeva se questo avrebbe potuto farle piacere.
Di certo però non sopportava i suoi modi di fare egocentrici, perciò si distaccò da lui, sospingendolo via per potersi creare spazio.

“Precedenza!” sollevò gli occhi al cielo “Non riesco a credere che vi siano delle donne disposte a mettere da parte il proprio ego per fare spazio al tuo” così facendo si scostò, osservando per un’ultima volta il cerchio di pietre che le aveva dato quella strana sensazione, per poi sorpassarlo il prima possibile.

“Di certo il tuo ego è spropositato quanto il mio” aggiunse subito Hook “aspetta un attimo, non avere tutta questa fretta. Se siamo qui è per un motivo”.

Aurora si voltò ancora una volta, dargli le spalle era tremendamente difficile, era sempre costretta a guardarlo negli occhi e ciò la infastidiva. Si avvicinò con curiosità, credeva che avrebbero fatto soltanto una breve sosta e che avrebbero proseguito per quella strada, ma evidentemente non era così.
Hook si avvicinò al cerchio di pietre, unendo la punta dell’uncino con il palmo della mano sana, rivolta verso il centro del cerchio.

“Aspetta, che vuoi fare?” domandò Aurora lievemente intimorita, non riusciva a venire a capo di quell’enigma.

“Per una volta potresti fare silenzio e stare a guardare. Fidati, non accadrà nulla” la rassicurò prima di congiungere la parte dell’uncino più acuminata per aprirsi una piccola ferita sulla mano sana, lasciando che il sangue gocciolasse all’interno del cerchio.

In un istante quello stesso sangue si trasformò in una nuvola rossa che iniziò a girare su se stessa, innalzandosi da terra fino a raggiungere le vette più alte, sormontando i rami fitti degli alberi. Poi ricadde con una velocità ed una forza che fece spostare i corpi dei due avventurieri, costretti a coprirsi il viso per difendersi dall’incredibile impatto.
Quando la nuvola si sciolse, ne venne fuori solo un leggero fumo rosa che prese una direzione, come a voler indicare la strada.
Hook sembrò essere molto soddisfatto, tant’è che senza dare spiegazioni iniziò a seguire la scia di fumo, inoltrandosi nuovamente nel manto cupo della foresta.
Aurora rimase a boccheggiare per qualche istante, ancora colta dalle intense emozioni che aveva provato ma senza rimanere indietro, cominciò a seguirlo.

“Cos’era quel fumo rosso?” domandò al compagno di viaggio, affiancandosi a lui in tutta fretta, la scia ormai era scomparsa.

“L’indicazione che ci serviva” mormorò Hook, fasciandosi velocemente la mano destra senza curarsi minimamente del fastidio che gli procurava l’apertura della ferita. “Ti avevo già detto che i cerchi di pietre venivano usati in questo modo, sbaglio?”.

Aurora sembrò particolarmente stupita, da quel che aveva capito non sembrava che Hook sapesse a che cosa servissero quei cerchi magici.

“Non mi sembra” gli rispose leggermente stizzita, detestava essere presa in giro.

“In effetti ero a conoscenza della loro utilità, mi sono diretto verso il cerchio perché temevo di aver sbagliato il percorso, invece ho avuto la conferma che fosse esatto. Non avevo idea di come funzionasse, certi saperi sono troppo antichi per esser ricordati. Ho chiuso gli occhi e mentre tu ti eri addormentata, ho avuto quest’intuizione. In Oriente è una pratica che si usa spesso, in altri modi e ho voluto riproporla” spiegò molto semplicemente, chiudendo la mano fasciata in un pugno.

“Devi aver viaggiato molto, sai più cose di quante ne sappia io. E ho trascorso così tanto tempo sui libri…” esclamò con rammarico lei, sistemandosi lo scialle sulle spalle.
Era la prima volta che non mostrava qualcosa di buono di sé. Era la prima volta che faceva udire un tono di rancore che non le apparteneva.
Con Hook si sentiva in grado di mettere a nuda se stessa, di comunicargli ciò che a nessun altro avrebbe mai potuto rivelare. In fondo in una situazione simile, come poteva nascondersi? Non c’erano mura entro cui fuggire, né sentieri solitari e sicuri per ritrovare la strada di casa.

“I libri non servono a nulla, dolcezza, se non sono accompagnati da un po’ di esperienza” sogghignò lui, dando sfoggio della sua cultura da pirata che lo rendeva irrimediabilmente affascinante.

Dwigth Jones detestava leggere, nemmeno sua madre amava raccogliere i libri in casa se non per sfruttarli come carta da ardere. Killian non ne aveva mai avuto interesse, preferiva studiare le carte geografiche o le carte astronomiche, avevano qualcosa di molto più affascinante.
Spesso però si era fatto aiutare da quei libracci che piacevano tanto a Spugna, un irrimediabile romanticone.
Continuarono a percorrere ancora la nuova ala della foresta, fino al momento in cui non giunsero ad una piccola radura quadrata che ospitava sulla propria erba rigogliosa, grandissime piante verdi dalle foglie larghe e oblunghe.
Il sole riusciva a battere su di esse, lasciando finalmente intravedere il cielo, Aurora non era mai stata così felice.
Camminare quasi sempre in un buio tetro, illuminato da quei pochi raggi di sole, la rendevano inquieta e di cattivo umore.
Ma finalmente aveva trovato un motivo per sorridere e senza nemmeno pensarci, finì per correre verso la radura a piedi nudi, assaporando finalmente l’erba fresca e morbida per abbandonare la terra umida e fangosa.

“Attenzione principessina, il pericolo si nasconde ovunque!” la avvertì Hook, colto da un improvviso sorriso.

Da quando si erano incontrati non l’aveva mai vista sorridere in quel modo, soprattutto non l’aveva vista così piena di energia. Per un attimo desiderò anche lui lasciarsi andare, correrle dietro e condividere tutta quella spensieratezza. Ma non era più un bambino, non soffriva più della tipica leggerezza infantile, era un uomo che doveva portare a termine una missione.
Ottenere ciò che possedeva Malefica non era un gioco, anche se il suo desiderio era quello di ottenere un nuovo tesoro da aggiungere alla collezione.
Il fatto che Aurora si fosse unita a lui rappresentava solo un caso, se avesse saputo cosa stava cercando avrebbe tentato di fermarlo. E lei cosa avrebbe fatto una volta raggiunta la Strega? Sprovveduta ragazzina! Giungere fino al suo castello per poi presentarsi davanti a Malefica, puntandole il dito contro e accusandola di non aver rispettato i patti.
Sicuramente non avrebbe funzionato. Eppure c’era qualcosa di diverso in lei, aveva la sensazione che nascondesse un intero mondo dietro quel visino perfetto e carico di presunzione.
Forse la presunzione non era che una maschera, o ciò che vedeva era solo un abbaglio. Hook non amava guardare l’interiorità degli altri, preferiva conservare la propria come unica e sola importante. Tutto il resto non era nulla.
Aurora aveva smesso di correre, limitando il passo ad un leggero incedere tra quelle larghe piante, fino a fermarsi di fronte a fiori dai gambi così maestosi e grandi da sembrare alberi. I boccioli erano chiusi, alcuni erano viola, altri rossi e gialli.
Hook si avvicinò al gambo con il bocciolo giallo e si accomodò sulle foglie che giacevano sotto di esso. Con un tocco solo fece smuovere il fiore che si staccò dalla terra, i petali iniziarono a roteare in senso orario in modo così veloce da permettergli di innalzarsi in aria, fino a volare.

“Allora, vuoi rimanere lì per sempre?” le domandò lui, che le passò quasi sopra la testa e fu costretta a ripararsi con le braccia per non evitare il possibile impatto.

Aurora era totalmente stupita, non aveva mai incontrato una natura così rigogliosa, strana, diversa dal normale. Sembrava che in quella foresta vi fossero racchiuse centinaia di specie vegetali inesistenti al mondo, come se fossero magiche.
Immediatamente, per non rimanere indietro, si avvicinò al grande fiore viola ma appena andò a sfiorarlo, questo si richiuse sprofondando sotto la terra e lasciando al di sopra timidi petali distaccati.
Corrugò la fronte, non poteva arrendersi. A quel punto non rimaneva che andare a trovare il fiore che Hook aveva sfiorato e una volta lì davanti fece lo stesso, in un solo momento si ritrovò a mezz’aria, avvinghiata al gambo del fiore con tutte le sue forze, in un abbraccio estenuante.

“Se dovesse accadermi qualcosa, sarà tutta colpa tua!” esclamò lei socchiudendo gli occhi e stringendo le labbra, non voleva sapere dove la stava portando quel fiore volante.

Hook scoppiò a ridere, divertito da quella situazione. Forse era l’unica cosa della Foresta Proibita che aveva imparato ad amare. Rimase aggrappato al gambo soltanto con la mano sana, con l’altra stendeva il braccio in fuori per assaporare il vento fresco che gli accarezzava il viso.
Fu lasciato su un piccolo monte che riaccoglieva in sé altri alberi, altri oscurità, era quella la direzione da prendere e non sarebbero potuti sfuggire da lì.
Aurora cercò di atterrare con calma, evitando di farsi male, ma l’impatto fu alquanto disastroso, tanto che cadde rovinosamente a terra proprio accanto ad alcune radici secolari che la avvinghiarono in una stretta morsa.
Quando Hook se ne accorse si avvicinò, continuando a ridere.

“Ci sono troppi pericoli inaffrontabili, ma è quasi divertente vederti cadere sempre in queste trappole” rimase a guardarla, incrociando le braccia, mentre le radici iniziarono ad avvolgere il corpo sottile di Aurora.

“Lo trovi davvero divertente? Aiutami! Non riesco a respirare…” sussurrò lei, socchiudendo un occhio per la fitta che avvertì al petto. Cercava di tirarsi via da quell’imbroglio in tutti i modi possibili.

“E’ tutto nella tua testa, invece di affannarti tanto, prova a rilassarti e a lasciati cullare” le consigliò come quasi ogni volta che avevano incontrato insidie simili.

Hook sembrava sempre così tranquillo, pacato, senza alcun bisogno di mostrare alcun timore. Aurora invece era perennemente presa alla sprovvista, colma di paure indicibili che si associavano comodamente agli incubi notturni.
Anche questa volta decise di ascoltarlo, compiendo per quel che possibile un profondo respiro, abbandonando la presa sulle radici dalla presa mortale.
Trascorse qualche istante di più, la stretta si fece più forte finché non si sciolse completamente quando raggiunse il limite.
Non appena si liberò avvertì lo strappo leggero del lembo delle vesti, ancora una volta, ormai l’abito era stato consumato fino a macchiarsi di fango Aurora detestava sentirsi in quel modo, imperfetta e impossibilitata a cambiarsi.
Le radici si ritrassero, nascondendosi sotto il suolo.
Hook le aveva spiegato che la Foresta agiva in quel modo per difendersi, non per offendere. Molti erano stati quelli che avevano tentato di trasportarne via gli alberi e di intaccare il paesaggio, per questo si era ridotta a dover uccidere chi non voleva preservarla, fino a non riconoscere nemmeno gli amici.
In quel momento, la terra tremò, così tanto da farli cadere. Era quasi impossibile rimanere in piedi in un luogo del genere.
Tremò ancora, ancora ed ancora. C’era qualcosa che la faceva scuotere e di certo non proveniva dal basso. Erano i passi di qualcuno, qualcuno di così grande da destare un leggero timore negli occhi di Hook. Si morse il labbro, prima di afferrare Aurora per una mano e condurla dietro l’albero secolare per potersi nascondere.

“Non muoverti, potrebbe sentirci” disse in un sussurro, tenendola dietro di sé, mentre si affacciava dal tronco per poter vedere il sentiero.

“Chi potrebbe sentirci?” gli domandò accostandosi al suo orecchio e posandogli una mano sulla spalla, voleva capire, non voleva rimanerne esclusa.

“Il troll” confessò subito in un mormorio, chiudendo le palpebre con un leggero fastidio. “Se si trova qui vuol dire che deve aver fame”.

Aurora spalancò le palpebre inorridita, aveva visto i troll solo nelle immagini dei libri, ma non ne aveva mai visti dal vivo. I cavalieri del regno spesso raccontavano di averne incontrati in alcune caverne, altri non fecero mai ritorno quando decisero di inseguirli per riportarne la testa.

“Di solito cosa mangia un troll?” domandò in un sussurro.

“Carne di drago” rispose subito Hook, passandosi l’uncino sulla barba, come a voler pensare ad una via di fuga “e se non ne trova, si accontenta di carne umana”.











Nda: 


Ecco qui il quinto capitolo, finalmente! Devo ammettere che in questi ultimi due ho avuto qualche difficoltà, un blocco particolare che mi ha lasciata un pò perplessa riguardo alla storia ma credo di aver ripreso il via. Spero di non esser stata noiosa con questo capitolo, mentre lo scrivevo non mi piaceva nulla, mi auguro di recuperare T_T.
Grazie sempre per tutte coloro che mi seguono! 
   
 
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