Videogiochi > Devil May Cry
Segui la storia  |       
Autore: Devil Hunter Sheila_White    18/08/2013    3 recensioni
"Dal momento in cui persero la madre, Dante e Vergil vennero separati. Dante perse ogni contatto con il fratello e venne cresciuto da una famiglia che lo prelevò dall'orfanotrofio in cui alloggiava. Qui il ragazzo vivrà una vita abbastanza serena e felice, grazie anche alla presenza di Sheila, la figlia dei suoi genitori adottivi. Ma cosa succederà? Dante ritroverà il fratello? Oppure dedicherà la sua vita solo a coloro che gli hanno dato la possibilità di vivere come un normale umano? "
Ricordate la storia iniziale Behind the shadow? Bene. Behind the shadow the begin narra delle vicende di Dante e Sheila nella loro infanzia e giovinezza. Ovvero vi mostrerà come i due ragazzi si siano conosciuti, come siano cresciuti, come si è formato il loro rapporto, e in che modo la ragazza arriverà ad innamorarsi di lui.
Spero di aver catturato la vostra attenzione e che questo "dietro le quinte" vi piaccia, vi incuriosisca e vi faccia sognare come la sua storia originale. Buona lettura a tutti.
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dante, Un po' tutti, Vergil
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
cap due
Era spaventato...
era solo... Era indifeso...
Sua madre... Eva... Non c'era più.
Suo padre l'aveva abbandonato. E Vergil? Vergil? Dov'era finito il suo gemello?
Cosa gli sarebbe successo?
Dove l'aveva lasciato suo padre? Chi erano queste persone? Che posto era? Voleva la sua mamma... Ma non c'era. Non c'era più. Mai più ci sarebbe stata..Che ne era adesso di lui?!?



Dante non ricordava quasi nulla di ciò che accadde dell'incidente. Solo il rosso del sangue di sua madre... Quell'odore ferroso e forte. Mai più lo avrebbe dimenticato. Come non avrebbe mai dimenticato i demoni che distrussero la sua felice infanzia. Udì nuovamente il suono delle ossa che si pezzavano.... L'urlo straziante di suo padre mentre stringeva il corpo senza vita di Eva.  Mai lo aveva udito fare in quella maniera. E non si sarebbe mai aspettato di sentirglielo fare.
Aveva visto suo padre arrendersi, rassegnarsi, mentre posava il corpo della donna tanto amata sul letto. Fu come se cascasse un idolo dal suo cuore. Suo padre, il mitico cavaliere oscuro Sparda, non poteva arrendersi così. E poi lo abbandonò.
Sapeva ormai di essere solo. Sapeva di stare in un luogo sconosciuto. Stava su un letto, questo si, questo era riuscito a intuirlo. Un letto dalle lenzuola leggere sgalcite e puzzolenti. Stava poggiato con la testa sul cuscino, gli occhi chiusi, la bocca semi aperta e il respiro agitato. Gli incubi lo stavano perseguitando, proponendogli sempre le stesse scene di morte, sangue e demoni. Ma non riusciva a svegliarsi... ne a muovere un muscolo per farlo. Dannazione era solo un bambino. E i bambini dovevano sognare macchinine, le passeggiate con mamma e papà... Tutto finito.

"Daaaaaanteeeeeeee"

Vergil... Lo chiamava. L'ultimo ricordo del suo gemello. Solo la sua voce che invocava il suo nome.

Sentì bussare alla porta, un tocco forte e pesante. Aprì gli occhi lentamente, mentre respirava con affanno. Il visetto era madido di sudore. Lo sentiva colare ovunque. Il suo sguardo, composti dagli occhi azzurro-ghiaccio  (gli occhi più belli che si fossero mai visti), vagò confuso lungo la stanza. La prima cosa che si pose davanti a lui fu il muro. Notò che le pareti erano coperte da una carta da parenti semplici blu scuro, rovinati dal tempo e dall'umidità. Li spostò un po' ovunque per cercare di capire di più; altri letti, più o meno cinque,  si trovavano nella stanza. Quindi non era solo in quel.... posto.

:-Ehi tu! Svegliati! Vieni fuori!-

Una voce femminile venne da fuori la stanza. Non ne riconobbe il timbro vocale: di sicuro non era quello dolce della madre. In effetti, non sapeva chi fosse questa ragazza o donna. Lentamente alzò il dorso dal letto mettendosi seduto. Scosse il capo passandosi le mani sui capelli umodi  e quindi, intontino, si azò dal materasso. Con lo stesso pigiama indossata dalla sera prima,  aprì la porta di noce della stanza. Si vide davanti una giovane ragazza, dai capelli lunghi castani, gli occhi piccoli a mandorla azzurri, una bocca larga e un naso sproporzionato.

:- Era ora!- Sbottò questa.

La ragazza afferrò il braccio del piccolo e lo trascinò fuori dalla stanza  fino al bagno, posizionato solo due porte più avanti. Lo gettò letteralmente dentro, poi poggiò dei vistiti accanto al lavello.

:-Adesso fatti un bel bagno, poi vieni giù che Madame Roswelte sta cucinando per tutti noi. Ti conviene darle retta se non vuoi essere gettato fuori strada, bambino. Vieni giù tra 10 minuti. Non un minuto di più!-

La ragazza girò i tacchi e chiuse alle spalle la porta, lasciando Dante più confuso che mai. Anche qui il ragazzino fece un giro di perlustrazione con gli occhi: il bagno aveva i colori del cielo, ma non era per niente paragonabile a quella meraviglia. I servizi igenici erano ingialliti dal tempo anche se non sembravano sporchi. Tappeti pieni di polvere, tende strappate e ammuffite. In che posto si trovava mai?
Lentamente Dante si levò di dosso il pigiama mentre l'acqua tiepida riempiva la vasca. Nonostante fosse un bambino di soli 5 anni, aveva già la corporatura ben impostata. Tutto merito dell'eridità del padre, che aveva conferito al piccolo la sua parte demoniaca. Ah già... anche lui in fondo era un demone... era diverso dagli altri ragazzini della sua età... Lei era...

No!

Scacciò subito l'idea. No. Lui non era come quei mostri. Non lo sarebbe mai diventato. Avrebbe seguito le stesse orme del padre. Oppure si sarebbe disinteressato di tutto e avrebbe vissuto la sua vita con la sorte.
Quando la vasca si riempì Dante entrò dentro, cominciando a lavarsi per bene dalla testa ai piedi. Rimase un po' li sdraiato, lasciandosi coccolare dal vapore dell'acqua. Era miracoloso come quel tepore gli ricordasse tanto il calore delle braccia di Eva quando lo cullava, insieme al fratello. In quel momento tutto rievocava nella mente sua madre. Quando ne ebbe abbastanza uscì. Si asciugò con cura e si vestì con gli stracci che gli avevano offerto. Gli avevano dato una maglia bianca con strisce rosse, un gilet nero, pantaloni neri e una cintura rossa. Sembrava un indumento da pirata! Come diavolo lo avevano vestito?!
Fece una smorfia guardandosi allo specchio. Non solo per com'era vestito.... Ma soprattutto per i suoi capelli! I suoi capelli non erano albini! Erano neri! Cosa gli era successo?
Si portò le mani su quella nuova chioma, avvicinandosì allo specchio. Perchè suo padre aveva deciso di cambiarlo? A che scopo?

Trasalì quando la porta del bagno alle sue spalle si aprì. La ragazza di prima era tornata con le mani nel fianco. Ma tu guardala. Non aveva nemmeno bussato, che faccia tosta.

:-Ti sei lavato bene? Ottimo! Per fortuna sai anche vestirti. Come ti chiami?-

Dante abbassò il capo, senza proferir parola. Una piccola alone di tristezza si espanse nei suoi occhi; bulbi oculari che divennero lucidi, pronti ad esplodere. La ragazza attese una sua risposta; incrociò le mani al petto e passò il pesò del suo corpo da una gamba all'altra.

:-Oh, Cristo, un riservato del cavolo! Andiamo, scendi giù: Madame Roswelte ti sta aspettando. Andiamo.

Senza una vaga idea di sove si trovasse, ne chi fossero queste persone, Dante seguì la ragazza. Davanti a se si aprì la visuale di un corridoio dalle pareti scure, anguste e umide. Sentiva delle voci al piano di sotto (tralasciando il fatto che il suo udito era sensibilissimo a chilometri di distanza) di altri bambini, pobabilmente tutti della sua età: allora non era solo. Non che questo gli fosse importanto, non sarebbe riuscito, almeno in questo momento, a stringere amicizia con nessuno. E pensare che prima dell'incidente era un bambino solare e sempre aperto al divertimento...

Seguì la ragazza e arrivò in cucina: una stanza con tanto di piano cottura, frigo, forno e tavoli disposti in fila. Bambini non più grandi di lui, semmai più piccoli, stavvano seduti facendo chiasso e insultandosi tra loro.
Una donna stava ai fornelli; aveva i capelli alle spalle neri, a un lato vi era posto un fermaglio, gli occhi color caramello e un completo bianco con gonna lunga rossa.

Probabilmente si trattava di Madame Roswelte. Questa era intenta a prepare la colazione per quanti erano la dentro. Il piccolo Dante storse il naso per il cattivo odore. Sembrava odore carbonizzato di cibo residuo. E guardando tutti quei bambini, dagli abiti vecchi, capelli spettinati e visi trascurati, capì di trovarsi in un vero e proprio orfanotrofio.

Madame Roswelte tolse la pentola dal gas dove stavano delle frittelle calde e profumate (le uniche cose che avevano un buon aspetto e odore in quel posto, l'odoraccio veniva dalle pentole sporche poste sul lavabo). Le servi a una dozzina di bambini affamati e strillanti. Chissà se ce ne fossero stati altri? La donna ripose tutto sul lavandino d'acciaio poi si voltò verso Dante, che era rimasto ancora in piedi al centro della stanza guardandosi attorno.

:-Oh finalmente ti sei svegliato. Era proprio ora.- sbuffò portandosi le mani ai fianchi  - Accidenti dovrò cucinare di nuovo...non si sono svegliati tutti! Va bene ci penseremo dopo.... Bambino, mangia e poi vieni con me!-

Mentre la donna gli passava accanto, Dante si sedete al tavolo con la colazione fumante sul piatto. Almeno quella sembrava appetitoso. Mentre consumava lento il suo pasto con dei piccoli bocconi, i suoi occhi di ghiaccio scrutavano la stanza. C'erano bambini di tutti i colori, e non è modi di dire: bambini dalla pelle più chiara e dalla pelle più scura.
I muri della cucina erano scuti, vuoti... poveri. Non gli davano un senso di calore come il mobilio di casa sua. Nessun posto avrebbe mai ridato la sua felicità.
Finito il suo pasto, il giovane risalì al piano di sopra, come Roswelte gli aveva ordinato. Non se n'era accorto prima, ma il corridoio ospitava tante stanze, l'una di fronte all'altra. Quale sarebbe stata quella di madama?

:- Piccolo vieni qui.-

La donna fortunatamente uscì dal suo ufficio incitandolo con un cenno e Dante la seguì. Entrò in un piccolo ufficio, con tanto di libreria, trofei e anche delle licenze appese nei muri. Dante però non riusciva ancora a leggere bene quindi non capì a cosa si riferissero.
Roswelte si sedette dietro la scrivania e fece cenno al bambino di sedersi davanti a lei. Dante si sedette sulla morbida sedia grigia. Il tessuto che lo componeva sembrava velluto. Quanto si divertiva a casa sua a carezzare quel materiale. Solleticava le suo piccole dita.

:- Allora piccolo, come ti chiami?-  Cominciò la donna.

Ancora una volta Dante abbassò il capo.

:-Beh? Cos'è? Ti sei mangiato la ingua? Hai ancora la capacità di parlare?- ancora nessuna risposta -Senti piccolino, devo sapere come ti chiami... da dove vieni. Dove sono i tuoi genitori?-

Toccato il tasto più dolente: Dante strinse le piccole labbra, addirittura le morse pur di evitare che quelle  lacrime scendessero dal viso. Piangeva sempre quando Vergil lo canzonava; la mamma comuqnue sarebbe arrivata per rassicurarlo. Ma piangere non era una virtù da uomini... e lui voleva diventare un uomo vero e forte. Degludì e asciugò le lacrime. Non avrebbero vinto loro.  Madame Roswelte sospirò. Poggiò i gomiti sul tavolo e unì le mani.

:-Ascolta piccolo, fino a quando non ti deciderai a parlare, ti chiameremo... ... ... Tony! Ok? Ora ascolta. Cerca di non creare guai... stai buono e calmo, ok? Se doveste fare qualcosa a questa baracca e ci scoprissero siamo tutti nei guai, intesi, Tony?-

Sebbene non comprese appieno cosa disse la donna, le annuì.

Il resto della giornata Dante passò gironzolando per l'orfanotrofio per scoprirne i posti. Vide semplicemente sei stanze più o meno dalla stessa lunghezza, tutti uguali: quattro o cinque letti e un armadio. Nessuna televisione o giochini simili. Il piano di sotto ospitava la cucina, posto in cui era già stato. Dall'altro lato stavano due divani vecchi e sporchi e una televisione piccola. Fuori stavano dei piccoli giochi da parco: scivole, altalene, castelli.
E tutta la struttura si presentava fatiscente. Era davvero una baracca. I muri esterni erano scrostati, e pezzi di mattoni cedevano ovunque. Anche il giardino era molto trascurato, con erbacce e foglie secche sparse ovunque.  Calata la sera Dante tornò nuovamente in cucina. La stanza era più affolata rispetto a poche ore fa'. Vide persone che a colazione non notò. Come un ragazzo dai capelli castani e una tuta da militare. Era molto giovane dall'aria stanca e affamata. Forse era l'unico che lavorava in quella casa?

Madame Roswelte era ancora ai fornelli. Sembrava che questa donna non facesse altro durnte la giornata. A un tratto si sentì un urlo che irruppe nella quiete. Dante fissò il punto in cui captò l'origine del grido. Sperava che i demoni non lo avessero trovato.

E la ragazza dai capelli castani, tutta bagnata fracida, si mise faccia a faccia con madama.

:- Il rubinetto della doccia si è di nuovo rotto!! C'è acqua ovunque! Io spero che tu ti dia una svegliata! Non solo questo posto sta cadendo a pezzi, ma tu addirittura ti impegni a raccogliere mocci da strada; se ci beccano siamo fregati tutti!-

:-Taci Jeanette! Mi daresti tu i soldi per tutte le santissime cose che ci sono da pagare? Vedremo cosa fare! La signora White verrà qui domani.-

:-Ma non possiamo farci dare l'elemosina da quella donna! Anche se lei non sta per nulla male!-

:-E' un accordo che abbiamo preso. Lo farà. Domani vedrò cosa fare.-

Il ragazzo con la tuta da militare si alzò.

:-Vado a riparare la doccia.- mormorò con tono basso e scocciato.


Il ragazzo si alzò prendendo gli attrezzi necessari da un cassetto. Dalle mani piene di tagli, si poteva ben capire come qualsiasi tipo di riparazioni venivano effettuate da lui. Che misero postaccio.
Poco dopo un'ora, il ragazzo tornò a sedersi, bagnato e sporco. La cena era già pronta. In quella cucina si alzò il chiasso più totale: urla di bambini ovunque. Dante stava in silenzio come lo era da due giorni ormai. E rifletteva. Quindi questo posto stava in piedi per miracolo. E veniva abusivamente tenunto in piedi da una certa signora White. Che giro infernale!

Il giorno seguente era stato un risveglio più brusco rispetto a quello precedente. Dante venne svegliato da voci provenienti dal piano di sotto. Era Jeanette che discuteva ancora con Roswelte, la madre. Degli uomini erano entrati nell'orfanotrofio e avevano cominciato a portare via della roba. Roswelte era seduta sul divano con le mani giunte sul viso a coprirsi gli occhi. Era visibilmente disperata. Jeanette si posizionò di fronte a lei.


:-Ancora una volta non hai pagato le bollette! Per colpa tua ci porteranno via tutto un giorno!-

:-Vuoi tacere, Jeanette? Credi che io non lo sappia!- scoppiò la donna urlando.

:-Non capisco perchè tu lo faccia se non sei capace di badare a te stessa!-

Il "duetto" durò per un po'. Senza dar loro peso Dante si alzò dal letto. Si vestì e rimase seduto sulle coperte dopo averle sistemate perfettamente .La stanza era vuota. Le pareti di un forte blu acceso, il colore preferito del fratello... Non poteva fermare i suoi pensieri. La tristezza aveva potere assoluto sul suo cuore. Non poteva fare altro se non rimpiangere quel giorno.


"Ti voglio bene, Dante..."


Ma dov'era finito? Cosa gli sarebbe successo? Cosa ne sarebbe stato di lui?
Piegò le ginocchia e le circondò con le braccia. Poggiò il capo su di esse. I pensieri si mescolavano senza sosta sulla sua testa. I ricordi di sua madre, quella donna giovane, bella che aveva una grande cura per lui. Suo padre, un uomo di poche parole ma che con il suo sorriso metteva la pace nel suo cuore. E Vergil.... il suo compagno di giochi, di vita... non lo avrebbe più rivisto. La sua cara famiglia...

"Mamma..."

La porta della stanza si aprì. Il bambino trasalì dai suoi pensieri e guardò verso la porta. Due bambini della sua età entrarono in stanza strillando. Erano i suoi compagni. Questi gironzolarono un po' attorno ai letti, sventolando finte spade e scudi  prima di fermarsi e guardarlo. Dante assunse un espressione fredda e indifferente sostenendo i loro sguardi.

:- Ehi tu!- fece uno -Che stai facendo qui da solo?-

:-Povero! Non vedi? Non parla. Forse non ci riesce.-

Dante corrugò lo sguardo. Non gli piacevano quei bambini, ma non si sarebbe certo abbassato ai loro livelli.

:-Mi chiamo Mirko, vieni a giorcare con noi?-

Nessuna risposta. Dante scosse il capo. Il ragazzino , Mirko,  dai capelli color carota alzò le spalle.

:-Che fai qui tutto solo? Andiamo a giocare furoi! Prima che arrivi la signora White dobbiamo essere sistemati!-

Quei ragazzini non capivano. Dante non voleva stare con loro e non gliene importava nulla di questa donna ivocata come una dea. Tornò a sedersi sul letto mentre i suoi occhi azzurri guardarono fuori. I ragazzini uscirono senza risparmiarsi di insulti.
Fuori faceva freddo. I bambini erano sulle giostre che giocavano tutti insieme. Gli occhi tremarono un po' venendo coperti da un piccolo strato di lacrima. Anche lui e Vergil adoravano giocare alle giostre. Ricordò le volte in cui Sparda ed Eva erano comodamente seduti su una panchina a guardarli, abbracciati l'un l'altra, come fossero ancora due ragazzini; mentre Dante e Vergil correvano liberi lungo le siepi. Tutto spezzato.
Dante rimase seduto tutto il pomeriggio su quel letto. Fissava il vuoto davanti a sè; mille domande tormentavano la sua piccola pace: adesso che doveva fare? I demoni? Lo avrebbero ricercato? Lo avrebbero trovato? Ucciso?

La porta si aprì nuovamente. Era quel ragazzo dalla tuta militare. E adesso che voleva anche lui?


:- Tony - Dante fece una smorfietta nel sentirsi nominare in quella maniera -Madame Roswelte vuole che tu scenda giù. Sta venendo la signora White e vuole che tu sia sistemato insieme a tutti gli altri. D'accordo?-

Annuì, anche se la cosa non gli dava alcuna importanza. Alan, il ragazzo, gli scompigliò i capelli affettuosamente. Non appena se ne andò, Dante corse subito in bagno a sistemarseli di nuovo. Odiava che gli si toccassero i capelli. Non aveva nulla da sistemarsi, perciò lasciò la camera.

Nell'attesa di questa famosa donna White, Dante scese le scale andando verso il cortile. Jeanette, Roswelte e Alan eano in cucina a parlottare fra loro. Un odore dolciastro si levò dai forni. Sicuramente qualcosa in onore dell'arrivo di questa donna celestiale che tutti veneravano. Dante non capiva il perchè di tutta questa esaltazione.
Si sedette sull'erba a guardare il cielo. L'erba era fresca e pungente. Un profumo di fiori proveniva dal verde e Dante si distese su quel materasso insolito con le mani dietro la nuca. Sentiva i bambini strillare nella parte inferiore dell'edificio. Gli dava parecchio fastidio. Essendo un mezzodemone tutti i suoi cinque sensi erano molto più sviluppati, per cui un rumore che poteva essere chiassoso a orecchie umane, per lui era un inferno.

Osservare le nuvole bianche che, lente come lumache, scorrevano lungo la strada celestiale fece appisolare il ragazzino. Dopo un po' sentì gride di gioia. Spalancò gli occhi terrorizzato. Stava sognando nuovamente sua madre; e nel momento in cui dormiva, qualsiasi rumore improvviso lo metteva in allarme. Madame Roswelte accorse in giardino per dare il benvenuto alla così tanta attesa signora White. La fece accomodare dentro il salone. Dante si alzò dall'erba, con fare molto annoiato, ed entrò nel salone. E li finalmente la vide la donna di cui tutti meravigliosamente parlavano.

Osservò tutti i bambini attorno a una donna giovane donna bionda che distribuiva abbracci e baci a tutti coloro che le andavano contro. Neanche fosse una regina. Accanto a lei stava una bambina di circa 3 anni dai capelli ramati. Veniva coccolata dagli altri orfanelli e sembrava gradire dalle risatine. Il giovane mezzodemone poggiò la schiena contro il muro.
Infine la giovane donna alzò lo sguardo verso di lui. Gli sorrise dolcemente, come se lo conoscesse da sempre. Dante spalancò gli occhi e fermò il suo respiro. Il cuore gli batteva forte; la sua anima fu percorsa da brividi di stupore e di paura.
Quella donna... assomigliava moltissimo alla sua cara madre... Capelli biondi, lunghi e lisci, occhi azzurri e uno sguardo dolce come un angelo.


Dante rimase sbigottito e non mosse un muscolo. Era troppo pietrificato dai ricordi che ripresero a girovagare su dentro di lui. Rimase indisparte senza risparmiare a quella donna occhiate timorose. Lei dopo quel sorriso, sembrò essersi dimenticata di Dante. Riprese a giocare con gli altri orfanelli come se niente fosse. Mentre tutti si allontanavano con la donna verso la cucina, Dante rimase nel suo angolino. Non riusciva a darsi pace, in nessuna maniera.  Una piccola figuretta strisciante catturò la sua attenzione.


Camminava ridacchiando e facendo versi come solo una neonata poteva fare. Gattonava tranquillamente verso di lui, senza venir ostacolata da nessuno: si fermò ai suoi piedi e si mise seduta e lo fissò ridendo.
Anche Dante la fissò. La bambina aveva il faccino paffutello, due occhi grigi allegri e ridenti. I suoi capelli erano lunghi e rossi ramati. Agitava le braccine pienotte verso di lui, come se volesse dirgli qualcosa. Era così piccina da non riuscir a parlare ma era così eloquente con quei gesti. Dante inarcò un sopracciglio, come se per la prima volta provasse imbarazzo. L'unica cosa che fecero i due bambini furono guardarsi a lungo  rimanendo ai proprio posti, fin quando una voce non si levò dalla cucina.


:-Sheila? Dove sei tesoro?-
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Devil May Cry / Vai alla pagina dell'autore: Devil Hunter Sheila_White