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Autore: hemademebelieve    14/08/2013    1 recensioni
dal testo: « -Voglio che tu rapisca la figlia di Viktor, Elizabeth- sancì, deciso. Il biondo si ritrovò a sogghignare, scuotendo la testa. –E’ assurdo, davvero.. E io da tutto questo cosa ottengo?- domandò interessato.
Daniel si ritrovò ad alzare le spalle, buttando fuori una risposta a caso. –Mmh.. il mio totale riconoscimento a vita, un gruzzoletto di soldi e, se ti va, qualche serata con la ragazzina..- rise.
-Oh amico, sei messo veramente male..- lo derise Justin. –Comunque accetto, come sai ho bisogno di un po’ di soldi per quella questione- aggiunse poi, rimanendo sul vago.»
Quando rapisci qualcuno ti aspetti di tutto, ma mai che quella persona possa cambiare completamente il tuo gioco.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Justin Bieber, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Bondage
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-Tuo padre arriverà fra poco, appena ci ha chiamati ha detto che si sarebbe messo in viaggio per venire a prenderti. Andiamo fuori e aspettiamolo lì, va bene?- disse velocemente uno dei poliziotti, avvicinandosi ad Elizabeth e cingendole le spalle.
La ragazza si ritrovò ad annuire, facendosi poi scortare fuori da quella casa.
Justin osservò la scena, sospirando e passandosi una mano tra i capelli. Cosa sarebbe successo ora? Cosa ne sarebbe stato di lui? Elizabeth avrebbe raccontato agli agenti anche le cose che era venuta a sapere su di lui, o lo avrebbe salvato? Non sapeva più cosa pensare, il suo destino era totalmente nelle mani di quella ragazza.
Non aveva paura per se stesso, ma per Jaxon: se lui fosse stato arrestato, chi si sarebbe preso cura di quel bambino? C’era Mary, è vero, ma aveva già da pensare a sua figlia e non poteva affidargli anche lui da mantenere. E poi era lui suo fratello: per quanto bene volesse a Mary, voleva che Jaxon potesse crescere con almeno una persona di famiglia.
-Giovanotto abbiamo bisogno che ci racconti cos’è successo- esordì uno dei poliziotti, con esattezza il primo che era entrato nella casa. -Sappiamo che quella ragazza era scomparsa da più di una settimana e un quarto d’ora fa circa, ha chiamato suo padre dicendo di mandare qualcuno a questo indirizzo. E tu sei anche ferito..-
Il biondo annuì, preparandosi una versione dei fatti in grado di farlo passare completamente per innocente. –D’accordo allora.. io lavoravo per Daniel, l’uomo più giovane che avete appena arrestato. Saprete sicuramente che a Stratford dirige, insieme a Viktor Anderson, nonché il padre di Elizabeth, un’azienda molto importante..- iniziò a raccontare, mentre il poliziotto annotava tutto su un taccuino che aveva tirato fuori da una tasca. -Ecco, spesso lo aiutavo con i conti, fatture e cose del genere. Un giorno però sono arrivato a casa sua e mi ha affidato l’incarico di portare del cibo a questa ragazza in soffitta. Ho provato a chiedere spiegazioni, ma non mi ha detto niente. Così ho solo fatto ciò che mi ha chiesto e ho portato del cibo a Elizabeth. In seguito sono tornato in quella stanza altre due volte in compagnia di Daniel; entrambe le volte ha cercato di violentare la ragazza, ma io mi sono sempre mezzo in mezzo cercando di fermarlo, e la seconda volta gli ho tirato un pugno e lui è caduto a terra. Ho preso Elizabeth e l’ho portata qui: Daniel non sapeva che avessi una casa in questo luogo, così pensavo che saremmo stati al sicuro- proseguì e concluse senza variare ulteriormente la storia, raccontandogli della prima volta in cui Daniel si era introdotto in casa sua e di quella sera.
-Quindi tu sei totalmente estraneo al rapimento della ragazza e l’hai solo aiutata a scappare da quei due uomini.. è corretto?- chiese conferma il poliziotto, riepilogando in breve l’accaduto. Justin si limitò ad annuire.
-D’accordo, non ci rimane che aspettare la versione dei fatti della ragazza. Se coinciderà con la sua, lei non avrà nulla da temere. Le faremo sapere il più presto possibile. Grazie per la collaborazione- il poliziotto lo salutò e uscì dalla casa.
Il biondo rimase fermo sull’uscio della porta, vedendo come il padre di Elizabeth, che era appena arrivato, abbracciava la figlia. Quella che doveva essere sua madre era totalmente in lacrime, tanta era la felicità di averla finalmente ritrovata.
La ragazza ricambiava gli abbracci e sorrideva debolmente, eppure Justin riusciva a percepire perfettamente che c’era qualcosa che la turbava e sapeva bene che quel qualcosa era proprio lui. Vide i genitori di Elizabeth trascinarla verso la macchina, ma, prima di salire, la ragazza dedicò un’ultima occhiata al biondo. Si guardarono per quelli che a entrambi sembrarono istanti infiniti e subito Justin vide la giovane dire qualcosa al padre, che si affrettò a tirare fuori dei soldi e a porgerli alla figlia, che si incamminò verso di lui.
-Questi sono tuoi. Te li devo per i vestiti e per tutto quello che hai fatto per me- disse, porgendogli cinque banconote da cento dollari. Justin strabuzzò gli occhi alla vista di tutti quei soldi: per i suoi vestiti aveva speso neanche un quinto di quella cifra. Si ritrovò a pensare che sicuramente gli sarebbero stati utili, ma in ogni caso non avrebbe potuto accettare.
-Non voglio i tuoi soldi- si limitò a rispondere, osservando l’espressione dipinta sul volto della ragazza di fronte a lui. Ora, più che impaurita, sembrava furiosa con lui.
-Prendili e basta. Devo ripagarti in qualche modo- ribattè, porgendo nuovamente i soldi verso di lui.
Justin scosse ancora una volta il capo. –Vuoi ripagarmi? Permettimi di raccontarti meglio ciò di cui sei venuta a conoscenza prima. C’è altro che dovresti sapere-
-No, non mi interessa. Tanto da stasera non ci vedremo mai più- disse, mantenendo il tono freddo che aveva adottato da quando era venuta a parlargli.
-Oh perfetto- rispose sarcastico Justin. –Quindi faremo finta che tra me e te non ci sia mai stato nulla? Vuoi davvero questo?- proseguì.
Elizabeth deglutì. Stava per dire qualcosa di cui sapeva già che si sarebbe pentita, ma quella storia era impossibile, e lei si sentiva così tradita, delusa, arrabbiata e spaventata, anche se in quel momento ce la stava mettendo tutta per non dimostrarsi debole.
-Tra me e te non c’è mai stato niente- concluse quel discorso, mettendogli in mano i soldi e andandosene velocemente. Justin rimase lì, cosciente del fatto che quella conversazione non era ancora finita. Non poteva andarsene, per di più lasciandolo con una frase del genere.
Sapeva che mentiva, ma si sentiva comunque arrabbiato. Non poteva trattarlo così, non dopo tutto quello che aveva fatto per lei.
 
-Justin, finalmente! Che fine avevi fatto?- esordì Mary, aprendo la porta e vedendo finalmente il suo migliore amico. Era quasi l’una di notte e Justin, dopo che tutti se n’erano andati, non aveva tardato a recuperare le sue cose in quella casa e a mettersi in viaggio per tornare a Stratford.
I due si abbracciarono, fino a che Justin non si fece spazio in quella casa, lasciando cadere a terra la sua borsa e chiudendosi la porta alle spalle.
-E’ stata una settimana assurda- le disse, dirigendosi nella camera da letto di Mary e buttandosi sul letto. Si sentiva ancora così arrabbiato per colpa di Elizabeth: la sua immagine continuava a presentarsi nella mente del biondo, che ormai era anche stanco di pensare.
Mary, che lo conosceva bene, sapeva che in quei momenti Justin voleva solo riposare e restare tranquillo per un po’.
-Mi racconterai domani- gli rispose, raggiungendolo sul letto e sdraiandosi vicino a lui. Justin appoggiò poi la testa sulla pancia di Mary che, dolcemente, gli accarezzava i capelli.
-Grazie..- sussurrò poi il biondo, sentendosi in dovere di ringraziare l’amica che, per l’ennesima volta, gli aveva dato prova della loro amicizia: era stato via per più di una settimana, lasciandole un bambino di cui occuparsi e chiunque al posto suo avrebbe preteso spiegazioni nel vederlo tornare. Ma non Mary: lei sapeva che quando il biondo avesse avuto voglia di parlare, l’avrebbe fatto.
In tutta risposta la ragazza sorrise, sporgendosi in avanti e lasciandogli un bacio sulla testa.
 
-Hey piccoletto.. è ora di svegliarsi, bisogna andare all’asilo- chiamò Justin. Nel sentire la voce di suo fratello, Jaxon spalancò subito gli occhi.
-Justin!- urlò felice, alzandosi dal lettino e buttandosi tra la braccia del ragazzo.
-Come stai?- gli chiese Justin, mentre Jaxon teneva appoggiata la testa vicino al suo collo.
-Non vai più via, vero?- domandò teneramente il piccolo, ignorando completamente ciò che gli era stato chiesto e provocando una risata nel fratello.
-No, non ti preoccupare, rimango qui con te- lo rassicurò, lasciandogli un bacio sulla guancia e portandolo poi in cucina, dove trovò Mary e Anne già intente a fare colazione.
Ben presto furono tutti pronti e i due ragazzi accompagnarono i bambini all’asilo; Justin allora ne approfittò per raccontare all’amica tutto ciò che era successo in quella settimana.
-Ecco spiegato il perché sei così stanco..- disse Mary, una volta che il biondo ebbe terminato il racconto.
-Magari fossi solo stanco.. mi sento così arrabbiato per via delle parole di Elizabeth!- sbottò. –“Tra me e te non c’è mai stato niente”- citò. –Come può dirlo così facilmente? Lo so che mentiva, ma mi dà fastidio da morire anche solamente il fatto che l’abbia detto. Rinnegare tutto non servirà a cancellare ciò che c’è stato!- si confidò.
-Justin..- lo richiamò Mary. –è normale, è appena venuta a sapere di ciò che fai nella vita. Voglio dire, non tutti fanno ciò che fai tu..- lo fece ragionare, tenendo un tono di voce basso cercando di non farsi sentire dalle persone che passeggiavano vicino a loro.
-Ma tu non hai reagito come lei quando ti avevo confessato la prima cosa che avevo fatto!- ribattè quello, ricordando il giorno in cui era andato dalla sua amica a raccontargli di aver guadagnato dei soldi consegnando un pacchetto di droga per conto di Daniel.
-Io mi sono sentita in parte come sono certa che si sarà sentita Elizabeth: delusa. Non riuscivo a credere che avessi deciso di fare una vita del genere e tutt’ora non riesco a crederlo. Quando Daniel ti insegnava a difenderti e ad attaccare, non credevo che un giorno l’avresti fatto per fare quello che fai. Io l’ho accettato, ma non lo condivido- spiegò, mentre Justin teneva le mani in tasca e camminava guardando dritto avanti a sé.
-Ho dovuto farlo.. lo sai che era l’unico modo per riuscire a trovare dei soldi per mantenere Jaxon- rispose lui. Non andava fiero di ciò che faceva, ma gli permetteva di vivere.. cos’altro doveva fare?
-Sai benissimo che potresti trovare tranquillamente altri lavori!- lo riprese quella. –In ogni caso, credo che dovresti provare a parlare con Elizabeth. Da quel che mi hai detto tra di voi si è creato un rapporto particolare: vi siete riusciti ad affezionare in così poco tempo- ritornò al discorso iniziale.
-Sì e in così poco tempo si è rovinato tutto..- commentò Justin. –Comunque continuerò a insistere e a parlarle. Deve sapere di più e so che quello che c’è tra di noi non è ancora finito.. è appena iniziato- disse, sicuro di sé.
Mary sorrise soddisfatta, per poi rabbuiarsi. –Odio parlarne e riportare il discorso su questo argomento, ma cosa farai adesso che Daniel è stato arrestato? Continuerai a fare quello che svolge le faccende per gli altri, o cercherai qualcosa di onesto? Sei stato bravo fin’ora a non lasciare tracce e prove, ma per quanto tempo ancora la fortuna sarà dalla tua parte? Ci hai mai pensato?-
Justin sospirò. –Ci penso ogni giorno da quando ho iniziato. Il fatto è che mi conoscono in molti e una volta che sei in questo giro non credo sia così facile uscirne. Comunque vedrò cosa fare..- tagliò breve il discorso, non avendo una risposta adatta.
 
 
" -Mi stai per caso prendendo in giro?- la stuzzicò. –Io? No, non lo farei mai. Specialmente in compagnia di un possibile assassino!-"
 
"-Comunque signor assassino, se proprio non può riportarmi a casa dei miei genitori, io avrei bisogno di alcuni vestiti..-"

 
Elizabeth aveva detto quelle cose scherzando, ma ora che sapeva che Justin era veramente un assassino, quelle frasi non facevano altro che farla rabbrividire. Eppure continuava a pensare a quello su cui aveva riflettuto i primi giorni in compagnia di quel ragazzo.
Assassino o meno, non le aveva fatto del male; al contrario, l’aveva salvata. Avrebbe potuto ucciderla ogni giorno, approfittare di lei o farle qualsiasi cosa avrebbe voluto, ma Justin non l’aveva toccata minimamente, se non per abbracciarla dopo un incubo e per baciarla. E in quei casi lei non si era rifiutata, anzi, doveva ammettere che aveva bramato quelle labbra fin dal primo istante in cui il ragazzo si era avvicinato a lei. E poi c’era stato quel momento in cui aveva sentito il respiro diventare fin troppo pesante: quando Justin si era intrufolato nel tessuto dei suoi pantaloncini per dimostrarle ciò che Daniel avrebbe potuto farle se l’avesse riportata a Stratford.
Stratford.. quante volte Justin le aveva detto che se fosse tornata, qualcuno sarebbe potuto morire? Tante, forse troppe.
 
“-Posso almeno chiamare i miei genitori?-
-No-
-Perché?-
-Perché se non vuoi farli morire, allora ti conviene non chiamarli- disse secco il biondo, mentre infilzava un pezzo di carne nel suo piatto.
-Chi mai dovrebbe u-ucciderli?- disse tremante Elizabeth.
-Persone con cui non vorresti avere a che fare- la tagliò breve lui.”
 
Lentamente tutto prendeva un senso adesso che era a conoscenza della verità. Ripensò a quando gli aveva proposto di chiamare la polizia e lui si era subito rifiutato.
Non possiamo e ci sono dei motivi per cui lo dico, d’accordo? E questi motivi non puoi saperli, quindi non chiedermeli” era stata davvero tanto stupida a non capire fin da subito che doveva essere coinvolto in altre cose? Lei si era semplicemente fidata, finendo con l’affezionarsi a quel ragazzo, commettendo forse l’errore più grande.
 
Era ormai passata una settimana da quando la polizia aveva fatto irruzione nella casa di Hamilton, arrestando Daniel e Connor.
Era il 25 Maggio e, nonostante fosse un giorno scolastico e anche il suo compleanno, lei era a casa. A scuola tutti sapevano cosa le era successo e il preside le aveva dato il permesso di rientrare il lunedì successivo. Doveva ammettere che non aveva la minima voglia di ritornare in quell’edificio dove, nel vederla, ogni persona avrebbe bisbigliato qualcosa al vicino. Abbie ed Emily, che erano andate a trovarla il giorno dopo che era tornata a casa, le avevano già raccontato le storie che erano circolate tra i corridoi: dal fatto che fosse scappata di casa, a quello che fosse incinta. Elizabeth, al sentire quelle parole, non aveva potuto far altro che scuotere la testa e insultare mentalmente coloro che avevano messo in giro quelle dannatissime voci.
Si ritrovò a sospirare, beandosi della pace che regnava in quella casa. Ad un tratto fece cadere lo sguardo sulla sedia della sua camera, sulla quale era appoggiata la maglietta di Justin, la stessa che indossava la sera in cui l’aveva visto per l’ultima volta. Aveva severamente vietato alla domestica di lavarla: odiava ammetterlo ma, per quanto si sentisse confusa per via della situazione, quel ragazzo le mancava da morire e quella maglietta, impregnata del suo profumo, era tutto ciò che le restava. L’afferrò, indossandola e guardandosi allo specchio.
Le mancava davvero un assassino? Una persona che aveva strappato via vite umane, senza averne alcun diritto? Com’era arrivata a quel punto? Perché aveva dovuto iniziare a provare sentimenti per una persona così?
Sentì bussare alla porta e, senza nemmeno girarsi, diede il permesso di entrare.
-Hey..- disse una voce che aveva imparato a riconoscere giorni prima. Elizabeth si irrigidì, sgranando gli occhi. Si voltò e lo vide lì, fermo sulla porta.
-Cosa ci fai qui?- gli domandò, senza riuscire a nascondere lo stupore.
-Sono venuto per parlarti e perché so che è il tuo compleanno, quindi auguri..- spiegò Justin, facendo sussultare la ragazza. Si era ricordato del suo compleanno.. era carino da parte sua, ma in ogni caso doveva andarsene.
-Grazie, ma.. ti ho già detto che non abbiamo niente di cui parlare- rispose freddamente, distogliendo lo sguardo da lui.
Justin si avvicinò, afferrandole il mento e costringendola ad incatenare gli occhi ai suoi. –Smettila di fare come se non ti importasse perché so che non è così. Te lo leggo negli occhi!- la riprese quello, spiazzandola per qualche istante.
-Evidentemente leggi male- ribattè la ragazza, spingendolo e allontanandolo da sé.
Il biondo fu costretto a serrare le nocche, cercando di rimanere calmo. Perché doveva comportarsi in modo così ostile?!
-Comportandoti così non cambierai nulla, lo sai vero? Non cambierà ciò che c’è stato e ciò che tu sei venuta a sapere su di me. Voglio solo spiegarti meglio cosa faccio-
-E io non voglio ascoltarlo, d’accordo?! Non voglio sentire di come hai portato via la vita ad un essere umano. Non voglio sapere niente, voglio solo che te ne vai! Io ti conosco pochissimo.. anzi, non ti conosco per niente, perché tu mi hai rifilato solo bugie, per poi dimostrarti una persona totalmente diversa!- si sfogò la ragazza. Era impossibile descrivere come si sentisse in quel momento; dentro di sé era in atto una guerra tra il cuore e il cervello. Se solo avesse seguito il primo, non le sarebbe importato niente e si sarebbe buttata tra le braccia del ragazzo, ma lei era sempre stata una persona razionale e sapeva che, per quanto avesse voluto farlo, non poteva.
Quella cosa che si era creata tra di loro doveva finire. Loro dovevano smettere di parlarsi e Justin doveva smettere di provare a darle delle spiegazioni. I loro erano mondi troppo diversi ed Elizabeth non era minimamente interessata ad approfondire le conoscenze di quello del biondo.
-Forse è vero, ho mentito dicendoti che mi ero diplomato e tutte quelle stronzate. Ma con te non ho finto niente, mi sono comportato come quello che sono per davvero, indipendentemente da ciò che faccio o meno. I sentimenti che ho iniziato a provare per te erano veri, e lo sono tutt’ora!-
-No- scosse il capo quella. –Non puoi dire di provare sentimenti e poi uccidere persone. Dove sono i tuoi sentimenti quando guardi negli occhi una persona e poi le spari? Io.. io non riesco neanche a pensarlo. Tu che uccidi qualcuno.. mi sembra così assurdo - gli confessò.
Justin si ritrovò a pressare le labbra, maledicendo la sua vita. –Elizabeth..- la richiamò, andandole vicino e afferrandole le braccia. –C’è un motivo se faccio quello che faccio, credimi. Ti puoi fidare di me, non ti farei mai del male- cercò di convincerla, ma lei non fece altro che scuotere la testa.
-No, non mi interessa, te l’ho già detto. Voglio che tu te ne vada e scompaia dalla mia vita per sempre- ribattè, testarda.
-Come vuoi.. spero che ti piacerà indossare questa, tanto quanto ti piace mettere la mia maglietta- rispose, tirando fuori dalla tasca una scatoletta e buttandolo sulla scrivania. Le si avvicinò, lasciandole un bacio sulla guancia e uscendo poi da quella stanza.
Elizabeth sospirò, afferrando la scatoletta e aprendola, trovando al suo interno una collana con un piccolo ciondolo a forma di cuore.


-My (pop) corner-
Space veloce per dirvi che ho riletto un po' alla cazzo.
Come sapete sono in vacanza, qui la connessione va di merda (ma che novità... lol) e niente spero che il capitolo vi piaccia. 
Se il senso non fosse stato colto, sto cercando di farvi capire che ormai Elizabeth prova dei sentimenti per Justin, ma non è facile dato che lui è pur sempre un assassino e quindi lei vuole tenerlo lontano, anche se in cuor suo è dura.. lollino
Poi boh, mi sembrava carino il fatto di mettere i flashback di alcune scene e farci rimuginare su Elizabeth. 
Credo di non aver altro da dire, se non che apprezzerei veramente tanto vedervi lasciare una recensione :)
Grazie ovviamente a chi lo fa e a chi ha inserito questa storia nelle preferite/seguite/ricordate.
Cercherò di fare un altro aggiornamento prima di tornare, ma non garantisco nulla, quindi prendete questa cosa con le pinze lollino


Simo.
 

  
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