Anime & Manga > Kuroko no Basket
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Autore: AshHurricane    21/08/2013    1 recensioni
"Arrivò lampante, improvvisa, e lo travolse come nient’altro prima d’allora aveva mai fatto: Kagami Taiga, la tigre della squadra di basket del liceo Seirin, il figlio fortunato di un padre ricco sfondato e di una madre accondiscendente, lui, orgoglioso e irruento, si era innamorato.
E per la prima volta come non gli accadeva ormai da anni, lo stomaco gli si ribaltò così all’improvviso da fargli sentire il bisogno di vomitare quel poco caffè bevuto. "
Si okay, è la mia primissima fan fiction su K n B però insomma, Kuroko e Kagami sono l'amore puro. La sto scrivendo, e sono al secondo capitolo, e non so quanto e se andrò avanti ma spero di farcela u.u E spero piaccia! >3< ( Il titolo della storia, è preso da "sei di mattina" di Briga, sono innamorata di quella canzone cwc )
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Daiki Aomine, Ryouta Kise, Taiga Kagami, Tetsuya Kuroko
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
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tu che non ti importi di niente che non valga la pena sapere (capitolo quindicesimo)

Kagami che lo sveglia con un bacio.
Primo piano.
Kagami che lo porta in braccio in cucina, ridendo.
L’ascensore brontolò, la luce al neon tremolò appena, Kuroko nemmeno se ne accorse.
Kagami che gli sorride mentre fa il caffè.
Lo schermo indicò che si trovava al terzo piano. Tetsuya grattò piano la parete metallica dell’ascensore.
Lui che lo sgrida perché, diavolo, Kagami beve troppi caffè.
Settimo piano.
Kagami che lo zittisce e lo bacia.
L’ascensore vibrò appena; nono piano.
Kagami che lo stringe e lo avvolge nel suo cappotto, per accompagnarlo a casa.
Undicesimo.
Kagami che lo bacia piano dietro le scale, nascosti.
Dodicesimo; le porte si aprirono.
 
Kuroko aprì piano la porta di casa, la serratura leggermente dura a scattare che brontolò appena, come sempre. Si sfilò le scarpe, non badò al cappotto del padre appeso dietro la porta, né ai mocassini dalla suola liscia gettati nell’ingresso, in malo modo. Spinse con la schiena la porta, e carezzò Tetsu, che nel frattempo gli era corso incontro dalla camera da letto. Un silenzio quasi spettrale avvolgeva l’intera casa, ma Kuroko non badò nemmeno a quello, preso com’era dai suoi pensieri. Passò davanti alla cucina senza nemmeno volgere uno sguardo alla stanza, passò la porta del salotto, sulla destra, e si fermò davanti alla piccola segreteria telefonica collegata al telefono sul tavolino in corridoio. Due messaggi. Così segnava.
Di questo Kuroko si stupì, raramente trovava messaggi in segreteria. La voce meccanica ruppe il silenzio quando premette il pulsante di ascolto.
Messaggio numero uno; ore 8:30, 3 Novembre. Disse. Biip, fece la segreteria.
“Masami, sono ancora io, Usami. Ho ricevuto il tuo messaggio, presumo tu stia arrivando ora. Volevo solo.. spero ci sia anche Tetsuya con te. Voglio dire.. Yumi è grave, lo sai. Chiamalo, per favore. Lei chiede di lui.. ci vediamo tra poco, il tuo telefono non è raggiungibile..”
Kuroko aggrottò le sopracciglia, piano. Volse uno sguardo al corridoio, e sentì la voce meccanica, di nuovo, annunciare il numero del messaggio, l’ora, la data. Messaggio numero due; ore 2:45, 3 Novembre. Disse. Biip, fece la segreteria. “È di questa notte”, pensò Kuroko.
“Kuroko-kun sono Usami. È successa una cosa, qui all’ospedale… c’è stato un incidente, per via del temporale, sai.. ho solo pensato di chiamarti subito. Vedi.. Yumi era alla guida dell’auto, ha sbandato, è finita fuoristrada.. non so quanto sia rimasta incosciente. Lo so che siete separati, e che non vi vedete da molto tempo ma.. è grave, Masami. Molto grave. Voglio dire.. potrebbe morire. Potrebbe morire presto. La opereranno domani, c’è una complicazione, per ora è stabile. Penso che.. dovresti.. anche Tetsuya insomma, voglio dire, è sua madre.. dovreste.. appena riesci passa. Potrebbe essere l’ultima volta che.. che la vedi insomma. Io.. sono.. mi dispiace davvero.. devo andare.. ci vediamo domani Masami, spero.”
A Kuroko si gelò il sangue. Mosse qualche passo verso la cucina, si appoggiò al muro, respirò affannosamente e lasciò che Tetsu abbaiasse indisturbato, mentre scivolava verso il pavimento. Non vedeva sua madre da quasi otto anni, quando aveva lasciato suo padre e si era trasferita con Kou, il suo nuovo compagno. Era onesto quando diceva che la incolpava di averlo lasciato con un uomo che sapeva fosse incontrollabile. Volerle bene da quando se ne era andata era diventato difficile, doloroso. Perché per quanto lui potesse tentare di amarla come prima, ora, il ricordo delle sue ninna nanne e delle sue carezze, si contrapponeva all’abbandono, a una porta di casa che sbatteva, a una valigia colma. Tetsuya non riusciva a perdonarle di averlo lasciato. Non ci riusciva. “È grave” si ripeté a mente Kuroko. “È grave” ancora. Si alzò a fatica, pestando uno dei giochi di gomma di Tetsu, lo fece suonare distintamente, sobbalzò a quel rumore anomalo. Mosse qualche passo incerto verso la cucina, nemmeno sicuro su cosa dire, o fare.
Suo padre sembrava nelle stesse condizioni, i gomiti sul tavolo, la testa tra le mani, e un caffè freddo lasciato ormai da tempo davanti a lui, in toccato.
-Papà..-
Riuscì a dire. Masami non si mosse, rimase immobile. A stento si poteva dire respirasse, le spalle che si alzavano appena.
-Papà!-
Chiamò più forte, quasi un urlo. In quella casa nessuno aveva mai urlato. Masami si voltò piano, lo guardò. Aveva gli occhi arrossati, la barba incolta, i capelli sporchi. Non si era fatto la doccia prima di uscire, Kuroko avrebbe giurato fosse corso da sua madre in pigiama. Se c’era una cosa di cui Kuroko era certo, riguardo al padre, era di quanto avesse amato Yumi. La vista si fece appannata. Deglutì.
-Papà..-
Ripetè, piano stavolta, quasi fosse davanti a un morto, a un fantasma. E in effetti quella casa somigliava a una tomba quasi, e Kuroko capiva, solo ora, di averci sempre vissuto. Non si può vivere in una tomba. Non si può vivere in una tomba. Non voleva più vivere in una tomba. Strinse piano i pugni.
-Sono già stato all’ospedale. Non voglio tornare, Tetsuya. Và da solo.-
Furono le uniche parole che Kuroko sentì pronunciare da Masami. Dopo di che suo padre tornò alla posizione statica in cui l’aveva trovato, spalle curve e testa tra le mani. E lui rimase li, quasi suo padre fosse sparito, a chiedersi che razza di uomo manda il figlio, da solo, a vedere la morte, a vedere la propria madre morire. E sperò, lo desiderò forte, sino a strizzare gli occhi, che quell’uomo, suo padre, potesse sparire risucchiato in quella tomba che era casa sua, e mai più uscirne.
Si sbatté la porta di casa alle spalle e corse a perdifiato sino all’appartamento di Kagami, senza cappotto.
A casa, il nastro della segreteria, piano, si riavvolgeva e ripartiva, inceppato.
 
 
 
“..è grave, Masami. Molto grave. Voglio dire.. potrebbe morire. Potrebbe morire presto...”





N.d.a.
Non sono felice di questo capitolo. DI PIù! 
Ho amato scriverlo, amo come è venuto, e spero che l'attesa sia davvero valsa! 
Sono iper ispirata, iper contenta, e ora tiro fuori anche un capitolo sedici. 
Okay, ho esplorato la questione "mamma di Kuroko" che era un tema che volevo trattare. 
Insomma, non lo mollo a vivere con il padre senza.. beh, senza un motivo haha
Spero non risulti troppo melodrammatica come cosa, il colpo di scena angst intendo, non era mia intenzione, assolutamente! 
Inoltre, non so ancora se la madre morirà, o meno. 
Per ora, vediamo come va v.v 
Grazie a tutti per la pazienza cwc
Miki!
  
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