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Autore: __Stella Swan__    22/08/2013    3 recensioni
«Okay, poniamo che Arthur sia un vampiro. Perché gli davi la caccia? Non credo sia stato solo perché ha allungato le mani sulla tua migliore amica», ragionò.
Serrai le labbra e mandai giù il nodo alla gola. Pensare al momento in cui mia madre era stata uccisa mia faceva sempre quell’effetto: mi faceva sentire debole e inerme. Mi avvicinai a lui e gli presi dalle mani la foto di mia madre, osservandola in tutta la sua bellezza. «Sheila non sarebbe stata la sua prima vittima», sospirai con un filo di voce. Gabriel guardò prima la foto, poi me, accorgendosi della somiglianza dei lineamenti.
«T-tua madre è…», cominciò balbettando.
Strinsi la presa intorno alla foto e alzai lo sguardo. «È ancora viva», mi affrettai a dire, fissando Gabriel negli occhi. «Se si può davvero considerare vita».
[Tratto dal secondo capitolo]
N.B: ho già pubblicato questa storia, ma ho apportato notevoli modifiche, per questo motivo ho deciso di ri-pubblicarla, in modo da mantenere anche la prima stesura. La storia è ispirata al racconto di Meg Cabot "La figlia dell'ammazza vampiri", riprendendo i fatti principali, ma modificando i personaggi e la location.
Genere: Dark, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Ice Heart Saga'
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Ice Heart

Prologo


«Sai, ho conosciuto un tipo troppo figo ieri pomeriggio», disse Sheila, la mia migliore amica, tutta eccitata.
Eravamo sedute al solito tavolo, durante la pausa pranzo. Solo io e lei. «Come, e Leonard?», le chiesi. Leonard era l’amore della sua vita, tipico ragazzo sportivo e muscoloso, della squadra di rugby dell’istituto, adulato dalla maggior parte delle ragazzine dei primi anni del liceo. Però non era strafottente, anzi: era innocuo e umile, a volte infantile.
Quando ero arrivata a Londra stavano già insieme, quindi li consideravo una di quelle tipiche coppie della serie “finché morte non ci separi”.
Sheila invece era una di quelle ragazze che potevano permettersi di tutto: un look perfetto, pelle perfetta, abiti firmati e ragazzo perfetto. Novantanove per cento del tempo parlava di shopping e feste e per tre quarti del tempo facevo finta di ascoltarla. Ero anche una delle poche, però.
In poche parole, erano stati fatti l’uno per l’altra.
«No, non ci esco più», disse mettendosi una mano nei lunghi capelli biondi, con un’aria menefreghista.
«Ma Leonard è il tuo ragazzo», continuai ad insistere. Sheila scosse la testa, come se avessi appena detto una stupidaggine.
«Non più ormai, ora è Arthur l’amore della mia vita».
Aggrottai le sopracciglia, confusa. «Arthur?», chiesi. Non mi intendevo di relazioni amorose, ma com’era possibile innamorarsi di uno sconosciuto nell’arco di mezza giornata? E da dove era saltato fuori questo tipo?
«Arthur», rispose lei con gli occhi rivolti verso il cielo, sognanti.
Mi sentii raggelare e la forchetta mi cadde nel piatto. Alzai lo sguardo su di lei, senza ottenere la sua attenzione. Quel nome mi suonava maledettamente famigliare. «Sheila, non lo conosci nemmeno».
Alzò una mano per farmi tacere. «E invece sì, io lo amo», disse fissandomi.
Cercai di capirla, ma non ci riuscivo proprio. Insomma, parlava di Leonard ogni due minuti, non poteva averlo già dimenticato del tutto. «Arth...», mormorai per cercare di farmi tornare in mente dove avessi già sentito quel nome. Quando finalmente i miei cassetti della memoria si aprirono intesi il perché.
Quello sguardo perso, vacuo, scintillante, mi fece capire.
  
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