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Autore: Blooming    18/08/2013    1 recensioni
Sarah, dopo aver superato il Labirinto di Jareth si trova faccia a faccia con lui, il Re di Goblin.
“Dammi il bambino.” Disse Sarah cercando di mantenere la foce ferma, lo fissava dritto negli occhi.
Lui mosse un passo nella sua direzione
“Sarah bada a te.” Un altro passo e le fu accanto “Sono stato generoso fino a questo momento ma so essere crudele.”
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jareth, Nuovo personaggio, Sarah
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ain’t no sunshine when she’s gone,
only darkness everyday.

Ain’t no sunshine when she’s gone,
and this house just ain’t no home anytime she goes away.

(Ain’t no sunshine; Bill Withers)


 


 
Mi odio. Mi odio terribilmente.
Sono stato cattivo.
Quando è entrata per le mie molteplici strade sapevo già il suo destino con Jareth, lo sapevo appena l’ho guardata.
Volevo divertirmi un po’. Solo un po’.
Volevo che Jareth trovasse la compagna giusta per la sua pazzia.
Era colpa mia se era impazzito. L’avevo corrotto non appena era arrivato. Mi ricordo ancora il momento.
Il vento soffiava forte, sapevo che stava per succedere qualcosa e stavo allerta. Lo vidi all’ingresso. Era bello, giovane, sperduto e così gli parlai
“Ciao Sidhe.” Guardò il cielo spaventato
“Chi sei?!” urlava
“Sono il Labirinto. Chi sei tu?” mi volevo divertire
Jareth. Della corte Sidhe di Lord Urér.” Tremava di paura
“Perché sei qui?” mi interessavano veramente le sue motivazioni
Era stato esiliato perché aveva ucciso un suo compagno, non mi preoccupai più di tanto. Uccidere è una cosa che capita spesso. L’aveva ucciso perché l’aveva preso in giro. Logica motivazione.
Mi stava simpatico quel giovane Sidhe, aveva solo duemila anni quando si avventurò tra le mie strade e visto che mi piaceva lo ‘aiutai’ come potevo. Qualche volta gli facevo sbagliare strada per ridere un po’ ma poi lo rimettevo sulla via giusta, sempre più vicino al Castello, dove sarebbe stato al sicuro.
Parlavamo. E più parlavamo e più mi piaceva.
Mi disse che era figlio di Lord Urér, gli risposi che non mi importava, che tutta quella parte del Sottomondo non mi interessava, ero stato costruito da un mago in tempi antichi, ero stato costruito per il mago stesso che voleva vivere in solitudine. Il mago era pazzo e la sua pazzia venne trasportata nelle mie mura, nelle mie porte, nei miei passaggi segreti, nei miei abitanti.
Sapevo bene cosa si diceva su di me nel resto del Sottomondo ma non mi importava.
Jareth e io parlavamo
“Se vai dritto arrivi prima al Castello sai?”
“Mi stai mentendo ancora?” quando mi parlava guardava sempre il cielo vermiglio
“Sì!” risi “Scusa, è più forte di me.”
Lo conducevo
“Devi oltrepassare una di quelle due porte. Quella che ti sembra giusta, bussa e ti sarà aperto.”
Lui bussò alla porta di destra, il battente aveva l’anello in bocca, quello mugugnò qualcosa di incomprensibile e Jareth passò oltre. Si trovò nella foresta.
Non l’avevo avvertito della foresta. Rimasi a guardarlo senza dire niente. Lui canticchiava per tenersi su di morale, mi incuriosiva molto la sua canzone e la sua voce. Aveva una bella voce, pulita. Dolce e graffiante allo stesso tempo. Mi piaceva.
Dopo l’incontro con i Firey, stupidi animali pazzi dal pelo arancione acceso; Jareth riuscì a liberarsi di loro lanciando le loro teste lontano, corse via dalla foresta, un luogo che ricordò sempre con paura.
Raggiunse un enorme cimitero di quelli che io chiamo ricordi. I suoi abitanti erano vecchi uomini gobbi che raccoglievano quei ricordi sulla loro schiena. Jareth ne fu ricoperto. I suoi ricordi alla corte, i suoi ricordi più tristi.
Lo tirai fuori da lì appena in tempo. Non aveva amici nel Labirinto, solo il Labirinto stesso, cioè me.
Camminò, corse per arrivare alle porte del Castello. Doveva attraversare gli gnomi della città di Goblin. Gli gnomi, se non sotto ordine non avrebbero mai attaccato un Sidhe.
Io condussi Jareth attraverso la città. Gli gnomi lo guardavano impauriti. Lui li vide e cercò un contatto. Cantò di nuovo. Loro ne rimasero stregati e gli divennero amici. Gli divennero sudditi.
Entrato nel Castello seguito da quegli esseri verdi e rumorosi che mi rendevano ‘sporco’ ma divertito, lo condussi con parole dolci e seducenti verso il centro del Castello dove c’era una ripida scala e arrivati in cima c’era una sala con una teca di vetro
“Apri quella teca.” Gli chiesi
Lui si avvicinò e guardò la piccola collana dentro, il falcetto magico del mio costruttore.
“Prendilo. È tuo. Diventerai Re.” Mi guardò
“Sei sicuro?”tirò via il vetro e lo appoggiò per terra “Di chi era?”
“Di colui che mi ha costruito. Ora è tuo. Sei tu, ora, che vivi tra le mie mura. Sei tu che hai il potere. Ti darà magia, forza.”
Lo guardavo curioso delle sue azioni e speravo che lo indossasse. Avevo bisogno di magia per risollevare il mio vero potere.
Lo infilò al collo e sia lui che le mie pareti vibrarono di energia. Energia allo stato puro. Fummo invasi da pura magia. Tutto era così perfetto. Non si tolse mai quell’amuleto.
Ma Jareth, forse a causa mia, cominciò a impazzire. Mi chiese di costruirgli una stanza. Una stanza dei ricordi. Dove mettere tutta la parte triste della sua vita. Avrebbe potuto ricordare quando voleva, ma per sempre i ricordi sarebbero rimasti in quella stanza.
Quella stanza aveva una porta blu con un piccolo uccello intarsiato sopra, un pomello d’ora senza serratura. La piccola finestra era murata, i ricordi non devono avere luce per essere lasciati soli, un piccolo bagno. Tutto il passato triste di Jareth venne racchiuso all’interno della piccola stanza.
Il Sidhe per passare il tempo si inventò un gioco. Saliva nel Sopramondo con la sua forma di rapace, volava sulle città, guardava gli umani e li seguiva e quando qualcuno minacciava il figlio di farlo rapire dagli gnomi, lui si presentava. Prendeva il bambino dalla culla e offriva l’opportunità ai genitori di salvare il loro figlio. Gli dava tredici ore per superare le mie vie e arrivare al Castello ma mai nessuno arrivava. Qualcuno ci provava ma le tredici ore scadevano e tornavano nelle loro case dimenticando tutto, dimenticando di avere un figlio. Quel bambino veniva trasformato in gnomo, piccolo, verde e urlante.
Mi divertiva la cosa anche se era molto crudele.
Poi arrivò Sarah.
Capii subito che tipo di ragazza era quella. Giovane, sveglia, attraente. E Jareth la voleva.
Sapevo che l’amava. Qualcosa negli occhi di lei l’aveva incantato.
Notando il percorso di Sarah notai simili scelte tra lei e Jareth, lo stesso percorso, gli stessi sbagli.
L’unica differenza era che Sarah aveva trovato degli amici. Jareth odiava tutti e si faceva odiare da tutti, tranne che da me. Io lo amavo.
Spinsi Sarah tra le braccia del Sidhe conoscendo ogni conseguenza delle mie azioni.
Piano i due impararono ad amarsi. Li vedevo. Per quanto preferissi il Jareth crudele e spietato, adoravo il suo lato dolce e comprensivo con l’umana.
Sarah era bella, mi ero innamorato di lei, come mi ero innamorato di Jareth.
Nei mesi passati con Sarah, mi feci più luminoso, più splendente e più felice. Ma la mia felicità  pretendeva qualche scherzo.
La sua vivacità era la mia, le sue lacrime erano le mie, i suoi dolori erano i miei.
Mi ero divertito, lo ammetto, quando Jareth le aveva fatto capire che non se ne sarebbe andata facilmente, quando Jareth abusò di lei. Ero crudele.
Poi cominciarono ad amarsi e io mi sentii vivo. Più vivo di quanto mai fossi stato.
Poi tutto andò storto.
Volevo divertirmi. E mi odio per questo, mi odio veramente.
Sapevo benissimo i pensieri di Sarah, i pensieri di Jareth, i pensieri di tutti quelli che erano passati per le stanze del Castello. Sapevo cosa turbinava nella mente di Lady Celil quando conobbe Sarah per la prima volta ma non pensavo sarebbe arrivata a tanto.
Sapevo benissimo cosa comportava mentire a Jareth sui pensieri di Sarah nei confronti di Amlach. E sapevo benissimo cosa comportava mentire a Jareth sul colloquio tra i due.
Sarah passò un periodo buio, io rimanevo zitto, ascoltavo i suoi discorsi silenziosi, ascoltavo le sue lacrime, i suoi dubbi. Sapevo tutto di lei. Sapevo cosa la spaventava.
Involontariamente, una mattina la condussi nella stanza privata dei ricordi di Jareth e lei si mise davanti a una decisione: Jareth o il Sopramondo.
Speravo di divertirmi e cercai di convincerla a chiamare l’Elfo ma lei fu più forte e rimase con Jareth.
Sapevo anche che Amlach era fuori dalle mie porte quando Jareth scomparve con la madre per quell’ora ma comunque non avvisai il mio Re. Non so perché lo feci. Forse avevo paura.
Quando lei venne rapita ero divertito, pensavo fosse tutto un gioco. Ma non lo era. Non lo era mai stato.
Quando Sarah se ne andò mi sembrò tutto buio. Se n’era andata e sia io che Jareth stavamo morendo in quanto la mia forza dipendeva dalla sua. Ci stiamo distruggendo anche adesso a pensare a quella ragazza, fragile creatura umana.
Non c’è sole nelle nostre esistenze da quando se n’è andata e mi sento fragile, come di vetro.
E Jareth si sente come me. Deboli. Siamo deboli. Ma proviamo a curarci, non ci riusciamo perché non c’è nulla a confortarci, nessuna risata argentina a rincuorarci e a renderci più potenti, a darci energia.
E ora che Jareth vuole dichiarare guerra su due fronti, non so come comportarmi. Pensa che questo lo aiuterà a recuperare la vecchia forza, a vendicarsi. A riavere Sarah.
Sarah era il sole di Jareth, la sua linfa vitale.
Ho fatto una cosa orribile ai due. O meglio, ai tre.
Perché quando Sarah venne rapita era incinta.








Angolo autrice
Ciao a tutti! Ci tenevo a spiegare questo capitolo.
Volevo dare una voce anche al Labirinto. Volevo spiegare la sua versione di tutto, un po' del passato di Jareth e di quello che il Labirinto "prova" per il suo Re. 
Gli ho voluto dare una coscienza e volevo che si rendesse conto che quando consigliava a Sarah o a Jareth cosa dire, quando rivelava i veri pensieri di entrambi in realtà voleva solo divertirsi e che per quanto tenesse al suo Re e alla giovane Sarah ha combinato un bel casino mettendosi in mezzo o stando zitto. 
Per quanto sia stato cattivo, il nostro Labirinto ha pur sempre quella che si può definire un'anima e è fin troppo cosciente dei fatti accaduti e ha paura di morire, ha paura che il suo Re muoia e vorrebbe veramente aver fatto delle scelte diverse per proteggere il suo Jareth e la sua Sarah.
Un bacio a tutti e al prossimo capitolo
   
 
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