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Autore: beesp    12/08/2013    0 recensioni
LEGGERE ATTENTAMENTE GLI AVVERTIMENTI.
Un ragazzo trova una bottiglia di vodka nascosta e, insieme a questa, una porta aperta sul suo recente passato...
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Threesome, Violenza | Contesto: Contesto generale/vago
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Titolo dal testo di "Black Sheep" dei Metric.
Avvertimenti (da non leggere se non amate gli spoiler):
qui si parla di gravidanze, aborti, suicidi, prostitute, rapporti sessuali con più di due persone coinvolte, bisessualità, rapporti sessuali in luoghi non considerati usuali, droghe, fattanze varie, alcol, atti sessuali in pubblico e/o all'aperto; inoltre non si usa linguaggio aulico, if you know what I mean, ci sono accenni a violenza e probabili infrazioni della legge.








"È notte fonda ed ho trovato il tuo indirizzo e-mail chissà per quale strano scherzo del destino. Stavo cercando una bottiglia di vodka che sapevo di aver nascosto da qualche parte per situazioni estreme ed è comparso un foglietto ed ho troppo alcol in corpo per abbandonarmi all'inibizione e non scriverti.
Da quant'è che non abbiamo contatti io e te?
Di solito è così che si cominciano le conversazioni tra persone che si conoscevano bene e che non hanno più notizie gli uni degli altri.
Mi hanno detto che stai attraversando un brutto periodo, che ti hanno quasi arrestata per una rissa, che rischiavi un'overdose qualche sera fa in discoteca, che una tizia con cui sei uscita ti ha picchiata... Mi raccontano cose di te, ed io sono sempre lì a chiedermi perché; forse sperano che torni da te, implorando, e ti riporti all'autostima e alla felicità.
Io e te sappiamo che se stai male ora, non dipende da me. Non dipende dal nostro allontanamento.
Spesso mi manchi così tanto che non riesco a respirare e dopo poco vorrei cancellare il tuo ricordo dal mio cervello con la candeggina.
Ci dicevano che dovevamo sposarci e noi ridevamo e li additavamo perché noi non ne avevamo bisogno, sapevamo che saremmo rimasti sempre insieme... Ed invece un bel giorno ci siamo guardati negli occhi ed abbiamo capito ch'era meglio lasciar perdere, sigillare il ricordo felice, finché lo fosse stato, e non rischiare di rovinarci. Eravamo al culmine e siamo caduti giù, in fondo, passando dalla gioia alla disperazione; andava bene così. Io ho continuato a vivere, ho incontrato persone e sono stato con loro e ho amato per notti intere e per pochi secondi e quella passione e quel desiderio si mischiavano alla malinconia, perché il mio cuore dilaniato si rifiuta di sentirsi lacerato ogni volta che mi lasciate - anche se, in fondo, sono anch'io quello che lascia. Che strani anni questi. Mi chiedo se, quando il mio viso comincerà ad invecchiare, continuerete ad amarmi e ad accettare i miei inviti...
Certe volte, seduto in terrazzo, con una tazza di caffè, sento il profumo dei tuoi vestiti e dei tuoi prodotti cosmetici, quelle creme fresche e i fondotinta odorosi, mi sale il magone, però respingo le lacrime, e mi masturbo lì, ai miei piedi la città ancora addormentata, ed io annebbiato dalle notti sveglio, tra locali o solo a casa, vedo tutti i volti che ho sfiorato, e quando sto per venire, penso a te, e piango mentre mi rilasso e mi assopisco.
T'immagino in questo momento in qualche bagno sudicio strizzata contro le mattonelle, contro qualcuno con cui scambiarsi piacere. Quando i nostri amici dovevano chiamarci per andare via, ci trovavano sempre nei cessi, con i gemiti forti di chi non se ne frega, tanto nelle schifo di discoteche che frequentiamo l'unico interesse è che ci si sbrighi, perché c'è la fila - quelli che devono trombare e sono sul punto di scoppiare e quelli che devono sniffare.
Ti mettevi a battere le mani contro le pareti quando stavi per venire e volevi che mi dessi da fare ed io buttavo la testa all'indietro e ci mangiavamo e le persone sbraitavano, ma era come se stessero litigando con la tazza del water, per quello di cui ci accorgevamo. Quante notti siamo rimasti soli, senz'auto, la strada fino a casa a piedi, a fermarci a vomitare o a fare sesso nei vicoli con i bidoni della spazzatura a pochi passi - sembrava che i ratti ci fissassero -, passando tra le strade delle prostitute, a decine le abbiamo portate in posti appartati, sono capitate anche più di una alla volta ed era sempre bello guardarti mentre ti facevi qualcun altro e poi essere io a farti venire. Poi arrivavamo a casa e capivamo meno di quand'eravamo usciti dai club e dai locali, ci stendevamo sul letto e facevamo l'amore, piando, mordendoci e senza preservativo - ché tanto tu prendevi la cazzo di pillola.

Poi... Sei rimasta incinta. Non ho mai davvero capito se non fosse colpa tua o se mi avessi mentito. Io sono scappato perché dicevo che il bambino sarebbe nato pazzo. O morto.
Tu mi chiamavi e mi urlavi contro e mi chiamavi stronzo e mi dicevi che quando ci saremmo visti di nuovo, mi avresti strozzato. Piovve. Ed io tornai fradicio e tu capisti che sarei rimasto e quello è stato il periodo più bello e ti amavo così tanto.
Alla prima ecografia, come due deficienti, chiedemmo quale fosse il sesso e la dottoressa quasi ci rise in faccia; non ci dispiaceva lasciare da parte le notti fuori a cazzeggiare, facevamo l'amore di continuo ed io avevo paura che ti stancassi troppo, ma tu avevi gli ormoni a mille e mi eccitavi, compravi quei completi intimi, e t'incollavi addosso ed io non ce la facevo per quant'eri bella - anche nel sonno, sotto le lenzuola, s'intravedeva il tuo corpo e morivo e poi pensavo a nostro figlio ed ero pazzo di gioia. I vicini si lamentavano e noi ce ne fottevamo, tu dicevi che dovevamo trovarci un lavoro serio e ridevamo e bevevamo latte in quantità industriali e mi convincevi a mangiare verdura e frutta per il bambino, ché queste cose gli facevano bene.

Mi ricordo quella mattina in cui mi svegliai e c'era sangue su tutto il letto e tu lo spostavi come se, facendolo entrare di nuovo dentro di te, potessi far finta di niente. Chiamammo un'ambulanza, ma già lo sapevamo. Tu non piangesti, io gridavo, volevo far causa alla ginecologa; ma era aborto spontaneo, nessuno poteva prevenirlo.
Ti fecero partorire nostro figlio e lo portarono via per sempre. Quand'eravamo in auto, pronti a tornare a casa, mi facesti giurare che non avremmo tentato mai più di avere figli insieme.

Qualche mese dopo ci amavamo ancora. Non uscivamo più, eravamo chiusi nel nostro mondo e rimanevamo nudi, insieme, anche per settimane.
Ti stendevi su di me dopo aver fatto l'amore e dopo poco ti penetravo ancora e tu mi succhiavi ed io ti leccavo e tutto il mio corpo sentiva l'orgasmo ed era bellissimo. Non pensavo saremmo stati felici di nuovo, ed invece. Dicevi che volevi morire perché stavi troppo bene e volevi che la tua vita finisse così ed io ti rispondevo di non dire stronzate, ma tu le dicevi, perché tu hai sempre parlato a sproposito, cazzo significa suicidarsi per il benessere? Non s'è mai sentito.
Ricominciammo a vederci con i nostri amici e la verità è che dovevamo, perché vivere solo di noi ci avrebbe consumato - ti stava rodendo il cervello, e forse sono stato troppo lento nel capirlo e ormai sei irrecuperabile, va' a capire; se dovessimo pagare per tutte le colpe nel nostro rapporto, ci darebbero l'ergastolo - e la verità vera è che probabilmente ti sei innamorata di nuovo della tua vecchia vita e va bene così, vivi al massimo, chi cazzo se ne frega, nessuno ci avrà come ci siamo avuti, lo sappiamo entrambi, e ti amo ancora, da far schifo, e ti amerò sempre e ogni tanto mi sentirai urlarlo e va bene così, ridici su, fingi di non riconoscermi, ma poi rispondimi, anche tu pensa a me quando vieni, tanto lo so che già lo fai, ti conosco più delle mie stesse mani...".
   
 
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