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Autore: StarFighter    19/08/2013    1 recensioni
Ecco cosa partorisce la mia mente dopo una passeggiata al mare:una raccolta di missing-moments della vita di Raoul e Christine,prima e dopo il fattaccio del fantasma dell'opera.
Dalla spiaggia di Perros-Gueric al cimitero di Pere-Lachaise;dal loro primo incontro al loro ultimo saluto.
Ci saranno sciarpe rosse,tè in soffitta,cioccolatini,storie raccontate a lume di candela, tristi addii,baci a fior di labbra ...e molto altro ancora! se vi dico tutto ora non c'è gusto a leggere,no!?
ps: non amo questa coppia,ma ultimamente l'ho rivalutata e ho rivalutato anche quel piccione innamorato di Raoul,quindi spero vi piaccia! XD
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Christine Daaé, Raoul De Chagny
Note: Missing Moments, OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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RED SCARF

 

Anche per quell’anno l’estate era agli sgoccioli. Il tempo trascorso in compagnia a divertirsi, volava via sempre troppo in fretta. Raoul sarebbe partito per Parigi l’indomani, e lei non avrebbe avuto sue notizie per un altro anno.

Quei tre mesi erano stati quanto di più vicino alla perfezione: non ricordava da quanto non si divertita tanto!

Avevano fatto di tutto,anche le cose più impensabili ed inappropriate per una ragazzina perbene ed un visconte: avevano esplorato le scogliere rosa modellate in strane forme dalle maree e dai venti incessanti; avevano preso il tè in soffitta nelle giornate più fredde; s’erano spinti fino al faro di Ploumanac'h percorrendo la strada dei doganieri, dove papà Daeè aveva raccontato loro storie di pirati e contrabbandieri che si spingevano oltre i confini del mondo; si erano rincorsi sulla spiaggia ed avevano ballato sul lungomare deserto,sotto un temporale estivo improvviso e fugace:  la conseguenza di questo “atto sconveniente”secondo Mary, era stata una febbre da cavallo che aveva costretto entrambi a letto per giorni: si erano tenuti compagnia con un fitto scambio epistolare che aveva estenuato la povera governante inglese e il fratello maggiore di Raoul,Philip,che facevano da intermediari.

In un assolato pomeriggio di luglio, avevano trovato un meticcio randagio che vagabondava tra le stradine deserte del paesino e se n’erano presi cura. L’avevano soprannominato Rosicchio, perché addentava qualsiasi cosa, che fosse commestibile o meno! Il cane faceva da spettatore alle loro esibizioni canore e uggiolava quando Raoul si arrischiava a cantare, con scarsi risultati; invece, stranamente, quando Christine cantava, ricorrendo le dita salterine del padre sulle corde vibranti del violino, il cucciolo ascoltava assorto.

Quella sera Christine aveva insistito perché Mary preparasse una cena coi fiocchi, per concludere degnamente il soggiorno di Raoul a Perros-Gueric.

Seduta sul sofà nel salottino, contiguo alla sala da pranzo, fremeva nel suo vestito nuovo mandatole da Parigi da mamma Valerius, nell’attesa del suo amico.

S’incupì pensando che il giorno successivo sarebbe finito tutto: l’anno precedente, quando Raoul era tornato in accademia dopo l’estate, si era sentita sola e abbandonata; quell’anno sarebbe stato un tormento ancora peggiore, alla luce del loro dolce segreto…

Qualche sera prima, infatti, il ragazzo l’aveva presa in disparte con la scusa di una passeggiata e le aveva fatto una promessa: “Quando tornerò l’anno prossimo, chiederò la tua mano a tuo padre! E se qualcuno cercherà d’impedire questa unione, prenderemo un treno e fuggiremo, e ci sposeremo, fosse anche ai confini de mondo!” -il suo sguardo si era acceso, infervorato da quel discorso così appassionato.

Christine non aveva proferito parola, aveva semplicemente annuito stralunata e poi Raoul l’aveva riaccompagnata in casa. Solo che, quando si era ritrovata in camera da sola, distesa a fissare il soffitto, aveva cominciato a fantasticare su una vita matrimoniale insieme, felice e perfetta, e si era scoperta a sorridere quando l’idea di un figlio di Raoul, si era insinuata nella sua giovane mente.

Aveva scosso la testa ed aveva accantonato l’idea per il momento: infondo il ragazzo non aveva ancora chiesto la sua mano a suo padre.

Un bussare alla porta, la riscosse dai suoi pensieri. Corse ad aprire, prima che lo facesse Mary.

Sorrise al nuovo arrivato e gli fece una piccola riverenza: “Buonasera monsieur le vicomte, prego si accomodi in salotto, la cena verrà servita tra poco.” -gli fece cenno di entrare e lo prese in giro con tono irriverente.

Si sistemarono in salotto e stettero in silenzio per alcuni minuti, non sapendo come rompere quella lastra di ghiaccio che si era venuta a creare tra loro. Come era possibile che non avessero niente da dirsi? Sicuramente l’imminente partenza del ragazzo, rattristava entrambi e i pensieri tristi, si sa, occupano sempre la mente e non lasciano spazio a molto altro.

Fu Christine dopo poco a scalfire quel muro di silenzio impenetrabile, dando voce ai pensieri di entrambi: “E così domani parti, sai non sono affatto triste!”

Il ragazzo pensò d’aver capito male: “Cosa?” - chiese con tono allarmato.

La giovane rise di gusto, osservando l’espressione disorientata di Raoul: “Ma cosa hai capito! Non sono triste, perché so che tornerai, fra un anno, ma tornerai…” -  il sorriso le si smorzò sulle labbra e s’incupì. Dirlo ad alta voce lo rendeva ancora più tremendo.

Raoul le asciugò una lacrima che furtiva le era scivolata lungo la guancia bianca: non si era nemmeno resa conto di star piangendo. Non doveva farlo, si era ripromessa di salutare il ragazzo con il sorriso sulle labbra, non con fiumi di lacrime.

Si riprese subito: “Scusa non volevo… è solo che” -  un singhiozzo la scosse- “mi mancherai!”

Raoul la osservò rapito da quegli occhi luminosi e dalle guance arrossate, poi l’abbracciò d’istinto, venendo meno all’etichetta che gli era stata inculcata fin dalla nascita. La strinse a sé e un senso d’angoscia lo pervase: una brutta sensazione gli fece contorcere lo stomaco. Scacciò quel pensiero buio, pensando al futuro luminoso che li attendeva insieme.

- “La cena è servita!” - trillò Mary dalla sala da pranzo, posando un’enorme zuppiera nel centro del tavolo imbandito.

Il signor Daeè, stretto nel suo gilet marrone e con le maniche della camicia rimboccate fino al gomito, scese con calma le scale e li precedette, accomodandosi a capotavola.

- “Salve Raoul, è un piacere averti a cena con noi.” -sorrise in direzione del ragazzo, che si era seduto alla sua destra.

- “Il piacere è tutto mio signor Daeè, passare la mia ultima sera qui a Perros, in vostra gradita compagnia mi rende felice.” -disse guardando in direzione di Christine, che gli sorrise di rimando, arrossando imbarazzata.

Il signor Daeè si sporse sul tavolo e si servì dalla zuppiera, pensieroso: “Allora figliolo, domani sarai di ritorno nella capitale: sei felice?” -

- “Per la verità signore, preferirei trascorrere tutto l’anno qui a Perros, invece che solo i mesi della stagione calda. Qui la vita è più tranquilla, più semplice …oserei dire quasi lenta! Parigi ha da offrire tutto e di più, ma il caos che regna tra le strade è snervante: c’è gente indaffarata ad ogni angolo, rumori molesti in ogni anfratto, non c’è un luogo tranquillo dove trascorrere delle ore in santa pace…e poi a Parigi non ho la vostra compagnia.” - sorrise verso l’uomo a capo tavola, che continuava ad osservarlo con sguardo enigmatico.

Christine reprimeva le lacrime, fissano il piatto davanti a sé, non proferendo nemmeno una parola.

Mary, dall’altra parte del tavolo, la guardava e le si stringeva il cuore: l’anno precedente, quando il visconte era partito, la giovane era caduta in uno stato di apatia totale; nulla era riuscito a scrollarle di dosso quella coltre di inerzia che durante i mesi invernali l’aveva caratterizzata. Solo al primo apparire delle rondine un accenno di sorriso aveva fatto capolino sul suo viso ancora da bambina. Mary conosceva lo sguardo che Raoul rivolgeva alla piccola Daeè, e ne temeva le conseguenze: i due giovani indubbiamente provavano affetto l’uno per l’altra, ma l’ennesima separazione, avrebbe potuto nuocere gravemente alla psiche della tenera fanciulla. Sperava tanto che ciò non accadesse!

Il resto della cena proseguì senza discorsi degni di nota, limitati a domande e a risposte per monosillabi.

Dopo cena i due giovani si diressero in soffitta, accompagnati dal signor Daeè che si era appena acceso la fedele pipa.

L’uomo si accomodò sulla sua sedia a dondolo e osservò i ragazzi che si sedevano, distanti l’uno dall’altra, sul comodo sofà.

- “Di cosa devo narrarvi stasera?” - chiese atono.

Nessuno dei due giovani rispose, ognuno perso nei propri tristi pensieri; il signor Daeè conosceva lo stato d’animo della figlia e così scelse di raccontare qualcosa che le facesse piacere, qualcosa che la calmasse.

- “Raoul ti ho mai narrato dell’Angelo della musica?” -

Il ragazzo si riscosse dalle sue riflessioni e prestando attenzione alla domanda che gli era stata posta, cercò nella mente una storia da associare a quel titolo, ma non ne trovò: “No, monsieur!”

- “Bene, allora stasera sarà la sera in cui scoprirai il segreto di Christine!” - fece sorridendo bonario in direzione del giovane, che lo guardava stralunato.

Christine dal canto suo, era passata dalla tristezza alla sorpresa: “Di quale segreto parli padre? Per Raoul non ho nessun segreto!”

- “Allora non hai ascoltato Christine! Sto parlando dell’angelo della musica!”

La giovane si rilassò, sorridendo appena: ricordava quella vecchia leggenda che le raccontava quando era bambina.

- “Allora, cosa aspetti? Rivela il mio segreto…” - scambiò uno sguardo d’intesa con il padre, mentre il giovane ospite li guardava senza capire: di quale segreto parlavano?

- “Bene, devi sapere mio caro ragazzo, che ai comandi di nostro Signore ci sono innumerevoli schiere di angeli: Troni, Podestà, Cherubini, Serafini; questi sono i più conosciuti. Ma non tutti sanno che ci sono alcuni angeli molto importanti che, a differenza di molti, vengono a contatto con noi sin dalla nascita. Questi sono gli angeli dei doni e proprio come delle antiche muse sono custodi di arti indispensabili all’uomo.” - aspirò dalla pipa e cacciò il fumo dalle narici, facendo ridere il ragazzo.

- “Quando nasce un bambino, questi angeli, nella sua prima notte, fanno visita alla culla dell’infante: si sporgono, soffiano sulla creaturina immersa nel sonno e pronunciano una parola, che segnerà il destino di quel bambino. Ora veniamo al segreto di Christine: quando la mia bambina nacque, non emise nemmeno un vagito, e questo preoccupò non poco me e la madre, che pensavamo fosse nata muta. Ma per magia al mattino, venimmo svegliati dal canto della vita di Christine. Ecco cos’era successo durante la notte: un angelo era sceso sulla culla di Lottie e aveva soffiato sulle sue labbra, pronunciando una parola che sicuramente avrai capito qual è…” -

- “Canta…” – lo interruppe Raoul come ipnotizzato.

- “Esatto ragazzo!” - sorrise l’uomo – “L’angelo ovviamente era quello della musica, ma come lui ce ne sono molti altri…”

Mentre parlava, si sentirono dodici rintocchi provenire dall’orologio a pendola nel salotto: rimasero in silenzio ad ascoltare tutti i ritmici tocchi, che calavano inesorabili come una scure sul loro tempo.

Infine Raoul si alzò: “Purtroppo il tempo concessomi per intrattenermi in vostra compagnia è scaduto. Domattina partiremo presto quindi credo sia conveniente salutarci ora!” –

Christine scattò in piedi come una molla e si strinse convulsamente al braccio del giovane: “Ti accompagniamo alla porta, vieni!” – piccole stille cominciarono a formarsi agli angoli degli occhi.

Scesero in silenzio le scale fino al pian terreno, poi Christine mollò la presa e permise a Raoul di congedarsi degnamente dal signor Daeè: “Monsieur grazie infinite per la preziosa ospitalità che mi ha concesso, spero che un giorno possa avervi miei graditi ospiti nella mia residenza di Parigi.” - strinse la mano dell’uomo e salutò con un inchino Mary, che intanto era giunta per salutare il giovane ospite.

Poi prese per mano Christine e aperta la porta la condusse in giardino, al cancello d’ingresso: “Lottie, non piangere, sarò di ritorno in un battito di ciglia… un anno non è poi così lungo come sembra!” - rincuorò la ragazza che ormai aveva dato libero sfogo alle sue emozioni.

Christine si strinse al petto del giovane, bagnandogli di lacrime la camicia chiara: “Come farò a resistere un intero inverno senza di te? Non hai nemmeno idea di quello che significa, rimanere qui: questo posto fra qualche settimana diverrà deserto e io sarò da sola…” – il ragazzo la strinse più forte a sé, come se con quel semplice gesto potesse lenire la sua pena.

Poi gli balzò in mente un’idea: dal taschino interno della giacca, trasse un piccolo biglietto, scritto con elegante scrittura: “Tieni Lottie, l’anno scorso è stata una mia mancanza, ho dimenticato di darti un indirizzo al quale scrivermi. Ma rimedio quest’anno… ecco, questo è l’indirizzo della mia casa parigina. Così potremmo sentirci anche se siamo lontani!” - le sorrise per rincuorarla e sembrò funzionare.

- “Ti scriverò ogni giorno, sarà come se fossi ancora qui!” - sorrise tra e lacrime, che continuavano inesorabilmente a scendere dai suoi occhi luminosi.

Un trottare di cavalli li interruppe: dall’angolo della piccola strada arrivò una carrozza, che si fermò proprio davanti ai due giovani.

-“Arrivederci dolce Lottie…”- il giovane venne interrotto da un bacio salato della ragazza.

Ora ne era più che certo: voleva che Christine diventasse sua moglie al più presto; sarebbe andato anche contro la sua famiglia pur di averla al suo fianco.

-“Arrivederci Raoul… torna presto, io rimarrò qui ad attendere il tuo ritorno!”- lo lasciò libero da quella dolce presa e indietreggiò di un passo, mentre il giovane saliva sulla carrozza senza staccare gli occhi dai suoi.

Quando la carrozza partì al galoppo tra gli stretti viottoli del villaggio di Perros, Christine non poté fare a meno di scoppiare in un pianto straziante: “Scrivimi!” urlò dietro al veicolo che girava l’angolo.

Si sentì stringere in un caldo abbraccio e si strinse al padre, che aveva assistito a tutta la scena, ed era uscito per sorreggere la sua bambina in quel momento così malinconico.

Il padre la cullò per un po’, sussurrandole che Raoul sarebbe tornato più presto di quanto credeva e che avrebbero trascorso altre fantastiche giornate insieme.

-“Lottie, ti dirò di più: se Raoul dovesse chiedermi la tua mano, io gliela concederei…non sarei disposto a separarmi da te per un giovane di minor valor!”- così dicendo le asciugò una lacrima solitaria che scendeva verso il mento.

Christine lo guardò sorpresa e poi scoppiò a ridere: ora ne era assolutamente certa, quei mesi che la separavano dal suo nuovo incontro con Raoul, sarebbero passati velocemente e poi finalmente lei e il ragazzo sarebbero stati insieme per sempre.

 

 

 

 

AngolinodiFarah: salve a te lettore! Se stai leggendo qst poche righe, vuol dire che hai letto il capitolo e te ne ringrazio… ;) sarei felicissima di ricevere tuoi commenti o rettifiche o correzioni o quant’altro possa aggradarti…tranne minacce di morte per aver stravolto i personaggi e la storiaXD Ci si legge al prossimo capitolo!

 

 

   
 
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