CAPITOLO QUATTORDICESIMO. LE STALLE DI AUGIA.
Pegasus,
Andromeda e Phoenix erano preoccupati per Sirio, il cui cosmo sentivano in
tensione, mentre salivano la scalinata del Grande Tempio diretti alla Sesta
Casa. Soprattutto Pegasus era il più angosciato per le sorti dell’amico. Ma
Andromeda e Phoenix lo incitarono a proseguire, pregandolo di avere fiducia in
Sirio, come avevano sempre fatto in tutte le battaglie precedenti.
Sì! Rifletté Pegasus. Ho fiducia in te, amico mio!
Come l’ho sempre avuta, dai tempi del nostro incontro durante la Guerra
Galattica! Ma è di Ares che non mi fido! Di lui e dei suoi figli bastardi,
capaci di chissà quali trucchi e bassezza, pur di vincere!
“La
Sesta Casa!” –Esclamò Andromeda, rubando il ragazzo ai suoi pensieri.
“La
casa di Virgo…” –Commentò Phoenix, mentre numerosi
ricordi frullavano nella sua mente.
Lo
scorso anno, durante la scalata delle Dodici Case, quella era stata la sua
battaglia, in cui aveva dato fondo a tutte le sue risorse, soprattutto
interiori, per vincere un nemico infinitamente più potente di lui. E adesso, di
quel Tempio in cui aveva combattuto Virgo, non
rimaneva più niente.
Muri
crollati, colonne abbattute, i rosoni del Buddha andati in frantumi. Niente era
rimasto della Casa della Vergine, dopo che la devastante potenza dell’Urlo di
Atena vi si era liberata, mesi prima.
Pegasus,
Andromeda e Phoenix si incamminarono tra i ruderi con una certa malinconia nel
cuore, nel constatare la desolazione attorno a loro. Desolazione che mal si
prestava con l’animo profondo del Cavaliere che quella casa aveva abitato per
molti anni e di cui, al momento, non avevano più notizie. Fu Andromeda a
parlare per primo.
“Credete
che Virgo sia al sicuro?!” –Domandò, mentre camminava
insieme agli amici tra le macerie del Sesto Tempio.
Pegasus
non rispose, non sapendo cosa dire. Conosceva la potenza del Cavaliere di Virgo, ma il fatto stesso che fino a quella mattina, dopo
quarantotto ore, Mur e gli altri Cavalieri d’Oro non
avessero avuto sue notizie era sicuramente preoccupante.
“Se
la caverà!” –Commentò infine Phoenix. –“Sono sicuro che Virgo
saprà cavarsela!”
“Che
strano!” –Mormorò Pegasus. –“Non ricordavo che ci fosse tutta quest’acqua alla
Sesta Casa!”
“No,
infatti non c’era!” –Precisò Andromeda, avendo notato anche lui il terreno
fangoso, a tratti addirittura costituito da vere e proprie pozzanghere e
chiazze di melma fetida che, man mano che si inoltravano all’interno del Sesto
Tempio, si facevano sempre più grosse e più profonde.
“Coraggio… cosa avete?!” –Brontolò Phoenix, agitato da tutti
quei discorsi sulla sorte di Virgo. – “Non sarà un
po’ di fango a fermarci, no?” –Ma Phoenix non fece in tempo a terminare la
frase che sprofondò completamente nel terreno, mentre scure chiazze di fango si
riversavano su di lui.
“Phoenix!”
–Urlò Pegasus, correndo ad aiutare l’amico.
“Fratello!”
–Lo seguì Andromeda. Ma entrambi poterono sentire la maggiore difficoltà che
incontravano nel camminare, quasi come se il fango in cui si muovevano
opponesse loro resistenza. Andromeda lanciò la catena avanti, che si tuffò
nella melma dove era scomparso Phoenix, riuscendo ad afferrare il ragazzo per
un braccio e a ritirarlo fuori. –“Coraggio, resisti fratello! Ti tiro su io!”
–Esclamò, mentre finalmente Phoenix ricompariva alla vista dei due amici.
“Ma
che diavolo succede…” –Brontolò Pegasus, osservando
le melmose acque intorno farsi sempre più vicine, più minacciose. –“È come se
questo fango fosse vivo!”
“Ma
lo è, infatti!” –Esclamò una voce, risuonando nell’aere
del Sesto Tempio.
“Chi
sei?!” – Urlò Pegasus, alzando gli occhi. –“Mostrati!”
“Non
mi vedete?!” –Ironizzò la voce, squillante, quasi come quella di un fanciullo.
–“Eppure sono tutto intorno a voi! Eh eh eh!”
“Intorno
a noi?!” –Si domandarono i Cavalieri di Atena.
“Attenti!”
–Urlò Phoenix, che si era rimesso in piedi.
Le
fangose acque circostanti avevano iniziato a muoversi, a scivolare intorno ai
Cavalieri di Atena, mentre il terreno sotto di loro si faceva sempre più molle
e vischioso, limitando i loro movimenti.
“Siamo
coperti di fango fin sopra i ginocchi!” –Commentò Pegasus. –“Mi sono stufato!”
–E scagliò decine di pugni luminosi intorno a sé, contro la melma che tentava
di fermarli. Ma il Fulmine di Pegasus non sortì l’effetto sperato,
perdendosi in quell’oscura e sempre più fetida fanghiglia.
“Non so cosa stia
accadendo… Ma propongo di andarcene quanto prima!”
“Sono
d’accordo!” – Gli andò dietro Andromeda. Con rapidi e guizzanti movimenti, fece
roteare la sua catena intorno a sé, per spazzar via la melma che lo teneva
prigioniero, ma si accorse, con stupore, di non riuscirvi. Per quanto la catena
frullasse la fanghiglia intorno a lui, essa ritornava in quantità sempre
maggiore, sempre più opprimente, onde oscure di fetida materia che puntava ad
intrappolare i Cavalieri.
“Incredibile!”
–Osservò Phoenix, mentre le onde di melma si facevano sempre più alte e
pressanti.
“Catena
di Andromeda!” –Urlò il Cavaliere,
roteando sempre più vorticosamente le sue catene, nel tentativo di creare una
grande gabbia con cui difendere se stesso e i due amici. Ma l’arma non poteva
fermare l’enorme ammasso di melma fetida che crollò sui Cavalieri di Atena,
risucchiandoli in una specie di rozzo gorgo, dove onde alte piombavano su di
loro, cercando di spingerli all’interno, di impedir loro di respirare, quasi
fossero esseri animati.
“Maledizione…” –Gridò Pegasus, ansimando, mentre la melma
vivente lo stava imprigionando. –“Vuole portarci là sotto!!!”
“La
mia catena è inutile!!!” –Esclamò Andromeda, lanciando nuovamente la propria
arma. Ma la melma sembrava non risentire minimamente degli assalti di
Andromeda, lasciando che la catena si perdesse al suo interno, in quel melmoso
cumulo di fetida oscenità.
“Adesso
basta!” – Ringhiò Phoenix, stufo di quello spreco di tempo. –“Non so che razza
di trucchetto sia, ma credo sia ridicolo e
pretestuoso tentare di fermare dei Cavalieri Divini con del fango! Ali della
Fenice!” –Urlò, liberando l’incandescente uccello di fuoco. –“Spazzatelo
via!”
L’infuocata
vampata di Phoenix mondò momentaneamente un mucchio di fango intorno a lui, ma
molto meno di quanto il Cavaliere si era aspettato. Anche il fuoco, dopo la
Catena di Andromeda e i pugni di luce di Pegasus, si era rivelato inefficace
contro la melma.
“Non
conosci il celebre proverbio?” –Commentò la squillante voce, sovrastando i
volti preoccupati dei Cavalieri. –“Il fuoco lo puoi spegnere, con l’acqua! Ma
l’acqua non la puoi fermare!” –E al suono di quella voce, le torbide acque in
cui i Cavalieri erano immersi fino al collo, si animarono confusamente,
diventando pressanti creature di fanghiglia che si attorcigliavano intorno ai
corpi dei tre ragazzi, tentando di soffocarli, tentando di immobilizzarli.
Pegasus
era quello che si agitava più di tutti, stufato e schifato da quella scomoda
situazione da cui non riusciva a liberarsi. Abbiamo affrontato potenti
Divinità, come Apollo, Nettuno e Ade e adesso dovremmo venire uccisi da… da… del puzzolente fango?!
Giammai!!! E bruciò al massimo il proprio cosmo lucente, dimenandosi come
un forsennato e scagliando centinaia di pugni luminosi intorno a lui. Ma niente
servì per liberarlo dalla presa di quel fango animato. Fu Andromeda che tentò
di sbloccare la situazione, liberando le braccia dal fango e riuscendo a sollevare
il destro.
“Catena
di Andromeda, via!” –Urlò, lanciando
in alto la catena di offesa, la quale si arrotolò intorno ad una trave del
tetto del tempio. –“E adesso, vediamo di uscire di qua!” –E ordinò alla Catena
di condurlo fuori dalla fetida massa, riuscendo ad uscirne e a balzare in alto.
“Ben
fatto Andromeda!” –Disse Pegasus. Ma non fece in tempo a terminare la frase che
assistette sgomento all’incredibile. Le fangose melme si sollevarono impetuose,
abbattendosi su Andromeda, in volo appeso alla sua catena, ributtandolo a
terra, e sopraffacendolo con la sua fetida massa.
“Andromeda!!!”
–Urlò Phoenix, in preda alla rabbia. –“Brucia, cosmo infuocato!!!”
“Frena
il tuo ardore, Cavaliere di Phoenix, e accettate la fine che ho preparato per
voi!” –Esclamò nuovamente la squillante voce, facendosi sempre più vicina.
–“Perché è qua, nelle stalle di Augia, che troverete
la morte, per mano mia, che ne sono il Custode!” –Un’abbagliante
luce esplose nel cielo sopra i Cavalieri di Atena, rivelando infine l’artefice
di quella torbida accoglienza: la Sesta Fatica.
“Uh?!”
–Esclamò Pegasus, ancora intento a dimenarsi nella fangosa massa in cui stava
sguazzando.
Un
ragazzino era sopra di loro, seduto su una trave del Tempio della Vergine. Era
magro e di media altezza, con la carnagione pallida e lentiggini sul viso,
occhi sul marrone/verde, come la fetida melma in cui i Cavalieri erano immersi,
e mossi capelli biondicci. La sua armatura era piuttosto semplice, bianca con
sfumature rossastre, eccezion fatta per lunghe punte, di forma triangolare, che
spuntavano da dietro la sua schiena, ai lati del suo viso, quasi fossero
stilizzati raggi di sole.
“Augia lo Splendente è il nome mio, figlio di Elios! Nel mondo antico Re dell’Elide, nel Peloponneso
Occidentale!”
“Augia…” –Rifletté Andromeda, ricordando la Sesta Fatica di
Eracle. –“Era l’uomo più ricco di greggi e mandrie
dell’Antica Grecia; le sue bestie, donategli da Elios,
suo Padre, erano immuni da ogni malattia e sempre fertili. Sia vacche che
pecore generavano quasi sempre femmine, ed inoltre Augia
possedeva trecento tori neri e duecento stalloni di pelo fulvo e dodici tori
bianco-argentei sacri a suo padre che difendevano le mandrie dall'assalto delle
bestie feroci che a volte scendevano dalle boscose colline! Augia trascurò di pulire le stalle e le scuderie, e il
letame che si accumulava ammorbava i dintorni, mentre nugoli di mosche
oscuravano il cielo. Come sesta impresa, Euristeo
ordinò ad Eracle di pulirle in un solo giorno, ed egli vi riuscì, deviando il
corso di due fiumi!”
“Oggi
servo il mio Signore, Ares, mirando a ricevere, come premio per la vostra
sconfitta, nuovamente il mio regno, quando l’impero della guerra diverrà
realtà!”
“Beh,
mi spiace disilludere i tuoi sogni di dominio…”
–Esclamò Pegasus. –“Ma finché ci saremo noi non ci sarà nessun Impero della Guerra…”
“Uhm,
e fino a quando ci sarete voi?” –Ironizzò Augia,
aumentando la presa sulla massa fangosa.
“Aargh!!!” –Urlò Andromeda, che per due volte era stato
afferrato e portato sottacqua, nel tentativo di bloccare la sua respirazione.
“Augia! Maledetto!!!” –Commentò Pegasus, dimenandosi e
scagliando pugni come un matto. –“Tu e le tue stalle! Ci libereremo, e
ripuliremo la Sesta Casa dal tuo letamaio! E tu, che hai osato profanarla,
pagherai caro questo oltraggio!”
“Oooh, sto tremando di paura! E come credi di pulire tutto
questo fango? Non avete fiumi da deviare, come Eracle nel mito deviò l’Alfeo e il Peneo, lasciando che
le impetuose acque invadessero le mie sacre stalle, spazzando via lo sterco e
il letame che vi si era accumulato! Ah ah ah!” –Rise Augia di gusto, finché una nuova voce non attirò la sua
attenzione.
“Non
dell’Alfeo prenderemo le acque! Ma della fresca e
purificante cascata dei Cinque Picchi!” –Esclamò una decisa voce maschile,
proveniente dall’ingresso del Tempio. Impetuose e scroscianti onde di acqua si
abbatterono improvvisamente sulla melmosa fanghiglia, mescolandosi ad essa e
aiutando i tre Cavalieri a liberarsi. Immense colonne di acqua si sollevarono
dal terreno, purificandolo dai putridi ammassi di sterco e letame che lo
avevano inquinato fino ad allora. Immense colonne di acqua, dalla magnifica
forma di un drago.
“Acque
della Cascata, purificate la Sesta Casa!” –Esclamò una voce che Pegasus ben
conosceva.
“Gelo
della Siberia, nel silenzio del tuo mondo di ghiaccio lascia che si perda
questo fetido fango!” –Lo affiancò una seconda voce, mentre Augia
osservava stupito la maestosa sagoma di un cigno bianco volare in mezzo alle
colonne d’acqua. Un cigno che portava con sé una tempesta di gelo.
“Vortice… fulminante... dell’Aurora!!!” –Urlò la seconda voce, mentre decine di bianchi
cigni si libravano in volo, sovrastando un devastante vortice di energia glaciante.
“Incredibile!”
–Mormorò Augia, mentre la tempesta di ghiaccio
travolgeva la fangosa melma.
Quando
cessò, Pegasus, Andromeda e Phoenix, che ne furono in parte travolti e sbattuti
contro le colonne del tempio, si rimisero in piedi, per salutare i due amici
che erano giunti a salvarli.
Davanti
a loro c’erano Sirio e Cristal, entrambi ricoperti
dalle loro Armature Divine, ma piuttosto malconci, soprattutto Cristal. Gli bastò un’occhiata, a Pegasus, per capire che
l’amico doveva aver affrontato qualche nemico in battaglia per ridurre la sua
corazza in quelle condizioni. L’Armatura Divina del Cigno era coperta di sfregi
e graffi, distrutta in più punti e senza più le splendide ali che ne ornavano
il retro. Anche il viso di Cristal era stanco, ma la
determinazione che brillava nei suoi occhi, unita alla gioia nel ritrovarsi con
gli amici, nascondeva ogni traccia di fatica.
“Cristal...” –Commentò Pegasus, rimettendosi in piedi. –“Ma cosa…”
“Sirio
ha combattuto una dura battaglia!” –Spiegò il Cavaliere del Cigno, indicando
l’amico, che si era appena accasciato al suolo per lo sforzo. –“Portatelo con
voi!”
“Uh?!
Che cosa?!” –Commentò Pegasus, mentre Andromeda correva ad aiutare Sirio a
rialzarsi.
“Affronterò
io il custode del Sesto Tempio!” –Esclamò Cristal,
con aria decisa, quasi spavalda. E tirò un’occhiata verso Augia,
che si era alzato in piedi su una trave del tetto, indispettito per l’arrivo
imprevisto dei due Cavalieri che avevano rovinato i suoi progetti.
“Ma
Cristal…” –Tentennarono Pegasus e Andromeda, ma
Phoenix, che già si era rimesso in piedi, volse a tutti loro le spalle,
incamminandosi avanti.
“Non
avete sentito cosa ha detto?” –Esclamò, scocciato. –“O vi è rimasto del fango
nelle orecchie?”
Pegasus
e Andromeda si scambiarono un’ultima occhiata, poi abbassarono lo sguardo
annuendo, incamminandosi dietro a Phoenix, con Sirio sulle spalle di Pegasus.
“Dove
credete di andare?! Stolti!” –Esclamò Augia,
intimando loro di fermarsi. Sollevò il braccio destro al cielo, facendo
comparire una sfera di melma fetida, roteante su se stessa. La caricò di
energia cosmica, mentre l’ammasso fangoso cresceva sempre più, quindi la
scagliò contro di loro. –“Le stalle di Augia saranno la vostra tomba!” –E lanciò la bomba di melma
verso il basso. Ma Cristal scattò avanti, superando
gli amici, e fermò l’attacco con gli Anelli di Ghiaccio.
“Anelli
del Cigno, create un muro di
ghiaccio!” –Esclamò, mentre fitti cristalli di gelo si univano sopra le loro
teste, fino a creare una resistente barriera su cui si infranse l’assalto di Augia. –“Adesso! Andate!!!” –Urlò, incitando gli amici a
proseguire.
Mentre
Pegasus, Andromeda e Phoenix scattavano via, Cristal
si lanciava verso l’alto, liberando una violenta tempesta di ghiaccio che si
abbatté sul lato interno del muro, venendone assorbita, prima di essere espulsa
dall’altro lato, congelando l’ammasso melmoso sovrastante e dirigendosi verso Augia, che ne venne in parte travolto e spinto indietro.
Quando il guerriero di Ares riuscì ad atterrare al centro del Sesto Tempio,
Pegasus e gli altri erano già all’uscita.
“Hai
rovinato il mio progetto, Cavaliere del Cigno!” –Esclamò, irato per essersi
lasciato sfuggire gli altri Cavalieri. –“Se avessi giocato meno con loro, e li
avessi uccisi all’istante, soffocandoli con la fetida melma delle mie stalle…”
“In
quella fetida melma infilerò il tuo bel visino!” –Ironizzò Cristal,
sollevando le braccia, pronto per combattere.
“Umpf…” –Storse il naso Augia,
puntando il dito destro contro il Cavaliere. –“Tu credi? Sarai tu, ad
affogarvi!”
Immediatamente
una bomba di melma esplose intorno a lui, sbattendolo a terra, mentre
gigantesche onde di letame si sollevarono dal terreno, abbattendosi scrosciando
su di lui. Cristal si dimenò in mezzo a quelle
putride tonnellate di sterco liquido, cercando di rimanere calmo e sfruttare il
proprio potere congelante. Presto la temperatura intorno calò bruscamente,
mentre cristalli di ghiaccio iniziarono a formarsi sulla superficie della
fanghiglia, rallentando i movimenti dell’orrido letame.
“Noo!!!” –Urlò Augia, determinato
ad impedire a Cristal di congelare nuovamente i suoi
fanghi. Il guerriero di Ares scagliò un
violento colpo energetico contro il pavimento, frantumandolo, e aprendo una
faglia che corse in fretta verso il Cavaliere di Atena, facendolo precipitare
all’interno, nell’oscuro sottosuolo del Tempio della Vergine, mentre tonnellate
di letame si riversavano insieme a lui, limitando i suoi movimenti.
“Vediamo
come te la cavi adesso, intrappolato nelle mie stalle, Bianco Cigno!” –Commentò
Augia, con soddisfazione, prima di voltarsi e correre
via, diretto verso l’uscita posteriore del tempio.
Nel
frattempo, Pegasus, Andromeda e Phoenix avevano raggiunto il retro della Sesta
Casa, con la convinzione di trovarvi la scalinata per la Settima, ma avevano
avuto un’amara sorpresa. La bianca scalinata non esisteva più, e buona parte
della roccia della Collina della Divinità era franata, creando forti
scoscendimenti nel terreno, avallamenti all’interno dei quali stagnavano
putride acque dal nauseabondo odore, ancora più disgustoso del fango in cui Augia aveva tentato di ucciderli.
“Ma
cos’è?!” –Commentò Pegasus, nauseato. –“Un’immensa fogna?!” –Dalla Sesta Casa,
salendo verso la Settima, la strada sembrava non esistere più, completamente
ricoperta di fango e melma, interrotta in più punti da fosse nel terreno o da
frane impreviste, che, in quel fosco pomeriggio di guerra, contribuivano a dare
l’idea di un paesaggio infernale.
“Tutto
è rovina!” –Disse malinconicamente Andromeda. –“Queste paludose acque, che
discendono dall’alto del colle, portano con sé tristezza e disperazione,
distruggendo l’incantevole paesaggio che un tempo era proprio di questi luoghi!
Niente più resta del del Giardino degli Alberi
Gemelli, dove Virgo combatté l’ultima sua battaglia,
soltanto un’immonda palude, un’orrida fogna dove i letami dei berseker di Ares si ammassano senza rispetto alcuno per
questo luogo sacro!”
“Maledetto
Ares! Ti farò pulire con la lingua questo scempio!” –Digrignò i denti Pegasus,
continuando a reggere Dragone.
“Coraggio… non possiamo fermarci!” –Cercò di incitarli
Phoenix. –“Per quanto l’idea di infilarmi in questa immensa fogna non mi
stimoli per niente, non abbiamo alternative!”
Andromeda
e Pegasus annuirono malamente, seguendo l’amico, infilandosi, con un certo
disgusto, in quella melma acquitrinosa, cercando una strada che potesse
condurli verso il Settimo Tempio. Se esiste ancora… Commentò Pegasus, respirando a
fatica, in quella nauseabonda palude. Andromeda lanciò avanti la catena,
piantandola nella parete rocciosa alla loro sinistra e si aiutò con quella per
avanzare nell’avvolgente letame, pregando gli amici di seguirlo.
Improvvisamente un corpo rimbalzò sulla catena, facendo barcollare il ragazzo,
prima di colpirlo con un calcio in pieno viso.
“Che
cosa?!” –Esclamò Pegasus, riconoscendo la figura che era balzata sulla Catena,
e adesso atterrata in cima ad una mozzata colonna di marmo. –“Ma tu sei… Augia!!!”
“In
persona!” –Sorrise il guerriero di Ares. –“Cosa ne dite?! Non è spettacolare?!
Non mi fate i complimenti per l’orchestrale scenografia che ho realizzato?!”
“Tu
hai commesso un simile scempio?!”
“Ma...
Dov’è Cristal?!” –Domandò Andromeda, quasi
sconcertato.
“Il
biondino è perso chissà dove nei profondi meandri delle mie stalle! E voi lo
raggiungerete molto presto, non avendo il potere di liberarvi dalle mie melme! Ah
ah ah!” –Rise Augia beffardo.
“Maledetto!”
–Esclamò Pegasus, ma Phoenix anticipò ogni sua mossa, espandendo
l’incandescente cosmo della sua costellazione. Avvampò impetuoso, il fuoco
della Fenice, prima che il ragazzo lo concentrasse sulle braccia, e liberasse
l’ardente volo dell’uccello sacro. –“Ali della Fenice!” –Gridò,
puntandole contro Augia, che creò una sfera di
putrida melma che lo circondò completamente, difendendolo dall’impetuoso
assalto della Fenice.
“Eh
eh eh…” –Sogghignò Augia,
osservando i patetici tentativi del Cavaliere di forzare la sua barriera
difensiva.
“Incredibile,
riesce ad usare il fango e lo sterco delle sue stalle, potenziandoli di energia
cosmica, per creare una sfera capace di proteggerlo dagli attacchi esterni!”
–Rifletté Andromeda.
“Adesso
basta! Credo che abbiamo giocato fin troppo!” –Esclamò il berseker,
mentre Phoenix terminava l’attacco. –“Fanghi delle Stalle di Augia, sollevatevi!” –E al comando del suo signore, la
putrida melma si sollevò, creando grottesche figure che si avventarono contro i
Cavalieri di Atena, cercando di avvinghiarsi a loro e trascinarli nel letame,
per soffocarli. Onde di fango scrosciarono nell’acquitrino mentre Augia rideva come un matto, in piedi sulla colonna mozzata.
D’un
tratto si fermò, tendendo i sensi, prima di voltarsi verso l’oscuro cielo che
sovrastava la Collina della Divinità, scorgendo sagome di grossi uccelli,
simili ad aquile, in volo sopra di loro. Storse il naso, indignato, maledicendo
il loro padrone.
“Non
ti lascerò la soddisfazione di ucciderli!” –Brontolò Augia,
stringendo i pugni, e voltandosi nuovamente verso i Cavalieri di Atena,
impegnati a lottare nella fetida melma.
Improvvisamente
la terra tremò sotto di loro, mentre una fenditura si aprì nel terreno, facendo
colare la fanghiglia al suo interno.
“Uh?!”
–Esclamò Augia, osservando la propria adorata
creatura venire risucchiata all’interno della spaccatura. –“Che succede?!”
Una
gelida corrente energetica iniziò a soffiare, provenendo proprio dalle
profondità del terreno, accompagnata da un canto melodioso. D’un tratto il
terreno si aprì, mentre la scintillante sagoma di un bianco cigno in volo verso
l’aurora spuntava dalla fenditura, accompagnando l’uscita di Cristal.
Il
Cavaliere di Atena balzò sul terreno acquitrinoso, lasciando scivolare sul
fango il suo gelido cosmo, che tutto congelò con un semplice tocco. I cristalli
di ghiaccio ricoprirono il fetido acquitrino, le rocce fangose e le tonnellate
di sterco liquido che Augia aveva riversato sulla
scalinata, creando grossolane statue di ghiaccio, dalle deformi fogge, che
esplosero poco dopo.
“Nooo!!!” –Urlò Augia, osservando
la fine dell’orrida palude che aveva creato.
Cristal
non parlò, limitandosi a bruciare ancora di più il suo glaciale cosmo, mentre
Andromeda, Pegasus e Phoenix, liberatisi dall’immobilizzante melma, scattarono
avanti, lungo la strada disastrata, diretti verso il Settimo Tempio, rinnovando
la promessa, e la fiducia, all’amico.
“Polvere… di Diamanti!!!”
–Gridò Cristal, scatenando la sua devastante tempesta
di ghiaccio.
Augia
tentò di ricreare la barriera difensiva che aveva avuto ragione dell’ardente
cosmo di Phoenix, utilizzando i fanghi che controllava sapientemente,
trasformandoli in una sfera che avvolse l’intero suo corpo. Ma, come la melma
poco prima, anch’essa fu congelata dall’attacco di Cristal.
La sfera di fanghiglia ghiacciata esplose all’istante, scaraventando Augia indietro, fino a farlo precipitare a terra, sbattendo
violentemente sulle rocce intorno, nel piazzale retrostante il Tempio della
Vergine.
Cristal
si avvicinò al guerriero di Ares, mentre l’aria attorno era ancora carica del
suo gelido cosmo. Il Cigno tirò uno sguardo nella fitta nebbia che lo separava
dal Settimo Tempio e poté sentire i cosmi dei propri amici procedere senza
esitazione. Sorrise, convinto che presto li avrebbe rivisti.