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Autore: NonSoCheNickMettere2    18/08/2013    0 recensioni
What if? ambientato 20 anni dopo ROTS. Cresciuto come Sith da suo padre, Luke è così sconvolto dal primo test della Morte Nera che decide di rubarne i piani e passarli all’Alleanza ribelle. Dark Luke, sequel de Il rapimento.
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anakin Skywalker/Darth Vader, Bail Organa, Luke Skywalker, Palpatine/Darth Sidious, Principessa Leia Organa
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'apprendista Sith'
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Dichiarazione
Questa fiction è scritta solo per divertimento e non mi procura alcun guadagno. I personaggi e la galassia di Guerre Stellari appartengono alla Lucasfilm e alla Disney. Per i personaggi e i luoghi di mia invenzione, ho usato nomi presi dal mondo reale, ma li ho scelti soltanto perché stavano bene nella fiction e, quindi, non hanno alcuna relazione con persone vere o fatti storici: ogni eventuale rassomiglianza è puramente casuale.

Ringraziamenti
Desidero ringraziare jedi1952 per la revisione della versione originale inglese di questa fanfiction. Avendomi segnalato alcuni importanti problemi nella caratterizzazione dei personaggi e nelle scene, il suo lavoro è stato fondamentale e anche questa versione italiana sarebbe sicuramente diversa senza il suo aiuto.
La responsabilità di quanto scritto è naturalmente solo mia.

Nota
Questa fiction è il sequel della mia precedente Il rapimento. Se non l’avete letta, questo è ciò che serve sapere per seguire questa storia:
Luke è stato scoperto da suo padre quando aveva tre anni e allevato come apprendista Sith. Quando ha 18 anni, gli viene ordinato di rapire Leia da casa sua, perché Vader la vuole interrogare. Il giovane esegue l’ordine, ma, mentre lei è sua prigioniera, riesce a instillargli dei dubbi. Dopo il suo interrogatorio, il Signore Oscuro ordina a Luke di ucciderla. Ma Leia riesce a convincerlo a scappare con lei. Durante la loro fuga, Luke duella con il padre e perde, venendo gravemente ferito, mentre lei riesce ad andarsene. Quindi, il giovane rimane con Vader e viene perdonato.


------------ Capitolo 1 ------------
  

Il ventenne Luke Skywalker soppresse il bisogno di sbadigliare e mantenne il suo atteggiamento marziale. Gli sembrava di essere in piedi sul ponte di comando della Morte Nera da parecchi giorni, anche se in realtà si trattava solo di poche ore.

L’Ammiraglio Motti stava controllando ancora, per l’ennesima volta, la procedura di fuoco con gli ingegneri e gli altri ufficiali. Tarkin sovrintendeva i lavori, impaziente di mettere alla prova il suo progetto più importante. Vader se ne stava in disparte: una minacciosa ombra scura che incombeva su tutti loro. A ogni più piccolo contrattempo, gli ufficiali si chiedevano, pieni di paura, quanto il Signore dei Sith fosse arrabbiato per gli inevitabili problemi che dava il primo test di una nuova imponente stazione da battaglia ed erano terrorizzati alla semplice idea di un suo improvviso intervento. Non potevano immaginare che, nella Forza, emanava una sensazione di noia profonda che poteva competere solo con quella di suo figlio. Per dirla tutta, l’uomo sotto l’impassibile maschera nera stava provando a non addormentarsi in piedi. Tutta la situazione era vagamente divertente per Luke, l’unica persona sul ponte in grado di percepirla, e, al momento, costituiva la sua unica distrazione.

Sullo schermo, la sagoma di Eboli si stagliava solitaria sopra lo sfondo stellato. Il pianeta aveva una gravità compatibile con il corpo umano, ma era il posto più desolato che Luke avesse mai visto. Unico satellite di una stella fredda, non aveva un’atmosfera respirabile, ma solo una miscela di gas letali per qualsiasi essere vivente. La sua superficie fredda e deserta non aveva nemmeno la vegetazione. Era perfetto come pianeta di prova per la potenza di fuoco. Al giovane Sith non era stato detto molto di questa Morte Nera su cui si trovava, né quale tipo di test avrebbero eseguito. Ma, avendo già visto diversi collaudi degli incrociatori stellari, anche quello dell’Executor, sapeva più o meno cosa aspettarsi.

Non appena gli ingegneri fossero stati abbastanza sicuri di poter azionare il laser senza surriscaldare la stazione, avrebbero sparato sulla superficie. I dati telemetrici della larghezza, dell’altezza e della profondità dei danni avrebbero confermato o meno il raggiungimento della potenza di fuoco desiderata.

Il giovane era sempre un po’ scosso quando il fuoco raggiungeva la superficie, perché era immediatamente chiaro come una città di medie dimensioni potesse essere annientata in un colpo solo, ribelli con comuni civili, soldati con bambini. Perciò, quando guardava i buchi desolanti causati dai test, provava a ricordarsi che poi, in pratica, si sparava solo contro le navi nemiche. Almeno… di solito era così.

Percepì l’eccitazione crescere tra gli ingegneri e capì che finalmente erano pronti. Interruppe i suoi pensieri oziosi e si concentrò.

Sul ponte, i mormorii si silenziarono e tutti si voltarono verso lo schermo, dove si stagliava la sagoma spoglia di Eboli. Solo i passi di Tarkin echeggiavano, scandendo i secondi, mentre andava a riprendere la sua posizione di comando al centro della stanza. Quando raggiunse Vader, si voltò anch’egli verso lo schermo e ordinò: «Fuoco!»

Il più enorme colpo di laser che Luke avesse mai visto in vita sua partì dalla stazione di battaglia. Colpì il pianeta, che scoppiò in una miriade di pezzi. Al suo posto, il vuoto. Il giovane Sith sbatté gli occhi, credendo di non veder bene. Il vuoto. Dove una volta c’era stato un pianeta, ora c’era solo il vuoto. Non era un’illusione. La piena comprensione di ciò che era appena accaduto scese nella sua coscienza e la sua mente tirò le conclusioni. Eboli sarebbe stato abitabile per le sue dimensioni, a parte la sua atmosfera velenosa. Eboli non era più piccolo di Coruscant, Naboo o Alderaan. Se Eboli era stato distrutto completamente con un colpo solo, allora lo potevano essere anche Coruscant, Naboo o Alderaan.

I mormorii ripresero tra gli ufficiali e gli ingegneri che commentavano il successo del collaudo. Ma, per lui, erano solo un indistinto rumore di sottofondo. Per lui, niente aveva più senso. Si voltò per guardare Tarkin: i suoi occhi di ghiaccio osservavano lo schermo ora vuoto e le sue labbra erano incurvate in un sorriso sottile. «Non appena l’avremo testata su un pianeta abitato, la paura di questa stazione da battaglia terrà in riga i Sistemi,» stava dicendo a Vader.

Perciò Luke aveva ragione: il loro piano era di usare quella potenza di fuoco appieno. Era stato uno sciocco: fino a quel momento aveva considerato questa stazione con troppa leggerezza! L’Impero non avrebbe speso tante risorse solo per qualche danno superficiale; c’erano già abbastanza incrociatori stellari per quello. Si voltò ancora verso lo spazio vuoto sullo schermo. Aveva le vertigini: non poteva respirare bene e la sua bocca era completamente secca. D’improvviso provò un caldo insopportabile, stava soffocando e non poté fare a meno di allargare il colletto della sua tunica. Si obbligò a respirare profondamente per calmarsi.

Era consapevole di quanto dovesse apparire agitato. Lasciò andare subito il colletto e si raddrizzò in una postura più marziale. Diede un’occhiata furtiva alle persone intorno a lui: nessuno sembrava averlo notato. Ma, a dire il vero, di una sola persona in quella stanza temeva il giudizio. Guardò di nuovo alle sue spalle.

«Non essere troppo orgoglioso di questo terrore tecnologico che hai costruito. È la Forza che tiene unita la Galassia,» suo padre stava rispondendo a Tarkin.

Luke provò a sondare con discrezione il Signore dei Sith, ma le sue barriere mentali erano alzate e il suo umore non intellegibile. Non riusciva a capire la ragione di quella improvvisa discrezione, ma, date le circostanze, giocava a suo favore e alzò a sua volta le proprie barriere.

Adesso doveva trovare una scusa qualsiasi per fuggire subito da quella stanza, prima che si sentisse male di fronte a tutti. Assunse l’atteggiamento più casuale che al momento gli riuscisse e si avvicinò a Vader. «Dovrei verificare le nuove armi sperimentali per i TIE fighter. Chiedo il permesso di recarmi in sala sviluppo, mio signore.»

«Permesso accordato,» gli rispose il Signore dei Sith, senza prestargli molta attenzione.

Luke inchinò leggermente la testa e uscì. Si diresse effettivamente verso l’ufficio sviluppo, ma, prima di raggiungerlo, entrò nel primo bagno che incrociò e vi si chiuse dentro.

Finalmente solo, tutto il suo autocontrollo crollò. Andò al lavello, vi si piegò sopra e, afferrandone i bordi per sostenersi, vomitò. Alzò lo sguardo verso lo specchio davanti a lui. Nella sua immagine riflessa non vide altro che un assassino, in una stazione comandata da assassini, che stavano pianificando di polverizzare interi pianeti. Non era una bella vista e riabbassò immediatamente lo sguardo verso il lavello. Gli occhi gli si inumidirono di lacrime e, per la prima volta dopo molti anni, si concesse di piangere, singhiozzando come un bambino.

Questo lo fece sentire appena un po’ meglio e un pensiero iniziò a frullargli in testa: doveva far qualcosa per fermare quell’orrore.

Ma cosa? Cosa poteva fare? Chi sarebbe stato così stupido da combattere l’Impero?

Apparentemente un bel po’ di persone, considerando la guerra infinita contro i ribelli. Per un momento, gli sembrò di poter quasi capire le loro ragioni. Forse avevano abbastanza forza militare per fermare la Morte Nera, se fossero state passate loro le informazioni giuste.

Fu invaso immediatamente dalla paura e controllò le sue barriere mentali. Stava davvero pensando di passare dei segreti militari ai nemici, tradendo persino il proprio sangue? Aveva delle alternative? Squassò la testa: no. O contattava l’Alleanza o sarebbe stato un complice silenzioso della distruzione di ogni pianeta antipatico a Tarkin.

Rialzò lo sguardo verso lo specchio, per guardare dritto nei propri occhi. Vi scintillava una risoluzione che non aveva mai avuto prima: la risoluzione di uomo libero. Ogni sentimento di paura e lealtà sembrava spazzato via tutto d’un colpo da quella vista. La sua presa sul bordo del lavello si intensificò: sapeva che ce la poteva fare, se voleva. Aprì il rubinetto, lavò in fretta il disastro che aveva combinato e si rinfrescò la faccia per nascondere ogni segno del suo turbamento. Uscì dal bagno e si diresse verso l’ufficio sviluppo: era fortunato che era già stato autorizzato a recarvisi.

No, si rimproverò silenziosamente, la fortuna non esisteva: era opera della Forza.

L’ufficio sviluppo non era coperto dalle telecamere di sorveglianza. Poteva sembrare strano, ma serviva per garantire una maggiore discrezione sui dati: in quel modo, infatti, non potevano esserci inquadrature di nuovi disegni o di password digitate. La sicurezza era garantita da un accesso ristretto: i badge di identificazione personale registravano le entrate e le uscite delle poche persone autorizzate. Luke era consapevole che doveva coprire con cautela il suo furto, quando infilò il proprio badge sotto il lettore ottico per aprire la porta.

Come aveva previsto, al momento nella stanza non c’era nessuno, perché tutti gli ingegneri erano sul ponte di comando. Ma doveva comunque fare il prima possibile. Si sedette di fronte alla scrivania, dove si lavorava agli armamenti delle navi, caricò il programma di sviluppo e digitò la sua password per loggarsi. La finestra principale si aprì e il giovane selezionò l’ultima sessione di lavoro dalla barra degli strumenti. I disegni delle specifiche delle nuove armi per i TIE fighter apparvero sullo schermo: sarebbero stati la sua copertura, se fosse improvvisamente entrato qualcuno.

Rinforzò le sue barriere mentali e andò allo scaffale dell’hardware minuto, rovistando tra le schede di memoria. Scelse una delle più piccole e cercò un cavo per la connessione. Dalla scrivania riservata allo sviluppo della Morte Nera, prese un datapad e ritornò al proprio tavolo, sedendosi di nuovo. Accese il sistema operativo nella modalità base e collegò la scheda di memoria, usando il cavo scelto.

Eccolo al dunque! D’ora in avanti, doveva riflettere bene su come procedere.

Prima di tutto, in quel momento, era l’unica persona nella stanza ed era stato registrato dal badge. Perciò, selezionò la data di sistema e la riportò forzosamente indietro di quattro giorni, quando lui non era ancora atterrato nell’hangar della Morte Nera.

Adesso, poteva aprire in sicurezza il programma di download dei dati. Ma il caricamento si fermò quasi subito, richiedendo una password per proseguire. Non osava inserire la sua, non aveva intenzioni suicide!, ma non ne conosceva alcun’altra. Doveva cercarla dentro la mente di qualcuno, evitando però di mettere in allerta suo padre. Estese le proprie sensazioni al di fuori della stanza e sfiorò la forte presenza di Vader un paio di ponti al di sopra di lui. Lo sondò con molta cautela per non essere notato. Al momento, l’attenzione del Signore Oscuro era completamente rivolta al suo interlocutore e il suo atteggiamento era di timorosa sottomissione. Luke era ben consapevole che solo una persona in tutta la Galassia poteva suscitare quel sentimento in suo padre: Palpatine. Non era male, perché, finché il rapporto a Coruscant fosse proseguito, una modesta attività nella Forza non sarebbe stata rilevata.

Quindi, ora il problema era: chi usare? Non riusciva a visualizzare nella sua memoria alcun ingegnere in particolare. Tarkin? Lo aveva incontrato diverse volte, ma non era certamente debole di mente. Aveva bisogno di qualcun altro. Ripensò alle persone sul ponte, all’Ammiraglio Motti controllare la procedura di fuoco. Non gli aveva prestato troppa attenzione, ma pensava di riuscire a trovarlo. Lasciò andare la sua fretta e si rilassò passivamente, percependo attorno a lui i sussurri delle autocoscienze delle persone sulla nave. Era quasi un’armonia che lo riempiva di pace interiore. Doveva sempre usare in segreto quella tecnica di immergersi nella Forza, perché faceva arrabbiare suo padre, trattandosi di un sistema abominevole per un Sith. Eppure funzionava così bene per Luke che lui vi si era allenato un bel po’, alle spalle del Signore Oscuro. E, infatti, contattò in breve la mente di Motti. Le inviò l’immagine della prima finestra del programma di sviluppo e la password rimbalzò indietro.

Il giovane Sith ritirò le sue percezioni all’interno della stanza e grugnì in un mal riuscito tentativo di trattenere una risata. Si voltò verso il pad e inserì: «GrandMoffConanAntonioMotti». Pallone gonfiato!

Una lunga lista di file apparve sullo schermo. La scrollò su e giù, cercando quello giusto. Il significato dei nomi non gli era chiaro: ckSw34.tgb, tfWpSw.tgb, DcrSc56.thx, EncrTf12-58.ipt, ScScm122.iss, SvSvm56.iss, McImDs85-652.mos,… Impossibile decifrarli. Cercò sulla barra dei comandi se vi fosse modo di aprire qualche tipo di dettagli, ma non trovò alcuna opzione. Sotto il menù Visualizza c’era solo la voce Dimensione. La flaggò.

Accanto alla colonna dei nomi, comparve il conteggio dei byte di ciascun file. Cercò il più grande. Il suo nome era CrPMN3-89.ipt. Luke suppose che PMN fosse l’acronimo per Piani Morte Nera, 3-89 era sicuramente la versione e sapeva che ipt era l’estensione dei file del programma di sviluppo delle stazioni stellari. Molto probabilmente l’aveva trovato. Incominciò a scaricarlo sulla scheda di memoria. L’icona della copia iniziò a lampeggiare: 5% completato, 10% completato,…

Rifletté sulle prime lettere del nome: Cr. Criptato? Probabile. Non appena avesse finito il download, avrebbe cercato il programma di decriptazione.

Un improvviso tremore nella Forza lo mise in guardia. Estese di nuovo le sue sensazioni per capirne la provenienza. L’attenzione di suo padre non era più rivolta all’Imperatore e lo percepì avvicinarsi a quel ponte.

Verificò il download: 70% completato.

Si alzò, tenendo in mano il datapad, e tornò alla scrivania dalla quale l’aveva preso.

80% completato.

Mantenne le sue barriere mentali forti e alzate, sondando di nuovo Vader: ora era sul suo stesso ponte ed era chiaramente irritato. Aveva percepito qualcosa?

Sono calmo, sono calmo, ripeté mentalmente, provando a trasmettere quel pensiero fuori di sé e a nascondere ogni altra emozione. Sto verificando i piani dei TIE fighter. Le nuove armi sono interessanti.

90% completato.

Adesso, sentiva il Signore Oscuro avvicinarsi all’ufficio sviluppo. Poteva quasi vederlo camminare, veloce come al solito, lungo i corridoi.

Download completato.

Sospirò in sollievo. Scollegò il cavo e lo lanciò letteralmente sullo scaffale su cui lo aveva preso. Ridusse a icona il programma di download, riaprì l’amministrazione di sistema e reimpostò la data su quella corrente. Spense di colpo il pad, senza preoccuparsi di chiudere i programmi e lo lasciò sulla scrivania principale, accanto agli altri. Ritornò al suo tavolo e nascose la scheda di memoria in una tasca interna.

Percepì suo padre proprio fuori la porta.

Si sedette e osservò il programma che stava mostrando i piani dei TIE fighter, provando a cancellare totalmente dalla propria memoria ciò che aveva appena fatto e a concentrarsi sui dati sullo schermo. Doveva pensarli come interessanti. Erano interessanti.

La porta scorrevole si aprì e sentì il rumore inconfondibile del respiratore meccanico. Con calma ostentata, Luke si alzò e si voltò verso suo padre, inchinando la testa per salutarlo.

«L’Imperatore mi ha appena ordinato di tornare immediatamente a Coruscant,» gli disse Vader. «La nostra presenza è inderogabilmente richiesta la prossima settimana.» L’irritazione era chiara nel suo tono.

Il giovane Sith si sforzò di mantenersi calmo. Che cosa aveva causato quel sentimento nel Signore Oscuro? Sospettava qualcosa? «Quando partiremo?» chiese in modo neutro.

«Tra mezz’ora. Devi immediatamente andare a ritirare le tue cose dalla tua stanza e recarti all’hangar principale,» lo istruì il padre.

Il ragazzo non poté nascondere lo stupore a tanta fretta.

«Ne parleremo quando saremo sull’Executor, giovanotto,» rispose il Signore Oscuro alla domanda inespressa.

Alla coscienza colpevole di Luke sembrò automaticamente una minaccia, ma non percepiva rabbia rivolta a lui. Perplesso su ciò che lo attendeva, annuì obbediente.

  
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