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Autore: Rinalamisteriosa    16/08/2013    2 recensioni
“Io te l'avevo detto, sorella!” esclama Kankuro, mentre ci scambiamo due sguardi diversi: io esterrefatto, lui imbronciato.
Mai più.
Non mi fermerò mai più in un autogrill assurdo come questo, parola mia.
Mai più cadere vittima di una simile assurdità.

Temari, Kankuro, un autogrill deserto e tante stranezze.
[Fanfiction divisa in due parti - si era classificata seconda al “Contest a pacchetti” indetto da Nejisfan.]
Genere: Comico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Kankuro, Sorpresa, Temari
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Premessa: Questa è la prima parte di una fanfiction AU che avevo scritto per un contest, rispettando gli obblighi del pacchetto capitatomi, e che era arrivata seconda. Riporterò le note complete nell'ultima parte, che pubblicherò dopo averla riguardata a dovere e allungata un altro poco. Eh, ancora non mi convince in pieno ^^’

 

Ovviamente i personaggi citati non mi appartengono e non ho scritto a scopo di lucro.

 

Buona lettura! ^_^

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

Che palle.

È un’ora che aspetto che Kankuro si sbrighi, non capisco se sia ancora chiuso in bagno a fare pipì e a dare di stomaco oppure se, nel tornare, abbia preso la direzione della porta a vetri scorrevoli dell’autogrill in cui abbiamo momentaneamente sostato.

Soffre il mal d’auto, ma se si fosse offerto di guidare invece di lasciare il volante nelle mie mani... beh, non saremmo di certo qui.

In questa macchina stridente come una vecchia porta, in questo stupido, sgangherato primo modello della Nissan inizia a mancare l’aria.

Voglio scendere subito, anzi, devo scendere subito.

Se potessi abbassare il finestrino forse cambierei idea, ma sfortunatamente le chiavi si trovano nella tasca del pantalone della tuta di mio fratello, lento peggio di una lumaca.

Ha insistito per portarle con sé. Temeva che per dispetto lo avrei abbandonato?

Apro la portiera, scendo, mi detergo il sudore della fronte con un fazzoletto strausato per lo stesso motivo e sbatto la portiera con grazia elefantesca.

Con questo sole che picchia forte in testa, mi pare di essere dentro a un forno, a una sauna, alle terme. Non c’è un soffio di vento: sembra che sia stato risucchiato da un aspirapolvere dispettoso come polvere inutile.

Questo insopportabile caldo farebbe impazzire persino i monaci buddisti, oh!

Uno sbuffo d’irritazione e via, a passo marziale raggiungo l’autogrill: se lui non è al suo interno, dedurrò che si è addormentato sopra la tavoletta del water.

L’idea mi fa ribrezzo, chissà se qui puliscono oppure no.

Scorgo il suo profilo familiare e con sollievo mi dico che no, fortunatamente non devo raggiungerlo al cesso e trascinarlo via, lontano da questo schifo di posto.

Poi ritorno sui miei passi, sbatto le palpebre perplessa, vado avanti, stropiccio gli occhi certa di avere davanti un’allucinazione dovuta al caldo asfissiante e resto a bocca aperta.

Scaffali vuoti.

Cassa vuota.

In questo posto non c’è nessuno e non c'è niente da acquistare.

Assolutamente nulla.

Né riviste, né ventagli. Non ci sono neppure caramelle, gomme da masticare, pacchetti di patatine, bottiglie d’acqua, gelati, roba da mangiare.

C’è però un tappeto carino, di un bel rosso fiammante.

Una banale sedia al centro.

Una misera lampadina che pende dal soffitto.

Molto interessante, davvero.

Mio fratello scoppia improvvisamente a ridere, così, di punto in bianco, senza un apparente motivo preciso. Tra l’altro guarda verso un comune muro grigio. Cosa c’è di divertente, a fissare un comune muro grigio? Ma è impazzito?

Un cane bianco senza padrone, di media statura, aggira la cassa, si avvicina scodinzolando a me, si allontana solo quando riceve una carezza per poi saltare con un balzo elegante sulla sedia al centro, accucciandosi.

E salutando. Dicendo proprio “ciao” con voce umana.

Se fosse possibile, se sapessi come fare, a questo punto mi uscirebbero gli occhi fuori dalle orbite.

Non ci sarebbe niente di male, ma accidenti, siamo nella realtà, non in una fantasia da quattro soldi dove gli animali parlano!

Mi accosto a Kankuro, che continua a ridere imperterrito.

Vuole affogare nella sua stessa saliva, per caso?

“Ehi!” esclamo contrariata, mollandogli una pacca con la borsa che mi sono ricordata di avere a tracolla. L’ho sfilata e gli ho assestato un colpo deciso.

“Si può sapere che cavolo ti è preso?” domando, alzando il tono della voce per farmi sentire.

“Sapere che preso!” ripete l’animale, guadagnandosi un’altra occhiata stupita da parte mia.

“Ahi! Tem, mi hai fatto male. Comunque stanno accadendo cose strane qui dentro, meglio andarcene prima di essere ulteriormente coinvolti…” replica, massaggiandosi la nuca.

“Ma non mi dire! Non l’avevo notato”, ironizzo, venendo subito dopo trascinata fuori, mentre mi spiega cos’è successo prima del mio arrivo.

“Il bagno sembra tutto fuorché un bagno, dicasi lo stesso per l’autogrill. Non è un vero autogrill, credo. Ho cercato qualcuno che potesse darmi delle spiegazioni in merito, ma non ho trovato nessuno. Inoltre c'era un fantasma, uno spettro vero! E quel cane-”.

“Quel cane è in realtà un pappagallo scoordinato, sì”, interrompo la concitata spiegazione, alzando gli occhi al cielo. “È il caldo, Kankuro. Prendiamo la tua stupenda macchinina simile a un treno rapido e fuggiamo verso il Monte Fuji. Sul serio, non ne posso più! Non vedo l’ora che la bruci per sempre, allora ne compreremo una qualsiasi con il climatizzatore!” esclamo.

“Sicura che non vuoi sapere del fantasma e del cane? Era in bagno ti dico! E una volta dentro l'autogrill, l'ho visto attraversare la parete e fermarsi levitando accanto alla sedia!” prosegue come se non avessi aperto bocca, convinto di ciò che dice.

“Ti prego, non dire assurdità…” sospiro, stanca e accaldata.

“Oh no!” sbotta di colpo, arrestandosi. A momenti gli finisco addosso, fortunatamente ho i riflessi pronti.

“Cosa c'è? Un'altra stranezza?” domando, sbirciando di lato, notando il posteggio vuoto. Non faccio in tempo ad infierire con altra ironia, che il suono di un clacson alle nostre spalle ci fa voltare contemporaneamente, e nello stesso momento siamo costretti ad allontanarci per non essere investiti.

Rimango senza parole.

Alla guida della nostra Nissan sgangherata dal cofano fumante c'è... proprio una figura evanescente. Tuttavia, la cosa che più mi stupisce non è tanto l’apparizione in sé e nemmeno che il fantasma sia seduto compostamente senza le mani sul volante, quanto la sua espressione.

Assolutamente pacata, tranquilla, rassicurante. Non fa per niente paura.

“Io te l'avevo detto, sorella!” esclama Kankuro, mentre ci scambiamo due sguardi diversi: io esterrefatto, lui imbronciato.

Mai più.

Non mi fermerò mai più in un autogrill assurdo come questo, parola mia.

Mai più cadere vittima di una simile assurdità.

Poi avvertiamo un fracasso: non ho bisogno di guardare, per capire che l’auto si è schiantata contro un albero e che non ripartirà tanto facilmente.

Sospiro di nuovo.

E rassegnandomi a fare l'autostop, seguita da un fratello che inizia a lamentarsi per il danno subìto, mi avvio verso il guard rail.

 

 

Continua…

 

 

 

  
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