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Autore: _eco    09/08/2013    6 recensioni
[Mags/Finnick] [Catching Fire]
Mags non ha figli, ma le sue mani, sottili e affusolate, hanno sempre avuto un tocco materno e leggero sui miei capelli e sulle guance perennemente imporporate di Annie.
Genere: Angst, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Finnick Odair, Mags
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Va bene, uccidetemi pure a colpi di pomodori marci. Sono assurda, non ho mai pubblicato due storie a distanza tanto ravvicinata, ma a questa ci lavoro da una settimana e passa, e, dopo averla finita, dovevo assolutamente postarla.
Ci tengo molto, perché il pairing Mags/Finnick mi ha sempre commosso ed emozionata. La loro complicità, il modo in cui Finnick si prende cura di Mags, se la carica sulle spalle... e poi lei, che si sacrifica, perché sa di comportare soltanto un ostacolo per tutti, e, in particolare, per Finnick stesso.
La shot si articola in tre parti. La prima risale alla notte prima dell'arena, ovviamente quella del secondo libro. La seconda alla mattina seguente. La terza alla notte dopo la morte di Mags, quando Finnick rimane di guardia e sfoga il proprio dolore.
Buona lettura (:
P.S: perdonate il titolo, che abbastanza scontato e nonsense.

Mags ha la neve fra i capelli.
 

A Mags mancano quasi tutti i denti. Già dieci anni fa, quando mi fece da mentore per la prima volta, era a corto di molari e di un paio di incisivi.
Le chiesi perché non se li fosse ancora fatti aggiustare. Insomma, i soldi li aveva, e anche in abbondanza, se è per questo. Ma lei mi rispose qualcosa che aveva a che fare con ostriche e noccioline. Sì, ecco. Le ostriche posso succhiarle anche senza denti, le nocciole le mastico con le gengive, per tenerle allenate. Non mi servono quelle cose là – e capii solo dopo che si riferiva alle dentiere. Placcate in oro o argento, spigolose o arcuate, con i brillantini o piccoli puntini verde acceso. Potevi personalizzarle come volevi, a Capitol City.
E tutti quei gingilli da mettere in bocca avrebbero rappresentato un ostacolo per i molluschi che tanto ama ingurgitare.
Mags ha i capelli lunghi sulla schiena, sfibrati e ingarbugliati, coperti da un pulviscolo di neve ingrigita, come quella che si accumula ai lati delle strade e che si sporca di polvere, ma non si scioglie mai completamente.
Le chiesi anche questo. Come mai non li avesse ancora tinti. Lei mi disse che sua madre era campata sino a novanta e passa anni, senza ricorrere a quei colori sgargianti e a quelle ridicole parrucche.
Adesso è seduta di spalle su una poltroncina imbottita, rosso vermiglio, e lei è così piccola e minuta che a stento le si vede la testa. Vi tamburella con le dita lunghe e ossute, proprio lì dove la cute inizia ad indebolirsi e i capelli a diradarsi. So cosa vuol dire.
Con il tempo, Mags ha perso anche quei denti che prima aveva e che le consentivano di farsi capire quando parlava. Adesso, io e lei comunichiamo a gesti, e, di tanto in tanto, mi rifila un grugnito indispettito o un mugolio di approvazione.
- Sì, sì. Arrivo. – biascico, strisciando i piedi nudi verso di lei.
Ha già in mano la spazzola di plastica bianca, con le setole morbide e flessuose, di modo che non si faccia male quando gliela si passa sui capelli, aggrovigliati e pieni di nodi.
Non ho mai capito perché tenga tanto ad averli ben spazzolati, ogni sera, visto che si ostina a mantenerli di quel colore incerto tra il bianco candido e il grigio sporco.
Inizio a passarle l’aggeggio lungo la chioma, e ogni tanto sono costretto a fermarmi o a rallentare, per via di un intrico di capelli troppo spesso. È sorprendente come, nel giro di un giorno, ritornino ad essere una rete stretta e attorcigliata, impossibile da districare.
Certe volte, ho come il sospetto che Mags, appena esco, se li attorcigli di proposito. Sarebbe da lei.
Fisso la sua immagine riflessa nel vetro. Ha profondi occhi chiari, che spiccano in mezzo a quella ragnatela di piaghe e rughe che le scolpisce il viso. Le sopracciglia sono rade, quasi assenti, anch’esse grigio chiaro. La bocca è sottile, e, mentre adesso somiglia ad un piccolo vermiciattolo rosa, prima doveva essere di un colorito vivace. Le spalle esili e spigolose, le clavicole che sporgono da sotto la pelle ruvida. Pelle di serpente, chiazzata da piccole macchioline marroncine, che somigliano a strane lentiggini.
Indossa una sobria camicia da notte azzurro cielo, di cotone leggero, che le lascia scoperte le gambe dalle ginocchia in giù. Le rotule quasi fuoriescono dal sottile velo di pelle pallida che le ricopre.
Mags non ha figli, ma le sue mani, sottili e affusolate, hanno sempre avuto un tocco materno e leggero sui miei capelli e sulle guance perennemente imporporate di Annie.
- Perché non hai figli, Mags? – le chiedo, ma so che la sua risposta – un soffio incontrollato fra gengive arrossate e denti invisibili – mi sarà incomprensibile.
Lei mugugna qualcosa e fa un gesto con la mano, sferzando l’aria, come per rinviare la questione a dopo. Quantomeno non ha grugnito, quindi la domanda non sembra averla infastidita.
Continuo a lisciarle i capelli, finché lei non mi fa cenno di smettere, e, con il dito, mi dice di avvicinarmi a lei. Mi scocca un bacio, che sa di saliva e ostriche, su una guancia. Non mi dà fastidio. Non come quelli che mi lasciano un’impronta di rossetto sulla pelle o il nauseante puzzo d’alcol in bocca.
Questo bacio significa “Grazie, ragazzo. Buonanotte.” E io lo accetto ogni sera, ricambiandolo con una carezza sul braccio scarno di Mags.
Poi me la carico in braccio e la stendo sul letto, coprendola con il lenzuolo sino alle ginocchia.
 

***


Quando mi sveglio, fisso il sole sorgere sul mondo artificiale e distorto che è Capitol City. Quella palla di fuoco, con i suoi raggi incandescenti che filtrano da ogni spiraglio, sembra l’unica cosa autentica, qui, e somiglia in maniera impressionante a quello che guardo sbucare tra le montagne e riflettersi nel mare, nel 4.
Un cono di luce decide di posarsi sul piano di legno del comodino.
C’è un foglietto, strappato maldestramente, gli angoli ripiegati. Una pagina di quaderno come tante, dalle righe larghe e ben dritte. La grafia, al contrario, è sghemba e tremolante, perché le mani che l’hanno tracciata sono anch’esse scosse da continui fremiti.
Io ho te, Finn. Ed Annie.
È questa la risposta di Mags. Non ha avuto figli, non li ha mai cercati. Perché, sin da ragazzina, l’hanno costretta a prendersi cura di quelli degli altri, prima di spedirli al macello, nella speranza che trovassero il modo più indolore e rapido di morire.
 

***


Mi accovaccio su me stesso, disegnando strani cerchi con gli alluci sulla sabbia fresca. Sento il suono dell’acqua che scorre placida, qui vicino.
Mags è stata inghiottita da quella nuvola di gas tossico che le ha corroso la pelle, già trapuntata di rughe.
Le ho chiesto dov’è andata a finire. Le ho chiesto perché.
Ma lei non ha ancora risposto – mi basterebbe anche uno di quei suoi grugniti irritati.
E ho la terribile sensazione che non le sarà concesso nemmeno di scrivermi un bigliettino.

  
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