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Autore: DawnRose    08/08/2013    2 recensioni
"Caro Babbo Natale, vorrei..." ehm, no. Non è questa la lettera di cui parla questa storia. "Murtagh: sei licenziato! By Galba" no, non è neanche questa. Pensate a una lettera scomoda, scomodissima (proprio come un paio di scarpe) che più la vuoi mantenere segreta e più finisce pubblicata su una rivista di gossip... Eccola: la nostra protagonista! Riuscira il bel tenebroso Cavaliere Murtagh (si, è proprio lui l'autore di questo pasticcio) a tenerla con sé o il "foglio volante" finirà nelle mani sbagliate? (si, in quelle della premiata ditta Eragon&Roran)
Scopritelo su A Letter. (si col punto, proprio come i Fun. Punto.)
Genere: Avventura, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Eragon, Galbatorix, Murtagh, Nuovo Personaggio, Roran
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO CINQUE: FATE IL VOSTRO GIOCO!
 
< Cosa vuoi fare? >
< Rubarla! Fregarla! >
< Ma noi… >
< Fidati: è per una giusta causa! >
< Ma… >
“Non ti preoccupare!” si intromise Saphira con tono scherzoso “Eragon ha una certa esperienza in queste cose…”
< Sul serio? > esclamò Roran guardando Eragon in modo divertito.
< Saphira… >
“Ha rubato delle pelli da Gedric e della carne da Sloan prima di partire da Carvahall…”
< Non è rubare! E’ prendere in prestito a tempo indeterminato! Glieli pagherò, prima o poi…  >
“Come no…”
< Lo sapete. Io sono un Cavaliere e mantengo sempre le promesse! >
< Ne sei sicuro? E in questo caso? Non possiamo mica dirgli: “Possiamo prendere in prestito una preziosissima lettera destinata al Capo dei Varden?" Sapete: è a tempo indeterminato!” >
< Ma Roran, si tratta di un furto a fin di bene! >
 
Urû’baen era una città oscura. Le strade del centro erano strette e si trovavano all’ombra dell’enorme costone sul quale era edificato il palazzo del re. Murtagh era nato e cresciuto lì, ma dalla fuga l’aveva sempre odiata.
Era il rifugio di Galbatorix l’origine dei suoi mali. Non avrebbe mai più voluto metterci piede, non dopo aver conosciuto lei, perché ormai aveva capito che la sua vera casa era dove lei si trovava.
Ma i Gemelli questo non potevano capirlo e ancor meno Galbatorix.
Loro non avevano mai amato una donna come Nasuada.
Loro lo avevano torturato, spezzato, ferito ma non erano riusciti a distruggere l’amore che provava per lei.
Questo era il loro più grande fallimento.
 
< Allora, come procediamo? >
< Semplice: tu li distrai, io agisco! >
< Io non voglio fare il palo! >
< Che c’entra. La questione è seria: e se in quella lettera fossero custodite informazioni segretissime? Piani di vitale importanza? Dobbiamo immediatamente riferirli a Nasuada. E’ una questione delicata e solo un Cavaliere può agire! >
< Ne sei sicuro? >
< Ascoltami Roran. Fin qui ho sempre scherzato perché ero estasiato dalla gioia di averti rivisto, ma da qui la questione si fa seria. Lady Nasuada ha dichiarato in caso di morte di volermi come erede, e ha affermato di aver riposto tutta la sua fiducia in me. E’ così che la ripago? Se c’è anche una minima informazione importante in quella cavolo di lettera, questa deve giungere assolutamente a lei. Non potrei mai accettare che la nostra missione fallisse per colpa di quello scritto. Dobbiamo recuperarlo, e siccome la missione riguarda maggiormente me, sarò io che rischierò >
Roran rimase senza parole.
< Quello che hai detto… è ammirevole! >

I due scesero le scale sorprendendo Marya e le altre due persone, una giovane dai capelli rossi e un uomo dalla chioma argentea, a discutere animatamente.
< Su > sussurrò a Roran.
< Scusate > disse lui, imbarazzato < La mia camera ha un problema! >
< Cosa è successo? > chiese l’uomo.
< Dovete venirlo a vedere tutti! >
< E’ grave? > chiese la giovane dai capelli rossicci.
< Ripeto: dovete vederlo di persona! >
< Mi stai preoccupando, ragazzo mio. La mia locanda è sempre stata considerata una delle migliori della città > aggiunse l’uomo.
< Forse perché l’unica > commentò Marya.
Lui la fulminò con lo sguardo, poi rivolgendosi a Roran chiese:
< Ce lo fai vedere! E’ una cosa risolvibile? Spero non ti abbia rovinato il soggiorno a Tol’Doron >
< Vi conduco alla camera! >
Roran si incamminò per le scale, seguito a ruota dai tre, mentre Eragon, con fare lesto e prudente, cercava disperatamente la lettera.
Apriva ogni cassetto di tutti i mobili che trovava, sfruttando i riflessi elfici conseguiti in seguito all’Agaetì Blodhren, cercando di fare meno rumore possibile.
Non dovevano scoprirlo.
 
Era seduto sul suo trono. Il re, un uomo non come gli altri. Quarant’anni dimostrava, e nessun segno di influenza elfica deturpava il suo corpo. Era umano, totalmente umano.
Non un filo bianco rovinava la sua lucente chioma nero corvino, non una ruga danneggiava il volto, dai lineamenti marcati e volitivi.
Era vestito completamente di nero ad eccezione del mantello, una cascata di stoffa argentata ricoperta da diamanti grandi e allungati… Murtagh lo osservò, poi se ne rese conto.
Non era stoffa e non erano diamanti.
Il mantello era di pelle di drago.
< E così giungesti a me, Murtagh figlio di Morzan >
I suoi occhi. Erano scuri come quelli di lei, ma così diversi…
In quelli di Nasuada lui leggeva il suo amore, la grande voglia di vivere, la forza di volontà… In quelli di Galbatorix… quegli occhi erano un abisso oscuro e solo rabbia e follia lampeggiavano attraverso le sue iridi.
< Non… mi metterò al tuo servizio >
< Non mi saluti? Neanche la buona educazione… Tu affermi che non ti metterai al mio servizio. Che decisione prematura. Non hai ragionato sui vantaggi e i privilegi che essere al mio servizio comporta? Pensaci Murtagh. Non farti influenzare su quello che i Varden dicono di me, non sono altro che un branco di cani rognosi, ma pensa a ciò che tu sai di me. Perché noi due ci conosciamo, vero? Imparerai col tempo che le voci e le dicerie ci dipingono in modo diverso da come siamo. Ti sembro forse un folle? >
< Si >
I Gemelli stavano per lanciargli un altro incantesimo –sicuramente il loro modo di torturarlo per l’ingiuria lanciata contro Galbatorix- quando il re li bloccò.
< Ammiro le persone che non hanno paura di esprimere le proprie opinioni, anche se, a dir la verità, odio coloro che si ribellano… una contraddizione, no? Eppure il mondo è contradditorio, la vita è contradditoria… > si fermò e volse gli occhi al cielo, il suo volto assunse un’espressione concentrata < Ti voglio fare un regalo >

< Qualcosa di speciale. Qualcosa di raro. Non un comune regalo. Solo se te lo meriti, ovviamente… >
Lo stava prendendo in giro. La situazione aveva qualcosa di assurdo. Era lì, dopo aver subito ogni sorta di torture, al cospetto di Galbatorix e lui voleva offrirgli un regalo?
“E’ proprio folle” pensò poi chiese < E di cosa si tratta? >
Lui sorrise.
< Ti piacerebbe diventare un Cavaliere Murtagh? >
La domanda lo sorprese.
< Seguimi…e vedrai >
Per un attimo stette immobile a ragionare, poi eseguì il suo ordine, andando incontro al proprio destino.
 
La trovò. Adagiata sul fondo di un cassetto, legata da un nastro di stoffa rossa. Era lei, la lettera.
Ammirò la pergamena pregiata, la scritta “Al capo dei Varden” in bella calligrafia, e si chiese da dove venisse. Sicuramente l’aveva scritta un informatore molto abbiente. Probabilmente veniva da una grande città, Dras Leona o Gil’Ead, oppure… “E se provenisse da Urû’baen?” si domandò “Chissà quali piani misteriosi contiene”.
Allora Eragon seppe di aver fatto la cosa giusta. Prese la lettera e la nascose nei pantaloni.
< Cosa stai facendo? > chiese una voce femminile.
 
Lo condusse in una sala sorvegliata a vista da un manipolo di soldati. Non vi erano finestre, e la stanza era avvolta nell’oscurità, rischiarata soltanto da alcune candele.
L’aria stantia era profumata da alcune incensiere che davano un profumo esotico e mistico all’ambiente.
Si sentì in trappole e si pentì di avere seguito il sovrano, in cui mantello brillava nel buio.
Galbatorix, seguito dai gemelli, si approcciò a una lastra sulla quale erano posati due scrigni. Ne prese uno e lo aprì davanti ai suoi occhi.
Adagiato tra piccoli cuscini di seta cremisi vi era un uovo di drago.
Pareva un enorme rubino, di un rosso pieno e lucente, liscio al tatto e freddo.
< Appoggia le mani > lo istruì Galbatorix.
Lo fece. Decise di seguire le istruzioni che lui gli dava.
Non successe nulla, e stava quasi per rimproverarsi mentalmente, perché così facendo si era consegnato al re, quando questi lo bloccò.
< Fermati, gli piaci >
< Cosa? > “Come è possibile?” si domandò.
Rimasero fermi ad osservare l’uovo, e nessuno, nemmeno i Gemelli, osava rompere quel silenzio denso di aspettative che si era creato.
Si dimenticò di essere a Urû’baen, si dimenticò di Galbatorix, dei Gemelli, delle torture subite. Contava solo l’uovo, e il piccolo drago al suo interno.
Il re era impegnato ad ascoltare i pensieri del cucciolo e a lui non rimaneva altro che aspettare…
E aspettare…
Un rumore improvviso lo scosse. Un lieve “crac” e una scheggia si staccò dall’uovo, facendo comparire una testolina color vinaccia, ricoperta da una viscida membrana.
Altri piccoli “crac” e l’uovo si ruppe completamente, lasciando uscire la creaturina rossa, che, per prima cosa, lo fissò dritto negli occhi.
< Avanti… toccalo > disse Galbatorix.
Il piccolo si voltò e guardò anche il re. Quasi sembrò che pensasse “E questo qui? Che vuole da me?”
Murtagh sorrise. E’ la stessa domanda che, certe volte, si faceva anche lui.
< Lo vuoi toccare… > lo esortò il re, e la sua voce aveva una sfumatura di ossessiva follia.
Murtagh allungò la mano, poi la ritrasse.
“Non posso condannare questo cucciolo a servire Galbatorix…”
Il drago lo fissò con lo sguardo più dolce che qualcuno gli avesse mai rivolto.
“Perché ti sei schiuso per me? Perché ti sei condannato da solo?"
Lui continuò a guardarlo intensamente.
“Non posso farlo. Lo sai… saremo entrambi condannati!”
Il drago stette immobile e spiegò le ali, dello stesso colore cremisi di Zar’Roc, la spada di suo padre.
< Ti vuoi muovere! > Galbatorix gli afferrò il braccio e lo spinse verso il cucciolo. La sua mano lo sfiorò.
Murtagh gridò.
Comprese Eragon in quel momento, perché non era dolore ciò che lo aveva sconvolto, era esaltazione. Era come se un frammento di sé, il migliore credeva, si fosse ampliato fino a comprendere una parte della coscienza del drago. Erano legati e solo la morte avrebbe potuto separarli.
< Adesso mi giurerai fedeltà? > chiese Galbatorix, con lo stesso tono che usano i bambini quando affermano che “tu fai un favore a me e io lo faccio a te!”
< Non lo farò mai >
< Jierda! > esclamarono i Gemelli e sentì le sue ossa spezzarsi.
< Non lo farò… mai finché il mio cuore batterà in petto! >
< Te lo strapperemo dal petto! > disse uno dei due maghi.
< Huildr > disse l’altro, e il suo corpo si fermò, prima di contorcersi tra atroci dolori.
Il cucciolo lo fissava con un enorme dispiacere.
< Tranquillo > gli sussurrò, mentre l’enorme sofferenza gli stava portando via le forze.
Avrebbe resistito. Per Eragon, il suo migliore amico. Per Nasuada, la donna che amava. E per… ancora non aveva nome, ma era il suo drago, il suo cucciolo e non avrebbe mai permesso che lui vivesse da schiavo.
< Non funziona… > Galbatorix si avvicinò a lui, il mantello volteggiava lucente come non mai.
< E’ quello lo spirito adatto Cavaliere. Sacrificarsi per ciò che si ama, proteggere il proprio drago. Tu non vuoi vederlo soffrire, giusto? > gli accarezzò il viso < Vero che non vuoi… >
Odiava il suo fare mellifluo e sapeva che ciò non prometteva niente di buono.
< Thyrsta! > Murtagh si aspettò di sentire il suo corpo comprimersi, ma il dolore che provò non derivava da questo. Sentì un mugolio di dolore. Il suo drago. Il suo cucciolo ancora senza nome.
“Come ha potuto… Io non lo lascerò soffrire…”
“No”
La voce del suo cucciolo che lo implorava di non consegnarsi a Galbatorix.
“Piccolo, tu stai soffrendo…”
“No”
< Siete ostinati… Diventerete più forti dei Rinnegati, più forti di qualsiasi Cavaliere mai esistito. Sarete secondi solo a me. Ma per fare questo, mi dispiace, ma devo continuare. Vindr >
Una folata di vento schiaffeggiò il drago, che resistette con tutto se stesso, emettendo solamente qualche verso di dolore.
Ma Murtagh non poteva vederlo sopraffatto dal dolore. Non voleva.
< Basta! > urlò < Mi arrendo! Mi metto al tuo servizio! >
Galbatorix sorrise. < sapevo che, prima o poi, lo avresti detto >
Il suo drago lo fissò. “Non avresti dovuto farlo” sembrava dire.
“Non potevo sopportare di vederti così.”
Il cucciolo voltò il muso dall’altra parte.
E a un certo punto, la sua mente, che aveva con così tanta determinazione difeso, si piegò di fronte alla malvagità del tiranno.
 
< Cosa stai facendo? > Marya era furibonda.
< Io… non volevo…  >
< La lettera! > esclamò lei.
< Volevate consegnarla a Galbatorix, vero? >
< No, non ci abbiamo mai pensato  >
< Mi stai mentendo? >
< Che significa? >
< Non maltrattare mia sorella o uccido tuo fratello! > l’altra ragazza li raggiunse trascinando con sé Roran, minacciato da un pugnale.
Il Cavaliere scoccò un’occhiata scocciata al cugino, che gesticolava in maniera scomposta come per dire “Te la sei cercata!”.
< E adesso? >
< Lasci stare mia sorella! >
< Voi mi lasciate la lettera! >
< No> ribatté lei . < E’ una cosa importantissima! >
< Certo, ma lo è anche per noi! >
< Noi chi? Ma chi siete? >
< Noi siamo… >
< Che succede? > l’uomo dalla chioma argentea arrivò di corsa, con il fiatone.
< Ci hanno attaccato! > disse la ragazza dai capelli rossi.
< Non è vero > ribatté Roran.
< Ma… >
< LETTA! > l’urlo dell’uomo zittì i quattro ragazzi, che, bloccati dall’uso della magia, non poterono altro che guardarsi negli occhi, in cagnesco.
< Cosa succede? > ringhiò lui.
“Sa usare la magia… allora, forse mi conviene rischiare.”
< Chi sono questi? Marya, Seselya degnatevi di rispondere! >
Eragon attirò l’attenzione su se stesso.
< Eka aì fricai un Shur'thugal >
L’uomo sciolse l’incantesimo e il Cavaliere poté mostrare loro il Gedwëy Ignasia, che splendeva argenteo sul palmo della sua mano.
I tre lo fissarono a bocca aperta.
Seselya commentò: < Dirlo prima no? >
 
Il cucciolo si aggomitolò accanto a lui. Pareva un gattino quando lo faceva.
Murtagh lo accarezzò e quando gli occhi rossi del drago lo trafissero, non poté altro che confessare:
< Non ce la facevo più a vederti torturato a causa mia >
Adesso non aveva più amici, né libertà, ma aveva lui e sapeva che non sarebbe mai stato solo.
< Cerchiamoti un nome, su… >
Lui cominciò a saltellargli intorno, cercando di spalancare le ali per volare, ma cadendo rovinosamente a terra come un cucciolo. Faceva così ogni volta..
“Murtagh” La sua voce pareva decisa.
Il giovane rise di gusto “Quello è il mio nome!”
“Nasuada”
“Ma dove l’avrai mai imparato questo nome… Lei… lei è mia amata! E poi è un nome da donna… non puoi usarlo!”
Il cucciolo emise un verso che assomigliava a una piccola risata.
“Eragon”
“Quello è il nome del mio migliore… nemico. Del nostro nemico”
Murtagh avrebbe dovuto iniziarlo a considerare un nemico; dato che ora lui apparteneva a Galbatorix non c’era più spazio per la loro amicizia.
I pensieri del drago si fecero sempre più curiosi.
< Il nome, il tuo nome… cosa possiamo fare! >
Il cucciolo rimase in silenzio, mentre un’idea gli balenava in mente.
< Castigo! Ti chiamerai Castigo, perché le tue fiamme saranno la giusta punizione per chi proverà a separarci o a farci del male! >
“Ca-sti-go” sillabò lui.
< Ti piace? >

“Sì”

Scusate il ritardo... La storia l'ho ormai terminata, devo solo postare i captoli. Strigliatemi pure se ritardo ancora così tanti mesi. Un bacio...
Dawn

  
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