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Autore: LaylaLaRed    19/08/2013    3 recensioni
Il passato non potrà mai dimenticare.
Nemmeno tu.
Sono passati tre anni. Tre lunghi anni.
Sono tutti cambiati. Serena è madre, Blair sta per sposarsi, Nate è direttore del NY Times.
Ma c'è un'ombra del loro passato, che è pronta a tornare.
Qualcuno che non vedevano da tanto, troppo.
Qualcuno che li aveva abbandonati, una notte di tre anni prima.
Qualcuno, solo qualcuno.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blair Waldorf, Chuck Bass, Nate Archibald, Serena Van Der Woodsen | Coppie: Blair Waldorf/Chuck Bass, Nate Archibald/Serena Van Der Woodsen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Serena van der Woodsen era quello che si poteva definire una giovane donna con le idee poco chiare sulla sua vita.
Quella mattina si svegliò di soprassalto, le lenzuola spiegazzate e un ragazzo in biancheria intima appisolato accanto a lei.
Guardò con foga l’orologio sul comodino e cercò di ricordarsi dove fosse.
La sera prima Blair le aveva telefonato comunicandole che non avrebbero potuto vedersi per cena perché lei sarebbe andata da Chuck.
Dopodichè, ricordava solamente di aver indossato un abitino piuttosto succinto, dei tacchi quattordici e di essere uscita già con un bicchiere di whisky in mano.
Ciò che era successo in seguito rimaneva nel più totale incognito.
L’uomo vicino a lei si girò dal lato opposto alla ragazza, e balbettò qualcosa.
La giovane posò i piedi sul caldo parquet della stanza, che riconobbe essere una camera d’albergo, e proseguì in punta di piedi fino ad un grosso armadio in legno battuto.
Tentò di aprirlo senza produrre alcun suono, ma le ante cigolarono per qualche secondo prima di stabilizzarsi.
Sbuffò, notando che all’interno di quell’ armadio vi erano una moltitudine di abiti femminili.
Cedette alla tentazione di frugarvi, trovando degli stupendi vestiti di haute couture.
Ne afferrò uno, un minidress color azzurro chiaro in seta, e se lo portò sul corpo.
Sarebbe stato perfetto.
Si tolse il reggiseno, rimanendo quasi completamente nuda, e indossò velocemente il vestitino.
Proseguì per il perimetro della stanza, ritrovando le sue Louboutin blu su una scarpiera insieme ad altre splendide calzature.
“Se solo ci fosse Blair qui…”, pensò ad alta voce, sorridendo a se stessa.
“La tua amica può venire quando vuole”, una voce maschile dietro di lei la fece sobbalzare e le fece cascare le scarpe dalle mani.
Si voltò offesa, ritrovandosi davanti un ragazzo giovane, piuttosto muscoloso e dotato di splendidi capelli color bronzo ed occhi mielati, arricchiti da leggere venature cioccolato.
“Saresti…?”, chiese, allontanandosi e cercando con lo sguardo il bagno.
“Se ti dicessi Louboutin ti lasceresti baciare?”, replicò lui, sarcastico.
Lei si lasciò scappare una breve risata e indossò velocemente le scarpe mentre apriva una porta bianca che avrebbe dovuto condurre al bagno.
“Sei nella mia stanza…e stai per usare il mio bagno. Chi mi assicura che tu sia pulita e non sia una barbona?”, domandò lui, infilandosi un jeans che era posato su di una poltrona.
“Sono Serena van der Woodsen, caro chiunque tu sia”, rispose lei, chiudendo la porta dietro di sé.
“Sono James Pellin e ieri sera tu e io siamo venuti qui perché eri stanca…e stavamo per farlo ma tu mi hai baciato e mi hai detto che ti sentivi strana e volevi dormire”, spiegò lui, attendendo che la ragazza chiudesse l’acqua del rubinetto.
Appena uscì dal bagno dopo essersi rinfrescata, la ragazza afferrò la sua borsa, che era spiaccicata a terra insieme ad altri indumenti che lei riconobbe essere, in ordine di apparizione: il suo vestito della sera prima e la mise sportiva, ed estiva, di quel ragazzo.
Si avvicinò alla porta, decisa a dimenticare quel James Pellin, ma fu mossa da un’improvvisa curiosità.
“Di chi sono quei vestiti?”, chiese.
Lui ridacchiò “Di tutte le ragazze che porto qui”, rispose.
Allorché Serena esibì uno sguardo disgustato e si precipitò fuori dalla stanza, ritrovandosi nel corridoio di un hotel.
Scese le scale e riconobbe la reception dello Union.
Sospirò, mentre attraversava velocemente l’ambiente ricco di luci soffuse e si precipitava fuori nel traffico mattutino di New York.
Cercò nella borsa il cellulare, trovandolo incastrato fra l’iPod e una caramella al limone.
Compose con fretta il numero del suo autista personale, residente nelle vicinanze dell’albergo, a cui ordinò di passarla a prendere, e poi telefonò a Blair.
Le aveva promesso di aiutarla con un piano, come ai vecchi tempi.
“S! Sono già dalla stronzetta!”, si lamentò Blair appena ricevette la telefonata.
Quella mattina si era recata all’Empire per tramare contro Stefania, e aveva mandato un amico di Joseph a fare ricerche sul suo conto.
Dopodichè, era rimasta seduta sul divanetto della hall ad aspettare Serena.
Serena rise dall’altro capo del telefono e le assicurò che sarebbe arrivata in men che non si dica, e di iniziare a procedere da sola.
Seguito il consiglio dell’amica, Blair si era alzata e si era fatta annunciare nella suite del signor Bass, sapendo che Chuck era via nel palazzo delle industrie Bass per risolvere alcune questioni.
Salite le scale che la separavano dal quinto piano, Blair bussò con decisione ad una porta in legno su cui era riportato il numero “721”, chiedendosi se invece fosse stato meglio bussare alla “731”, occupata, come sempre in quel periodo e come riferivano i giornali, da Ivanka Trump e suo marito.
Sbatté nervosamente il piede sinistro sul tappeto di velluto rosso che ricopriva il pavimento, scoprendosi lievemente agitata, ma quando la porta si aprì, rivelando una Stefania, perfettamente vestita per molti, antiquata per altri, tutta l’apparente insicurezza di Blair scomparve.
“Ciao!”, esordì allegra, facendosi spazio fra la figura della donna e la porta, riscoprendo quella strana sensazione di pace e amore che aleggiava nella suite quando ci abitavano lei e Chuck.
Sospirò, presa da un forte senso di malinconia e nostalgia, ma rinsavì appena udì la voce stridula e disgustosa della donna.
“Che cosa ci fai qui? Pensavo di essere stata piuttosto chiara ieri sera…”, fece la donna con tono piccato, riferendosi al gentile saluto che si erano scambiate le due donne la sera precedente, dopo il quale Blair era tornata a casa con un tacco in una mano e capelli italiani in un’altra.
“Ascoltami, sono qui per scusarmi. Non volevo dire quelle cose orribili a tavola, e non voglio assolutamente riprendermi Chuck. Joseph è fantastico, in tutti i sensi! Anche se…beh, quelle pumps erano effettivamente dell’anno scorso”, sorrise Blair, prendendo le mani fredde della donna.
L’altra fece una smorfia, scostandosi dal tocco di Blair, e mise un broncio apparentemente finto.
Blair lo ignorò e continuo a parlare.
“E inoltre, ero venuta a vedere come stavi...e se hai già le tutine più alla moda per il futuro baby Bass che avrete tu e Chuck! Ah, e…domani ci sarà il mio addio al nubilato e vorrei tanto che anche tu ci fossi. Ci saranno tanti uomini niente male!”, fece frivola, sedendosi su uno dei divani a penisola, color crema.
Appena la sua gonna di Vuitton toccò la morbidezza innata di pelle che quel divano si pregiava di avere, il suo olfatto ordinò alla sua bocca di sorridere, perché aveva riconosciuto l’inconfondibile mix che si formava dopo che lei e Chuck erano stati abbracciati per tanto tempo: Acqua di Giò di Giorgio Armani e Chanel no.5
Stefania le si avvicinò, a braccia conserte.
“Va bene, ti perdono. E comunque…no, non ho ancora niente”, disse, incerta.
Blair le fece l’occhiolino, tirando fuori dalla sua borsa un catalogo per bambini e una busta elegante.
“Ci sono delle carrozzine stupende!”, esclamò, porgendo alla donna la rivista.
Ella la afferrò, curiosa, e iniziò a sfogliarla pigramente.
Dopodichè, Blair estrasse dalla busta un cartoncino giallo chiaro e lo porse a Stefania, che abbandonò il catalogo sul divano e prese a leggere con foga.
“Mi stai davvero invitando al tuo matrimonio?”, fece, con una strana luce di orgoglio negli occhi.
Blair annuì, contenta.
“Quanti uomini carini hai detto che ci saranno, domani?”, chiese, retorica.
Blair rise, mentre Stefania le offriva un tè.
Lei accettò, e la vide allontanarsi verso la cucina.
Approfittando della situazione, si sporse verso una borsa abbandonata su di un tavolino di vetro, e ne estrasse con foga un telefono cellulare.
Armeggiò con l’oggetto per cinque minuti e lo rimise subito al suo posto.
Appena la donna tornò con due tè fumanti in mano, Blair disse che doveva scappare e si precipitò fuori dalla stanza, ritrovandosi nel corridoio.
Preso l’ascensore, poté finalmente uscire da quel postaccio pieno di ricordi e controllare il suo telefono.
Un messaggio da Serena, che si scusava per non essere venuta e diceva di aver avuto un impegno più importante ma di volerle ancora bene e di esserci alla sua festa di addio al nubilato, e una chiamata persa.
Notò il prefisso: francese.
Mentre stava per riporre il telefono, indecisa se richiamare o no, esso squillò.
Blair sbuffò.
Voleva esaminare la scheda SD del telefono di Stefania e i numeri di telefono che vi aveva spostato, dopo averla sostituita con una nuova.
“Pronto?”, fece, sbrigativa.
Una voce femminile mugugnò, venendo subito seguita dallo sbuffare costante di Blair.
Aveva fretta, e quanta fretta! Davvero tanta per la solita Blair Waldorf.
Stava per chiudere la telefonata, ma stranamente attese che la voce parlasse.
“Salve, sono Charlotte Grimaldi. Cerco mia zia. Blair. Blair Grimaldi”.
  
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